XV al posto di LV sulle borse contraffatte per strada: si configura reato?

Deve ritenersi configurato il reato di cui all’art. 474 c.p. quando la falsificazione è idonea a ingenerare confusione non solo al momento dell’acquisto, ma anche della successiva utilizzazione, a nulla rilevando che il marchio, se notorio, risulti o meno registrato, attesa comunque la illiceità dell’uso di un marchio identico o simile ad altro notorio anteriormente utilizzato per prodotto o servizio sia omogeneo o identico, che diverso.

Il caso. L’imputato, condannato in primo grado per il delitto di commercio di prodotti con segni falsi art. 474 c.p. e ricettazione, veniva, in secondo grado, prosciolto per il primo per prescrizione e veniva rideterminata la pena in relazione al secondo reato. Lo stesso proponeva ricorso per cassazione lamentando vizio di motivazione per travisamento del fatto e manifesta illogicità in punto di affermazione della penale responsabilità dell’imputato, atteso che la stessa si poggiava sulle deposizioni dei testi di Polizia Giudiziaria che peraltro avevano rilevato a prima vista la falsità dei prodotti posti in vendita, eppure non erano stati in grado di distinguere quali marchi fossero oggetto di registrazione e quale fosse la simbologia utilizzata dalla casa produttrice. La Corte di merito, ciononostante, aveva ritenuto la perfetta che, oltre ciò, vi fosse una perfetta coincidenza visiva tra la lettera X e la lettera V utilizzata per il marchio stampato sulle borse in ragione delle cuciture che coprivano parte della stessa. Sulla deducibilità del vizio di motivazione nel ricorso per cassazione. Preliminarmente, attesa l’inammissibilità del ricorso, in via incidentale, la Corte di Cassazione precisa quali siano le regole sussistenti in materia, nel caso di contemporanea e alternativa rilevabilità di vizio di contraddittorietà, manifesta illogicità e carenza di motivazione. In particolare, evidenzia che il vizio va dedotto in maniera specifica con riferimento alla sua natura, non essendo possibile dedurre lo stesso in forma alternativa o cumulativa. In secondo luogo, il vizio di motivazione deve essere interno all’atto, e quindi desumibile dalla lettura dello stesso. È onere della parte, quindi, indicare il punto della decisione impugnata connotato dal vizio. Ancora, il vizio di motivazione, proprio perché può emergere da altro atto del processo, comporta per la parte deducente l’onere di allegarlo al ricorso. Altresì, il vizio di motivazione deve presentare il carattere dell’essenzialità, nel senso che parte deducente deve dare conto delle conseguenze del vizio denunciato. Infine, il vizio di manifesta illogicità della motivazione consegue alla violazione dei principi di logica formale che vanno distinti dalla contraddittorietà o dell’invalidità o scorrettezza dell’argomentazione per carenza di connessione tra le premesse e le conclusioni. Configurabilità del reato di commercio di prodotti con segni contraffatti. I Giudici di legittimità, uniformandosi a quanto già stabilito dalla corte di appello in materia di configurabilità del delitto di cui all’art. 474 c.p. concorda, afferma che integra il delitto di cui all’art. 474 c.p. la detenzione per la vendita di prodotti recanti marchio contraffatto senza che abbia rilievo la configurabilità della contraffazione grossolana, considerato che, l’art. 474 c.p. tutela, in via principale e diretta, non già la libera determinazione dell’acquirente, ma la fede pubblica, intesa come affidamento dei cittadini nei marchi e nei segni distintivi, che individuano opere dell’ingegno e i prodotti industriali e ne garantiscono la circolazione anche a tutela del titolare del marchio in questo senso Cass. Pen. Sez. 5, 11.12.2013, n. 5260 . In questo senso, trattandosi di reato di pericolo messa in pericolo, appunto, della fede pubblica , a nulla rileva la reale evidenza dell’inganno, e quindi non ricorre nemmeno il reato impossibile quando anche la grossolanità della contraffazione e le condizioni di vendita siano tali da escludere la possibilità che gli acquirenti siano tratti in inganno. In definitiva, dunque, si configura il delitto di cui all’art. 474 c.p. sia quando ricorra la riproduzione abusiva del marchio sia nel caso di imitazione del marchio , quando comunque la stessa riguardi gli elementi essenziali dello stesso. Concorso di reati. Precisa infine la Corte, che il delitto di cui all’art. 474 c.p. finora analizzato, può concorrere con il delitto di ricettazione, stante che le due fattispecie incriminatrici descrivono condotte differenti sotto il profilo strutturale e cronologico , tra cui può sussistere un rapporto di specialità. L’acquisto delle borse da parte dell’imputato ad una cifra assai esigua, pari ad euro 2 l’una, infatti, ed il fatto che fossero realizzate con materiale di scarsa qualità, sono indizi sufficiente per ritenere che l’imputato potesse rendersi conto, al momento dell’acquisto, che colui che gli stava vendendo il materiale non fosse certamente in rapporti leciti con il marchio, oltretutto produttore di beni di lusso. In tal senso, appare del tutto certa la sussistenza dell’elemento soggettivo del delitto di ricettazione.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 28 giugno - 6 settembre 2019, n. 37298 Presidente Gallo – Relatore Pellegrino Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 17/05/20 16, la Corte di appello di Napoli, in parziale riforma della pronuncia resa in primo grado dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, sezione distaccata di Caserta, in data 17/06/2010, appellata da G.M. , dichiarava non doversi procedere nei confronti dello stesso in relazione al reato di cui al capo A art. 474 c.p. perché estinto per intervenuta prescrizione e rideterminava la pena in relazione al capo B art. 648 c.p. nella misura di mesi tre di reclusione ed Euro 200,00 di multa, con conferma nel resto. 2. Avverso detta sentenza, nell’interesse di G.M. , viene proposto ricorso per cassazione, i cui motivi vengono di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per a motivazione ex art. 173 disp. att. c.p.p., per lamentare -vizio di motivazione per travisamento del fatto e manifesta illogicità in punto affermazione della penale responsabilità dell’imputato primo motivo -vizio di motivazione per sua omissione o apparenza con riferimento all’operato trattamento sanzionatorio secondo motivo . 2.1. In relazione al primo motivo, si evidenzia come la prova della penale responsabilità del ricorrente si poggi sulla deposizione dei testi di polizia giudiziaria che riferivano di aver notato ictu oculi la falsità della merce esposta, in ragione del materiale scadente con cui erano confezionati i prodotti medesimi nonché a cagione della somiglianza tra i marchi sugli stessi impressi e quelli della nota casa di moda Louis Vuitton . I giudici, pur dando atto della diversa tipologia di lettere impiegate nella creazione del marchio impresso sulla merce detenuta dal G. , hanno nondimeno concluso per l’identità del marchio sostenendo la perfetta coincidenza visiva tra la lettera X e la lettera V in ragione delle particolari cuciture che avrebbero occultato parte della lettera X in realtà, ci si trova di fronte ad una totale invenzione ricostruttiva della Corte d’appello che ha travisato completamente la ricostruzione operata dal primo giudice laddove quest’ultimo aveva parlato di una similarità tra i due laghi in ragione della tipologia di incrocio tra lettere che ricorre anche nella costruzione del celebre marchio in oggetto. Invero, non vi è alcun accenno a qualsivoglia somiglianza artefatta tra la X e la V, nè si fa accenno a cuciture collocate ad arte vi è, al contrario, la chiara indicazione di una differenza esplicita tra le lettere impiegate per la formazione del marchio rinvenuto sulle borse del G. e quelle c.d. originali . Ciò posto, l’asserita contraffazione dei marchi viene fondata sulla presupposta attendibilità delle valutazioni provenienti dai testi d’accusa che pur avevano evidenziato la loro dilettantesca competenza attraverso la descrizione del concetto di falsificazione spesso confuso con la mera falsità dei materiali, oltre all’incapacità mostrata dagli stessi di distinguere quali marchi fossero stati oggetto di registrazione ed eventualmente quale fosse la simbologia adottata dalla casa produttrice. A fronte di tali rilievi e alla dedotta insussistenza dell’elemento psicologico del delitto di ricettazione, la Corte territoriale risponde invocando ragioni meramente formali e prive di fondamento a sostegno. 