La dichiarazione di nomina del difensore di fiducia da parte dell’imputato detenuto ha efficacia immediata

Tale immediata efficacia della nomina di un difensore di fiducia da parte del detenuto vale indipendentemente dall’osservanza dell’obbligo di comunicazione della stessa all’autorità giudiziaria competente.

Lo ribadisce la sentenza della Corte di Cassazione n. 44197/19, depositata il 30 ottobre. Avverso la pronuncia di condanna dell’imputato per il reato di tentata estorsione in danno ad una società, il medesimo ricorre in Cassazione denunciando violazione del proprio diritto di difesa poiché, nonostante la nomina del proprio avvocato di fiducia fosse stata formalizzata dall’imputato detenuto all’ufficio del carcere in cui si trovava, la Corte d’Appello, adita in secondo grado, non considerava tale designazione, nonostante la sollecitazione in tal senso ricevuta dal difensore d’ufficio, e procedeva alla celebrazione del processo alla presenza fi quest’ultimo, così compromettendo appunto il diritto di difesa dell’imputato e violando l’art. 6 della CEDU e i principi costituzionali che regolano il giusto processo. L’efficacia della nomina del difensore di fiducia da parte del detenuto imputato. Al riguardo, occorre subito menzionare l’art. 123 c.p.p., il quale mira ad impedire che lo stato di detenzione si traduca in una menomazione processuale, consentendo al soggetto detenuto il potere di presentare impugnazioni, dichiarazioni e richieste. A ciò si unisce l’orientamento della giurisprudenza di legittimità che afferma l’immediata efficacia della nomina di un difensore di fiducia da parte del detenuto. E ciò indipendentemente dall’osservanza dell’obbligo di comunicazione della stessa all’autorità giudiziaria competente. E poiché, nel caso in esame, l’udienza dinanzi alla Corte territoriale è stata celebrata in presenza del difensore d’ufficio, nonostante quella stessa mattina, circa 3 ore prima dell’udienza, l’imputato detenuto avesse provveduto a nominare un difensore di fiducia, il S.C. annulla la sentenza impugnata con rinvio alla Corte distrettuale per nuovo esame.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 25 settembre – 30 ottobre 2019, n. 44197 Presidente De Crescienzo – Relatore Borsellino Ritenuto in fatto 1.Con la sentenza impugnata, la Corte d’appello di Bologna ha confermato la sentenza del tribunale di Parma resa il 13 ottobre 2016 che ha affermato la responsabilità dell’imputato in ordine al reato di tentata estorsione in danno della società B. G e R fratelli, con sede in . In particolare si addebita a C. di avere inoltrato missive alla detta società intimando il pagamento di Euro 500.000 e prospettando la contaminazione di prodotti industriali di largo consumo commercializzati dalla stessa mediante l’inserimento di sostanze tossiche e l’ampia divulgazione della notizia. 2.Avverso la detta pronunzia propone ricorso l’imputato deducendo 2.1 violazione del diritto di difesa dell’imputato e vizio di motivazione che ha determinato la nullità dell’ordinanza del 10 aprile 2018 della sentenza di secondo grado poiché, nonostante la nomina dell’avv. Fiorenzo Celasco quale difensore di fiducia fosse stata formalizzata dall’imputato all’ufficio Matricola del carcere di Genova alle ore 9 30, la corte di appello aprendo l’udienza del 10 aprile 2018 alle ore 12,34 non hà considerato tale designazione, nonostante là sollecitazione ricevuta in tal senso dal difensore di ufficio, e ha proceduto alla celebrazione del processo alla presenza di quest’ultimo, così compromettendo il diritto di difesa dell’imputato e violando l’art. 6 della Corte EDU e i principi costituzionali che regolano il giusto processo. 2.2 Violazione di legge e in particolare dell’art. 533 c.p.p., comma 1, art. 546 c.p.p., comma 3, art. 125 c.p.p., comma 3, ed art. 6 della CEDU e art. 111 Cost., per avere negato la partecipazione personale dell’imputato all’udienza in quanto, nonostante il difensore avesse comunicato alla corte che l’imputato non aveva rinunziato a comparire il giudice non ha tenuto conto di questa comunicazione e ha proceduto in assenza del ricorrente. 2.3 Violazione dell’art. 56 c.p., comma 1, art. 629 c.p., ed erronea qualificazione giuridica e violazione dell’art. 49 c.p., comma 2, nonché vizio di motivazione poiché nel caso in esame avrebbe dovuto essere riconosciuta la desistenza volontaria, in quanto l’agente ha volontariamente interrotto l’azione delittuosa alla quale aveva dato inizio. 