Cicli di fisioterapia negati al detenuto costretto su una sedia a rotelle: possibile il differimento della pena

Riprende vigore in Cassazione la domanda del condannato, che ha chiesto il differimento della pena o, almeno, i domiciliari alla luce delle proprie precarie condizioni fisiche e della inadeguatezza della struttura carceraria. Per i Giudici è evidente la gravità della mancata sottoposizione dell’uomo, colpito da paraplegia agli arti inferiori e da monoplegia al braccio destro, ai prescritti cicli di fisioterapia.

Negata al detenuto – affetto da paraplegia agli arti inferiori e da monoplegia all’arto superiore destro – la possibilità di effettuare regolari cicli di fisioterapia. Logico desumere un aggravamento delle sue già delicate condizioni fisiche e ipotizzare, quindi, un trattamento penitenziario disumano. Di conseguenza, riprende vigore la richiesta dell’uomo di vedersi concesso il differimento dell’esecuzione della pena o almeno la detenzione domiciliare Cassazione, sentenza n. 46603/19, sez. I Penale, depositata oggi . Fisioterapia. A respingere la richiesta presentata dal detenuto provvede il Tribunale di sorveglianza. Nessun dubbio, sia chiaro, sulle sue difficili condizioni di salute – l’uomo è affetto da paraplegia agli arti inferiori ed emiplegia al braccio destro –, si ritiene però che ci si trova di fronte a patologie croniche stabilizzate che possono essere adeguatamente curate in ambiente carcerario, oppure mediante ricovero in ospedali o in altri luoghi esterni di cura, e che non determinano alcuna incompatibilità con la detenzione . Per quanto concerne il fronte più delicato, ossia i ripetuti cicli di fisioterapia prescritti al detenuto ma mai praticati , i giudici hanno esortato la direzione della casa circondariale ad attivarsi a tal fine, anche attraverso lo strumento del ricovero esterno, e di richiedere, in caso di impossibilità a garantire tali terapie, al ‘DAP’ il trasferimento in un istituto all’uopo attrezzato, specie al fine di alleviare la sofferenza connessa all’impossibilità di camminare ed utilizzare il braccio destro . Dignità. La valutazione compiuta dal Tribunale di sorveglianza viene prima contestata dal legale del detenuto e poi, soprattutto, censurata dai giudici della Cassazione. Ciò alla luce di una semplice constatazione la condizione in cui versa l’uomo a causa della restrizione in un ambiente penitenziario che è privo , sottolineano i Giudici, dei presidi necessari a consentirgli, in costanza di detenzione, un’esistenza dignitosa . A fronte del quadro complessivo, e della sicura inadeguatezza dell’offerta specifica da parte della struttura carceraria, inadeguatezza che determina sul piano oggettivo un aggravamento delle già severe condizioni complessive del detenuto , è illogico affidare all’autorità amministrativa il compito di individuare un’altra struttura idonea senza prima verificare se esiste la possibilità di un sollecito trasferimento e, soprattutto, capire in quale misura la forzata protrazione della collocazione del condannato in un ambiente non consono ai suoi bisogni, in termini di terapie, cure ed assistenza, si sia tradotta in una franca incompatibilità con la restrizione carceraria e in un trattamento contrario al senso di umanità . Riprende quindi vigore la richiesta presentata dal detenuto, richiesta su cui dovrà pronunciarsi nuovamente il Tribunale di sorveglianza, alla luce però delle riflessioni fatte dai magistrati della Cassazione.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 2 luglio – 18 novembre 2019, n. 46603 Presidente Tardio – Relatore Cappuccio Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 18 giugno 2018 il Tribunale di sorveglianza di Napoli ha rigettato la richiesta, presentata nell'interesse di Gi. Dell’Aq., volta al differimento facoltativo dell'esecuzione della pena, previsto dall'art. 147, comma 1, n. 2 , cod. pen. in favore del condannato affetto da grave infermità fisica, ovvero all'esecuzione della pena nelle forme della detenzione domiciliare ai sensi dell'art. 47-ter, comma 1-rer, legge 26 luglio 1975, n. 354. Ha esposto, al riguardo, che le condizioni di salute di Dell’Aq., affetto, tra l'altro, da ipertransaminasemia HCV correlata non databile con positività di HCV RNA, con buon residuo funzionale epatico , paraplegia agli arti inferiori ed emiplegia al braccio destro, patologie croniche stabilizzate che possono essere adeguatamente curate in ambiente carcerario oppure mediante ricovero in ospedali o altri luoghi esterni di cura ai sensi dell'art. 11 legge 26 luglio 1975, n. 354, non determinano alcuna incompatibilità con la detenzione. Avuto riguardo ai ripetuti cicli di fisioterapia prescritti a Dell’Aq. sin dall'ottobre del 2017 e mai praticati, ha esortato la direzione della casa circondariale nella quale egli è detenuto ad attivarsi a tal fine, anche attraverso lo strumento del ricovero esterno, e di richiedere, in caso di impossibilità a garantire tali terapie, al DAP il trasferimento del detenuto in un istituto all'uopo attrezzato, specie al fine di alleviare la sofferenza connessa all'impossibilità di camminare ed utilizzare il braccio destro. 