Reato prescritto prima della decisione di primo grado: il giudice deve revocare anche le statuizioni civili

Quando il Giudice d'appello accerti che la prescrizione del reato è maturata prima della sentenza di primo grado, nel pronunciare la declaratoria di estinzione del reato, deve contestualmente revocare le statuizioni civili in essa contenute. Infatti, qualora la causa di estinzione del reato preesista alla sentenza di primo grado e il giudice erroneamente non l’abbia dichiarata, non sussistono i presupposti di operatività dell’art. 578 c.p.p

Così si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 37634/19, depositata l’11 settembre. Il caso. Il Tribunale di Salerno dichiarava l’imputato colpevole del reato di cui all’art. 570, comma 1 e 2, c.p. per aver fatto mancare i mezzi di sussistenza alla figlia minorenne, ai due figli maggiorenni e alla moglie separata. La Corte d’Appello di Salerno, riformando parzialmente la decisione, dichiarava prescritto il reato e rideterminava la pena, confermando le disposizioni relative al risarcimento del danno. Avverso la decisione il difensore dell’imputato ha proposto ricorso in Cassazione rilevando la mancanza dello stato di bisogno in capo all’ex coniuge e dei due figli maggiorenni, posto che questi ultimi erano economicamente indipendenti. Lamentava inoltre che la Corte territoriale non avesse esaminato la condanna al risarcimento del danno e che era stata ridotta la sola pena detentiva ma non anche quella pecuniaria. Infine, il ricorrente lamentava che i giudici di secondo grado avessero dichiarato prescritto il reato senza compiere alcuna valutazione del compendio probatorio e senza revocare le statuizioni civili, posto che la prescrizione era maturata prima della sentenza di primo grado. Sul sindacato di legittimità. La Cassazione, ritenendo fondato il ricorso, chiarisce che il giudice di legittimità, quando va a sindacare il vizio di motivazione, non deve sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella effettuata dai giudice di merito ma deve stabilire se questi abbiamo esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti, e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni, a preferenza di altre . I Giudici rilevano poi che la Corte territoriale non ha preso adeguatamente in esame tutte le deduzioni difensive e neppure è giunta a deduzioni difensive o a conclusioni tramite un iter logico-giuridico, posto che ha posto in essere apprezzamenti contraddittori e illogici. Reato prescritto prima della decisione. Sul tema dell’avvenuta prescrizione del reato, poi, la Suprema Corte ricorda Cass. n. 27393/18 che quando il giudice di Appello accerti che la prescrizione del reato è maturata, come nel caso di specie, prima della sentenza di primo grado, nel pronunciare la declaratoria di estinzione del reato, deve contestualmente revocare le statuizioni civili in essa contenute. La pronuncia del giudice di secondo grado sugli effetti civili del reato estinto presuppone infatti che la causa estintiva sia sopravvenuta alla sentenza emessa dal giudice di primo grado che ha pronunciato sugli effetti civili, mentre qualora la causa di estinzione del reato preesista alla sentenza di primo grado e il giudice erroneamente non l’abbia dichiarata, non sussistono i presupposti di operatività dell’art. 578 c.p.p., poiché tale decisione implica una precedente pronuncia di condanna sulle statuizioni civili validamente emessa e gli effetti della sentenza di secondo grado devono essere riportati al momento in cui è stata emessa quella di primo grado . Per i motivi sopra esposti, la Cassazione annulla la sentenza con rinvio alla Corte d’Appello per un nuovo giudizio.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 13 febbraio – 11 settembre 2019, n. 37634 Presidente Tronci – Relatore Giorgi Ritenuto in fatto 1. Con il provvedimento in epigrafe, la Corte d’appello di Salerno, in parziale riforma della sentenza in data 23/11/2017 del Tribunale di Salerno che aveva giudicato A.L. colpevole del reato di cui all’art. 570 c.p., commi 1 e 2, ha dichiarato la prescrizione del reato di cui al capo a accertato il omissis e, quanto a quello di cui al capo b , commesso dal marzo 2010 all’aprile 2011, delle condotte tenute fino all’agosto 2010, rideterminando per l’effetto la pena in ordine a detto reato in mesi due di reclusione ed Euro 200 di multa. La Corte ha altresì confermato le disposizioni relative al risarcimento del danno, revocando la provvisoria esecuzione