Convalida dell’arresto: il giudizio ex ante va fondato sulle circostanze conosciute al momento dell’intervento della P.G.

In tema di misure precautelari disposte dalla Polizia Giudiziaria, il giudice della convalida deve procedere, con valutazione ex ante, alla duplice e progressiva verifica della sussistenza del fumus del reato e della corretta qualificazione giuridica della fattispecie, tenendo unicamente conto della situazione che si prospettava alla P.G. operante all’atto di intervento e, successivamente, alla valutazione dei limiti della discrezionalità nell’adozione della misura precautelare, costituiti, alternativamente, dalla gravità del fatto o dalla pericolosità del soggetto.

Così ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione, Sezione Quinta Penale, con la sentenza n. 49340 depositata il 4 dicembre 2019. Giudizio di convalida e diversa qualificazione giuridica del fatto. Quali elementi è tenuto a valutare il giudice della convalida ai fini di una corretta qualificazione giuridica del fatto? Deve esclusivamente riferirsi ai fatti così come manifestatisi dinanzi agli agenti di P.G. operanti oppure dovrà altresì considerare elementi sopravvenuti o eventuali sviluppi istruttori? Un chiarimento in tal senso giunge dalla Suprema Corte di Cassazione, che indica i parametri attraverso i quali deve esplicarsi il giudizio di convalida di misure precautelari. I fatti traggono origine dall’arresto in flagranza di un soggetto in ordine al reato di sequestro di persona, aggravato dal rapporto di ascendenza con la persona offesa. Nello specifico, nel corso dell’esecuzione di un provvedimento emesso nel procedimento di divorzio - con il quale veniva disposto il collocamento della minore presso la madre - l’indagato si era rifiutato di dar corso alla consegna del minore, trattenendosi con la figlia nella propria abitazione per qualche ora. Il GIP di Firenze decideva di non convalidare l’arresto, ritenendo insussistente l’elemento costitutivo della coercizione della libertà del minore e riqualificando il fatto come mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice”. Avverso l’ordinanza proponeva ricorso il Pubblico Ministero, censurando i parametri di valutazione ex ante, utilizzati dal Gip in sede di convalida, dell’operato della polizia giudiziaria procedente all’arresto. La convalida va effettuata secondo un giudizio in concreto ex ante. Secondo l’orientamento del Supremo Collegio, il compito del giudice della convalida è quello di controllare la sussistenza dei presupposti legittimanti l’eseguito arresto, ossia valutare la legittimità dell’operato della polizia sulla base di un controllo di ragionevolezza, in relazione allo stato di flagranza e all’ipotizzabilità del reato provvisoriamente contestato ciò va effettuato secondo una chiave di lettura che non deve riguardare né la gravità indiziaria e le esigenze cautelari riservate alla fase cautelare , né l’apprezzamento sulla responsabilità riservate alla fase cognitiva . In altri termini, il giudice deve operare un controllo di mera plausibilità, ponendosi nella stessa situazione di chi ha operato l’arresto, onde verificare, sulla base degli elementi al momento conosciuti, se la valutazione di procedere alla misura precautelare trovi ragionevole motivo nella gravità del fatto o nella pericolosità del soggetto, senza estendere il predetto controllo alla verifica dei presupposti per l’affermazione della responsabilità penale. Nella delineata prospettiva, è quindi concesso al giudice qualificare diversamente il fatto-reato per negare la convalida, valorizzando però unicamente la situazione che si prospettava alla polizia giudiziaria operante all’atto di intervento. Sulla scia di tale considerazione, pertanto, ritiene la Suprema Corte che la valutazione posta in essere dal Gip non sia censurabile, avendo lo stesso escluso la qualificazione del fatto in termini di sequestro di persona valorizzando – nell’esclusiva prospettiva dei carabinieri intervenuti – il difetto degli elementi costitutivi del reato in esame e riqualificando il fatto diversamente.