Droghe leggere: rimessa alle Sezioni Unite la scelta sui parametri da utilizzare ai fini dell’aggravante della ingente quantità

A seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 32/2014, che ha indotto il legislatore a modificare il sistema tabellare in ordine alle sostanze stupefacenti, sussiste tuttora un contrasto giurisprudenziale circa i limiti quantitativi massimi a cui fare riferimento in tema di droghe leggere ai fini dell’applicazione della circostanza aggravante della ingente quantità. Sulla questione si esprimeranno le Sezioni Unite.

Questo il contenuto dell’ordinanza della Suprema Corte n. 38635/19, depositata il 19 settembre. Il caso. La Corte d’Appello di Catanzaro confermava la decisione con cui il GIP aveva ritenuto colpevole l’imputato per avere coltivato su un terreno di sua proprietà e su un altro di fatto a lui in uso circa 1000 piante di canapa indiana. Contro tale provvedimento, l’imputato propone ricorso per cassazione, contestando, tra i diversi motivi, la ritenuta sussistenza dell’aggravante della ingente quantità, considerando che, in base all’ormai consolidato orientamento di legittimità, a tal fine è necessario il superamento della soglia di 4000 unità, e non più di 2000. Mutamento del quadro normativo. La Suprema Corte rileva che in merito alla doglianza sollevata dal ricorrente sussiste un contrasto giurisprudenziale. Nell’esaminare la questione, gli Ermellini partono dalla sentenza pronunciata dalle Sezioni Unite n. 36258/2012, con la quale esse hanno stabilito il principio per cui l’aggravante della ingente quantità non può ravvisarsi quando la quantità sia inferiore a 2000 volte il valore massimo espresso in milligrammi determinato per ciascuna sostanza nell’ambito della tabella allegata al D.M. dell’11 aprile 2006, mantenendo comunque ferma la discrezionalità del giudice di merito allorché tale quantità sia superata. Ora, alcune decisioni di legittimità sostengono che tale orientamento sia ormai superato a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 32/2014, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della Legge Fini-Giovanardi, inducendo il legislatore a mutare il quadro normativo di riferimento e ponendo la questione circa la permanenza o meno della validità dell’orientamento espresso dalle Sezioni Unite. Due indirizzi giurisprudenziali. Dal suddetto mutamento normativo deriva la sussistenza di due orientamenti giurisprudenziali in materia. In base al primo, i criteri elaborati dalle Sezioni Unite in tema di applicazione dell’aggravante in oggetto mantengono validità nella misura in cui essi possono essere utilizzati come parametri orientativi, individuati dopo un’indagine su un numero cospicuo di decisioni di merito. Il secondo orientamento, invece, sostiene che l’impostazione elaborata dalle Sezioni Unite debba ormai ritenersi superata, poiché farebbe riferimento al sistema tabellare che la legge Fini-Giovanardi aveva introdotto nel T.U. sugli stupefacenti, sostituendo alle 4 tabelle originarie che distinguevano le droghe leggere da quelle pesanti un’unica tabella. Dopo l’intervento della Corte Costituzionale, però, il legislatore ha modificato il suddetto impianto normativo, introducendo con il d.l. n. 36/2014 quattro nuove tabelle e non potendo, dunque, prescindere la valutazione dei presupposti per l’aggravante della ingente quantità da tale nuova impostazione. Quest’ultima, infatti, prevede che per le droghe leggere l’aggravante non può ravvisarsi quando la quantità di principio attivo sia inferiore a 4000 volte non più a 2000 il valore massimo in milligrammi, determinato per la sostanza nella tabella allegata al D.M. dell’11 aprile 2006. Rimessione alle Sezioni Unite. Perdurando il contrasto giurisprudenziale sopra delineato, sussistono le condizioni per la rimessione del ricorso alle Sezioni Unite, alle quali la Corte chiede di esprimersi in riferimento alle droghe leggere sui criteri di valutazione in ordine ai presupposti applicativi dell’aggravante della ingente quantità, stabilendo se devono mantenersi fermi quelli a cui fa riferimento la pronuncia delle Sezioni Unite sentenza n. 36258/2012 ovvero si imponga una nuova verifica alla luce della modifica tabellare introdotta con il d.l. n. 36/2014.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, ordinanza 10 – 19 settembre 2019, n. 38635 Presidente Piccialli – Relatore Ciampi Ritenuto in fatto 1. La Corte d’Appello di Catanzaro con l’impugnata sentenza ha confermato la decisione del GIP presso il Tribunale di Vibo Valentia, appellata dall’imputato P.S.C. . Questi era stato ritenuto colpevole del reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, commi 1 e 4 e art. 80, comma 2 per aver coltivato presso la propria abitazione all’intero di un terreno di sua proprietà ed anche in altro terreno di fatto allo stesso in uso n. 1087 piante di canapa indiana. 