Il rapporto fra l’azione risarcitoria esercitata nel processo civile e quella proposta in sede penale

Qualora il danneggiato dal reato abbia esercitato l’azione risarcitoria nel processo civile, egli non è legittimato a costituirsi parte civile nel processo penale per vantare ulteriori pretese risarcitorie derivanti dalla stessa causa quando sia già intervenuta una sentenza di merito in sede civile.

Questo il contenuto della sentenza della Corte di Cassazione n. 37296/19, depositata il 6 settembre. La vicenda. La Corte d’Appello di Milano riformava la pronuncia resa dal Tribunale, dichiarando l’imputato responsabile del reato di appropriazione indebita ai soli effetti civili e condannandolo al risarcimento dei danni morali subiti dal danneggiato. Avverso tale pronuncia, l’imputato propone ricorso per cassazione, lamentando, tra i diversi motivi, la violazione delle norme processuali, in quanto la difesa dell’imputato aveva chiesto l’estromissione della parte civile per avere essa già esercitato le proprie pretese in sede civile, derivandone, dunque, una duplicazione in sede penale della stessa azione già esperita in ambito civile. L’azione risarcitoria. La Suprema Corte dichiara fondato il motivo prospettato dal ricorrente, osservando come in materia di rapporti intercorrenti tra l’azione risarcitoria proposta in sede civile e quella esercitata nel processo penale, deve escludersi che il danneggiato che abbia già esercitato la suddetta azione in ambito civile sia legittimato a costituirsi parte civile nel processo penale per vantare ulteriori pretese risarcitorie inerenti alla stessa causa, quando sia intervenuta una sentenza di merito in sede civile anche non passata in giudicato . Da ciò consegue che l’effetto preclusivo di cui all’art. 75, comma 1, c.p.p., in base al quale il trasferimento dell’azione civile in sede penale implica la rinuncia automatica agli atti del processo civile, ha luogo solo quando sia stata pronunciata una sentenza di merito all’esito del giudizio civile, posto che tra l’azione esercitata in ambito penale e quella promossa in sede civile vi sia identità di soggetti e di causa petendi . Ciò affermato, gli Ermellini rilevano che nel caso di specie la parte civile, anche se aveva avanzato in sede penale la pretesa risarcitoria relativa ai soli danni morali, ha espressamente invocato l’accertamento della responsabilità dell’imputato per lo stesso fatto, duplicando le sue richieste risarcitorie, considerando che la sentenza del giudice civile è intervenuta prima rispetto all’esercizio dell’azione penale. Dunque, non essendo stato evidenziato dall’attore alcun elemento di autonomia volto a distinguere la sua domanda risarcitoria rispetto a quella precedentemente proposta, ne consegue un’implicita sostanziale revoca di costituzione di parte civile, da cui deriva l’estinzione del rapporto processuale civile inserito nel giudizio penale. Tale situazione impedisce al giudice penale di mantenere ferme le statuizioni civili relative al rapporto processuale ormai estinto, conseguendone l’annullamento del provvedimento impugnato senza rinvio.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 28 giugno – 6 settembre 2019, n. 37296 Presidente Gallo – Relatore Pellegrino Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 18/05/2018, la Corte d’appello di Milano, in riforma della pronuncia resa in primo grado dal Tribunale di Milano in data 16/11/2017, dichiarava I.P. responsabile del reato di appropriazione indebita ai soli effetti civili e lo condannava al risarcimento dei danni morali patiti dalla parte civile T.G. , liquidati in Euro 5.000,00 nonché al pagamento delle spese processuali relative al procedimento sostenute dalla parte civile in relazione ad entrambi i gradi del procedimento. 2. Avverso detta sentenza, nell’interesse di I.P. , viene proposto ricorso per cassazione, i cui motivi vengono di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. c.p.p., per lamentare - violazione di norme processuali, nella specie gli artt. 178 e 179 c.p.p., previste a pena di nullità primo motivo . Si eccepisce la mancata citazione dell’imputato per il giudizio di appello, essendo stati gli atti notificati con le forme dell’art. 161 c.p.p., comma 4, presso il difensore di fiducia tramite pec in data 10/04/2018 pur in presenza di un domicilio eletto in omissis . Peraltro, agli atti, vi è un tentativo di notificazione all’imputato presso il domicilio eletto in data omissis notifica non andata a buon fine ma tale notificazione, anziché precedere la notifica ex art. 161 c.p.p., comma 4, è seguita a quest’ultima - violazione della legge penale per mancata presentazione di tempestiva querela per il reato di appropriazione indebita secondo motivo . Il procedimento trae origine da una denuncia-querela presentata in data omissis il fatto di reato in contestazione viene fatto risalire al omissis o, al più tardi, al omissis , con conseguente evidente tardività della proposizione della condizione di procedibilità. La querela viene in rilievo a seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. 10 aprile 2018, n. 36, norma già in vigore all’atto della celebrazione del giudizio di appello che ha previsto l’abrogazione della procedibilità d’ufficio dell’appropriazione indebita aggravata ex art. 61 c.p., n. 11 - violazione della legge penale per intervenuta prescrizione del reato terzo motivo . La Corte territoriale ha omesso di considerare che il reato, alla data della sentenza di appello, risultava prescritto in quanto lo stesso risultava essere stato commesso nel omissis e gli eventi successivi definiti come un post factum del tutto irrilevante ai fini della responsabilità - violazione di norme processuali, nella specie gli artt. 74 c.p.p. e ss., prevista a pena di nullità quarto motivo . Nel corso del procedimento di primo grado e all’udienza dibattimentale d’appello, la difesa dell’imputato ha chiesto l’estromissione della parte civile per avere la stessa già esercitato le proprie pretese in sede civilistica articolando in quella sede tutte le proprie domande restitutorie e risarcitorie . La Corte territoriale ha riconosciuto parzialmente questa richiesta riconoscendo alla parte civile solo il danno morale in realtà, la domanda civile azionata in sede civile agli atti risulta la sentenza di primo grado non poteva che comprendere anche questa voce di danno con la conseguenza che la sua proposizione in sede penale finiva per risolversi in una duplicazione di azioni, vietata dal codice. Considerato in diritto 1. Preliminarmente il Collegio respinge l’istanza di nomina di sostituto processuale per l’udienza giusta richiesta pervenuta via fax in cancelleria in data 28/06/2019 a firma dell’avv. Lara Benetti codifensore del ricorrente preannunciante la propria assenza all’udienza, assenza - peraltro - non espressamente giustificata dall’esistenza di alcun legittimo impedimento trattasi di richiesta del tutto irrituale atteso che la partecipazione all’udienza pubblica del difensore è rimessa alla propria discrezionale decisione, ben potendo celebrarsi la stessa così come l’udienza camerale ex art. 127 c.p.p. anche senza la presenza del difensore, purché ritualmente avvisato e, quindi, messo nelle condizioni di potervi partecipare. 2. Il ricorso è fondato con riferimento al quarto assorbente motivo proposto, il cui accoglimento determina l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata. Rileva il Collegio come la Corte regolatrice abbia da tempo chiarito i rapporti intercorrenti fra l’azione risarcitoria esercitata nel processo civile e quella proposta in sede penale, osservando che deve escludersi che il danneggiato dal reato che abbia esercitato l’azione risarcitoria nel processo civile sia legittimato a costituirsi parte civile nel processo penale per far valere ulteriori e diversi profili di danno derivanti dalla stessa causa, qualora sia intervenuta - come nella fattispecie - la pronuncia di una sentenza di merito, anche non passata in giudicato, nella sede civile Sez. 2, n. 7126 del 26/05/2000, Ferri, Rv. 216356 più recentemente, Sez. 4, n. 24215 del 19/05/2015, Petteruti e altro, Rv. 263735 . 2.1. L’effetto preclusivo sancito dall’art. 75 c.p.p., comma 1, cioè, in base al quale il trasferimento dell’azione civile nel processo penale comporta l’automatica rinuncia agli atti del giudizio civile che, di conseguenza, deve essere dichiarato estinto, opera nel caso in cui sia stata pronunciata sentenza di merito, anche non definitiva, nel giudizio civile e allorché tra l’azione promossa in sede civile e quella esercitata con la costituzione di parte civile nel processo penale sussista identità di soggetti e di causa petendi Sez. 4, n. 35604 del 28/05/2003, Crabbi e altro, Rv. 226370 . Preme poi evidenziare che la medesima giurisprudenza di legittimità ha ripetutamente osservato che la diversa ipotesi della revoca tacita della costituzione di parte civile, di cui all’art. 82 c.p.p., comma 2, opera nel caso in cui l’azione risarcitoria venga promossa anche davanti al giudice civile, da parte del soggetto danneggiato, già costituito parte civile ed inoltre, che detto meccanismo trova applicazione solo quando sussista una compiuta coincidenza fra le due domande, trattandosi di disposizione finalizzata ad escludere la non consentita duplicazione dei giudizi cfr., Sez. 5, n. 28753 del 08/06/2005, Cimini, Rv. 232298 Sez. 4, n. 21588 del 23/03/2007, Margani e altri, Rv. 236722 Sez. 2, n. 62 del 16/12/2009, dep. 2010, La Spina, Rv. 246266 Sez. 4, n. 3454 del 19/12/2014, dep. 2015, Di Stefano e altro, Rv. 261950 . 2.2. Nel caso di specie, con la domanda avanzata dinanzi al giudice penale, la parte civile - lungi dal limitarsi alla rivendicazione della sola liquidazione dei danni non richiesti avanti al giudice civile ha espressamente invocato l’accertamento della responsabilità dell’imputato per il medesimo fatto con ingiustificata duplicazione delle proprie richieste risarcitorie azione civile che risulta essere stata proposta precedentemente alla domanda civile nel processo penale, atteso che la sentenza del giudice civile di primo grado è intervenuta in data 15/10/2015, ed azione penale che ha dato corso al presente procedimento - esercitata con decreto di citazione diretta a giudizio, esercitata in un momento successivo vista la data - 04/11/2015 - della vocatio in judicium . Tale azione, per i caratteri costitutivi che la individuano negli elementi essenziali della causa petendi e del petitum, vale a integrare il ricorso della medesima domanda civile successivamente ri proposta in sede di costituzione di parte civile nel processo penale, non avendo l’attore evidenziato alcun elemento di autonomia idoneo a contraddistinguere la diversità - nel senso sopra precisato - della nuova domanda risarcitoria rispetto a quella originariamente proposta. 2.3. Fermo quanto precede, rilevato che in sede di conclusioni del giudizio di gravame la difesa dell’imputato aveva chiesto in principalità di dichiararsi l’inammissibilità dell’appello chiedendo altresì l’estromissione dal giudizio della parte civile e preso atto dell’implicita sostanziale revoca di costituzione di parte civile per le ragioni precedentemente esposte, applicando i richiamati principi di diritto al caso di specie, deve rilevarsi che la sentenza risulta vulnerata dalla dedotta violazione di legge. 2.4. Al riguardo, è appena il caso di richiamare sul punto l’orientamento consolidato della giurisprudenza di questa Corte, secondo cui la revoca della costituzione di parte civile, determinando l’estinzione del rapporto processuale civile inserito nel processo penale, impedisce al giudice penale di mantenere ferme le statuizioni civili relative a un rapporto processuale ormai estinto. Di conseguenza, il giudice di legittimità, investito di un ricorso proposto dall’imputato e relativo alla responsabilità penale ancorché ai soli effetti civili, preso atto della sostanziale revoca intervenuta, deve annullare senza rinvio la sentenza impugnata in ordine alle statuizioni civili in essa contenute e all’accertamento incidentale della penale responsabilità dell’imputato cfr., Sez. 4, n. 31320 del 15/04/2004, Di Tria e altro, Rv. 228839 Sez. 6, n. 12447 del 15/05/1990, Scalo, Rv. 185345 Sez. 1, n. 41307 del 07/10/2009, Marzocchella, Rv. 245041 , senza adozione di alcun provvedimento in ordine alla liquidazione delle spese del giudizio in favore della parte civile, attesane la soccombenza. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata.