Confisca disposta nonostante il proscioglimento per prescrizione: in quali casi è corretto

In tema di lottizzazione abusiva, il giudice del dibattimento non è tenuto all’immediata declaratoria della causa di estinzione del reato per intervenuta prescrizione nel corso del giudizio, dovendo proseguire l’istruttoria per accertare il reato nei suoi elementi oggettivi e soggettivi al fine di disporre la confisca urbanistica del bene sequestrato.

Così la Cassazione con sentenza n. 36341/19, depositata il 22 agosto. Il caso. L’imputato era stato prosciolto dall’accusa di lottizzazione abusiva perché il reato era estinto per prescrizione. Il giudice dell’udienza preliminare, però, disponeva la confisca di quanto in sequestro. L’imputato ricorre per cassazione denunciando la violazione di legge in riferimento alle norme sulla lottizzazione abusiva, motivo che viene ritenuto infondato, e denunciando altresì la violazione di legge in merito alla connessione tra sentenza e confisca. La confisca del bene sequestrato a seguito di sentenza di proscioglimento per prescrizione del reato. La questione è stata protagonista di un acceso dibattito tra le Corti nazionali e sovranazionali. È necessaria una sentenza di condanna formale per procedere alla confisca? È sufficiente accertare la sussistenza della fattispecie dal punto di vista oggettivo e soggettivo? Questi e altri gli interrogativi sul piatto. L’ambiguità funzionale della confisca. In primis ci si è domandati quale sia la funzione politico-criminale della confisca funzione compensativo-riparatoria volta a reintegrare l’ordine giuridico violato funzione general preventiva o neutralizzante, volta a garantire un effetto deterrente funzione special preventiva . La natura della confisca urbanistica. In tema di lottizzazione abusiva, la dottrina è divisa in merito alla natura della confisca per alcuni costituisce una misura di sicurezza patrimoniale, per altri una sanzione amministrativa irrogata dal giudice penale. La giurisprudenza italiana ha inizialmente aderito a quest’ultima tesi, precisando che non può parlarsi di confisca facoltativa art. 240, comma 1, c.p. da irrogare indipendentemente da una sentenza di condanna né di confisca obbligatoria art. 240, comma 2, c.p. perché il terreno abusivamente frazionato non è intrinsecamente connotato da pericolosità. Misura ablativa e responsabilità penale. Il problema della compatibilità della confisca con l’assenza di un accertamento della responsabilità penale riguarda quelle situazioni processuali in cui non si è giunti ad una sentenza di condanna in senso formale, nondimeno sia emersa obiettivamente la commissione del fatto tipico e l’ascrivibilità soggettiva all’imputato. È il caso paradigmatico del proscioglimento per intervenuta causa di estinzione del reato. Excursus giurisprudenziale la condanna non è necessaria. In un primo momento la giurisprudenza nazionale riteneva che la sentenza di condanna non fosse presupposto necessario di applicabilità della misura. Da un lato, il legislatore nulla diceva in merito, dall’altro, la soluzione era confortata dalla ritenuta natura di sanzione amministrativa che rendeva applicabile la confisca anche in caso di assoluzione per causa diversa dall’insussistenza del fatto, richiedendo solo l’accertamento processuale della realizzazione obiettiva del fatto tipico. Nondimeno si è osservato che la confisca urbanistica riguarda un duplice oggetto e attinge a diversa funzione politico-criminale per quanto riguarda la confisca delle opere abusivamente costruite la confisca è diretta al ripristino dello status quo ante, obiettivo opportuno anche in assenza di una condanna in senso formale per quanto riguarda la confisca dei terreni abusivamente lottizzati, invece, emerge una funzione essenzialmente punitiva e general-preventiva, il che richiede l’accertamento della responsabilità penale. Caso Sud Fondi c. Italia. La Corte EDU 2009 ha rilevato la finalità non meramente compensativo-riparatoria della confisca, affermandone invece la natura sanzionatoria, con conseguente applicabilità delle garanzie previste per la materia penale, tra cui, in primis, l’accertamento della responsabilità penale. Tuttavia