Imputato straniero: consenso e vizio di volontà

Se un imputato è assente all'udienza di applicazione della pena e non sia stata acquisita una sua dichiarazione, orale o scritta, oppure se – essendo straniero – vi sia motivo di credere che non abbia compreso appieno gli atti, è compito del giudice valutare le circostanze in cui il consenso al patteggiamento si è generato, in ottemperanza all'art. 446, comma 5, c.p.p

E' quanto affermato dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 40498/19, depositata il 3 ottobre. Il caso. Il gip presso il Tribunale competente applicava all'imputato la pena concordata tra le parti, ai sensi dell'art. 444 c.p.p Questo ricorreva per cassazione, lamentando un vizio di volontà in relazione all'applicazione del patteggiamento, ex art. 448, comma 2- bis , c.p.p Il ricorrente, straniero e incapace di comprendere l'italiano, dichiarava di aver prestato consenso al patteggiamento, purché soggetto a una sospensione condizionale. Patteggiamento e consenso dell'imputato. I Giudici del Palazzaccio” hanno ritenuto fondato il ricorso. Preliminarmente, gli Ermellini hanno illustrato lo status della giurisprudenza in merito al consenso dell'imputato in caso di pena concordata tra le parti. Questo rito è ritenuto, infatti, oggetto dell'esercizio di un diritto personalissimo dell'imputato, che deve – pertanto – essere espletato in ossequio a particolari formalità. Il procuratore speciale dell'imputato, quindi, non può travalicare i limiti del suo mandato. Qualora l'interessato sia stato sempre presente, e assistito, se straniero, da un interprete, nessun rilievo potrebbe essere mosso in relazione alla genuinità del suo consenso. Dubbi sull'interpretazione della volontà dell'imputato, però, possono sorgere in ipotesi diverse come nel caso in cui l'imputato fosse assente all'udienza di applicazione della pena e non sia stata acquisita una sua dichiarazione, orale o scritta. In un quadro simile, la giurisprudenza ritiene che sia compito del giudice valutare le circostanze in cui il consenso si è generato, in relazione a quanto disposto dall'art. 446, co. 5, c.p.p Nel caso di specie, l'imputato aveva rilasciato il consenso alla pattuizione della pena, prima di ricevere il decreto di giudizio immediato. Tale atto, quindi, era precedente ad una effettiva conoscenza del decreto. Peraltro, il lamentato vizio di volontà fu immediatamente rappresentato dal nuovo difensore e dall'imputato stesso in sede di udienza. Per le ragioni sopra esposte, gli Ermellini hanno ritenuto che ci fossero motivi di dubitare della genuinità del consenso fornito dall'imputato e hanno annullato, senza rinvio, la sentenza impugnata.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 1 luglio – 3 ottobre 2019, n. 40498 Presidente Sabeone – Relatore Belmonte Ritenuto in fatto 1.Con la sentenza impugnata il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Pavia applicava a T.M.F. la pena concordata tra le parti, ai sensi dell’art. 444 c.p.p 2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso l’imputato, con il ministero del difensore, che ne ha chiesto l’annullamento svolgendo un solo motivo, con il quale denuncia nullità della sentenza, per vizi inerenti all’espressione della volontà dell’imputato ai sensi dell’art. 448 c.p.p., comma 2bis. 2.1. Espone che il ricorrente, alloglotta, aveva ricevuto un primo decreto di rinvio a giudizio in lingua italiana e, successivamente, il 22 settembre 2018, gli era stata notificata la traduzione dell’atto in lingua rumena. Dopo che il primo difensore aveva chiesto la applicazione della pena, il nuovo difensore avendo avuto un colloquio con l’imputato, e resosi conto che questi aveva inteso prestare il consenso alla pena concordata alla condizione che essa fosse sospesa condizionalmente, in data 15/10/2018, formulava richiesta al Gip finalizzata alla revoca dell’istanza di applicazione della pena. La richiesta era, tuttavia, respinta dal Giudice sul rilievo che, in data 19 settembre 2018, l’imputato aveva avuto un colloquio in carcere con il primo difensore, anche alla presenza di un interprete, sicché doveva escludersi la rappresentata incomprensione. Dinanzi al G.U.P., all’udienza del 10 gennaio 2019, il T. , presente, aveva ribadito di avere concordato con il precedente difensore la presentazione di istanza di patteggiamento a pena condizionalmente sospesa, affermando di avere appreso solo successivamente del diverso accordo raggiunto con il P.M. Neppure il G.U.P. dava credito alla predetta rappresentazione e pronunciava sentenza ai sensi dell’art. 444 c.p.p. convalidando l’accordo sottoscritto dal primo difensore, senza la sospensione condizionale della pena. 2.1. Deduce il ricorrente che la procura speciale per il rito alternativo era stata rilasciata il 7 giugno 2018 al primo difensore, quando, cioè, al ricorrente non era stata ancora notificata la traduzione del decreto di rinvio a giudizio, e anche prima dell’accesso dell’interprete presso la casa circondariale che la procura era stata rilasciata in forma sintetica che, nella successiva richiesta di patteggiamento, sottoscritta dal difensore datata 19 settembre 2018 e depositata in pari data erano state formulate tre ipotesi alternative, le prime due a pena sospesa condizionalmente, e la terza, aggiunta a mano, a pena superiore a due anni di reclusione. Si duole che nessuno dei giudici investiti della questione della valida espressione del consenso da parte dell’imputato, nè il GIP nè il Gup, abbiano esercitato i poteri di cui all’art. 446 c.p.p., comma 5. 3. Con requisitoria scritta depositata il 12 giugno 2019 il Procuratore Generale presso questa Corte ha chiesto il rigetto del ricorso. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato e la sentenza impugnata deve essere annullata. 2. Come è noto, il legislatore del 2017 ha introdotto uno specifico motivo di ricorso avverso la sentenza di patteggiamento attinente all’espressione della volontà dell’imputato , considerando la centrallità della volontà, nel sistema dei procedimenti speciali con riflessi sanzionatori in tema di applicazione della pena, e di giudizio abbreviato, in quanto essa costituisce il presupposto per procedere in forme alternative al giudizio ordinario dibattimentale. 2.1. Nella giurisprudenza di questa Corte sulla premessa che la richiesta di applicazione della pena è atto dispositivo personalissimo dell’imputato, come tale rivestito di particolari formalità, sicché non è consentito al procuratore speciale dell’imputato di travalicare i limiti del mandato ricevuto, nè in relazione alla pena, ove predeterminata, nè con riguardo alle condizioni a cui la richiesta sia stata subordinata, pena la nullità della sentenza che abbia ratificato un concordato affetto dalla violazione dei suddetti limiti Sez. 1, n. 15557 del 20/03/2018 Rv. 272630 01 Sez. 3, n. 41880 del 09/10/2008, Rv. 241495 01 Sez. 3, n. 6427 del 21/11/2007,Rv. 239052 01 si sono già precisati i limiti entro i quali è possibile verificare l’effettiva volontà dell’imputato di accedere al patteggiamento, mettendo in dubbio la procura speciale prodotta dal difensore, e definiti gli oneri a carico del giudice e delle parti, e gli oneri probatori o di allegazione per un eventuale ricorso per cassazione avverso la sentenza di applicazione della pena che tale accordo ratifichi Sez. 1, n. 15557 del 20/0 3/2018, Tarik ed altri, Rv. 272630 . Si è, così, escluso che possano concretamente porsi problemi di interpretazione della volontà dell’imputato nei casi in cui ciò è superato oggettivamente dalla presenza, anche silente, dell’imputato all’udienza nella quale si procede all’applicazione della pena poiché, anche se alloglotta, egli deve essere assistito dall’interprete, oltre che dalla difesa tecnica o quando la richiesta o il consenso siano formulati personalmente dall’imputato, mediante una formale dichiarazione o per mezzo di un atto scritto che contenga l’indicazione puntuale dei termini dell’accordo che, in seguito, sarà ratificato. Trattasi di situazioni in cui non possono sorgere dubbi sulla presenza di una chiara volontà dell’imputato. 