2. Gi. Dell’Aq. propone, con il ministero dell'avv. An. Fa., ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, con il quale deduce vizio di motivazione per avere il Tribunale di sorveglianza omesso di considerare il più generale quadro clinico del condannato che, come accertato dal consulente di parte, del cui contributo non si è in alcun modo tenuto conto, è assai più articolato e grave di quanto esposto nel provvedimento impugnato e, comprendendo anche la paraplegia agli arti inferiori e la monoplegia destra, ha determinato, tanto più in ragione dell'omessa esecuzione dei prescritti cicli di fisioterapia, uno scadimento delle condizioni talmente marcato da rendere la protrazione della detenzione contraria al senso di umanità della pena ed al diritto alla salute. 3. Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità del ricorso. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. 2. Il differimento facoltativo dell'esecuzione della pena per grave infermità fisica ai sensi dell'art. 147, comma 1, n. 2, cod. pen. e la detenzione domiciliare ex art. 47-ter, comma 1-ter, legge 26 luglio 1975, n. 354, istituti la cui applicazione è oggetto dell'istanza disattesa dal Tribunale di sorveglianza di Napoli, si fondano sul principio costituzionale di uguaglianza di tutti i cittadini dinanzi alla legge senza distinzione di condizioni personali art. 3 Cost , su quello secondo cui le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato art. 27 Cost. e, infine, su quello secondo il quale la salute è un diritto fondamentale dell'individuo art. 32 Cost . Il giudice, quindi, al cospetto di una richiesta di differimento dell'esecuzione della pena - o, in subordine, di sua esecuzione nelle forme della detenzione domiciliare - per grave infermità fisica, è tenuto a valutare se le condizioni di salute del condannato, oggetto di specifico e rigoroso esame, possano essere adeguatamente assicurate all'interno dell'istituto penitenziario o, comunque, in centri clinici penitenziari e se esse siano o meno compatibili con le finalità rieducative della pena, con un trattamento rispettoso del senso di umanità, tenuto conto anche della durata del trattamento e dell'età del detenuto, a loro volta soggette ad un'analisi comparativa con la pericolosità sociale del condannato Sez. 1, n. 53166 del 17/10/2018, Cina, Rv. 274879 . In questo senso è, del resto, univocamente attestata la giurisprudenza di legittimità, ferma nel ritenere che In tema di differimento facoltativo della pena detentiva, ai sensi dell'art. 147 cod. pen., comma primo, n. 2 , è necessario che la malattia da cui è affetto il condannato sia grave, cioè tale da porre in pericolo la vita o da provocare rilevanti conseguenze dannose e, comunque, da esigere un trattamento che non si possa facilmente attuare nello stato di detenzione, operando un bilanciamento tra l'interesse del condannato ad essere adeguatamente curato e le esigenze di sicurezza della collettività Sez. 1, n. 789 del 18/12/2013, dep. 2014, Mossuto, Rv. 258406 . La decisione deve essere frutto, allora, dell'equilibrato contemperamento di interessi tra le esigenze di certezza ed indefettibilità della pena e la salvaguardia del diritto alla salute e ad un'esecuzione penale rispettosa dei criteri di umanità, che non consente il mantenimento della restrizione carceraria che finisca con il rappresentare una sofferenza aggiuntiva intollerabile da vivere in condizioni umane degradanti in questo senso cfr. tra le altre, Sez. 1, n. 3262 del 01/12/2015, dep. 2016, Petronella, Rv. 265722 , dovendosi tenere conto tanto dell'astratta idoneità dei presidi sanitari e terapeutici disponibili quanto della concreta adeguatezza della possibilità di cura ed assistenza che nella situazione specifica è possibile assicurare al condannato valutando anche le possibili ripercussioni del mantenimento del regime carcerario in termini di aggravamento del quadro clinico Sez. 1, n. 37062 del 09/04/2018, Acampa, Rv. 273699 . Detto bilanciamento deve essere estrinsecato attraverso una motivazione compiuta, ancorché sintetica, che consenta la verifica del processo logico-decisionale ancorato ai concreti elementi di fatto emersi dagli atti del procedimento. 3. Ritiene il Collegio che il Tribunale di sorveglianza di Napoli, nel respingere l'istanza di differimento della pena per motivi di salute proposta nell'interesse di Gi. Dell’Aq., non abbia fatto corretto uso dei principi sopra indicati. 