Gli Ermellini tornano sull’irritualità del ricorso proposto a mezzo PEC

Il divieto dell’utilizzo della PEC nel procedimento penale ad eccezione delle comunicazioni e notificazioni di cancelleria ha carattere tassativo ed inderogabile e lo scopo di garantire l’autenticità della provenienza e ricezione degli atti.

Torna sul punto la Corte di Cassazione con sentenza n. 42321/19, depositata il 15 ottobre. La vicenda processuale. Il Tribunale, in parziale accoglimento dell’istanza di riesame avanzata dall’imputato, sostituiva la misura cautelare della custodia in carcere applicatagli dal GIP con quella dei domiciliari con divieto di comunicazione. Avverso tale ordinanza il Procuratore della Repubblica propone ricorso per illogicità di motivazione in relazione all’adeguatezza degli arresti domiciliari disposti a tutelare le esigenze cautelari di cui all’art. 274, lett. b e c , c.p.p L’inammissibilità del ricorso. Tale ricorso risulta irritualmente proposto. Infatti più e più volte la Suprema Corte ha affermato che è inammissibile il ricorso per cassazione proposto mediante l’utilizzo della PEC, poiché le modalità di presentazione e di spedizione dell’impugnazione, di cui all’art. 583 c.p.p., sono tassative e inderogabili. Solo per le notificazioni e comunicazioni da effettuarsi a cura della cancelleria è consentita la PEC art. 16- bis l. n. 221/2012 . Questo divieto perché, mentre l’utilizzo del telegramma o della raccomandata garantisce l’autenticità della provenienza e ricezione dell’atto, la PEC, al pari del fax, attesta solamente la provenienza del file dal servizio amministrativo che lo invia. Applicando tale principio al caso in esame, occorre dichiarare l’irritualità della presentazione del ricorso, in quanto risulta spedito al Tribunale mediante l’uso della PEC da parte dell’impugnante.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 27 giugno – 15 ottobre 2019, n. 42321 Presidente Cervadoro – Relatore Pardo Ritenuto in fatto 1.1 Con ordinanza in data 29 aprile 2019, il tribunale della libertà di Salerno, in parziale accoglimento dell’istanza di riesame avanzata da L.A. , sostituiva la misura cautelare della custodia in carcere applicata al predetto dal G.I.P. del tribunale di Vallo della Lucania con quella degli arresti domiciliari con divieto di comunicazione. Il tribunale, nel contesto del provvedimento impugnato, dava atto della esistenza di numerosi e gravi indizi a carico del L. in ordine ai delitti di associazione a delinquere, utilizzo abusivo di carte di credito, auto riciclaggio, intestazione fittizia di beni finalizzata ad eludere misure di prevenzione patrimoniali ma riteneva misura adeguata quella degli arresti domiciliari. 1.2 Avverso detta ordinanza proponeva ricorso per cassazione il procuratore della Repubblica di Vallo della Lucania deducendo, con unico motivo, mancanza ed illogicità della motivazione in relazione alla adeguatezza degli arresti domiciliari disposti a tutelare le esigenze cautelari di cui all’art. 274 c.p.p., lett. b e c , avuto riguardo all’avvenuta consumazione dei fatti da parte dell’indagato utilizzando la propria abitazione, alla utilizzazione di numerose utenze telefoniche intestate a terzi ed agli esiti dell’attività di perquisizione domiciliare che rendevano non efficace il disposto distacco delle utenze telefoniche. Considerato in diritto Il ricorso risulta irritualmente proposto e deve pertanto essere dichiarato inammissibile. 2.1 Ed invero questa corte con plurime pronunce ha affermato che è inammissibile il ricorso per cassazione proposto mediante l’uso della posta elettronica certificata, in quanto le modalità di presentazione e di spedizione dell’impugnazione, disciplinate dall’art. 583 c.p.p., sono tassative ed inderogabili Sez. 5, n. 12347 del 13/12/2017, Rv. 272781 invero si è specificato sul punto che tale inammissibilità si fonda sulle considerazioni che le modalità di presentazione e di spedizione dell’impugnazione, disciplinate dall’art. 583 c.p.p., sono tassative ed inderogabili e, ai sensi della L. 17 dicembre 2012, n. 221, art. 16-bis, l’uso della p.e.c. è consentito solo per le notificazioni e le comunicazioni da effettuarsi a cura della cancelleria Sez. 6, n. 55444 del 05/12/2017, Rv. 271677 . Ed in motivazione la Corte ha precisato che, mentre la spedizione dell’atto mediante telegramma o raccomandata garantisce l’autenticità della provenienza e ricezione dell’atto, la p.e.c., al pari del fax, attesta unicamente la provenienza del file dal servizio amministrativo che lo spedisce così che la stessa appare priva delle caratteristiche dei sistemi disciplinati dall’art. 583 c.p.p., per attestare l’esatta provenienza e destinazione dell’atto. L’applicazione dei sopra esposti principi al caso di specie comporta affermare la irritualità della presentazione del gravame che risulta spedito al tribunale di Salerno dal P.M. impugnante a mezzo PEC. In conclusione, l’impugnazione deve ritenersi inammissibile perché non ritualmente proposta. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso.