Telefonate a ripetizione e post diffamatori online ai danni di una donna: condannato

Definitiva la condanna per un uomo, punito con dieci mesi di reclusione e obbligato a versare per ora 5mila euro a titolo di provvisionale alla sua vittima. Decisivi i racconti della donna, da cui sono emersi i comportamenti deprecabili tenuti dall’uomo e le ripercussioni da lei subite, anche in ambito lavorativo.

‘Bombardamento’ telefonico e persecuzione online sui social network. Legittimo parlare di stalking per ciò che una donna – assieme ai familiari e alle persone care – ha dovuto subire per anni ad opera di un uomo. Significativo per i Giudici che ella sia stata costretta a bloccare le chiamate dello stalker e allo stesso tempo abbia dovuto ‘bannarlo’ sul web. Rilevante anche la constatazione che le continue intrusioni diffamatore online dell’uomo l’hanno obbligata a raccontare a conoscenti, colleghi e datore di lavoro quella assurda, angosciante vicenda Cassazione, sentenza n. 45141/19, sez. V Penale, depositata oggi . Post. Concordi già i Giudici di merito prima in Tribunale e poi in Corte d’appello l’uomo sotto processo viene condannato per lo stalking messo in atto per ben sette anni ai danni di una donna. Nella sostanza, egli viene ritenuto colpevole di avere offeso e molestato, con condotte reiterate, la donna nonché i suoi familiari e le persone a lei vicine e di averne offeso la reputazione con post pubblici on line, e perciò viene punito per stalking e diffamazione a dieci mesi di reclusione con annesso ‘antipasto’ di risarcimento quantificato in 5mila euro. La lettura della vicenda compiuta in Appello viene contestata ovviamente dall’uomo, che tramite il proprio legale propone ricorso in Cassazione, provando a mettere in discussione la credibilità dei racconti fatti dalla donna. E a questo proposito egli pone in evidenza che la donna ha intrattenuto con lui numerosissime conversazioni e solo in una occasione ha provveduto ad impedirgli ogni interferenza con i suoi profili su Facebook attraverso la procedura di ‘banning’ . Per chiudere il cerchio, infine, l’uomo sostiene che i comportamenti della donna , compreso quello di avergli concesso il suo numero di telefono , non paiono consoni e coerenti con la posizione di una persona gravemente e reiteratamente minacciata e molestata . Destabilizzazione. La linea difensiva proposta in Cassazione dall’avvocato dell’uomo non raggiunge però il proprio obiettivo. Per i Giudici di terzo grado, difatti, è solido e veritiero il racconto fatto dalla donna, racconto da cui sono emerse non solo le continue molestie subite anche mediante messaggi e post diffusi sui social network ma anche lo stato di ansia, tensione e paura da lei vissuto per ben sette anni e che le ha impedito di svolgere una vita normale, anche sotto il profilo delle relazioni personali . Da non trascurare, poi, secondo i Giudici, il fatto che la donna sia stata costretta d installare un blocco in entrata per le chiamate in arrivo sui propri apparecchi telefonici e abbia anche dovuto giustificare continuamente con i propri contatti – anche di lavoro – le continue intrusioni diffamatorie operate dall’uomo nei suoi confronti sui social network . Nessun dubbio, quindi, anche sull’ effetto destabilizzante avuto dal comportamento tenuto dall’uomo sull’ equilibrio psicologico della donna. Irrilevanti, invece, i momenti di avvicinamento allo stalker , anche perché, soprattutto nei casi di persecuzione ai danni della ex convivente, è possibile che la persona offesa viva, all’interno del periodo di vessazione, momenti transitori di attenuazione del malessere in cui può ripristinare il dialogo con il persecutore .

