Bluff sui prodotti in menù: ristoratore condannato

Fatale un blitz del locale, che ha permesso di rinvenire prodotti surgelati non indicati specificamente sul menù e prodotti destinati a sostituire in modo occulto quelli proposti ai clienti.

Bluff malriuscito per il titolare di un ristorante in quel di Milano. Il blitz nel locale fa emergere l’utilizzo di prodotti congelati non segnalati e di prodotti differenti da quelli indicati nel menù. Inevitabile la condanna per il titolare, ritenuto colpevole di frode commerciale”. Irrilevante il fatto che diverse fatture attestino il quotidiano approvvigionamento di alimenti freschi Cassazione, sentenza n. 36640/19, sez. III Penale, depositata oggi . Blitz. Una volta esaminati gli esiti del controllo effettuato nel ristorante, i Giudici ritengono logico, prima in Tribunale e poi in Corte d’appello, ritenere colpevole il titolare poiché ha posto in essere atti diretti in modo non equivoco a somministrare agli avventori prodotti diversi da quelli pubblicizzati nei menù . Più precisamente si è appurato che erano stati utilizzati per le preparazioni ‘pesci ghiaccio’ al posto dei pubblicizzati ‘bianchetti’ e prodotti congelati sena la relativa specifica indicazione sul menù . La visione tracciata dai giudici di merito è ora condivisa e confermata dai magistrati della Cassazione. A loro parere, difatti, è inequivoco il quadro emerso grazie al blitz nel locale in particolare, non erano stati rinvenuti alimenti freschi ma solo congelati e tra gli antipasti erano indicati i ‘peschi bianchetti’ fritti ma dal controllo degli alimenti non se n’erano rinvenuti , sicché era stata trovata una confezione parzialmente utilizzata di ‘pesci ghiaccio’ congelati, che risultavano visibilmente simili ai ‘bianchetti’ . Nessun dubbio, quindi, sulla responsabilità del titolare del ristorante per la frode messa in atto ai danni dei clienti. E questa constatazione non può essere messa in discussione, chiariscono dalla Cassazione, dalla acquisita dimostrazione grazie ad alcune fatture del quotidiano approvvigionamento di alimenti freschi nonché del loro costante utilizzo tale dato non elide il risultato ispettivo emerso in occasione del blitz nel locale, concludono i Giudici.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 11 luglio – 29 agosto 2019, n. 36640 Presidente Ramacci – Relatore Macrì Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 4.3.2019 la Corte d'appello di Milano, in parziale riforma della sentenza in data 12.1.2017 del Tribunale di Milano, ha dichiarato di non doversi procedere per il reato del capo B perché estinto per intervenuta prescrizione ed ha confermato la condanna, rideterminando la pena, per il reato del capo A , art. 56 e 515 cod. pen., perché, in qualità di titolare di un esercizio pubblico operante nel settore della ristorazione, aveva posto in essere atti diretti in modo non equivoco a somministrare agli avventori, prodotti diversi da quelli pubblicizzati nei menù in particolare, aveva utilizzato per le preparazioni pesci ghiaccio al posto dei pubblicizzati bianchetti e prodotti congelati senza la relativa specifica indicazione sul menù. 2. Con il primo motivo di ricorso l'imputato deduce la violazione dell'art. 606, comma 1, iett. e , cod. proc. pen., in relazione ai documenti prodotti ed alla testimonianza di Qu. Ka. e Ch. Fu Osserva che i testi avevano dichiarato che il ristorante si approvvigionava sempre di prodotti freschi, circostanza suffragata dalla documentazione depositata. Aggiunge che la Corte territoriale aveva ritenuto apoditticamente l'infondatezza della tesi difensiva perché le fatture erano state prodotte non nell'immediato ma in un tempo successivo. Le fatture tuttavia erano state prodotte ritualmente nel corso dell'istruttoria dibattimentale. Con il secondo motivo denuncia la violazione dell'art. 606, comma 1, Iett. b , cod. proc. pen., poiché per il medesimo fatto gli era stata irrogata sia la sanzione amministrativa che quella penale con violazione del bis in idem. Presenta una memoria tardiva nella quale svolge ulteriori considerazioni sul secondo motivo Considerato in diritto 3. Il ricorso è manifestamente infondato perché si risolve in generiche censure già apprezzate con adeguata motivazione dalla Corte territoriale dopo un attento vaglio critico. Gli Operanti hanno verificato che gli alimenti giacevano nei fricongelatori senza alcuna protezione ed alla rinfusa, erano ricoperti di liquidi rappresi e presentavano tracce di rifiuti non identificati nonché tracce di bruciatura da freddo, erano ricoperti altresì di brina, segno di una lenta penetrazione del freddo con la creazione dei macrocristalli. In cucina vi era un frigorifero abbattitore di temperatura che, all'atto ispettivo, era spento ed utilizzato come dispensa. Hanno altresì verificato che non erano stati rinvenuti alimenti freschi, ma solo congelati e che a disposizione dei clienti vi erano due menù. Su uno dei due, per i gamberi, era riportata l'espressione a seconda del mercato potrebbero essere surgelati , mentre sull'altro era indicato che alcuni prodotti potrebbero essere congelati , senza indicare quali tra gli antipasti erano poi indicati pesci bianchetti fritti , ma, dal controllo degli alimenti, non se n'erano rinvenuti, sicché era stata utilizzata una confezione parzialmente utilizzata di pesci ghiaccio congelati , che risultavano visibilmente simili ai bianchetti. La Corte territoriale ha condiviso l'apprezzamento della prova del Giudice di primo grado che dopo un'attenta valutazione delle dichiarazioni dei testi della difesa ha concluso per la responsabilità dell'imputato. E del resto che sia stata acquisita la dimostrazione del quotidiano approvvigionamento di alimenti freschi nonché del loro costante utilizzo non elide il risultato ispettivo sopra riportato. La motivazione resa sia in primo che in secondo grado è solida, logica e razionale. Con riferimento alla presunta violazione del bis in idem va richiamato il consolidato orientamento di legittimità secondo cui altro è la sanzione amministrativa della polizia annonaria che assolve alla funzione di prevenzione della salute pubblica, altro è la sanzione penale che intende reprimere la frode in commercio e quindi assicurare la tutela dei consumatori alla corretta e non decettiva informazione sugli alimenti che vengono somministrati e sulle modalità di conservazione e somministrazione. Peraltro nella specie, il ricorrente non ha neanche specificato quale sanzione amministrativa gli era stata irrogata né ha indicato idonei elementi per valutare la natura di questa sanzione. Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità , si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente ai pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.