disposta dal tribunale. La Corte ripercorreva nel merito le motivazioni svolte dal primo giudice in ordine alla consistenza del reato di cui all’art. 570 c.p., comma 2, n. 2, per aver fatto mancare i mezzi di sussistenza alla figlia minore Lu. , al coniuge separato S.E. e ai due figli maggiorenni, per i quali il giudice delegato in sede di comparizione personale aveva stabilito la cifra di Euro 200 per il coniuge e 200 per ciascuno dei tre figli della coppia, e riteneva non fondati i rilievi difensivi in ordine all’insussistenza del fatto, per avere l’imputato provveduto lasciando al coniuge la riscossione di un canone locatizio, non essendovi traccia di ciò nel verbale di separazione e non avendo l’imputato chiesto alcuna rideterminazione dell’assegno al giudice competente. 2. Il difensore dell’A. ha presentato ricorso avverso la citata sentenza e ne ha chiesto l’annullamento, deducendo con plurimi motivi 2.1. il vizio di motivazione in relazione alla mancata considerazione, a fronte di un obbligo di versamento di Euro 800 mensili, dell’effettiva corresponsione di 750 Euro mensili al coniuge S. , di cui 350 assicurati con la riscossione di un canone di locazione la Corte non avrebbe inoltre tenuto conto della carenza dello stato di bisogno in capo alla stessa S. e ai due figli maggiorenni della coppia, di talché la somma versata doveva considerarsi destinata alla sola figlia minore. La cifra residua doveva considerarsi adeguata con riferimento al coniuge, in considerazione della circostanza, trascurata dalla Corte, che il tribunale aveva ritenuto insussistente l’elemento materiale del reato con riguardo ai figli maggiorenni in grado di provvedere autonomamente alle proprie esigenze tramite attività lavorativa peraltro non si era neppure soffermata sull’esistenza di un effettivo stato di bisogno in capo alla S. 2.2. la violazione di legge e la carenza motivazionale in relazione agli artt. 578 e 605 c.p.p., perché la Corte ha provveduto a dichiarare l’estinzione del reato di cui al primo capo di imputazione per prescrizione, senza esaminare i motivi di gravame ad esso afferenti, stante la condanna al risarcimento del danno 2.3. la violazione di legge con riguardo all’art. 597 c.p.p., comma 3 e art. 62-bis c.p., poiché, una volta fissata la nuova pena base in mesi due di reclusione ed Euro 200 di multa a seguito della declaratoria di prescrizione, ha provveduto a ridurre la sola pena detentiva per le attenuanti generiche, in misura inferiore ad un terzo, lasciando inalterata quella pecuniaria 2.4. la violazione degli artt. 129 e 578 c.p.p. e la carenza motivazionale poiché, con riferimento al capo a , ha dichiarato che la prescrizione si era consumata il 27/09/2017 senza compiere alcuna valutazione del compendio probatorio e senza revocare le statuizioni civili in essa contenute, atteso che la prescrizione era maturata prima della sentenza di primo grado emessa il 23/09/2017. 3. In data 14/06/2019 il difensore della parte civile S.E. ha depositato articolata memoria con la quale chiede il rigetto del ricorso e la conferma della sentenza impugnata anche con riferimento alle statuizioni civili. Considerato in diritto 1. Il primo motivo di ricorso è fondato. In tema di sindacato del vizio di motivazione il compito del giudice di legittimità non è quello di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta dai giudici di merito, bensì di stabilire se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti, e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni, a preferenza di altre Sez. U., n. 930 del 13/12/1995, dep. 1996, Clarke, Rv. 203428 . La Corte territoriale, premesso di condividere la motivazione del giudice di primo grado sul giudizio di attendibilità delle dichiarazioni rese dalla persona offesa S.E. e dai testimoni C. ed An. , ha esaminato i motivi di appello sottoponendo ad analisi critica le dichiarazioni rese dalla S. circa l’inadempimento da parte dell’imputato dell’obbligo contributivo a suo carico e ha rilevato come non vi sia alcuna traccia documentale del fatto che la parte offesa avrebbe percepito il canone di locazione in parziale sostituzione dell’assegno di mantenimento. La Corte ha inoltre ritenuto la sussistenza del reato di cui al capo b affermando che, semmai, l’imputato avrebbe dovuto agire in giudizio e richiedere una rideterminazione dell’assegno, ma non procedere ad un’autoriduzione dello stesso. A fronte però delle specifiche doglianze avanzate nell’atto di impugnazione, ove si