Riconoscimento della continuazione con reati già giudicati ed onere di allegazione delle sentenze

L’imputato che richiede il riconoscimento della continuazione con reati già giudicati non può limitarsi ad indicare gli estremi delle sentenze rilevanti a tal scopo, ma ha l’obbligo di produrne la copia, dato che questi è assistito in giudizio da un difensore che ha a sua volta l’onere di produrre gli elementi posti alla base dell’istanza.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con sentenza n. 41063/19, depositata il 7 ottobre. La vicenda. Il Tribunale condannava l’imputato per il delitto di cui all’art. 349 c.p. oltre che a una serie di reati contravvenzionali. La Corte d’Appello invece dichiarava non doversi procedere in ordine a questi ultimi reati e riconosceva le circostanze attenuanti generiche per il reato di cui al sopradetto art. 349 c.p Avverso tale decisione l’imputato propone ricorso per cassazione denunciando violazione dell’art. 81 c.p. in relazione al mancato riconoscimento della continuazione con fatti analoghi oggetto di condanna con sentenze indicate con i motivi di appello, considerando erronea l’affermazione della Corte territoriale secondo cui la mancata allegazione delle sentenze in questione sarebbe causa di inammissibilità della censura. Continuazione tra reati e allegazione delle sentenze. Secondo l’orientamento maggioritario in giurisprudenza l’imputato che richiede il riconoscimento della continuazione con reati già giudicati non può limitarsi ad indicare gli estremi delle sentenze rilevanti a tal scopo, ma ha l’obbligo di produrne la copia, dato che questi è assistito in giudizio da un difensore che ha a sua volta l’onere di produrre gli elementi posti alla base dell’istanza e l’acquisizione d’ufficio dei provvedimenti comporterebbe il rinvio del giudizio senza sospensione del decorso del termine di prescrizione. A ciò consegue il nuovo principio indicato dagli Ermellini in virtù del quale l’onere di allegazione delle sentenze nel giudizio di cognizione è volto ad impedire richieste intenzionalmente dilatorie e a garantire la celerità del rito esigenze queste che non esistono in fase esecutiva. A ciò si aggiunge inoltre che il mancato riconoscimento della continuazione esterna nel giudizio di merito non impedisce che la relativa istanza sia proposta di fronte al giudice dell’esecuzione e da questo valutata . Il ricorso deve essere dunque rigettato.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 25 giugno – 7 ottobre 2019, n. 41063 Presidente Izzo – Relatore Andronio Ritenuto in fatto 1. - Con sentenza del 5 dicembre 2012, il Tribunale di Torre Annunziata ha condannato l’imputato per il delitto di cui all’art. 349 c.p., commi 1 e 2, oltre che per una serie di reati contravvenzionali. Con sentenza del 20 aprile 2018, la Corte d’appello di Napoli, in riforma della sentenza di primo grado, ha dichiarato non doversi procedere in ordine ai reati contravvenzionali e, quanto al residuo reato di cui all’art. 349 c.p., commi 1 e 2, ha riconosciuto le circostanze attenuanti generiche con giudizio di equivalenza rispetto alla contestata aggravante e ha rideterminato la pena in un anno e sei mesi di reclusione ed Euro 300,00 di multa, revocando la dichiarazione di abitualità nel delitto, le misure di sicurezza e l’ordine di demolizione disposti dal giudice di primo grado e diminuendo a un anno, sei mesi e due giorni la durata della pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici. 2. - Avverso la sentenza l’imputato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione, deducendo 1 la violazione dell’art. 81 c.p. e vizi della motivazione in relazione al mancato riconoscimento della continuazione con fatti analoghi oggetto di condanna con sentenze indicate con i motivi di appello, essendo erronea l’affermazione - della Corte di secondo grado secondo cui la mancata allegazione delle sentenze in questione sarebbe causa d’inammissibilità della censura, riproponibile, però, in sede esecutiva 2 l’erronea applicazione dell’art. 62 bis c.p., per il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche con giudizio equivalenza anziché di prevalenza, senza adeguato supporto motivazionale. Considerato in diritto 3. - Il ricorso è infondato. 3.1. - Il primo motivo di impugnazione è infondato. Vi sono effettivamente due diversi orientamenti di legittimità sull’onere dell’allegazione di copia delle sentenze da parte dell’imputato che chieda il riconoscimento della continuazione esterna. Secondo una prima, minoritaria e più risalente, ricostruzione interpretativa Sez. 5, n. 9180 del 29/01/2007, Rv. 236261 - 01 Sez. 5, n. 37337 del 29/04/2011, Rv. 250929 - 01 Sez. 3, n. 39850 del 27/03/2014, Rv. 261359 - 01 , l’onere di provare i fatti dai quali dipende l’applicazione della continuazione è da ritenersi soddisfatto non solo con la produzione della copia della sentenza rilevante ai fini del richiesto riconoscimento ma anche con la semplice indicazione degli estremi di essa, ben potendo, in tale ipotesi, l’acquisizione del documento essere disposta dal giudice, come si ricava, tra l’altro, dalla esplicita previsione dell’art. 186 disp. att. c.p.p., che, pur riguardando l’applicazione della continuazione in sede di esecuzione, esprime un principio che ha valore generale. Secondo l’orientamento maggioritario e più recente, invece, l’imputato che richiede, nel giudizio di cognizione, il riconoscimento della continuazione con reati già giudicati non può limitarsi ad indicare gli estremi delle sentenze rilevanti a tal fine, ma ha l’onere di produrne la copia, non essendo applicabile in via analogica la disposizione di cui all’art. 186 disp. att. c.p.p. dettata per la sola fase esecutiva, atteso che l’imputato è necessariamente assistito da un difensore, sul quale incombe l’onere di produrre gli elementi posti a fondamento dell’istanza e l’acquisizione di ufficio dei provvedimenti comporterebbe il rinvio del giudizio senza sospensione del decorso del termine di prescrizione Sez. 2, n. 49082 del 17/04/2018, Rv. 74808 - 02 Sez. 6, n. 19487 del 06/02/2018, Rv. 273380 - 01 Sez. 6, n. 51689 del 13/10/2017, Rv. 271581 - 01 Sez. 5, n. 9277 del 17/12/2014, dep. 03/03/2015, Rv. 262817 - 01 Sez. 5, n. 2795 del 22/10/2014, dep. 21/01/2015, Rv. 262583 - 01 Sez. 2, n. 9275 del 14/02/2014, Rv. 259069 - 01 Sez. 2, n. 35600 del 12/06/2012, Rv. 253895 - 01 . Quest’ultimo orientamento deve essere ritenuto preferibile, perché essenzialmente basato sulla considerazione che l’onere di allegazione delle sentenze nel giudizio di cognizione è finalizzato ad impedire richieste intenzionalmente dilatorie e a garantire la celerità del rito, esigenze che, invece, non sussistono in fase esecutiva. A ciò può aggiungersi che il mancato riconoscimento della continuazione esterna nel giudizio di merito non impedisce che la relativa istanza sia proposta di fronte al giudice dell’esecuzione e da questo valutata. 3.2. - Il secondo motivo di doglianza - relativo al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sulla contestata aggravante è inammissibile. Il ricorrente non richiama, neanche fini di critica, la motivazione della sentenza impugnata, che risulta, peraltro, pienamente sufficiente e coerente, laddove evidenzia che il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche con giudizio di equivalenza si fonda sulla finalità abitativa e non speculativa dell’abuso edilizio, pur in presenza di un soggetto pluripregiudicato. 4. - Il ricorso, conseguentemente, deve essere rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.