Automobilista condannato per l’investimento nonostante l’imprudenza dei pedoni

Sanzione definitiva per il conducente punito con sei anni di reclusione e ritenuto colpevole di lesioni personali e omicidio colposo. Irrilevante il richiamo difensivo alla condotta imprudente tenuta dai pedoni, che camminavano, di notte, sulla carreggiata, invece di utilizzare il marciapiede a loro disposizione.

Il comportamento assolutamente imprudente dei pedoni – un gruppo di ragazzi – che, di notte, decidono di camminare sulla carreggiata – in senso contrario rispetto all’andamento del traffico, per giunta – e di non utilizzare l’ampio marciapiede a loro disposizione non può rendere meno grave la condotta dell’automobilista che, sopraggiunto a velocità eccessiva, li ha travolti con la propria vettura, ferendoli gravemente e causando, purtroppo, la morte di uno di loro Cassazione, sentenza n. 48775/19, sez. IV Penale, depositata oggi . Impatto. Il drammatico incidente si verifica nella Capitale in una notte di luglio del 2010. Una vettura centra in pieno un gruppo di sei ragazzi tutti riportano lesioni gravi, ma uno di loro perde la vita, un mese dopo il terribile impatto. Inevitabile il processo per l’automobilista. E tra primo e secondo grado egli si ritrova condannato per omicidio colposo e lesioni personali con violazione di norme sulla circolazione stradale , e viene punito con ben sei mesi di reclusione. La ricostruzione dell’episodio è ritenuta sufficiente per addebitare al conducente ogni responsabilità. Ciò perché è considerato secondario e non decisivo il comportamento imprudente delle persone offese, che nottetempo procedevano a piedi sulla carreggiata, anziché sul marciapiede , mentre l’uomo alla guida conduceva la sua auto a velocità elevata ed incompatibile con le regole di prudenza indicate dal Codice della strada, anche tenendo presente che le accertate condizioni di scarsa visibilità avrebbero dovuto indurlo a moderare la velocità e a osservare una maggiore attenzione alla guida . Velocità. Sulla stessa linea di pensiero della Corte d’Appello si assestano anche i Giudici della Cassazione, respingendo le obiezioni proposte dall’automobilista a propria difesa e finalizzate a porre in evidenza l’azzardo compiuto dal gruppo di giovani. Per i Magistrati non possono aver pregio le osservazioni relative al comportamento dei pedoni e alla possibilità che essi avrebbero avuto di camminare sul marciapiede , lasciando completamente libera la carreggiata. Ciò perché la loro condotta imprudente non può assumere rilevanza causale esclusiva rispetto al terribile incidente. E a questo proposito viene evidenziato che, codice della strada alla mano, per il conducente è prevista la regola di condotta consistente nel ridurre la velocità e, occorrendo, anche nel fermarsi in presenza di pedoni che si trovino sul percorso , come in questo caso, o che tardino a scansarsi o diano segni di incertezza . Ad inchiodare l’automobilista, poi, è anche la velocità della sua vettura, di molto superiore a quella consentita e a quella adeguata allo stato dei luoghi , anche tenendo presenti l’orario notturno e la scarsa visibilità . Proprio l’andatura sostenuta del veicolo non gli permise di arrestare la sua corsa né, forse, di avvistare i pedoni – non sono state trovate tracce di frenata –, assumendo, pertanto, evidente rilevanza causale nell’investimento del gruppo di giovani.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 12 novembre – 2 dicembre 2019, n. 48775 Presidente Dovere – Relatore Pavich Ritenuto in fatto 1. La Corte d'appello di Roma, in data 3 ottobre 2018, ha confermato la sentenza con la quale il Tribunale capitolino, in data 8 febbraio 2016, aveva condannato An. Bo. alla pena ritenuta di giustizia - previa concessione della circostanza attenuante di cui all'art. 62 n. 6 cod.pen. - e alle connesse statuizioni civili, in relazione al delitto p. e p. dall'art. 589, commi 2, 3 e 4 in relazione all'art. 590 cod.pen., contestato come commesso in Roma il 13 luglio 2010 con decesso della vittima Ma. Pe. esattamente un mese dopo con violazione di norme sulla circolazione stradale. 1.1. Oggetto del giudizio é un incidente verificatosi sul Lungotevere, all'altezza della Sinagoga, in riva sinistra il Bo., secondo la ricostruzione dei fatti posta a base delle sentenze di merito, percorreva in orario notturno la strada a senso unico alla guida della propria autovettura, procedendo in direzione Ponte Garibaldi a velocità elevata stimata nell'imputazione in 90 kmh e comunque ritenuta sicuramente superiore a quella consentita a un tratto egli investiva un gruppo di pedoni, tutti di giovane età, che procedevano percorrendo la carreggiata in senso contrario anziché camminare sul marciapiede l'impatto cagionava lesioni personali a Ka. Di Ca., Ro. Va., Ru. Vr., Lo. Ca., St. Na. e Ma. Pe. quest'ultimo, a causa delle ferite riportate nell'occorso, decedeva il 13 agosto 2010. 