i giudici nazionali, pur riconoscendo la natura sanzionatoria della misura ablativa, hanno continuato ad ammetterla per i casi di proscioglimento per estinzione del reato. Caso Varvara c. Italia 2013 . La Corte EDU ha confermato l’incompatibilità con diverse norme sovranazionali dell’applicazione della confisca urbanistica in assenza di condanna. Nel caso di specie il proscioglimento era dovuto all’estinzione del reato per prescrizione ma il reato era stato accertato in tutti i suoi elementi costitutivi. La lettura costituzionalmente conforme di Corte Cost. 49/2015. La Corte costituzionale ha reinterpretato la disposizione che prevede la confisca urbanistica in linea con i principi costituzionali e la giurisprudenza della Corte EDU. Con una posizione mediana”, la Corte ha sostenuto la non automatica preclusione dell’applicabilità della confisca urbanistica nel caso in cui non si sia pervenuti ad una condanna, specie quando il reato venga dichiarato estinto per intervenuta prescrizione è però necessario che nel corso del giudizio penale sia stato effettuato un adeguato accertamento della responsabilità penale. Indefettibile è, pertanto, il presupposto sostanziale della misura che consiste nella realizzazione di un fatto penalmente illecito recessiva è invece la necessità di una pronuncia di una condanna in senso formale. Caso GIEM ed altri c. Italia 2018 . La questione è tornata davanti alla Corte EDU che ha ribadito la necessità di irrogare una sanzione penale solo nei confronti di una persona di cui sia stata accertata la responsabilità perché la confisca è, sostanzialmente, una sanzione secondo i criteri Engels . I giudici di Strasburgo, però, hanno precisato che, nel caso in cui tutti gli elementi del reato di lottizzazione abusiva siano sostanzialmente evincibili dagli atti e il processo si sia concluso con la dichiarazione di intervenuta prescrizione, le risultanze processuali possono essere considerate quali una condanna” in senso sostanziale. Precisa la Corte EDU che è necessario andare oltre le apparenze e il linguaggio utilizzato concentrandosi anche sulla motivazione del provvedimento, avvertendo, tuttavia, che il giudice nazionale è tenuto al rispetto del principio di proporzionalità nell’individuazione dei beni oggetto di confisca, al fine di evitare un pregiudizio sproporzionato del diritto di proprietà. La giurisprudenza della Corte di legittimità. La Corte di cassazione ha precisato che il sequestro preventivo finalizzato alla confisca dei terreni, oggetto di ipotizzata lottizzazione abusiva, non può essere adottato quando l’esercizio dell’azione penale risulti precluso per già maturata prescrizione perché in tal caso al giudice è impedito compiere l’accertamento del fatto illecito sotto il profilo oggettivo e soggettivo. Il principio dell’obbligo di immediata declaratoria di una causa estintiva del reato soccombe di fronte a disposizioni speciali che prevedono l’applicazione di misure che, per essere disposte, richiedono la prosecuzione del processo e l’acquisizione di prove in funzione dell’accertamento strumentale all’emanazione del provvedimento ablativo. infine il legislatore. Di recente il legislatore ha introdotto l’art. 578 bis c.p.p. che dispone che nelle ipotesi in cui sia stata ordinata la confisca in casi particolari, il giudice di appello o la corte di cassazione, nel dichiarare estinto il reato per prescrizione o per amnistia, decidono sull’impugnazione ai soli effetti della confisca, previo accertamento della responsabilità dell’imputato. Annullamento con rinvio. Nel caso di specie, il Tribunale non ha argomentato in merito alla sussistenza dell’elemento psicologico del reato e ciò si pone in contrasto con quanto afferma la Corte EDU secondo cui la confisca urbanistica non tende alla riparazione di un danno ma mira a punire per impedire la reiterazione di trasgressioni, dunque è pena che, per essere irrogata, necessita che sia stabilita l’esistenza del dolo o della colpa dei destinatari, cioè di un legame di natura intellettuale coscienza e volontà che permetta di rilevare un elemento di responsabilità nella condotta dell’autore materiale del reato. In seguito, il giudice dovrà altresì valutare la conformità della misura con la protezione della proprietà e, dunque, giudicare la proporzionalità della confisca.