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 17 settembre – 6 novembre 2019, numero 45141 Presidente Morelli – Relatore Pezzullo Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 30.11.2015 la Corte d'appello di Roma ha confermato la sentenza emessa dal Tribunale di Roma il 5.5.2015 nella parte in cui Dr. Pi. veniva condannato alla pena di mesi dieci di reclusione per i reati di cui agli artt. 612 bis, comma 1, c.p. per avere con condotte reiterate, offeso, molestato e minacciato Pa. Br., nonché i suoi familiari e persone a lei vicine, e di cui all'art. 595, 61 numero 2 e 81 c.p., offendendo la reputazione della predetta attraverso post pubblici, riducendo la provvisionale ad Euro 5.000,00. 2. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'imputato, a mezzo del suo difensore di fiducia, lamentando con unico motivo la ricorrenza del vizio di cui all'art. 606, primo comma, lett. b ed e c.p.p., per inosservanza o erronea applicazione dell'art 612 bis c.p. con specifico riferimento alla insussistenza degli eventi di danno previsti dalla norma e per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in punto di ricorrenza dei medesimi eventi invero, la sentenza impugnata risulta viziata nella parte in cui, con motivazione carente, ha concluso per la sussistenza del grave e perdurante stato d'ansia e del cambiamento delle abitudini di vita della p.o., Pa. Br., senza considerare ciò che è emerso dall'istruttoria, ossia la sussistenza di numerosissime conversazioni intrattenute dalla p.o. con l'imputato e solo in una occasione la p.o. ha provveduto ad impedire al Dr. ogni interferenza con i suoi profili facebook, attraverso la procedura di banning i comportamenti della p.o., ivi compreso quello dell'aver concesso il suo numero telefonico all'imputato, non si presentano consoni ad una p.o., gravemente e reiteratamente minacciata e molestata, anche tenendo conto degli episodi del 4.10.2013 e del 19.10.2013, che, correttamente interpretati danno conto del mantenimento di contatti di vario tipo della p.o. con l'imputato. Considerato in diritto Il ricorso è inammissibile, siccome manifestamente infondato. 1. Va premesso che le censure sviluppate dal ricorrente - in merito all'insussistenza nella fattispecie degli eventi di danno di cui all'art. 612 bis c.p.- si traducono in prevalenza in censure di fatto inammissibili in sede di legittimità. I motivi di ricorso, infatti, pur essendo formalmente riferiti a vizi riconducibili alle categorie dei vizi di violazione di legge e di motivazione, ex art. 606 primo comma lett. b ed e c.p.p., sono in realtà diretti a richiedere a questa Corte un sindacato sul merito delle valutazioni effettuate dai giudici d'appello Rv. 203767, 207944, 214794 , laddove esula dai poteri della Corte di Cassazione quello di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali Sez. U, numero 6402 del 30/04/1997, Dessimone . 2. Tanto precisato, si osserva che la Corte territoriale con motivazione logica, ampia ed esaustiva, priva di contraddizioni, sulla base della compiuta disamina delle risultanze acquisite ed, in particolare, delle dichiarazioni della parte offesa, Pa. Br., ha correttamente ricondotto i fatti di cui al capo a contestato all'imputato nella fattispecie di cui all'art. 612 bis c.p., stante le continue molestie operate nei confronti della stessa, anche mediante messaggi e post diffusi sui social network nei confronti dalla vittima ed il numero infinito di espressioni aspramente offensive e minacciose adoperate in danno della Pa., 3. Invero, sulla base delle dichiarazioni della p.o., logiche e coerenti, riscontrate da specifici episodi, nonché dalle dichiarazioni degli amici della stessa vittima, la Corte territoriale ha dato ampiamente conto della sussistenza degli eventi di danno previsti dall'art. 612 bis c.p. e segnatamente dello stato di ansia, tensione e paura, indotto nella vittima da parte dell'imputato, in considerazione peraltro del lungo arco temporale oltre sette anni in cui il predetto ha posto in essere il comportamento persecutorio che ha impedito alla vittima di svolgere una vita normale, anche sotto il profilo delle relazioni personali, insinuando la paura che nelle ore di relax all'improvviso si materializzasse l'imputato. Inoltre, per effetto di tali condotte la Pa. è stata costretta a modificare le proprie abitudini di vita, ricorrendo spesso all'aiuto di amici per farsi accompagnare a casa, temendo le intrusioni del Dr., essendo stata costretta ad installare un blocco in entrata nelle chiamate in arrivo dei propri apparecchi telefonici ed a giustificare continuamente, presso i propri contatti anche di lavoro, le continue intrusioni diffamatorie del Dr. sui social network. 