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 16 settembre – 4 dicembre 2019, n. 49340 Presidente Micheli – Relatore Tudino Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 10 maggio 2019, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Firenze non ha convalidato l’arresto in flagranza di G.P. in ordine al reato di sequestro di persona, aggravato dal rapporti di ascendenza con la persona offesa. I fatti riguardano l’esecuzione del provvedimento, emesso dal Tribunale di Firenze il 7 maggio 2019 nell’ambito del procedimento di divorzio dei coniugi G. -H. , con il quale veniva disposto il collocamento della minore, affidata ai servizi sociali, presso la madre, a decorrere dalle ore 16.30 dell’8 maggio 2019. In tale contesto l’indagato, telefonicamente avvisato dai Carabinieri di Scandicci, ai quali la madre si era rivolta per l’esecuzione del provvedimento, si era rifiutato di dare corso alla consegna della minore, trattenendosi con la medesima nella propria abitazione sino alle ore 19.30 quando, infine, la piccola G. ne usciva, accompagnata dal nonno paterno. Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Firenze non ha convalidato l’arresto in flagranza di G.P. ritenendo insussistenti gli elementi costitutivi del delitto oggetto di provvisoria incolpazione, in assenza della dimostrazione di una coercizione della libertà della minore, qualificando il fatto ai sensi dell’art. 388 c.p., comma 2, reato per il quale l’arresto non è consentito. 2. Avverso l’ordinanza, ha proposto ricorso il Pubblico Ministero, affidando le proprie censure ad un unico, articolato, motivo, con il quale deduce violazione di legge e correlato vizio della motivazione in riferimento alla qualificazione giuridica del fatto. 2.1. Alla luce dell’ermeneusi degli elementi costitutivi del delitto di sequestro di persona, con particolare riferimento alla condizione di incapacità in cui versi la persona offesa, il Pubblico Ministero ha ricostruito, richiamando il sostegno di autorevolissima dottrina. il bene giuridico protetto dalla norma incriminatrice da individuarsi non già come limitato alla libertà di movimento, bensì involgente un più ampio complesso di facoltà, riconducibili alla tutela della libertà personale intesa, nell’ampia latitudine declinata dall’art. 13 Cost., come libertà da ogni coercizione dell’essere fisico. 2.2. Nel contesto così delineato, ha rilevato il Pubblico Ministero ricorrente come era alla madre H.S. che il Tribunale di Firenze aveva disposto la consegna della minore a partire dalle ore 16.30 dell’8 maggio 2019 ed era pertanto ella che doveva esercitare i propri poteri di cura e custodia sulla minore a partire da tale momento, e quindi decidere dove la figlia potesse stare e con chi, ed è parimenti certo che, in assenza di una contraria volontà espressa non già dalla minore stessa, ma da chi su di essa poteva in quel momento esercitare la propria responsabilità genitoriale e tali poteri di cura e custodia, la libertà della predetta dovesse essere garantita da e contro qualsiasi misura coercitiva del suo corpo, indipendentemente dalla consapevolezza che la minore potesse avere di tali misure e dal consenso o il dissenso che la stessa potesse manifestare , inferendone, pertanto, la erronea applicazione della norma evocata. 2.3. Evidenzia, in conseguenza, l’esistenza di una univoca condizione di flagranza, apprezzabile dagli operanti intervenuti, alle ore 17.00 dell’8 maggio, anche in considerazione della trasmissione, ai Carabinieri di Scandicci, dell’ordinanza dell’ estenuante trattativa, condotta dai medesimi operanti, che aveva, infine, indotto l’indagato a darvi esecuzione della successiva resistenza all’arresto, effettuato solo a tarda notte ore 1.40 del 9 maggio e dopo che il G. si era barricato in casa per oltre sei ore della sussistenza anche del reato di sottrazione di minore. 3. Il Procuratore generale presso questa Corte, con requisitoria scritta del 25 luglio 2019, ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza impugnata, richiamando i parametri di valutazione ex ante dell’operato della polizia giudiziaria procedente all’arresto e la non manifesta irragionevolezza nell’apprezzamento della gravità del fatto e della pericolosità del soggetto. 4. Con memoria, pervenuta alla cancelleria il 9 settembre 2019, il difensore dell’indagato, Avv. Squitieri Giuseppe, ha controdedotto alle ragioni dell’impugnazione. Considerato in diritto Il ricorso è infondato. 1. Colgono nel segno le indicazioni metodologiche, prospettate dal Procuratore generale nella requisitoria e dal difensore nella memoria di replica, riguardo la latitudine del sindacato sul provvedimento del Giudice per le indagini preliminari, rimesso alla Corte di cassazione in riferimento alla sussistenza, con valutazione ex ante, del fumus del reato per il quale è stato eseguito l’arresto facoltativo in flagranza. 1.1. Va, al riguardo, rimarcato come, in sede di convalida dell’arresto, il giudice - oltre a verificare l’osservanza dei termini previsti dall’art. 386 c.p.p., comma 3 e art. 390 c.p.p., comma 1, - debba controllare la sussistenza dei presupposti legittimanti l’eseguito arresto, ossia valutare la legittimità dell’operato della polizia sulla base di un controllo di ragionevolezza, in relazione allo stato di flagranza ed all’ipotizzabilità di uno dei reati richiamati dagli artt. 380 e 381 c.p.p., in una chiave di lettura che non deve riguardare nè la gravità indiziaria e le esigenze cautelari valutazione, questa, riservata all’applicabilità delle misure cautelari coercitive , ne l’apprezzamento sulla responsabilità riservato alla fase di cognizione del giudizio di merito Sez. 6, n. 25625 del 12/04/2012, P.M. in proc. Eebrihim, Rv. 253022, N. 19289 del 2005 Rv. 231545, N. 21172 del 2007 Rv. 236672, N. 6878 del 2009 Rv. 243072 . In altri termini, il giudice della convalida deve operare un controllo di mera plausibilità, ponendosi nella stessa situazione di chi ha operato l’arresto onde verificare, sulla base degli elementi al momento conosciuti, se la valutazione di procedere alla misura pre-cautelare rimanga nei limiti della discrezionalità della polizia giudiziaria e trovi ragionevole motivo nella gravità del fatto o nella pericolosità del soggetto, senza, evidentemente, estendere il predetto controllo alla verifica dei presupposti per l’affermazione di responsabilità. Peraltro, ai fini della legittimità dell’arresto facoltativo in flagranza, non è necessaria a presenza congiunta della gravità del fatto e della pericolosità del soggetto, essendo sufficiente che ricorra almeno uno dei due parametri Sez. 5, n. 10916 del 12/01/2012, P.M. in proc. Hraich, Rv. 252949, N. 8708 del 2012, Rv. 252217, N. 15296 del 2006 Rv. 234211 . 1.2. Nella delineata prospettiva, il Giudice può qualificare diversamente il fatto-reato, oggetto di provvisoria incolpazione, per negare la convalida, valorizzando unicamente la situazione che si prospettava alla polizia giudiziaria operante all’atto dell’intervento, e non anche elementi sopravvenuti acquisiti nel corso dell’udienza di convalida, che possono assumere rilievo soltanto ai fini della eventualmente successiva emissione di una misura cautelare Sez. 2, n. 30698 del 05/04/2013, P.M. in proc. Chitari, Rv. 256783, N. 2454 del 2008 Rv. 238533, N. 21577 del 2009 Rv. 243885, N. 14314 del 2010 Rv. 245708, N. 35962 del 2010 Rv. 248479, N. 8708 del 2012 Rv. 252217 ed è, del pari, legittimo che il giudice svolga un sindacato di attendibilità riguardo le attestazioni della polizia giudiziaria, sindacato che, tuttavia, va condotto con l’oggetto e gli standard propri della sede, senza, cioè, che vengano sviluppati argomenti e metodi tipici della fase cautelare o di merito e senza, soprattutto, tener conto di possibili ed eventuali successivi sviluppi istruttori Sez. 6, n. 700 del 03/12/2013 - dep. 2014, P.M. in proc. Yawat, Rv. 257851 . Di guisa che il giudice della convalida deve procedere, con valutazione ex ante ed in concreto, alla duplice e progressiva verifica dapprima della ragionevole sussistenza del fumus del reato, alla stregua delle circostanze disponibili, idonee a fondare l’apprezzamento della polizia giudiziaria riguardo la qualificazione giuridica della fattispecie, e, successivamente, alla valutazione dei limiti della discrezionalità nell’adozione della misura pre-cautelare, costituiti, alternativamente, dalla gravità del fatto o dalla pericolosità del soggetto. 2. Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Firenze ha formulato una valutazione del tutto in linea con le predette coordinate ermeneutiche. 2.1. Alla stregua delle evidenze disponibili alla polizia giudiziaria procedente, il giudice della convalida ha escluso la ragionevole qualificazione del fatto in termini di sequestro di persona aggravato, valorizzando nell’esclusiva prospettiva dei Carabinieri intervenuti - il difetto degli elementi costitutivi del delitto di cui all’art. 605 c.p., per il quale è stato operato l’arresto, e qualificando i fatti ai sensi dell’art. 388 c.p., comma 2. In tal senso, il provvedimento impugnato evidenzia come gli operanti fossero consapevoli dello status giuridico della minore, sulla quale entrambi i genitori esercitavano la responsabilità genitoriale, e che era stata affidata, con provvedimento del Tribunale di Firenze, emesso nell’ambito del procedimento di divorzio, ai servizi sociali e collocata presso