L’ordine di demolizione emesso dal giudice ha natura di sanzione amministrativa

Tale ordine impartito dal giudice integra una sanzione amministrativa, assolve ad un’autonoma funzione ripristinatoria del bene giuridico leso e può essere revocato dal medesimo giudice che lo ha emesso quando risulti incompatibile con un provvedimento adottato dall’autorità amministrativa.

Sul punto torna ad esprimersi la Suprema Corte con sentenza n. 43125/19, depositata il 21 ottobre. La vicenda. A seguito di abuso edilizio ed esecuzione dell’ordine di demolizione deliberato con sentenza di condanna nei confronti dell’imputata, quest’ultima ricorre in Cassazione denunciando, ai sensi dell’art. 606, lett. b ed e c.p.p., la mancata ricognizione della natura di sanzione penale dell’ordine di demolizione e la mancata applicazione della prescrizione della pena, di cui all’art. 173 c.p.p., dopo l’intervenuto decorso di oltre 5 anni dall’adozione della sentenza del giudice del merito. Le premesse. Come già avvenuto in passato, il Supremo Collegio ha escluso la natura sanzionatoria dell’ordine di demolizione sulla base di una disamina della disciplina apposita contenuta nel d.P.R. n. 380/2001. La demolizione dell’abuso edilizio è considerata, dalla suddetta normativa, come attività con finalità ripristinatorie dell’originario assetto del territorio imposta all’autorità amministrativa. Si tratta, dunque, di una sanzione amministrativa che prescinde dalla sussistenza di un danno o dall’elemento psicologico del responsabile ed è rivolta non solo alle persone fisiche ma anche alle persone giuridiche e sono trasmissibili agli eredi del responsabile e ai suoi aventi causa che subentrino nella disponibilità del bene. I Giudici di legittimità, inoltre, osservano che la demolizione ordinata dal giudice penale costituisce atto dovuto dal giudice penale medesimo ed è esplicazione di un potere autonomo e non alternativo a quello dell’autorità amministrativa, con cui può essere coordinato nella fase di esecuzione. La natura di sanzione amministrativa. Sulla base di quanto detto si evince che l’ordine di demolizione impartito dal giudice integra una sanzione amministrativa ed assolve ad un’autonoma funzione ripristinatoria del bene giuridico leso e può essere revocato dal medesimo giudice che lo ha emesso quando risulti incompatibile con un provvedimento adottato dall’autorità amministrativa, indipendentemente dal passaggio in giudicato della sentenza. Tale ordine, infine, non è soggetto alla prescrizione quinquennale stabilita per le sanzioni amministrative pecuniarie con finalità punitiva. Il ricorso deve essere, quindi, dichiarato inammissibile.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 12 settembre – 21 ottobre 2019, n. 43125 Presidente Liberati – Relatore Noviello Ritenuto in fatto e considerato in diritto 1. Con ordinanza del 10.01.2019 il giudice dell’esecuzione presso il Tribunale di Velletri, adito nell’interesse di P.V. , rigettava la richiesta di annullare o revocare l’ingiunzione di demolizione disposta dalla Procura della Repubblica di Velletri ed adottata in esecuzione dell’ordine di demolizione deliberato, nei confronti della medesima P.V. , con sentenza di condanna - divenuta irrevocabile il 25.06.2011 - adottata nei suoi confronti in relazione ai reati di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, comma 1, lett. b , e artt. 71, 72, 73, 75 e 95. 2. Avverso l’ordinanza del giudice dell’esecuzione P.V. , tramite il proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando un solo motivo di impugnazione. 3. Contesta, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. b ed e , la mancata ricognizione della natura di sanzione penale dell’ordine di demolizione e la mancata applicazione del regime della prescrizione della pena ex art. 173 c.p.p., a fronte dell’intervenuto decorso di oltre cinque anni dall’adozione della sentenza del giudice di primo grado del 01.12.2018 . Rileva inoltre, come la demolizione lederebbe i diritti inviolabili della persona e dei minori presenti nell’immobile abusivo. 4. Il ricorso è manifestamente infondato. Questa Corte cfr. Sez. 3, n. 49331 del 10/11/2015 Rv. 265540 Delorier ha escluso la natura sanzionatoria dell’ordine di demolizione sulla base di una un’articolata disamina della relativa disciplina di cui al D.P.R. n. 380 del 2001. Da essa si è evinto che la demolizione dell’abuso edilizio è stata disegnata dal Legislatore come un’attività avente finalità ripristinatorie dell’originario assetto del territorio imposta all’autorità amministrativa, la quale deve provvedervi direttamente nei casi previsti dall’art. 27, comma 2 del TUE o attraverso la procedura di ingiunzione. Si tratta, dunque, di sanzioni amministrative che prescindono dalla sussistenza di un danno e dall’elemento psicologico del responsabile, in quanto applicabili anche in caso di violazioni incolpevoli come tali sono