2.2. In relazione al secondo motivo, la sentenza di appello andava censurata anche con riferimento alla misura della pena, essendosi la stessa limitata a riconoscerne la generica adeguatezza così come determinata dai giudici di primo grado, omettendo di valutare la doglianza circa l’assoluta tenuità del fatto contestato oltre allo scarso allarme sociale determinato da un simile reato. Considerato ini diritto 1. Il ricorso è inammissibile. 2. Occorre in premessa evidenziare come nel ricorso venga dedotto, con il primo motivo, il vizio di contraddittorietà, manifesta illogicità e carenza della motivazione. Invero, la rilevabilità del vizio di motivazione soggiace alla verifica del rispetto delle seguenti regole a il vizio deve essere dedotto in modo specifico in riferimento alla sua natura contraddittorietà o manifesta illogicità o carenza , non essendo possibile dedurre il vizio di motivazione in forma alternativa o cumulativa infatti non può rientrare fra i compiti del giudice della legittimità la selezione del possibile vizio genericamente denunciato, pena la violazione dell’art. 581 c.p.p., comma 1, lett. c b per il disposto dell’art. 606, comma 1, lett. e c.p.p., il vizio della motivazione deve essere desumibile dalla lettura del provvedimento impugnato, nel senso che esso deve essere interno all’atto - sentenza e non il frutto di una rivisitazione in termini critici della valutazione del materiale probatorio, perché in tale ultimo caso verrebbe introdotto un giudizio sul merito valutativo della prova che non è ammissibile nel giudizio di legittimità di qui discende, inoltre, che è onere della parte indicare il punto della decisione che è connotata dal vizio, mettendo in evidenza nel caso di contraddittorietà della motivazione i diversi punti della decisione dai quali emerga il vizio denunciato che presuppone la formulazione di proposizioni che si pongono in insanabile contrasto tra loro, sì che l’accoglimento dell’una esclude l’altra e viceversa Sez. 1, n. 53600 del 24/11/2016, dep. 2017, Sanfilippo e altro, Rv. 271635 c il vizio di motivazione della sentenza, per i disposto dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e può altresì emergere dalla lettura di un atto del processo. In tal caso, per il rispetto del principio di autosufficienza dell’impugnazione, è onere della parte procedere alla allegazione dell’atto specificato che viene messo in comparazione con la motivazione Sez. 2, n. 20677 del 11/04/2017, Schioppo, Rv. 270071 d il vizio di motivazione deve presentare il carattere della essenzialità, nel senso che la parte deducente deve dare conto delle conseguenze del vizio denunciato rispetto alla complessiva tenuta logico-argomentativa della decisione. Infatti, sono inammissibili tutte le doglianze che attaccano la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, 0., Rv. 262965 e il vizio di manifesta illogicità della motivazione consegue alla violazione di principi della logica formale diversi dalla contraddittorietà o dei canoni normativi di valutazione della prova ai sensi dell’art. 192 c.p.p. ovvero all’invalidità o alla scorrettezza dell’argomentazione per carenza di connessione tra le premesse della abduzione o di ogni plausibile nesso di inferenza tra le stesse e le conclusioni. 3. Fermo quanto precede, ritiene il Collegio come il primo motivo di ricorso appaia manifestamente infondato. 3.1. La Corte territoriale si è correttamente conformata - quanto alla qualificazione giuridica dei fatti accertati - al consolidato orientamento di questa Suprema Corte cfr., Sez. 5, n. 5260 del 11/12/2013, dep. 2014, Faje, Rv. 258722 , per la quale integra il delitto di cui all’art. 474 c.p. la detenzione per la vendita di prodotti recanti marchio contraffatto senza che abbia rilievo la configurabilità della contraffazione grossolana, considerato che l’art. 474 c.p. tutela, in via principale e diretta, non già la libera determinazione dell’acquirente, ma la fede pubblica, intesa come affidamento dei cittadini nei marchi e segni distintivi, che individuano le opere dell’ingegno e i prodotti industriali e ne garantiscono la circolazione anche a tutela del titolare del marchio. Si è anche chiarito Sez. U, n. 2 3427 del 09/05/2001, Ndiaye, Rv. 218771 Sez. 2, n. 12452 del 04/03/2008, Altobello, Rv. 239745 che il delitto di ricettazione art. 648 c.p. e quello di commercio di prodotti con segni falsi art. 474 c.p. possono concorrere, atteso che le fattispecie incriminatrici descrivono condotte diverse sotto il profilo strutturale e cronologico, tra le quali non può configurarsi un rapporto di specialità, e che non risulta dal sistema una diversa volontà espressa o implicita del legislatore. Ed inoltre, che l’elemento psicologico della ricettazione può essere integrato anche dal dolo eventuale, che è configurabile in presenza della rappresentazione da parte dell’agente della concreta possibilità della provenienza della cosa da delitto e della relativa accettazione del rischio Sez. U, n. 12433 del 26/11/2009, dep. 2010, Nocera, Rv. 246324 , 3.2. Ciò premesso, nessun rilievo può spiegare la cosiddetta contraffazione grossolana in presenza di un reato di pericolo per la cui configurazione non occorre la realizzazione dell’inganno e nemmeno ricorre l’ipotesi del reato impossibile qualora la grossolanità della contraffazione e le condizioni di vendita siano tali da escludere la possibilità che gli acquirenti siano tratti in inganno, similmente a quanto richiesto per l’ipotesi del reato di cui all’art. 473 c.p., considerato che, ferma la diversità delle condotte caratterizzanti le due fattispecie, la res oggetto della condotta è la medesima, di guisa che ricorrendo la eadem ratio si applica analogo principio cfr., ex multis, Sez. 5, n. 21049 del 26/04/2012, Pascale, Rv. 252974 . 3.3. Va inoltre riconosciuto come l’affermazione di responsabilità per l’acquisto o la ricezione di beni con marchi contraffatti o alterati non richieda che sia provata l’avvenuta registrazione dei marchi, condizione essenziale per affermare l’esistenza del delitto presupposto, se si tratta di marchi di largo uso e di incontestata utilizzazione da parte delle società produttrici cfr., ex plurimis, Sez. 2, n. 22693 del 13/05/2008, Rossi, Rv. 240414, ove questa Corte ha precisato che, in tali casi, è onere difensivo la prova della dedotta mancanza di registrazione del marchio . 3.4. Correttamente si ricorda che la salvaguardia apprestata dall’ad, 474 c.p. ricorre non solo se ci si trovi in presenza della riproduzione abusiva del marchio ma anche nel caso di una mera imitazione del marchio medesimo, che tuttavia concerna gli elementi essenziali dello stesso. E, sul punto, vale il richiamo al dictum di questa Suprema Corte, laddove si precisa che il reato previsto dall’art. 474 c.p. è configurabile qualora la falsificazione, anche imperfetta e parziale, sia idonea a trarre in inganno i terzi, ingenerando confusione tra contrassegno e prodotto originali e quelli non autentici e quindi errore circa l’origine e la provenienza del prodotto. Si è di fronte al reato di cui all’art. 474 c.p., in altri termini, purché la falsificazione sia idonea ad ingenerare confusione, con riferimento non solo al momento dell’acquisto, bensì alla loro successiva utilizzazione, a nulla rilevando che il marchio, se notorio, risulti o non, registrato, data l’illiceità dell’uso, senza giusto motivo, di un marchio identico o simile ad altro notorio anteriore utilizzato per prodotti o servizi sia omogenei o identici, che diversi. 3.5. In ogni caso, la sentenza impugnata evidenzia come il fatto che l’imputato abbia acquistato le borse, apparentemente recanti il marchio LV ad una cifra assai esigua due Euro l’una e il fatto che esse fossero realizzate con materia di scarsa qualità sono sufficienti elementi indiziari per ritenere che l’imputato ben sapesse che colui che gli vendeva la suddetta merce non era legato da alcun lecito rapporto con la casa produttrice nel senso che non si trattava nè di una fabbrica regolarmente autorizzata alla vendita nè di un rivenditore autorizzato. Ciò vale ancor di più se si tiene conto del fatto che il marchio in questione appartiene al settore dei beni di lusso, i cui prezzi di vendita al pubblico sono, quanto meno, centuplicati rispetto a quello pagato dal G. . 3.6. Va infine evidenziato - in relazione all’ulteriore profilo proposto - che, secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, in tema di motivi di ricorso per cassazione, il vizio di travisamento della prova, desumibile dal testo del provvedimento impugnato o da altri atti del processo purché specificamente indicati dal ricorrente, è ravvisabile ed efficace solo se l’errore accertato sia idoneo a disarticolare l’intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione per la essenziale forza dimostrativa del dato processuale /probatorio, fermi restando il limite del devolutum in caso di cosiddetta doppia conforme e l’intangibilità della valutazione nel merito del risultato probatorio cfr., ex multis, Sez. 6, n. 5146 del 16/01/2014, Del Gaudio e altri, Rv. 258774 . 3.6.1. In ogni caso, va ricordato come non spetti alla Suprema Corte rivalutare il modo con cui quello specifico mezzo di prova è stato apprezzato dal giudice di merito, giacché, attraverso la verifica del travisamento della prova, il giudice di legittimità può e deve limitarsi a controllare se gli elementi di prova posti a fondamento della decisione esistano o, per converso, se ne esistano altri inopinatamente e ingiustamente trascurati o fraintesi. Per questo motivo non può esservi spazio alcuno ad una rinnovata considerazione della valenza attribuita ad una determinata deposizione testimoniale, mentre potrebbe - in ipotesi - farsi valere la mancata considerazione di altra deposizione testimoniale di segno opposto esistente in atti, ma non considerata dal giudice ovvero la valenza ingiustamente attribuita ad una deposizione testimoniale inesistente o che presenti un contenuto diametralmente opposto a quello percepito dal giudicante e da lui riversato nella motivazione cfr., Sez. 2, n. 6078 del 09/01/2009, Tripodi, Rv. 243448 . 3.6.2. Nella fattispecie, peraltro, il ricorrente non deduce l’inesistenza della prova posta a fondamento della decisione ma propone una diversa valutazione degli elementi di prova, deducendo quindi un vizio riconducibile al c.d. travisamento del fatto. La Suprema Corte non può però optare per la soluzione che ritiene più adeguata sulla ricostruzione dei fatti valutando l’attendibilità dei testi e, ove esistenti, le conclusioni di periti e consulenti tecnici esclusa dai giudici di merito può soltanto verificare se un mezzo di prova esista e se il risultato della prova sia quello indicato dal giudice di merito e sempre che questa verifica non si risolva in una valutazione della prova. Invero, il giudice di legittimità non ha il potere di rivalutare gli elementi di prova al fine di pervenire ad una diversa ricostruzione del fatto essendo questo compito esclusivo del giudice di merito il travisamento del fatto - inteso nel senso indicato - non può pertanto costituire motivo di ricorso in cassazione se inteso nel senso di una complessiva rivalutazione degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e senza che venga indicata alcuna manifesta illogicità in cui sia incorso il giudice di merito in questa ricostruzione. E sempre che - come è avvenuto nel caso di specie - il giudice di appello abbia fornito non illogica risposta alle argomentazioni in fatto contenute nei motivi di appello cfr., Sez. 4, n. 36769 del 09/06/2004, Cricchi ed altri, Rv. 229690 . 4. Manifestamente infondato è anche il secondo motivo. La graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 c.p. ne discende che è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, dep. 2014, Ferrario, Rv. 259142 , ciò che - nel caso di specie - non ricorre. Invero, una specifica e dettagliata motivazione in ordine alla quantità di pena irrogata, specie in relazione alle diminuzioni o aumenti per circostanze, è necessaria soltanto se la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale, potendo altrimenti essere sufficienti a dare conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 c.p. le espressioni del tipo pena congrua , pena equa o congruo aumento , come pure il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere Sez. 2, n. 36245 del 26/06/2009, Denaro, Rv. 245596 giudizio di congruità, nella fattispecie, correttamente operato essendosi discrezionalmente ritenuta la misura della pena irrogata, pienamente commisurata alle circostanze del caso concreto. 5. Alla pronuncia consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro duemila. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle ammende.