1.2. La ricostruzione dei fatti accolta nella sentenza di primo grado e in quella d'appello si basa sulle dichiarazioni delle tre persone offese che sono state in grado di riferire in ordine all'accaduto Ka. Di Ca., Ru. Vr. e Lo. Ca. , sulle immagini estratte dalle videoriprese del sistema di sorveglianza installato presso la Sinagoga, sul contributo della polizia giudiziaria intervenuta sul posto, nonché sulle valutazioni dei consulenti di parte. 1.3. La Corte di merito, nell'argomentare il rigetto dell'appello, ha affermato che, pur in presenza di un comportamento imprudente delle persone offese che nottetempo procedevano a piedi sulla carreggiata anziché sul marciapiede , non poteva affermarsi che esso fosse stato l'unica ed autonoma causa del sinistro mentre la condotta del Bo., che conduceva la sua auto a velocità elevata ed incompatibile con le regole di prudenza di cui all'art. 141 cod.strada, si é rivelata viepiù imprudente in relazione alle accertate condizioni di scarsa visibilità, che avrebbero dovuto indurlo a moderare la velocità e a osservare una maggiore attenzione alla guida la violazione delle regole cautelari da parte sua ha avuto, secondo la Corte distrettuale, un ruolo decisivo, e la sua responsabilità é risultata aggravata dal precedente specifico da cui il Bo. era gravato. 2. Avverso la prefata sentenza ricorre il Bo., con atto affidato a un unico, articolato motivo, teso a denunciare violazione dell'art. 192 cod.proc.pen. e vizio di motivazione in punto di valutazione del materiale probatorio. Deduce il ricorrente che la Corte di merito si é limitata ad affermare la responsabilità del Bo. senza argomentarne i fondamenti e senza confrontarsi con le lagnanze formulate nell'atto d'appello e con il materiale probatorio raccolto nel giudizio di primo grado. Vengono messi in risalto dal ricorrente alcuni elementi, quali il soccorso prontamente prestato dall'imputato ai pedoni, il fatto che questi ultimi procedessero sulla carreggiata pur avendo a disposizione un marciapiede di 3 metri di larghezza e privo di impedimenti, l'assenza di segni di frenata tale da non consentire una stima esatta della velocità , la distanza di oltre 8 metri tra il punto dell'impatto e l'attraversamento pedonale, l'illuminazione insufficiente a tal fine vengono richiamate le prove testimoniali raccolte e vengono sottoposte a critica le valutazioni del consulente tecnico del P.M., mentre si denuncia l'atteggiamento colpevolista della sentenza d'appello, che in luogo di confrontarsi con le osservazioni del consulente della difesa circa la dinamica e le cause del sinistro che si sarebbe verificato ugualmente anche se il Bo. avesse tenuto una velocità conforme al limite massimo consentito assume un atteggiamento gratuitamente offensivo nei confronti del suddetto C.T., geom, Ma Infine, quanto al diniego delle attenuanti generiche - motivato dalla Corte di merito con la gravità della condotta dell'imputato anche dopo il fatto -, il ricorrente evidenzia che il precedente specifico riportato dal prevenuto risaliva a 18 anni prima ed era dovuto essenzialmente a un raggio di sole che gli aveva impedito la visuale, e che subito dopo l'incidente egli era andato nel pallone e comunque aveva cercato di prestare soccorso alle vittime. 3. All'odierna udienza l'avv. Salese, in rappresentanza delle parti civili costituite Na. St., Na. Da. e Si. Ti., nonché dell'Associazione Italiana Familiari e Vittime della Strada - ONLUS, ha rassegnato conclusioni scritte e depositato nota spese. Considerato in diritto 1. Il ricorso é inammissibile perché manifestamente infondato nonché proteso, nell'essenziale, a sollecitare una diversa valutazione del materiale probatorio, in termini non consentiti nel giudizio di legittimità. 1.1. Ed invero é costante il principio, affermato dalla giurisprudenza anche apicale di legittimità, in base al quale, in tema di sindacato del vizio della motivazione, il compito del giudice di legittimità non é quello di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito in ordine all'affidabilità delle fonti di prova, bensì di stabilire se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti, e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre giurisprudenza unanime a partire da Sez. U, Sentenza n. 930 del 13/12/1995, dep. 1996, Clarke, Rv. 203428 in senso conforme, più di recente, si vedano Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Musso, Rv. 265482 Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, De Vita, Rv. 235507 . L'illogicità della motivazione, come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794 Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, Jakani, Rv. 216260 Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, Petrella, Rv. 226074 . 1.2. Ancora, in perfetta coerenza con gli arresti finora richiamati, si é osservato che, in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante , su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo per cui sono inammissibili tutte le doglianze che attaccano la persuasività, l'inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell'attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015 - dep. 31/03/2015, O., Rv. 262965 . 1.3. Per quanto riguarda specificamente i sinistri stradali, merita di essere richiamato il principio in base al quale sono sottratti al sindacato di legittimità, se sorretti da adeguata motivazione, gli apprezzamenti di fatto necessari alla ricostruzione di un incidente stradale nella sua dinamica e nella sua eziologia valutazione delle condotte dei singoli utenti della strada coinvolti, accertamento delle relative responsabilità, determinazione dell'efficienza causale di ciascuna colpa concorrente ex multis Sez. 4, n. 37838 del 01/07/2009, Tarquini, Rv. 245294 . 1.4. Conclusivamente, non possono formare oggetto di sindacato di legittimità le doglianze relative a questioni di mero fatto e tese a prospettare valutazioni alternative delle prove assunte la disamina di esse é demandata in via esclusiva al giudice del merito ed é sottratta allo scrutinio della Corte regolatrice, laddove dette doglianze non attingano profili di macroscopica illogicità o inadeguatezza della motivazione del provvedimento impugnato. 1.5. Quanto alle censure di presunto travisamento della prova da parte della Corte territoriale, deve osservarsi che tale vizio é ravvisabile non già allorquando con esso venga denunciato un qualsiasi equivoco epistemologico e percettivo nel quale sia caduto il giudice del merito, ma esclusivamente entro un ben delimitato numero di ipotesi, nelle quali affiori la contraddittorietà del ragionamento giustificativo della decisione rispetto alle risultanze di cui agli atti del processo specificamente indicati dal ricorrente cfr. Sez. 1, Sentenza n. 35848 del 19/09/2007, Alessandro, Rv. 237684 con il corollario che la denuncia di tale contraddittorietà in quanto volta a censurare un vizio fondante della decisione deve possedere un'autonoma forza esplicativa e dimostrativa tale da disarticolare l'intero ragionamento della sentenza e da determinare al suo interno radicali incompatibilità Sez. 6, n. 14624 del 20/03/2006, Vecchio, Rv. 233621 . Un diverso modo di procedere si risolverebbe in una impropria - e improponibile - riedizione del giudizio di merito e non assolverebbe alla funzione essenziale del sindacato sulla motivazione, essendo, come si é detto, preclusa al giudice di legittimità, in sede di controllo sulla motivazione, la pura e semplice rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti preferiti a quelli adottati dal Giudice del merito perché ritenuti maggiormente e plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa . Ciò vale in particolar modo laddove, come nella specie, la sentenza d'appello impugnata confermi, quanto meno nell'impianto della decisione, la pronunzia del giudice di primo grado cd. doppia conforme . Beninteso, la conformità fra la decisione d'appello e quella di primo grado non é, in sé, ostativa alla denunzia del vizio in esame ma é intuitivo che il duplice vaglio delle acquisizioni probatorie in sede di merito, con il medesimo esito valutativo, rafforza intrinsecamente le conclusioni cui gli organi giudicanti investiti di tale giudizio sono concordemente pervenuti e rende necessario che le censure, per dirsi fondate, colpiscano travisamenti probatori che si siano manifestati, in modo eclatante ed evidente, in ambo i gradi del giudizio di merito. Al riguardo, é sufficiente richiamare il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità in base al quale, nell'ambito dei motivi di ricorso per cassazione, il vizio di travisamento della prova, previsto dall'art. 606, comma primo, lett. e , cod. proc. pen. può essere dedotto, nel caso di cosiddetta doppia conforme nell'ipotesi in cui il giudice di appello, per rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, abbia richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice Sez. 4, n. 4060 del 12/12/2013 - dep. 2014, Capuzzi e altro, Rv. 258438 oppure quando entrambi i giudici del merito siano incorsi nel medesimo travisamento delle risultanze probatorie acquisite in forma di tale macroscopica o manifesta evidenza da imporre, in termini inequivocabili, il riscontro della non corrispondenza delle motivazioni di entrambe le sentenze di merito rispetto al compendio probatorio acquisito nel contraddittorio delle parti Sez. 4, n. 44765 del 22/10/2013, Buonfine e altri, Rv. 256837 . Il che, pur alla luce delle lagnanze articolate dal ricorrente, non può in alcun modo dirsi accaduto nel caso di specie. 