rivolte non solo alle persone fisiche, ma anche alle persone giuridiche ed agli enti di fatto e sono generalmente trasmissibili nei confronti degli eredi del responsabile e dei suoi aventi causa che a lui subentrino nella disponibilità del bene cfr. anche. Consiglio di Stato, Sez. 4, n. 2266 del 12/4/2011 Consiglio di Stato, Sez. 4, n. 6554 del 24/12/2008. V. anche Cass. Sez. 3, n. 48925 del 22/10/2009, Viesti, Rv. 245918 . È stato in tal senso valorizzato anche il dato per cui, considerato il complesso delle disposizioni integranti la disciplina citata, i provvedimenti finalizzati alla demolizione dell’immobile abusivo adottati dall’autorità amministrativa risultano autonomi rispetto alle eventuali statuizioni del giudice penale e, più in generale, alle vicende del processo penale. Sempre questa Corte, nella sentenza in principio citata e con specifico riferimento alla demolizione ordinata dal giudice penale ai sensi del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 31, comma 9, ha osservato, in primo luogo, che la disposizione si pone in continuità normativa con il previgente L. n. 47 del 1985, art. 7, cfr. Sez. 3, n. 32211 del 29/5/2003, Di Bartolo, Rv. 225548 e costituisce atto dovuto del giudice penale, esplicazione di un potere autonomo e non alternativo a quello dell’autorità amministrativa, con il quale può essere coordinato nella fase di esecuzione cfr. da ultimo Sez. 3, n. 55295 del 22/09/2016 Rv. 268844 Fontana . Sulla base di queste premesse ha concluso nel senso che l’ordine in parola integra una sanzione amministrativa che assolve ad un’autonoma funzione ripristinatoria del bene giuridico leso, impone un obbligo di fare imposto per ragioni di tutela del territorio ed ha carattere reale. È per tali ragioni che l’ordine di demolizione impartito dal giudice può essere revocato dallo stesso giudice che lo ha emesso quando risulti incompatibile con un provvedimento adottato dall’autorità amministrativa, indipendentemente dal passaggio in giudicato della sentenza Sez. 3, n. 47402 del 21/10/2014, Chisci, Rv. 260972 Sez. 3, n. 3456 del 21/11/2012 dep.2013 , Oliva, Rv. 254426 Sez. 3, n. 25212 del 18/1/2012, Maffia, Rv. 253050 Sez. 3, n. 73 del 30/4/1992, Rizzo, Rv. 190604 Sez. 3, n. 3895 del 12/2/1990, Migno, Rv. 183768 . Tutte queste considerazioni dunque, incidono senza alcun dubbio, secondo questa Corte, sulla natura - di sanzione amministrativa - dell’ordine di demolizione impartito dal giudice, con ulteriori riflessi anche in tema di estinzione dell’ordine medesimo per il decorso del tempo. Sempre con la sentenza sopra richiamata Sez. 3, n. 49331 del 10/11/2015 Rv. 265540 Delorier si è evidenziato, infatti, che l’ordine impartito dal giudice non è soggetto alla prescrizione quinquennale stabilita per le sanzioni amministrative dalla L. n. 689 del 1981, art. 28, che riguarda le sanzioni pecuniarie con finalità punitiva cfr. anche Sez. 3, n. 36387 del 07/07/2015 Rv. 264736 Formisano Sez. 3, n. 16537 del 18/2/2003, Filippi, Rv. 227176 e, stante la sua natura di sanzione amministrativa, non si estingue neppure per il decorso del tempo ai sensi dell’art. 173 c.p. cfr. anche Sez. 3, n. 36387 del 7/7/2015, Formisano cit. Sez. 3, n. 19742 del 14/4/2011, Mercurio e altro, Rv. 250336 Sez. 3, n. 43006 del 10/11/2010, La Mela, Rv. 248670 , atteso che quest’ultima disposizione si riferisce alle sole pene principali Sez. 3, n. 39705 del 30/4/2003, Pasquale, Rv. 226573 . 4.1. La suesposta ricostruzione interpretativa è stata anche valutata in rapporto alle decisioni della Corte EDU in tema di definizione del concetto di pena , osservandosi che per tali sue caratteristiche la demolizione non può ritenersi una pena nel senso individuato dalla giurisprudenza della Corte EDU e non è soggetta alla prescrizione stabilita dall’art. 173 c.p. cfr. Sez. 3, n. 49331 del 10/11/2015 Rv. 265540 Delorier cit. e ancora Sez. 3, n. 41475 del 03/05/2016 Rv. 267977 Porcu . Si configura, in altri termini, una sanzione che tende alla riparazione effettiva di un danno e non è rivolta nella sua essenza a punire per impedire la reiterazione di trasgressioni a prescrizioni stabilite dalla legge. Si tratta di principi pienamente condivisi dal Collegio, che ad essi intende dare continuità. 4.2. Quanto al rilievo circa la violazione dei diritti inviolabili della persona, essendo circoscritto a tale sintetica affremazione, appare del tutto generico e quindi inammissibile. 5. Le censure formulate dalla difesa non hanno quindi pregio. 6. Il ricorso dev’essere, dunque, dichiarato inammissibile. All’inammissibilità segue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e, non emergendo ragioni di esonero, al pagamento a favore della Cassa delle ammende, a titolo di sanzione pecuniaria, di una somma che si stima equo fissare in Euro 2000,00 duemila . P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2000 in favore della Cassa delle ammende.