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 3 luglio – 22 agosto 2019, n. 36341 Presidente Liberati – Relatore Scarcella Ritenuto in fatto 1. Con sentenza 24.11.2014, il GIP/tribunale di Latina dichiarava non doversi procedere nei confronti dell’imputato P. per essere il reato di lottizzazione abusiva art. 44, lett. c , TU edilizia a lui ascritto in concorso unitamente ad altri soggetti qui non ricorrenti, estinto per prescrizione, disponendo la confisca di quanto in sequestro. 2. Contro la ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di fiducia, iscritto all’Albo speciale previsto dall’art. 613 c.p.p., articolando due motivi di ricorso, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. c.p.p 2.1. Deduce, con il primo motivo, violazione di legge in riferimento al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 30. In sintesi, sostiene il ricorrente che il GUP avrebbe erroneamente ritenuto che, nel caso di specie, non trovasse applicazione l’art. 129 c.p.p., comma 2, fondando la propria decisione sulla consulenza tecnica del P.M., dalla quale si evinceva che a le opere erano state realizzate su un lotto avente superficie inferiore al minimo fissato, in violazione dello strumento urbanistico vigente b vi era stata una trasformazione del terreno attraverso il frazionamento e la vendita dello stesso. Tuttavia, non sarebbero stati considerati e valutati ulteriori fondamentali elementi emergenti dalla medesima consulenza tecnica, infatti, pur avendo la Edil C. s.r.l. acquistato una superficie complessiva di mq 9.490, in data 23.4.2009, i sig.ri B.A. , B.M. e P.L. , per quanto di propria spettanza, avrebbero asservito alla realizzazione delle costruzioni previste nel permesso a costruire n. 43/07 un appezzamento del terreno per complessivi mq. 32.175, così superando quella prevista dalla L.R. Lazio n. 38 del 1999. A sostegno della tesi difensiva viene richiamata la giurisprudenza della Corte di Cassazione e dei giudici amministrativi sentenza citata, ex plurimis Consiglio di Stato, Sez. 5, 13.9.2013, n. 4531 , in base alla quale l’atto di asservimento dei suoli comporta la cessione di cubatura tra fondi attigui, il che è funzionale ad accrescere la potenzialità edilizia di un’area per mezzo dell’utilizzo della cubatura realizzabile in una particella contigua e del conseguente computo anche della superficie di quest’ultima ai fini della verifica del rispetto dell’indice di fabbricabilità. Affinché quest’ultimo sia rispettato, assume rilevanza il fatto che il rapporto tra area edificabile e volumetria realizzabile nella zona di riferimento resti nei limiti fissati dal piano, risultando del tutto neutra l’ubicazione degli edifici all’interno del comparto. Il GUP avrebbe recepito la consulenza tecnica del P.M. anche relativamente alla trasformazione del terreno a mezzo frazionamento e vendita, senza valutare criticamente la situazione dei luoghi. Dalla medesima consulenza, infatti, si rileverebbe che sul terreno insistono i ruderi di tre fabbricati preesistenti il cui volume, pari a 1000 mc, era superiore a quello delle opere realizzate dalla Edil C. s.r.l., occupando esse un volume di 942 mcomma Corroborante la posizione della difesa sarebbe anche la giurisprudenza in merito al reato di lottizzazione abusiva la fattispecie criminosa, infatti, presuppone una illegittima trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio, per tale intendendosi quella di consistenza idonea ad incidere in modo rilevante sull’assetto urbanistico della zona, sia nel senso di intervento innovativo sul tessuto urbanistico che sotto il profilo della necessità della esecuzione di nuove opere di urbanizzazione o di potenziamento di quelle esistenti. Qualora la nuova costruzione realizzata non presupponga opere di urbanizzazione primarie o secondarie, essa richiede il previo permesso di costruire ma non anche un’autorizzazione alla lottizzazione, non essendo pregiudicata la riserva pubblica di pianificazione urbanistica Cass., Sez. 3, 1 settembre 2010, n. 32539 Cass., Sez. 3, 3 marzo 2005, n. 