la madre, a decorrere dalla ore 16.30 dell’8 maggio 2019. Risulta, altresì, come l’indagato avesse reiteratamente prospettato ai medesimi operanti, intervenuti su richiesta della madre presso l’abitazione, di non voler dare corso alla spontanea esecuzione del provvedimento, ritenendolo ingiusto come non risultasse, in alcun modo, l’espressione di una volontà di segno contrario della minore, di XXXX anni, della quale viene asseverata una capacità di autonoma determinazione come siffatto atteggiamento renitente del G. fosse approdato, alle 19.30 circa, nell’uscita della minore dall’abitazione, accompagnata dal nonno, senza che la stessa, neppure in tale fase, dichiarasse di aver subito una qualche forma di restrizione. 2.2. Alla stregua di siffatta complessiva situazione di fatto, ricognitiva dello status quo ante e non contestata, il provvedimento impugnato s’appalesa incensurabile, tanto in riferimento al metodo di valutazione che alle argomentazioni in diritto rassegnate per escludere la ragionevolezza della qualificazione giuridica del fatto posta a fondamento dell’arresto in flagranza. Invero il delitto di sequestro di persona presuppone, per la sua configurabilità, un accertamento rigoroso dell’elemento della costrizione che, pur potendosi estrinsecare con mezzi diversi da quelli fisici, deve però essere tale da incidere sulle determinazioni della vittima relative alla sua libertà di locomozione Sez. 3, n. 45931 del 16/10/2013, R., Rv. 258330 . In particolare, ad integrare il reato è sufficiente anche una condotta che comporti una coazione di tipo psicologico purché tale, in relazione alle particolari circostanze del caso, da privare la vittima della capacità di determinarsi ed agire secondo la propria autonoma ed indipendente volontà Sez. 1, n. 46566 del 21/02/2017, M., Rv. 271229, N. 14566 del 2005 Rv. 231354, N. 38994 del 2010 Rv. 248537 . Nella delineata prospettiva, è appena il caso di rilevare come il bene giuridico protetto dalla norma incriminatrice in disamina sia esclusivamente la libertà personale della persona offesa sottoposta a costrizione, e non già di soggetti diversi, pur legati alla vittima da relazioni giuridicamente qualificate invero, mentre il delitto di sottrazione di persone incapaci tutela l’affidamento del minore ovvero - in caso sottrazione ad opera di uno dei genitori l’esercizio, da parte dell’altro, della potestà attribuitagli, il reato di sequestro di persona è posto a presidio della libertà fisica e di movimento del minore, tanto che i due reati possono concorrere Sez. 1, n. 47544 del 02/12/2008, P., Rv. 242078, N. 38438 del 2001 Rv. 219976 . Di guisa che, alla stregua di alcun indicatore - apprezzabile ex ante e risultante dagli atti - di una qualche costrizione, anche solo morale, incidente sulla capacita di autodeterminazione della minore, inespressa anche nella conclusiva fase della consegna, s’appalesano incensurabili le valutazioni del giudice della cautela in punto di non ragionevolezza della qualificazione giuridica del fatto. 2.3. Alla argomentata valutazione dell’ordinanza impugnata, che non ha mancato di esplorare l profili di diversa rilevanza penale del fatto, tutti, comunque, non legittimanti l’arresto, il Pubblico Ministero contrappone un’astratta ricostruzione giuridica del reato, pertinente alla valutazione di merito della responsabilità e non già alla delibazione di non manifesta irragionevolezza della qualificazione operata dalla polizia giudiziaria. Le stesse valutazioni, espresse nel ricorso - e richiamate al § 2.2. del Ritenuto in fatto - finiscono, peraltro, per contraddire la premessa in diritto, focalizzata sul riconoscimento alla minore della piena tutela della libertà personale, laddove, negando la libertà di autodeterminazione della piccola G. , di XXXX anni d’età, ed individuando nella madre - mera collocataria ad horas - l’esclusiva titolare della potestas, invertono i ruoli di vittima del reato, sovrapponendo i temi della sottrazione di minore e dell’inottemperanza al provvedimento di disciplina del diritto di visita e di affidamento con quello della violazione della libertà personale della persona offesa minorenne. Il ricorso è, pertanto, infondato. 3. Deve essere disposto, in caso di diffusione del presente provvedimento, l’oscuramento delle generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52 in quanto imposto dalla legge. P.Q.M. Rigetta il ricorso. In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52 in quanto imposto dalla legge.