riferiva delle risorse in particolare immobiliari di cui dispone la S. e del fatto, rilevato dal Tribunale, che i due figli maggiorenni della coppia svolgevano attività lavorativa remunerata presso l’azienda di famiglia pag. 10 della motivazione, poi non ripresa nel dispositivo, nè oggetto di argomentazione da parte della Corte di Appello non si evince con chiarezza sulla base di quali argomentazioni i giudici di merito siano pervenuti all’affermazione relativa alla sussistenza dello stato di bisogno del soggetto passivo. La mera condotta omissiva, consistente nella mancata corresponsione dell’assegno di mantenimento ai familiari, di cui dà conto la Corte territoriale, non è sufficiente ad integrare il delitto di cui all’art. 570 c.p., essendo comunque richiesta la sussistenza dello stato di bisogno della persona offesa. Solo quando soggetto passivo del reato sia un figlio minore lo stato di bisogno è presunto. In ogni altro caso esso deve costituire oggetto di specifica dimostrazione Sez. 6, n. 48548 del 29/09/2016, L., Rv. 268225 . Nella specie, risulta dagli atti deposizione resa dalla S. nell’udienza avanti il Tribunale che la parte civile ha ammesso di essere proprietaria di numerosi immobili in comproprietà con i familiari. Rispetto a queste risultanze appare distonica la mancata presa in considerazione dell’effettività dello stato di bisogno della stessa parte civile. È infatti incontrovertibile che gli immobili possano costituire fonte di reddito, in quanto il proprietario, concedendoli in locazione, può acquisire risorse finanziarie, più o meno cospicue, onde provvedere alle proprie necessità. I giudici di merito avrebbero dunque dovuto approfondire tale aspetto. Non può pertanto affermarsi che, nel caso di specie, i giudici di secondo grado abbiano preso adeguatamente in esame tutte le deduzioni difensive nè che siano pervenuti alle loro conclusioni attraverso un iter logico-giuridico immune da vizi e sulla base di apprezzamenti di fatto esenti da connotati di contraddittorietà o di manifesta illogicità e di un apparato logico coerente con una esauriente analisi delle risultanze agli atti. 2. La sentenza impugnata va dunque annullata con rinvio alla Corte di Appello di Napoli per nuovo giudizio sul punto. Tale epilogo decisorio, comportando un pronunciamento di natura rescindente, determina l’ultroneità della disamina delle doglianze di cui al terzo motivo di ricorso, relativo alla quantificazione della pena per il reato de quo. 3. Il secondo motivo - relativo al mancato esame dei motivi di gravame afferenti il capo di imputazione sub a - è manifestamente infondato in quanto la Corte ha emesso declaratoria di prescrizione alla luce di una motivazione approfondita del primo giudice in ordine alla responsabilità dell’imputato, cui ha fatto espresso riferimento. 4. Fondato è invece il quarto motivo di ricorso. La Corte ha dichiarato che la prescrizione del reato di cui al capo a , commesso fino al OMISSIS , è maturata, tenuto conto di interruzioni e sospensioni, il 27/09/2017, quindi in epoca antecedente la sentenza di primo grado emessa il 23/11/2017. Orbene, quando il giudice di appello accerti che la prescrizione del reato è maturata, come nel caso di specie, prima della sentenza di primo grado, nel pronunciare la declaratoria di estinzione del reato, deve contestualmente revocare le statuizioni civili in essa contenute. La pronuncia del giudice di secondo grado sugli effetti civili del reato estinto presuppone infatti che la causa estintiva sia sopravvenuta alla sentenza emessa dal giudice di primo grado che ha pronunciato sugli effetti civili, mentre qualora la causa di estinzione del reato preesista alla sentenza di primo grado e il giudice erroneamente non l’abbia dichiarata, non sussistono i presupposti di operatività dell’art. 578 c.p.p., poiché tale decisione implica una precedente pronuncia di condanna sulle statuizioni civili validamente emessa e gli effetti della sentenza di secondo grado devono essere riportati al momento in cui è stata emessa quella di primo grado Sez. 4, n. 27393 del 22/03/2018, Fasolino, Rv. 273726 Sez. 6, n. 33398 del 19/09/2002, Rusciano, Rv. 222426 . Sul punto la sentenza va pertanto annullata senza rinvio. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alle statuizioni civili inerenti al reato di cui al capo a della rubrica, che elimina. Annulla la sentenza medesima, quanto al reato sub b , e rinvia, per nuovo giudizio su tale capo, alla Corte di Appello di Napoli.