2.1.1. Con riferimento ai più problematici casi in cui, invece, l’imputato sia assente all’udienza che sfocia nell’applicazione della pena, e non sia stata acquisita una precedente dichiarazione orale o scritta , concernente la volontà di richiedere l’applicazione della pena, al di là della procura speciale prodotta nella circostanza dal difensore, ovvero rilasciata in epoca precedente alla pendenza del giudizio, si è escluso a fronte di una procura speciale generica che il giudice debba sindacare i poteri del procuratore costituito, alla luce dell’orientamento giurisprudenziale che tende a ritenere sufficiente la determinazione dell’oggetto della procura speciale, a norma dell’art. 122 c.p.p., con il richiamo al potere di richiedere la applicazione di pena ai sensi dell’art. 444 c.p.p. Sez. 6, n. 1369 del 13.3.2000, Rv. 216361 , spettando al difensore la valutazione della coerenza del negozio processuale con gli interessi dell’imputato Sez. 2, n. 4261 del 17.12.2014, Rv. 262382 . Tuttavia, alla luce della previsione di cui all’art. 446 c.p.p., comma 5, che stabilisce che il giudice, se ritiene opportuno verificare la volontarietà della richiesta o del consenso, dispone la comparizione dell’imputato , si è affermato che rientra tra i compiti del giudice di merito la valutazione del contesto entro il quale è maturata la richiesta dell’imputato, non per contestare l’atto di attribuzione dei poteri di rappresentanza, quanto, piuttosto, per verificare che, in presenza di obiettive e palesi situazioni, la volontà dell’imputato possa essersi formata o espressa in maniera viziata. 2.2. Con riferimento agli oneri probatori o di allegazione del ricorrente che deduce il vizio del consenso, per un eventuale ricorso per cassazione avverso la sentenza di applicazione della pena che tale accordo ratifichi, si sono valorizzati il ruolo della difesa tecnica e la volontà espressa dal rappresentato all’atto del conferimento della procura speciale, e affermata la necessità di indicare la concreta utilità che deriverebbe dalla rimozione della sentenza, o di contestare la conformità della richiesta medesima al mandato conferito con procura speciale Sez. 6, n. 5391 del 20.9.2013, Rv. 257986 . 2.3. Così ricostruito il panorama normativo e giurisprudenziale relativo alla rilevanza del vizio del consenso nel rito speciale dell’applicazione della pena su richiesta, può essere esaminato il caso oggetto del giudizio. 3. Dalla sequenza processuale accessibile al giudice di legittimità in ragione del vizio dedotto error in procedendo emerge che il T. rilasciò procura speciale al patteggiamento della pena il 7 giugno 2018, ancora prima di ricevere il decreto di giudizio immediato, che, munito della traduzione in lingua italiana, gli è stato notificato solo il 19 settembre 2018 che la richiesta di patteggiamento fu depositata lo stesso giorno, 19 settembre 2018, e, in pari data, il PM prestò il consenso disponendone la trasmissione al G.i.p Anche tali atti sono stati compiuti, quindi, prima che l’indagato avesse potuto avere effettiva conoscenza del decreto di giudizio immediato e degli avvisi in esso contemplati. Il vizio della volontà, nella manifestazione del consenso al patteggiamento anche nell’ipotesi non contemplante la sospensione condizionale della pena, fu, d’altro canto, immediatamente rappresentato dal nuovo difensore, nominato dall’imputato dopo avere avuto effettiva conoscenza del contenuto del decreto di rinvio a giudizio, attraverso l’istanza depositata il 15 ottobre 2018 al G.I.P. che la rigettò. Successivamente, fu