17663 TAR Lazio Roma, Sez. 1 quater, 28 maggio 2008, n. 5166 . Nel caso di specie, le nuove costruzioni insisterebbero su un appezzamento di terreno che, sebbene qualificato come agricolo , risulterebbe situato in una zona intensamente edificata di OMISSIS , non necessitante di opere di urbanizzazione in quanto già presenti. Si ribadisce che sul terreno già erano presenti tre immobili ad uso residenziale, oggi ruderi, di volumetria superiore a quella attuale. Risulterebbero inoltre rispettati i parametri urbanistici ai fini dell’edificabilità in zona agricola. Il giudice avrebbe pertanto dovuto pronunciare sentenza di assoluzione per insussistenza del fatto contestato di lottizzazione abusiva, ex art. 129 c.p.p., comma 2 . 2.2. Deduce, con il secondo motivo, violazione di legge in riferimento al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, comma 2. In sintesi, il ricorrente, richiamando la giurisprudenza nazionale e sovranazionale in punto di connessione tra sentenza di condanna e confisca, essendo quest’ultima qualificata come sanzione penale, ha censurato l’accertamento del fatto di reato contestato sia sul piano oggettivo che soggettivo. Il primo non sarebbe stato valutato nella sua complessità, aderendo il GUP in modo acritico alla consulenza tecnica del P.M., mentre il secondo non sarebbe stato oggetto di alcun accertamento. 3. In data 18.06.2019 la difesa ha depositato una memoria in cui, dopo aver rilevato come questa Corte avesse disposto il rinvio a nuovo ruolo del processo sia all’ud. 27.05.2015 in attesa della decisione della Corte costituzionale, intervenuta poi con la sentenza n. 49/2015 , sia all’ud. 29.09.2017 in attesa della sentenza della Grande Camera della Corte EDU nei casi Giem ed altri comma Italia, le cui motivazioni sono state depositate in data 28.03.2018 , ha rilevato come la decisione della Grande Camera, nel ribaltare il principio fissato dalla precedente decisione del caso Varvara, ha adottato un’interpretazione penalizzante la difesa. Inoltre, con riferimento alla decisione impugnata, il ricorrente ha ribadito come le garanzie difensive si rivelassero del tutto inesistenti nel predetto giudizio, non avendo l’imputato avuto la possibilità di esercitare il proprio diritto alla prova ed al contraddittorio, avendo, diversamente, potuto offrire dimostrazione a mezzo di c.t. e produzione documentale dell’inesistenza dell’illecito lottizzatorio. Ribadisce l’insufficienza della motivazione della sentenza impugnata, avendo richiamato il GUP unicamente la c.t. del PM per pervenire al giudizio positivo di accertamento del reato. Infine, quanto all’orientamento giurisprudenziale applicabile al caso di specie, sostiene che in applicazione del tempus regit actum, dovrebbe trovare applicazione l’orientamento conseguente alla sentenza Varvara, dolendosi del fatto che la decisione di questa Corte, intervenuta a distanza di oltre quattro anni dalla presentazione del ricorso, pur motivata dalla necessità di attendere la pronuncia della Grande Camera, sembrerebbe collidere con l’art. 111 Cost. e l’art. 6 Convenzione EDU. Considerato in diritto 4. Il ricorso è parzialmente fondato per le ragioni di cui si dirà oltre. 5. Ed invero, il primo il motivo è inammissibile per manifesta infondatezza. 6. Al fine di meglio lumeggiare l’approdo cui è pervenuta questa Corte è necessario esaminare la normativa applicabile richiamando, altresì, l’esegesi giurisprudenziale di legittimità formatasi sul punto. La contravvenzione di lottizzazione abusiva si configura come reato a consumazione alternativa, potendo realizzarsi sia quando manchi un provvedimento di autorizzazione, sia quando quest’ultimo sussista ma contrasti con le prescrizioni degli strumenti urbanistici, in quanto grava sui soggetti che predispongono un piano di lottizzazione, sui titolari di concessione, sui committenti e sui costruttori, l’obbligo di controllare la conformità dell’intera lottizzazione e delle singole opere alla normativa urbanistica e alle previsioni di pianificazione Cass., SS.UU., 28 novembre 2001, n. 5115 Cass., Sez. 3, 10 maggio 2017, n. 33051 . Tale fattispecie criminosa si concreta in tutti i casi in cui si procede alla