2.4 Violazione degli artt. 56, comma 4, ed erronea qualificazione giuridica della condotta poiché la corte ha escluso la sussistenza dell’attenuante del recesso attivo, sebbene il ricorrente abbia positivamente agito per impedire le conseguenze della propria azione. 2.5 Violazione degli artt. 81, 99 e 133, art. 442, comma 2, è illegittima la dosimetria della pena nonché omesso riconoscimento dell’attenuante ex art. 62 c.p., n. 6, e vizio di motivazione poiché la condotta posta in essere dal ricorrente è unitaria e configura in ogni caso un’unica tentata violazione di legge sicché risulta illegittimo l’aumento di pena applicato dai giudici di merito. Inoltre alla stregua del casellario giudiziario poiché i precedenti procedimenti sono stati definiti con riti o misure alternative positivamente conclusa con conseguente estinzione di ogni effetto penale avrebbe dovuto essere esclusa la recidiva ed ancora riconosciuta l’attenuante dell’art. 62 c.p., n. 6, poiché C. si è adoperato spontaneamente per elidere o attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato. Considerato in diritto Il primo motivo di ricorso è fondato e rende superfluo l’esame di tutte le altre censure. L’art. 123 c.p.p., mira ad impedire che lo stato di detenzione si traduca in una menomazione processuale, accordando al soggetto detenuto o internato la facoltà di presentare impugnazioni, dichiarazioni e richieste direttamente all’amministrazione penitenziaria o ad un ufficiale di polizia giudiziaria, con efficacia corrispondente alla presentazione diretta all’autorità giudiziaria. Le Sezioni Unite di questa Corte Cass., Sez. Un. 26 marzo 1997, Procopio , in accordo con la lettera e la ratio della disposizione in esame, hanno affermato l’immediata efficacia della nomina di un difensore di fiducia, evidenziando l’iniquità di far ricadere sull’imputato o sull’indagato le conseguenze dell’inefficienza dell’apparato burocratico e la negligenza del personale . Ne discende che l’efficacia della dichiarazione è indipendente dall’osservanza dell’obbligo di immediata comunicazione all’autorità procedente che può essere rispettato con qualsiasi mezzo di comunicazione, perfino, nei casi speciali di urgenza ex art. 44 disp. att. e coord., la semplice telefonata cfr. in tal senso Cass., Sez. Un. cit. Sez. 2, n. 402 del 25/01/2000 dep. 02/03/2000, Cuccurullo, Rv. 21645001 . È stato inoltre precisato che la dichiarazione di nomina del difensore di fiducia effettuata ai sensi dell’art. 123 c.p.p. dall’imputato o dall’indagato detenuto ha efficacia immediata indipendentemente dall’osservanza dell’obbligo di comunicazione della stessa all’autorità giudiziaria procedente, a nulla rilevando che detta dichiarazione, immediatamente efficace ai sensi dell’art. 123 c.p.p., non sia pervenuta all’autorità procedente. ex plurimis Sez. 1, n. 40495 del 04/10/2007 dep. 05/11/2007, Silvestro e altro, Rv. 23786401 Sez. 1, n. 50443 del 04/10/2018 dep. 07/11/2018, FRERÈ BRUNO, Rv. 27466701 . L’immediata efficacia della nomina effettuata in carcere assicura effettività alle previsioni contenute nell’art. 9, p. 3 del Patto Internazionale per i diritti civili e politici e all’art. 5, p. 3 della C.E.D.U Dall’esame degli atti emerge che l’udienza dinanzi al collegio di appello è stata celebrata alla presenza del difensore di ufficio, nonostante quella stessa mattina, circa tre ore prima dell’udienza, l’imputato detenuto avesse provveduto a nominare come difensore l’avv. Fiorenzo Celasco. Va inoltre rilevato che il difensore di ufficio presente in udienza aveva comunicato al collegio che l’imputato quel giorno avrebbe nominato il difensore di fiducia, ma il Presidente alle ore 12,34 affermava che non era pervenuta alcuna nomina fiduciaria. Tuttavia è agli atti la dichiarazione resa all’Ufficio Matricola della Casa circondariale di dall’imputato alle ore 9,20 delle medesima giornata, con cui nominava l’avv. Celasca. Alla luce dei principi già illustrati, la costituzione del rapporto processuale nell’ambito del giudizio di secondo grado e conseguentemente la sentenza impugnata sono affette da nullità assoluta ex art. 178 c.p.p., lett. e , e art. 179 c.p.p., per omessa assistenza dell’imputato. Si impone l’annullamento della sentenza impugnata e il rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di -Bologna per nuovo giudizio. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Bologna.