2. Avverso tale decisione ricorre in cassazione a mezzo del difensore di fiducia il P. denunciando con un primo motivo violazione dell’art. 606, lett. b ed e , quanto al mancato esame da parte della Corte territoriale delle doglianze avverso la sentenza di primo grado. Con un secondo motivo con ampi richiami giurisprudenziali contesta la sussistenza della ritenuta aggravante della ingente quantità, sostenendo che la sentenza impugnata non si confronterebbe con l’orientamento giurisprudenziale pressoché consolidato della giurisprudenza di legittimità, che afferma che, in ipotesi di detenzione di droghe leggere, ai fini della configurazione della circostanza aggravante de qua, si renda necessario il superamento della soglia di 4000 unità e non più di duemila 3. Con un terzo motivo, infine, si deduce violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b ed e in relazione agli artt. 62 bis e 133 c.p. quanto alla denegata concessione delle attenuanti generiche ed alla determinazione della pena. 4. In data 3 settembre 2019 è pervenuta memoria difensiva nell’interesse dell’imputato in cui si ribadisce fa dedotta violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b ed e in relazione al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, comma 2. Motivi della decisione 5. Sussiste in relazione al secondo motivo di gravame il contrasto giurisprudenziale evincibile dalle stesse affermazioni del ricorrente, nonché dalla segnalazione da parte del massimario di questa Corte Rel. N. 59/16 del 30 novembre 2016 . 6. Sul punto le Sezioni Unite di questa Corte, sentenza n. 36258 del 24/05/2012, Biondi , hanno stabilito il principio secondo il quale l’aggravante della ingente quantità, di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, comma 2, non è di norma ravvisabile quando la quantità sia inferiore a 2.000 volte il valore massimo, in milligrammi valore - soglia , determinato per ogni sostanza nella tabella allegata al D.M. 11 aprile 2006, ferma restando la discrezionale valutazione del giudice di merito, quando tale quantità sia superata. In particolare da parte di alcune decisioni si è osservato che la sentenza in argomento delle Sezioni Unite interveniva nell’ambito di un quadro normativo affatto diverso dall’attuale, ossia in epoca antecedente alla nota sentenza della Corte Costituzionale n. 32/2014, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della legge Fini-Giovanardi . In specie si è rilevato che il decreto del Ministro della Salute in data 11 aprile 2006, richiamato dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 nella versione antecedente la detta pronunzia d’incostituzionalità, aveva fornito indicazione dei limiti quantitativi massimi delle sostanze stupefacenti e psicotrope, riferibili ad un uso esclusivamente personale, delle sostanze elencate nella tabella I del Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti di cui al D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, come modificato dalla L. 21 febbraio 2006, n. 49, ai sensi dell’art. 73, comma 1-bis del detto Testo Unico . È in seguito intervenuto il ben noto mutamento del quadro normativo di riferimento conseguente in particolare alla citata sentenza n. 32/2014 della Corte Costituzionale, che ha dichiarato illegittimi la L. n. 49 del 2006, artt. 4-bis e 4-vicies ter e al D.L. 20 marzo 2014, n. 36, convertito con 3 modificazioni nella L. 16 maggio 2014, n. 79, entrata in vigore in data 21 maggio 2014 e ciò ha posto appunto all’attenzione della giurisprudenza di legittimità il problema della permanenza o meno della validità del criterio stabilito dalle Sezioni Unite ai fini dell’aggravante de qua. Sul punto, si sono registrati due diversi indirizzi. Un primo orientamento è espresso ex multis dalle sentenze Sez. 3, n. 1609 del 27/05/2015, Gavagna, Rv. 265810, e Sez. 3, n. 12532 del 29/01/2015, Castelletti e altro, Rv. 263001 . secondo cui l’impostazione accolta dalle Sezioni Unite dovrebbe ritenersi superata, in quanto essa si rapporterebbe al sistema tabellare che il D.L. n. 272 del 2005, art. 4-vicies ter, convertito con modificazioni nella L. n. 49 del 2006 c.d. legge Fini-Giovanardi , aveva introdotto nel testo unico degli stupefacenti, sostituendo alle originarie quattro tabelle che distinguevano le droghe leggere tabelle 2 e 4 dalle droghe pesanti tabelle 1 e 3 un’unica tabella relativa a tutte le sostanze stupefacenti e psicotrope droganti. A seguito della già citata sentenza 32/2014 della Corte Costituzionale, il legislatore ha modificato il sistema tabellare che ne era conseguito, introducendo con il D.L. 20 marzo 2014, n. 36, convertito con modificazioni nella L. 16 maggio 2014, n. 79, quattro nuove tabelle in ordine a tali sostanze. Perciò la determinazione dei presupposti per l’applicazione della aggravante della ingente quantità non può prescindere da questa diversa impostazione normativa invero, il nuovo quadro legislativo formatosi, che smentisce la ratio della normativa vigente all’epoca dello sviluppo giurisprudenziale di cui sopra, appare difficilmente compatibile con una interpretazione tendenzialmente soltanto aritmetica e dunque automatica dell’aggravante dell’ingente quantità. Viceversa, secondo un secondo e diverso indirizzo espresso in altre decisioni, la Corte si è espressa in senso affermativo vds. fra le altre Sez. 6, n. 543 del 17/11/2015, dep. 2016, Pajo, Rv. 265756 Sez. 6, n. 44596 del 08/10/2015, Maggiore, Rv. 265523 Sez. 6, n. 6331 del 04/02/2015, Berardi, Rv. 262345 e la già citata Sez. 4, n. 49619 del 12/10/2016, Palumbo e altro, Rv. 268624 , sul rilievo che i criteri elaborati dalle Sezioni unite, con la ridetta decisione n. 36258/2012, per l’applicazione della aggravante della ingente quantità mantengono una loro validità, nella misura in cui possono essere utilizzati come meri criteri orientativi, individuati a seguito di una indagine condotta su un numero cospicuo di sentenze di merito. La sentenza impugnata ha a riguardo così motivato Quanto all’aggravante ex D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, va osservato che, secondo le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, in tema di produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti, l’aggravante della ingente quantità di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, comma 2, non è di norma ravvisabile quando la quantità sia inferiore a 2.000 volte il valore massimo in milligrammi valore soglia , determinato per ogni sostanza nella tabella allegata al D.M. 11 aprile 2006, ferma restando la discrezionale valutazione del giudice di merito, quando tale quantità sia superata SS.UU. n. 36258 del 24 maggio 2012, Biondi, Rv. 253150 , ritenendo in concreto che il quantitativo dello stupefacente sarebbe comunque superiore a quello ritenuto soglia per integrare l’aggravante in oggetto. Sul punto è stato tuttavia riaffermato il già richiamato diverso orientamento cfr. Sez. 4, n. 49366 del 19/07/2018, Rv. 274038 - 01 attraverso la sentenza della Sezione 6 di questa Corte n. 36209 del 13/07/2017, Trifu ed altri, Rv. 270916 , perdurando quindi il già segnalato contrasto. Con tale reiterata impostazione, sempre con riferimento alle cd. droghe leggere , si è ribadito che l’aggravante della ingente quantità di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, comma 2, non è di norma ravvisabile quando la quantità di principio attivo sia inferiore a 4000 volte e non 2000 il valore massimo in milligrammi valore soglia , determinato per detta sostanza nella tabella allegata al D.M. 11 aprile 2006. Si è evidenziato che l’applicazione di tale moltiplicatore si rende necessaria al fine di rispettare le proporzioni e rendere omogeneo il principio affermato dalle Sezioni unite penali con la citata sentenza n. 36258 del 2012 in conseguenza dell’annullamento del D.M. 4 agosto 2006, che, con riferimento alle cd. droghe leggere aveva innalzato il quantitativo massimo giornaliero di principio attivo detenibile, previsto dal D.M. 11 aprile 2006, nella misura di 1000,00 mg., ed alla conseguente reintroduzione del limite previgente pari a 500 mg. In senso contrario e conformemente alla sentenza impugnata, si è invece sostenuto che in tema di stupefacenti, per effetto della espressa reintroduzione della nozione di quantità massima detenibile, ai sensi del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 75, comma 1-bis, come modificato dalla L. 16 maggio 2014, n. 79, di conversione, con modificazioni, del D.L. 20 marzo 2014, n. 36, al fine di verificare la sussistenza della circostanza aggravante della ingente quantità, di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, comma 2, mantengono validità i criteri basati sul rapporto tra quantità di principio attivo e valore massimo tabellarmente detenibile Sez. 4, n. 55014 del 15/11/2017, Rv. 271680 - 01 . 7. Ricorre pertanto l’ipotesi di cui all’art. 618 c.p.p., comma 1, per la rimessione del ricorso alle Sezioni Unite, in ordine alla seguente questione di diritto Se, con riferimento alle cd. droghe leggere , la modifica del sistema tabellare realizzata per effetto del D.L. 20 marzo 2014, n. 36 convertito con modificazioni nella L. 16 maggio 2014, n. 79, imponga una nuova verifica in ordine alla sussistenza dei presupposti per l’applicazione della circostanza aggravante della ingente quantità, in considerazione dell’accresciuto tasso di modulazione normativa, oppure mantengano validità, per effetto della espressa reintroduzione della nozione di quantità massima detenibile, ai sensi dell’art. 75 D.P.R. n. 309 del 1990, art. 75, comma 1 bis , e ss.mm.ii., i criteri basati sul rapporto tra quantità di principio attivo e valore massimo tabellarmente detenibile di cui alla sentenza delle SS.UU. n. 36258 del 24 maggio 2012, Biondi, Rv. 253150 . P.Q.M. Rimette il ricorso alle Sezioni Unite.