suddivisione di terreni in lotti destinati alla successiva costruzione di edifici i quali richiedono l’attuazione di opere di urbanizzazione primaria strade residenziali, parcheggi, fognature, etc. o secondaria scuole, aree verdi, etc. occorrenti per il fabbisogno dell’insediamento. Il privato che intenda attuare un tale tipo di intervento sul suolo è tenuto a richiedere un provvedimento ad hoc il quale sarà comunque subordinato all’esistenza di uno strumento urbanistico generale. L’art. 44, comma 1, lett. c T.U.E. opera un esplicito rinvio all’art. 30 del medesimo testo legislativo, sicché sono individuabili due tipologie di lottizzazione abusiva 1 si parla di lottizzazione c.d. materiale qualora la condotta consista in qualsiasi tipo di intervento o costruzione che determini una alterazione o uno stravolgimento in senso urbanistico del territorio, con conseguente menomazione della riserva pubblica di programmazione. Tali interventi rilevano penalmente se effettuati in zone non urbanizzate o non sufficientemente urbanizzate ed in violazione della normativa urbanistica ovvero delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, per cui vi è la necessità di dare attuazione alle previsioni dello strumento urbanistico generale mediante un piano esecutivo e la stipula di una convenzionè lottizzatoria adeguata alle caratteristiche dell’intervento di nuova realizzazione. Analogamente nei casi di aree già dotate di opere di urbanizzazione qualora si presenti l’esigenza di un raccordo con l’aggregato abitativo preesistente o di un potenziamento delle opere pregresse. Ne consegue che non potrà ritenersi legittimo un intervento urbanistico eseguito in difetto del piano di lottizzazione e in assenza di una prova rigorosa della preesistenza e sufficienza delle opere di urbanizzazione, tali da rendere del tutto superfluo lo strumento attuativo. La disposizione è inoltre violata nel caso in cui le opere non potrebbero in nessun caso essere realizzati in quanto, per le loro connotazioni oggettive, si pongono in contrasto con previsioni di zonizzazione e/o localizzazione dello strumento generale di pianificazione, non modificabili dai piani urbanistici attuativi Cass., Sez. 3, 12 luglio 2012, n. 34251 2 si definisce invece negoziale la lottizzazione che si concretizzi in assenza di un’opera materiale, avendone piuttosto posto in essere i presupposti mediante il frazionamento e la vendita o altri atti equipollenti del terreno in lotti i quali, per le loro specifiche caratteristiche dimensione, natura del terreno, ubicazione, etc. evidenzino in modo inequivoco la destinazione ad uso edificatorio, creando così una variazione in senso accrescitivo tanto del numero dei lotti quanto dei soggetti titolari del diritto sul bene. Ciò si verifica ad esempio nel frazionamento di un originario più vasto appezzamento di terreno in piccoli lotti non utilizzabili per l’esercizio dell’agricoltura Cass., Sez. 3, 15 aprile 2008, n. 15643 concretizzatesi in atti o negozi giuridici es. vendita frazionata . La contravvenzione è integrata anche qualora, sebbene l’area sia lottizzabile astrattamente sulla scorta delle previsioni generali dello strumento urbanistico, non sia stata attivata la procedura prevista ex lege diretta alla richiesta della dovuta autorizzazione per la realizzazione della lottizzazione secondo un’apposita convenzione. La dottrina e la giurisprudenza hanno affiancato, infine, anche una terza forma di lottizzazione, c.d. mista , la quale si realizza allorquando sia eseguita per mezzo cessione di lotti e la realizzazione di costruzioni, in un insieme di atti materiali e giuridici finalizzati a realizzare una trasformazione dei terreni non autorizzata. Il disegno lottizzatorio deve conferire all’area, inurbanizzata o inedificata, un assetto nuovo, con la combinazione di impianti e strutture di interesse privato e collettivo, così da creare un nuovo tessuto urbano Cass., 12 ottobre, 2005 . La giurisprudenza, infatti, ha escluso la sussistenza del reato se gli interventi vengono eseguiti in zone stabilizzate, ossia dotate di opere di urbanizzazione primaria e secondaria, almeno pari allo standard urbanistico minimo prescritto, che