3.1. Il Tribunale di sorveglianza ha, invero, fondato la decisione sulle relazioni sanitarie trasmesse dalla casa circondariale in cui il condannato è ristretto e, quindi, dal presidio ospedaliero presso cui Dell’Aq. è stato sottoposto a check-up completo. Ha, tra l'altro, ritenuto che la compatibilità tra le condizioni di salute del condannato ed il regime carcerario sia garantita dai costanti controlli eseguiti in ambiente inframurario e grazie al ricorso allo strumento previsto dall'art. 11 della legge 26 luglio 1975, n. 354 e che la protrazione della detenzione non si ponga in contrasto con il senso di umanità che presiede all'esecuzione della pena. A fronte dell'obiezione vertente sull'omessa esecuzione dei cicli di fisioterapia prescritti dal fisiatra sino dall'ottobre del 2017, ha esortato la direzione della casa circondariale in cui Dell’Aq. è, in atto, ristretto ad attivarsi in tal senso ovvero, in caso di oggettiva impossibilità, di sollecitare presso il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria il trasferimento del detenuto in altro istituto ove siano assicurati tutti i trattamenti necessari a curare le patologie che affliggono il condannato e ad alleviare le sofferenze che ne derivano. 3.2. Il Tribunale di sorveglianza ha, invece, omesso di dar conto del diverso parere, ritualmente esibito e disponibile all'atto della decisione, espresso dal consulente di parte di Dell’Aq., il quale è pervenuto a conclusioni meno ottimistiche di quelle raggiunte dai sanitari del nosocomio di Sessa Aurunca tanto integra un primo profilo di illegittimità dell'ordinanza impugnata, che non si confronta con le deduzioni del sanitario incaricato dall'istante, neanche per confutarle e per verificare la necessità o l'opportunità di disporre un accertamento officioso. 3.3. L'ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Napoli appare viziata anche nella parte in cui, sulla premessa dell'omessa esecuzione dei cicli di fisioterapia prescritti all'imputato, demanda all'autonoma ed incoercibile determinazione dell'amministrazione penitenziaria l'assunzione delle iniziative volte al superamento dello stallo venutosi a determinare. In proposito, è utile ribadire come la Corte di cassazione abbia chiarito, in tema di incompatibilità tra le condizioni di salute del detenuto ed il regime carcerario, che la relativa valutazione deve essere effettuata sia in astratto, con riferimento ai parametri stabiliti dalla legge, sia in concreto, con riferimento alla possibilità di effettiva somministrazione nel circuito penitenziario delle terapie di cui egli necessita Sez. 6 , n. 58421 del 07/11/2018, Loiero, Rv. 275039 Sez. 6, n. 4117 del 10/01/2018, Cali, Rv. 272184 Sez. 6, n. 34433 del 15/07/2010, Forastefano, Rv. 248166 . Ne consegue che, da un lato, la permanenza nel sistema penitenziario può essere deliberata se il giudice accerta che esistano istituti in relazione ai quali possa formularsi un giudizio di compatibilità, dall'altro, che tale accertamento deve rappresentare un prius rispetto alla decisione e non una mera modalità esecutiva della stessa, rimessa all'autorità amministrativa Sez. 1, 24709 del 01/02/2018, Latella, non massimata Sez. 6, n. 25706 del 15/06/2011, Esposito, Rv. 250509 . Nel caso di specie, il Tribunale di sorveglianza ha fondato il rigetto della richiesta di differimento della pena sulla possibilità di collocare il detenuto in un istituto che assicuri tutti i trattamenti sanitari opportuni per alleviare le patologie dello stesso, specie con riguardo alla sua impossibilità di camminare e di utilizzare l'arto destro . Così facendo, ha contravvenuto alle indicazioni, sopra riportate, provenienti dalla giurisprudenza di legittimità rimettendo, in sostanza, alle autonome determinazioni dell'autorità amministrativa il superamento della condizione in cui l'odierno ricorrente versa a causa della restrizione in un ambiente penitenziario privo dei presidi necessari a consentirgli, in costanza di detenzione, un'esistenza dignitosa. Il percorso argomentativo seguito dal Tribunale è, pertanto, da ritenersi viziato nella parte in cui, a fronte della sicura inadeguatezza dell'offerta specifica presso la Casa circondariale sammaritana - aspetto che determina sul piano oggettivo un aggravamento delle, già severe, condizioni complessive del recluso - affida all'autorità amministrativa il compito di individuare altra struttura idonea, senza preliminarmente verificare, se del caso anche attraverso apposito accertamento peritale, se, da un canto, esiste o meno la concreta possibilità di un sollecito trasferimento del detenuto verso struttura idonea e, dall'altro, in quale misura la forzata protrazione della collocazione del condannato in un ambiente non consono ai suoi bisogni, in termini di terapie, cure ed assistenza, si sia tradotta in una franca incompatibilità con la restrizione carceraria e\o in un trattamento contrario al senso di umanità. 4. Le superiori considerazioni impongono, in conclusione, l'annullamento dell'ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di sorveglianza di Napoli per un nuovo esame che, libero nell'esito, si attenga ai principi sopra enunciati. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza di Napoli.