E’ possibile negare il colloquio tra detenuto e difensore se richiesto in un giorno diverso da quelli prestabiliti

La gestione dei colloqui tra detenuto e difensore è un’attività interna alla struttura penitenziaria, da gestire in relazione a tutti i carcerati. Alla luce di ciò, la data e il giorno fissato per gli incontri non possono essere modificati in base alle richieste dell’assistito e del difensore.

Lo ha chiarito la Corte di Cassazione con sentenza n. 38936/19, depositata il 23 settembre. Negato il colloquio di lunedì. Il Tribunale di Sorveglianza di Sassari rigettava il reclamo proposto da un detenuto avverso la sentenza emessa dal magistrato di sorveglianza, con cui era stato respinto il reclamo avverso il provvedimento dell’Amministrazione penitenziaria che non lo aveva autorizzato a fruire del colloquio con l’avvocato difensoro nel giorno di lunedì. L’incontro era stato negato anche perché risultava che l’imputato non avesse fruito neppure dei tre giorni ordinari settimanali di colloquio messi a disposizione. Avverso la decisione l’imputato ricorre in Cassazione censurando la limitazione dei colloqui con il difensore. Attività interna della struttura penitenziaria. La Suprema Corte chiarisce che non è stato negato all’imputato l’esercizio del diritto a fruire di colloqui con il difensore, posto che la struttura mette a disposizione tre giorni a settimana per gli incontri, di cui pertanto il ricorrente non aveva usufruito. Inoltre, precisano i Giudici, la gestione dei colloqui tra detenuto e difensore è un’attività interna da gestire in relazione a tutti i carcerati nella struttura penitenziaria. Alla luce di ciò, la data e il giorno fissato per i colloqui non potevano essere modificate come richiesto dal difensore. Infatti, specificano i Giudici, il giorno di lunedì era giù utilizzato per altre e diverse attività programmate, di cui usufruivano gli stessi detenuti. Modificare i giorni di colloquio avrebbe dunque creato difficoltà nel coordinamento tra colloquio e altre attività all’interno della struttura penitenziaria. Alla luce di ciò la Cassazione dichiara inammissibile il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 25 giugno – 23 settembre 2019, n. 38936 Presidente Di Tomassi – Relatore Cairo Ritenuto in fatto e in diritto 1. Il Tribunale di sorveglianza di Sassari, con ordinanza in data 17/1/2019, rigettava il reclamo proposto da A.A. avverso l’ordinanza emessa dal magistrato di sorveglianza di Sassari in data 11/9/2018, con cui l’indicato magistrato aveva respinto il reclamo dell’A. avverso il provvedimento dell’Amministrazione penitenziaria che non lo aveva autorizzato a fruire di colloqui con il difensore nel giorno del lunedì. Si era osservato che, per i colloqui con i difensori, erano settimanalmente riservati tre giorni e l’A. non aveva fruito neppure di quelli dei quali si sarebbe potuto avvalere in ordinario. Del resto, al momento della decisione era stato trasferito e, dunque, non residuava secondo il giudice a quo neppure un interesse concreto alla decisione nel merito del reclamo proposto. Il Tribunale di sorveglianza confermava il ragionamento sviluppato dal primo Giudice e aggiungeva, quanto alla doglianza ulteriore - secondo cui non sarebbe stato permesso all’A. stesso di stampare memorie e scritti per l’esercizio del diritto di difesa nei procedimenti pendenti - che egli avrebbe, comunque, avuto facoltà di esporre oralmente le sue ragioni, senza allegare le relative ragioni a fondamento delle tesi sviluppate sui supporti cartacei. 2. Ricorre per cassazione A.A. per mezzo del difensore di fiducia e articola due motivi di ricorso. 2.1. Con il primo rappresenta che il Tribunale di sorveglianza di Sassari aveva autorizzato A.A. a utilizzare un computer in relazione ai procedimenti in corso e a estrarre i file cartacei prodotti. L’Amministrazione penitenziaria, tuttavia, non gli aveva permesso di stampare i files stessi e aveva così violato il diritto di difesa. 2.2. Con il secondo motivo censura la scelta di addivenire alla limitazione dei colloqui con il difensore. 3. Il ricorso è manifestamente infondato, oltre a presentare aspetti di intrinseca genericità e difetto di correlazione con gli argomenti posti a fondamento della decisione dal Tribunale di sorveglianza. 3.1. Quanto all’affermata inottemperanza all’autorizzazione già concessa all’uso del computer, concretizzatasi nel divieto di stampa delle memorie da produrre in giudizio la relativa deduzione è priva del carattere di specificità. Si tratta di una doglianza caratterizzata da marcata genericità non indicando il ricorrente neppure quando e in che circostanza si sia formalmente concretizzato, da parte dell’Amministrazione penitenziaria, un rifiuto alla stampa di memorie siffatte. La genericità impone la declaratoria d’inammissibilità della deduzione. 3.2. Il motivo di ricorso relativo ai colloqui con il difensore non è correlato alla motivazione che sorregge la decisione del Tribunale di sorveglianza. In realtà, non si è negato l’esercizio del diritto a fruire di colloqui con il difensore in funzione dell’attuazione piena del diritto di difesa e in ossequio a quanto scritto nell’art. 24 Cost., ma il giudice adito ha chiarito che la regolamentazione di essi colloqui fosse un’attività interna, da gestire e attuare in relazione a tutti i detenuti nella struttura penitenziaria. La data e il giorno fissato per i colloqui non si potevano, pertanto, modificare come richiesto dal difensore. Ciò perché, secondo calendario, il lunedì era già dedicato ad altre e diverse attività, oggetto di programmazione e di cui i detenuti stessi fruivano. In questa logica si è chiarito che l’organizzazione era sostanzialmente vincolata e che, diversamente, si sarebbe determinato un difetto di coordinamento nella gestione dei colloqui con le ulteriori attività interne alla struttura. Il ragionamento esposto è confermato dalle informazioni che si ricavano dal provvedimento impugnato e dalla nota dell’Amministrazione penitenziaria, in cui si esclude che il difensore avesse fruito del numero dei colloqui a sua disposizione in ordinario. La mancata correlazione della doglianza sviluppata con l’iter logico-giuridico che sorregge la motivazione impone, pertanto, la declaratoria di inammissibilità del ricorso. 4. Alla luce di quanto premesso segue la declaratoria d’inammissibilità e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma che si stima equo quantificare in Euro duemila alla Cassa delle Ammende non ricorrendo ipotesi di esonero. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle ammende.