4. Quella di atti persecutori è strutturalmente una fattispecie di reato abituale -in quanto primo elemento del fatto tipico è il compimento di condotte reiterate , omogenee od eterogenee tra loro, con cui l'autore minaccia o molesta la vittima -ad evento di danno, che prevede più eventi in posizione di equivalenza, uno solo dei quali è sufficiente ad integrarne gli elementi costitutivi necessari Sez. 5, numero 39519 del 05/06/2012, G., Rv. 254972 a cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura, ovvero b ingenerare un fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva, ovvero, ancora, c costringere la vittima ad alterare le proprie abitudini di vita. 5. Nella fattispecie in esame, contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente, la Corte territoriale ha evidenziato come sulla base dello stesso narrato della p.o. emerga il determinarsi quantomeno dell'evento dello stato di ansia e tensione della vittima. Tale stato, prescinde dall'accertamento di un vero e proprio stato patologico e non richiede necessariamente una perizia medica, potendo il giudice argomentare la sussistenza degli effetti destabilizzanti della condotta dell'agente sull'equilibrio psichico della persona offesa, anche sulla base di massime di esperienza Sez. 5, numero 18999 del 19/02/2014, Rv. 260412 . In particolare, più volte questa Corte ha evidenziato come, ai fini della configurabilità del reato di atti persecutori, non è necessario che la vittima prospetti espressamente e descriva con esattezza uno o più degli eventi alternativi del delitto, potendo la prova di essi desumersi dal complesso degli elementi fattuali altrimenti acquisiti e dalla condotta stessa dell'agente Sez. 5, numero 47195 del 06/10/2015 Rv. 265530 Sez. 5, numero 17795 del 02/03/2017, Rv. 269621 , essendo sufficiente che gli atti ritenuti persecutori - nella specie costituiti da minacce, molestie insulti alla persona offesa, inviati anche con post e messaggi - abbiano un effetto destabilizzante della serenità e dell'equilibrio psicologico della vittima, considerato che la fattispecie incriminatrice di cui all'art. 612 bis cod. penumero non costituisce una duplicazione del reato di lesioni art. 582 cod. penumero , il cui evento è configurabile sia come malattia fisica che come malattia mentale e psicologica Sez. 5, numero 18646 del 17/02/2017 Rv. 270020 . La prova dell'evento del delitto, in riferimento alla causazione nella persona offesa di un grave e perdurante stato di ansia o di paura, poi, ben può essere ricavata oltre che dalle dichiarazioni della stessa vittima del reato, dai suoi comportamenti conseguenti alla condotta posta in essere dall'agente ed anche da quest'ultima, considerando tanto la sua astratta idoneità a causare l'evento, quanto il suo profilo concreto in riferimento alle effettive condizioni di luogo e di tempo in cui è stata consumata Sez. 6, numero 50746 del 14/10/2014 , elementi questi tutti adeguatamente rappresentati nella sentenza impugnata. 6. Va infine evidenziato che l'ulteriore aspetto segnalato dal ricorrente, circa i momenti di avvicinamento della vittima all'imputato, è stato correttamente ritenuto irrilevante dalla Corte territoriale al fine della sussistenza del reato contestato. Ed invero più volte questa Corte ha evidenziato come nell'ipotesi di atti persecutori commessi nei confronti della ex convivente, l'attendibilità e la forza persuasiva delle dichiarazioni rese dalla vittima del reato non sono inficiate dalla circostanza che all'interno del periodo di vessazione la persona offesa abbia vissuto momenti transitori di attenuazione del malessere in cui ha ripristinato il dialogo con il persecutore Sez. 5, numero 5313 del 16/09/2014 Rv. 262665 - 01, atteso che l'ambivalenza dei sentimenti provati dalla persona offesa nei confronti dell'imputato non rende di per sé inattendibile la narrazione delle afflizioni subite, imponendo solo una maggiore prudenza nell'analisi delle dichiarazioni in seno al contesto degli elementi conoscitivi a disposizione del giudice Sez. 6, numero 31309 del 13/05/2015 Rv. 264334 , attenzione questa che risulta essere stata adeguatamente prestata, per quanto è dato evincere dalla motivazione della sentenza impugnata. 7. Il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile ed il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della cassa delle ammende, nonché alla rifusione delle spese della parte civile, liquidate in complessivi Euro 2500,00, oltre accessori di legge. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della cassa delle ammende, nonché alla rifusione delle spese di difesa della parte civile nel presente grado di giudizio che liquida in complessivi Euro 2.500 oltre accessori di legge. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell'art. 52 D.Lgs. 196/03 in quanto imposto dalla legge.