lo stesso imputato, presente all’udienza del 10 gennaio 2019, a ripetere la doglianza insistendo di non avere mai avuto intenzione di accedere a una ipotesi di patteggiamento non subordinata alla sospensione condizionale della pena. 3.1. Ritiene il Collegio che, traslando nella fattispecie in esame gli approdi giurisprudenziali richiamati, l’eccezione con cui il difensore deduce la nullità della sentenza per vizio del consenso dell’imputato, nell’accedere al rito alternativo ex art. 444 c.p.p., sia fondata, poiché, alla luce della richiamata sequenza procedimentale, e della circostanza che detto vizio fu rappresentato, fin da subito, dal nuovo difensore, già al GIP, in data 15 ottobre, e poi al G.U.P., personalmente dall’imputato, il 10 gennaio 2019, prima dell’adozione della sentenza, vi è ragione di dubitare della genuinità del processo di formazione della volontà di patteggiare una pena non sospesa condizionalmente. Nè appare dirimente la circostanza, valorizzata dal G.I.P. che l’imputato avesse avuto un colloquio in carcere alla presenza di un interprete lo stesso 19 settembre, nel corso del quale il T. sarebbe stato edotto del contenuto del decreto di rinvio a giudizio, e delle possibili richieste esperibili. Si tratta, infatti, di una mera deduzione ipotetica, non supportata da alcun elemento di fatto, che non consente di accedere alla tesi tranquillizzante del giudice di merito, sol che si consideri che, come premesso, delle tre ipotesi alternative formulate dal difensore nella richiesta di patteggiamento depositata al P.M., la terza quella non condizionata alla pena sospesa, che poi ha ottenuto il consenso dell’Inquirente è vergata a mano, dallo stesso difensore, in calce all’atto già predisposto con scrittura meccanica, senza che, tuttavia, esso rechi la sottoscrizione, per ratifica, dell’imputato. Accorgimento che un difensore accorto, avrebbe certamente adottato, nell’ipotesi in cui detta aggiunta fosse stata apposta in presenza dell’imputato, e dopo averne ricevuto l’assenso. Più verosimilmente, l’aggiunta a mano intervenne successivamente al colloquio in carcere, e, come prospettato dal difensore ricorrente, dopo un confronto con l’organo dell’Accusa, ma senza una nuova consultazione dell’assistito e senza verifica, dunque, della condivisione della scelta processuale. In tal senso depone, in effetti, la circostanza che l’imputato abbia, invece, chiesto, a distanza di poche settimane una volta avuta la traduzione del rinvio a giudizio, e dopo un colloquio chiarificatore con il nuovo difensore attraverso quest’ultimo, la revoca della richiesta di patteggiamento non subordinata alla sospensione condizionale della pena, insistendo in tal senso anche nel corso dell’udienza camerale fissata per la celebrazione del rito alternativo. 3.2. Ritiene il Collegio che, ricorrendo un caso di procura speciale c.d. sintetica, rilasciata da imputato alloglotta prima della notifica del decreto di rinvio a giudizio, notificato, in uno alla traduzione nella lingua dell’imputato, solo successivamente al deposito della concreta richiesta di patteggiamento, il disconoscimento, da parte dell’imputato, e prima della sentenza, della scelta processuale del difensore, con riferimento alle condizioni alle quali la richiesta di patteggiamento era stata subordinata, avrebbe dovuto indurre il giudice di merito, alla luce della previsione di cui all’art. 445 c.p.p., comma 5, quantomeno a dubitare dell’effettiva volontarietà della richiesta, e a prendere atto della dichiarata contraria volontà dell’imputato. 3.3. Pare, pertanto, ragionevole affermare che la volontà dell’imputato in ordine alla questione in esame non si sia correttamente formata ed espressa, donde la nullità della sentenza cha ha ratificato un siffatto accordo. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al Pubblico Ministero presso il tribunale di Pavia.