1.6. Ed invero, pur attraverso un percorso motivazionale alquanto sintetico, la Corte di merito conferma il giudizio di responsabilità sulla base di elementi affatto conducenti. In primo luogo, non hanno pregio le considerazioni del ricorrente in ordine al comportamento dei pedoni e alla possibilità che essi avrebbero avuto di camminare sul marciapiede la loro condotta, lungi dall'essere giudicata assolutamente esente da responsabilità, é stata giudicata imprudente dai giudici di merito, ma non tale da assumere rilevanza causale esclusiva sull'accaduto né del resto essa fu eccezionale o imprevedibile, atteso che é lo stesso art. 141 cod.strada ossia la regola cautelare di cui si lamenta la violazione da parte del Bo. a indicare espressamente, al quarto comma, la regola di condotta del conducente - consistente nel ridurre la velocità e, occorrendo, anche nel fermarsi - in presenza di pedoni che si trovino sul percorso e che tardino a scansarsi o diano segni di incertezza. Ed é evidente che la velocità tenuta dal prevenuto, sicuramente di molto superiore a quella consentita é lui stesso a stimarla in circa 70 kmh e a quella adeguata allo stato dei luoghi la sentenza impugnata sottolinea che la scarsa visibilità, lungi dal giustificare l'accaduto, avrebbe dovuto suggerire al Bo. una ben maggiore cautela alla guida , non gli permise di arrestare la sua corsa né forse di avvistare i pedoni non sono state trovate tracce di frenata , assumendo pertanto evidente rilevanza causale sul corso degli eventi, in termini conformi alla nozione di causalità della colpa intesa come introduzione, da parte del soggetto agente, del fattore di rischio poi concretizzatosi con l'evento, posta in essere attraverso la violazione delle regole di cautela tese a prevenire e a rendere evitabile il prodursi di quel rischio . 1.7. Per quanto infine attiene al diniego delle attenuanti generiche, la motivazione della sentenza impugnata aderisce ai principi generali affermati dalla giurisprudenza di legittimità e riconducibili ai criteri di cui all'art. 133 cod.pen., atteso che vi si prendono in considerazione sia la gravità della condotta tenuta nell'occorso dal Bo. il suo comportamento alla guida, gravemente inosservante dei limiti di velocità, costò la vita a una persona e provocò lesioni ad altre cinque persone , sia la personalità dell'imputato gravato da un precedente specifico al riguardo, si osserva che tale precedente, benché risalente, contribuisce ugualmente a delineare la personalità dell'imputato in relazione alla natura dell'odierna violazione come correttamente evidenziato dalla Corte di merito , mentre restano estranee allo scrutinio di legittimità e non proponibili in questa sede le modalità fattuali in cui tale precedente si sarebbe verificato. In definitiva, la sentenza impugnata risulta in linea con i principi affermati in subiecta materia dalla Corte di legittimità, secondo la quale, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, non é necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma é sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da tale valutazione Sez. 3, Sentenza n. 28535 del 19/03/2014, Lule, Rv. 259899 . 2. Alla declaratoria d'inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed inoltre, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità , il ricorrente va condannato al pagamento di una somma che si stima equo determinare in Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende, nonché alla rifusione delle spese sostenute dalle costituite parti civili, che si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della cassa delle ammende condanna altresì il ricorrente alla rifusione delle spese di questo giudizio di legittimità alle parti civili, liquidate per St. Na., Da. Na. e Ti. Si. in tremilacinquecento Euro, oltre accessori di legge e per l'Associazione italiana Familiari e Vittime della Strada ONLUS in duemilacinquecento Euro, oltre accessori come per legge.