L’omesso avviso all’indagato dell’autorizzazione alla vendita dei beni sequestrati non rende invalido il provvedimento

In tema di vendita dei beni sottoposti a sequestro preventivo, l’omesso avviso all’indagato dell’autorizzazione alla vendita non determina la nullità del provvedimento emesso dal giudice. Tuttavia, l’indagato ha il potere di proporre appello, con decorrenza del termine dal momento dell’effettiva conoscenza dell’atto.

Lo ha stabilito il Collegio di legittimità con sentenza n. 42114/19 depositata il 14 ottobre. Il caso. Il Tribunale del riesame rigettava l’appello proposto dall’indagato contro il provvedimento con cui il GIP non aveva accolto l’istanza di dichiarazione della nullità della vendita del bene immobile sottoposto a sequestro e di restituzione dello stesso, per omesso avviso dell’autorizzazione alla vendita. L’indagato ricorre per cassazione. Impugnabilità del provvedimento di vendita. Secondo la Cassazione, la richiesta di dichiarazione di nullità dell’autorizzazione alla vendita avanzata dal ricorrente risulta infondata. Infatti, l’omessa comunicazione lamentata dall’indagato non è idonea a far ritenere invalido il provvedimento di autorizzazione alla vendita, ma al massimo gli consentirebbe il diritto di impugnazione, con decorrenza dalla data di effettiva conoscenza dello stesso provvedimento. A tal proposito, il Collegio di legittimità ritiene di dover affermare il principio di diritto secondo cui il provvedimento del giudice di vendita dei beni sottoposti a sequestro preventivo è impugnabile mediante appello ex art. 322-bis c.p.p., rientrando lo stesso tra le ordinanze in materia di sequestro preventivo ed il termine decorre dalla data di effettiva conoscenza, da parte del titolare del diritto di impugnazione, del provvedimento emesso dal giudice, non sussistendo un diritto alla comunicazione del provvedimento all’indagato e non ricorrendo nullità dell’autorizzazione alla vendita per mancanza della comunicazione del provvedimento di autorizzazione alla vendita . La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 18 aprile – 14 ottobre 2019, n. 42114 Presidente Di Nicola – Relatore Socci Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Bari in sede di riesame con ordinanza del 13 dicembre 2018 ha rigettato l’appello di M.V. avverso il provvedimento del Giudice per le indagini preliminari di Bari del 26 aprile 2017 che aveva rigettato l’istanza di dichiarazione della nullità della vendita di un bene immobile sottoposto a sequestro e di restituzione del bene, per omesso avviso all’indagato della vendita vendita, peraltro, avvenuta con palese incongruità del prezzo. 2. M.V. ha proposto ricorso per cassazione, per i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1. 2. 1. Violazione di legge art. 175 c.p.p. . In sede di appello era stata evidenziata l’assoluta mancanza di comunicazione all’indagato M. del provvedimento che autorizzava la vendita del podere agricolo impedendo in tal modo ogni potere di impugnazione della disposta vendita. In altro distinto caso di autorizzazione della vendita di un immobile sito in , sempre del ricorrente, era stata disposta la notifica all’indagato che aveva impugnato il provvedimento di autorizzazione alla vendita poi annullato dalla Corte di appello di Bari. Senza comunicazione del provvedimento che aveva autorizzata la vendita dell’immobile non era possibile nessuna tutela del ricorrente sulla disposta vendita del bene immobiliare. Il podere agricolo è stato venduto inaudita altera parte nonostante la pendenza di istanza presentata alla Corte di appello di Bari il 2 dicembre 2016 il provvedimento di autorizzazione alla vendita è del 16 dicembre 2016 la Corte di appello ha deciso il 13 gennaio 2017. Ha chiesto pertanto l’annullamento dell’ordinanza impugnata. Considerato in diritto 3. Il ricorso è infondato. Il ricorrente considera l’autorizzazione alla vendita del podere agricolo invalida, da annullare con conseguente restituzione del bene al proprietario lo stesso ricorrente . L’invalidità deriverebbe dall’omesso avviso all’indagato dell’autorizzazione alla vendita. È indubitabile che Il provvedimento del giudice di vendita dei beni sottoposti a sequestro preventivo è impugnabile mediante appello ex art. 322 bis c.p.p., rientrando lo stesso tra le ordinanze in materia di sequestro preventivo Sez. 3, n. 36064 del 07/07/2009 - dep. 17/09/2009, Iannotta, Rv. 24460801 vedi anche Sez. 1, n. 4245 del 20/06/1997 - dep. 22/07/1997, Kostatis, Rv. 20833301 . Il termine di impugnazione, comunque, decorre dalla data di effettiva conoscenza del provvedimento In tema di misure cautelari reali, il termine di decorrenza per le impugnazioni previsto dagli artt. 322 bis e 324 c.p.p., decorre dalla data di effettiva conoscenza, da parte del titolare del diritto di impugnazione, del provvedimento emesso dal giudice Sez. 2, n. 46079 del 23/09/2014 - dep. 07/11/2014, Destro, Rv. 26095601 vedi anche nello stesso senso Sez. 2, n. 54297 del 16/09/2016 - dep. 21/12/2016, Nicolosi e altri, Rv. 26863201 . Irrilevante quindi l’omessa comunicazione del provvedimento che ha disposto la vendita sul diritto all’appello vendita che, peraltro, non risulta neanche avvenuta in quanto sul punto il ricorso è generico, aspecifico, limitandosi a ritenere invalida l’autorizzazione alla vendita senza altre specificazioni sulle modalità e sull’effettivo concretizzarsi della vendita del podere. L’omessa comunicazione, quindi, non potrebbe far ritenere invalido il provvedimento di autorizzazione alla vendita, ma al massimo consentirebbe all’indagato il diritto di impugnazione a decorrere dalla data di effettiva conoscenza del provvedimento. La richiesta di dichiarazione di nullità dell’autorizzazione alla vendita avanzata dal ricorrente al Giudice per le indagini preliminari e riproposta in sede di riesame ed ora con il ricorso in cassazione, risulta infondata. 3.1. Del resto per la vendita o la distruzione di cose in sequestro che possono deteriorarsi l’art. 260 c.p.p., comma 3, in relazione all’art. 83, disposizione di attuazione del c.p.p., prevede l’avviso - quando ciò è possibile - al difensore per il prelievo dei campioni. Ciò sta a significare che l’avviso all’indagato non è dovuto per l’autorizzazione alla vendita di beni sottoposti a sequestro preventivo. Resta fermo il potere di proporre appello, come sopra visto, con decorrenza del termine dal momento dell’effettiva conoscenza dell’atto. 4. Può conseguentemente affermarsi il seguente principio di diritto Il provvedimento del giudice di vendita dei beni sottoposti a sequestro preventivo è impugnabile mediante appello ex art. 322 bis c.p.p., rientrando lo stesso tra le ordinanze in materia di sequestro preventivo ed il termine decorre dalla data di effettiva conoscenza, da parte del titolare del diritto di impugnazione, del provvedimento emesso dal giudice, non sussistendo un diritto alla comunicazione del provvedimento all’indagato e non ricorrendo nullità dell’autorizzazione alla vendita per mancanza della comunicazione del provvedimento di autorizzazione alla vendita . P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.