renderebbe del tutto superfluo un piano attuativo Cass., Sez. 3, 3 dicembre 2013, n. 51710 Cass., Sez. 3, 17 dicembre 2002, n. 3074 . Tuttavia si è precisato che, con riferimento a zone di nuova espansione o scarsamente urbanizzate, relativamente alle quali sussiste un’esigenza di raccordo con il preesistente aggregato abitativo e di potenziamento delle opere di urbanizzazione, il reato di lottizzazione abusiva è configurabile qualora l’attività edificatoria sia eseguita in assenza di un piano attuativo dello strumento urbanistico generale, in quanto l’approvazione del piano di lottizzazione, o di un suo equipollente, salvo diverse e specifiche indicazioni dettate dalla legge o dall’atto di pianificazione generale, si pone come condizione di legittimità per il rilascio dei singoli permessi di costruire Cass., Sez. 3, 7 gennaio 2014, n. 6629 . Ne consegue che la contravvenzione potrà essere accertata anche nei casi in cui siano presenti nell’area di riferimento delle opere di urbanizzazione ma, a seguito della condotta illecita, appaia necessario predisporne delle nuove integrazione , potenziare quelle già esistenti, ovvero raccordare le nuove opere con il preesistente aggregato abitativo, in tal modo sottraendo le relative scelte di pianificazione urbanistica agli organi competenti Cass., Sez. 3, 25 gennaio 2017, n. 44946 Cass., Sez. 3, 26 giungo 2008, n. 37472 . Si è inoltre affermato che il reato può essere integrato anche nel caso di lavori che determinino un mero mutamento di destinazione d’uso di edifici già esistenti, da cui derivi, comunque, la necessità di nuovi interventi di urbanizzazione Cass., Sez. 3, 16 settembre 2015, n. 38799 , non invece qualora l’urbanizzazione dell’area e gli strumenti urbanistici generali consentano una utilizzabilità alternativa comprendendo sia l’uso precedente che quello risultante dalla modifica , e le opere già esistenti siano sufficienti non solo a soddisfare i bisogni degli abitanti già insediati ma anche di quelli da insediare Cass., Sez. 3, 6 giungo 2012, n. 27289 . 7. Quanto sopra esposto consente di comprendere la distinzione tra tale fattispecie contravvenzionale e quella di singolo abuso edilizio. Dirimente è la valutazione globale degli interventi illeciti sul territorio e la loro apprezzabilità in termini di trasformazione urbanistica, nel senso che qualora la nuova costruzione non presupponga opere di urbanizzazione primarie o secondarie e quindi non implichi una pianificazione urbanistica, essa richiede solo il previo permesso a costruire ma non necessita anche di una autorizzazione lottizzatoria giacché, in tale caso, mancando una lottizzazione, non è pregiudicata la riserva pubblica di pianificazione urbanistica Cass., Sez. 3, 16 settembre 2015, n. 38799 Cass., Sez. 3, 7 luglio 2006, n. 6396 . È bene, infine, precisare che il rilascio del permesso di costruire non esclude l’affermazione della penale responsabilità per i reati di edificazione o lottizzazione abusiva laddove emerga una difformità tra la normativa urbanistica ed edilizia e l’intervento realizzato, nè impone l’eventuale disapplicazione dell’atto amministrativo, limitandosi il giudice ad accertare la conformità del fatto concreto alla fattispecie astratta descrittiva del reato, prescindendo da qualunque giudizio su detto atto amministrativo Cass., Sez. 3, 10 maggio 2017, n. 33051 . 8. Tanto premesso in diritto, il motivo si appalesa, come anticipato, manifestamente infondato. Ed invero, il ricorrente non si confronta con il dato testuale della normativa regionale violata la L.R. Lazio n. 38 del 1999, art. 54, comma 1, lett. a e b , vieta, nelle zone agricole, non solo ogni attività comportante trasformazioni del suolo per finalità diverse da quelle legate allo svolgimento delle attività di cui al comma 2 attività rurali ma anche ogni lottizzazione a scopo edilizio . Nel caso di specie, risultava accertata la realizzazione di uno stabile insediamento residenziale costituito da n. 3 fabbricati allo stato rustico, per un volume residenziale complessivamente pari a mcomma 942,00 e superfici pari a mq. 300, oltre a tre locali deposito. Altrettanto inconferente è anche l’affermazione del ricorrente in base alla quale i sig.ri B.A. , B.M. e P.L. , per quanto di propria spettanza, avrebbero asservito alla realizzazione delle costruzioni previste nel permesso a costruire n. 43/07 un appezzamento del terreno per complessivi mq. 32.175, così superando quella prevista dalla L.R. Lazio n. 38 del 1999 . Infatti, come è possibile evincere dall’art. 55, comma 5, L.R. prefata, il riferimento alrunità minima attiene alle aziende agricole, e non ovviamente alla realizzazione di opere destinate ad attività diverse o, come nella fattispecie in esame, a scopo edilizio. 9. Ne discende, pertanto, l’inammissibilità del ricorso, non rilevando, peraltro, la deduzione del vizio di motivazione espressamente richiamato solo nella memoria difensiva, pur essendo rilevabile per vero in maniera indiretta tale doglianza anche nel motivo di ricorso originario , trovando infatti applicazione nel caso in esame il principio secondo cui, in presenza di una causa di estinzione del reato il giudice è legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione a norma dell’art. 129 c.p.p., comma 2, soltanto nei casi in cui le circostanze idonee ad escludere l’esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell’imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, così che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo appartenga più al concetto di constatazione , ossia di percezione ictu oculi , che a quello di apprezzamento e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009 - dep. 15/09/2009, Tettamanti, Rv. 244274 . Inoltre, si è correttamente evidenziato che la formula di proscioglimento nel merito prevale sulla dichiarazione di improcedibilità per intervenuta prescrizione soltanto nel caso in cui sia rilevabile, con una mera attività ricognitiva, l’assoluta assenza della prova di colpevolezza a carico dell’imputato ovvero la prova positiva della sua innocenza, e non anche nel caso di mera contraddittorietà o insufficienza della prova che richiede un apprezzamento ponderato tra opposte risultanze ex multis Sez. 4, n. 23680 del 07/05/2013 - dep. 31/05/2013, Rizzo e altro, Rv. 256202 . Nel caso di specie, il ricorrente, evoca, oltre che un’asserita violazione della legge sostanziale, anche vizi della motivazione, la cui deduzione è incompatibile con quell’attività di constatazione , ossia di percezione ictu oculi , richiesta dalla giurisprudenza costante di questa Corte e che, invece, presupporrebbero lo svolgimento di un’attività di apprezzamento che implica la necessità di accertamento o di approfondimento, incompatibile con la sentenza di assoluzione a norma dell’art. 129 c.p.p., comma 2, valutazione, del resto, che già il primo giudice aveva svolto con esito negativo, come si desume dalla lettura della motivazione della sentenza impugnata in presenza di un’accertata e dichiarata causa estintiva del reato. 10. A diverso approdo deve pervenirsi, invece, quanto al secondo motivo, che il Collegio ritiene fondato. 11. Deve, sul punto, essere affrontata la questione giuridica afferente alla confisca del bene sequestrato a seguito di una sentenza di proscioglimento per prescrizione del reato. Orbene, negli ultimi anni si è assistito ad un vero e proprio dialogo, in alcuni casi acuitosi fino ad apparire come un vero e proprio scontro, tra le Corti nazionali e sovranazionali sulla questione afferente l’indefettibilità di una sentenza di condanna per l’applicazione della confisca. Ovviamente non di scarso rilievo sono le conseguenze derivanti dall’individuazione o meno nella prima di un presupposto della seconda, essendo in gioco da un lato le molteplici finalità politico-criminali della misura ablativa reintegrare l’ordine giuridico violato - funzione compensativo/riparatoria garantire un effetto deterrente - funzione general/preventiva o neutralizzante - funzione special/preventiva , dall’altro la salvaguardia degli interessi individuali del destinatario del provvedimento. Il problema dell’applicabilità della confisca in assenza di un espresso accertamento della responsabilità penale si presenta, ca va sans dire, non nei casi di proscioglimento per insussistenza del fatto, ma piuttosto in quelle situazioni processuali in cui, sebbene non si sia giunti ad una sentenza di condanna in senso formale, sia tuttavia emersa obbiettivamente, nel corso del procedimento, la commissione del fatto tipico e la sua ascrivibilità all’imputato, come può verificarsi qualora quest’ultimo venga prosciolto per l’intervento di una causa di estinzione del reato. Il contesto normativo nazionale non fornisce alcun appiglio all’interprete, dal momento che la previa condanna è indicata positivamente come presupposto solo per alcune figure di confisca art. 240 c.p., comma 1 L. n. 356 del 1992, art. 12-sexies , sebbene non siano mancate pronunce giurisprudenziali che hanno affermato la non necessarietà della condanna, e ciò, presumibilmente, proprio al fine di consentire l’esplicazione delle sue funzioni politico-criminali della confisca, recte compensative e preventive, diverse da quella punitiva. A tale confusione si aggiunge quindi la peculiare ambiguità funzionale della misura ablativa. Non mancano tuttavia ipotesi in cui è normativamente esclusa la condanna come presupposto per l’applicazione della confisca, come ad esempio per le cose obbiettivamente illecite art. 240 c.p., comma 2 o ancora la confisca di prevenzione la quale in quanto misura ante o praeter delictum, non richiede il previo accertamento della commissione di un reato. Proprio con riferimento a tali fattispecie, e per quelle relativamente alle quali il presupposto-condanna non costituisce un dato certo, è sorto il dubbio sulla compatibilità con i principi costituzionali e con le fonti sovranazionali sovraordinate. Infatti, mentre la previsione di cui all’art. 240 c.p., comma 2 appare coerente con la sua finalità, ossia sottrarre alla disponibilità dei privati cose illecite in quanto dotate, per presunzione legislativa, di intrinseca pericolosità, ciò giustificando il sacrificio del diritto di proprietà del titolare anche se non formalmente condannato, più complicata è l’applicabilità della confisca in assenza di pronuncia di condanna penale per confisca di prevenzione , soprattutto agli occhi di coloro che vedono in tale misura patrimoniale una vera e propria pena mascherata che, in quanto sostanzialmente tale, non dovrebbe essere applicabile al di fuori delle garanzie del processo penale e in assenza di condanna penale. Per le figure di confisca rispetto alle quali il presupposto della condanna non è, a livello normativo, nè espressamente escluso nè previsto, sono sorti nella giurisprudenza non pochi contrasti, sopiti solo temporaneamente da una sentenza del 2008 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, la quale aveva accolto la tesi favorevole al vincolo condanna-confisca. Successive sentenze hanno ammesso il potere del giudice, in caso di proscioglimento per estinzione del reato, di procedere ugualmente, ai fini della confisca, ad accertare la responsabilità penale dell’imputato. Una ulteriore sentenza del giudice Sez. U, n. 31617 del 26 giugno 2015, n. 31617 di legittimità nella sua più autorevole composizione è giunta ad una posizione mediana , riconoscendo l’applicabilità della confisca diretta del prezzo del reato anche in caso di intervenuta prescrizione, purché nel corso del processo fosse già intervenuta pronuncia di condanna, ovviamente non definitiva, rispetto alla quale il giudizio di merito permanga inalterato quanto alla sussistenza del fatto illecito, alla responsabilità dell’imputato ed alla qualificazione del bene da confiscare come profitto o prezzo del reato. 12. In tema di lottizzazione abusiva, la dottrina si è divisa circa la natura della confisca prevista dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, comma 2 secondo taluni essa costituiva una misura di sicurezza patrimoniale secondo tal’altri una sanzione amministrativa irrogata dal giudice penale. Tale ultimo orientamento è quello condiviso dalla giurisprudenza, rilevando l’impossibilità di parlare di un istituto assimilabile alla confisca facoltativa, ex all’art. 240 c.p., comma 1, in quanto obbligatoria da irrogare indipendentemente da una sentenza di condanna, considerando anche che i terreni sono destinati al patrimonio comunale invece che a quello statale. Analogamente non potrebbe parlarsi di confisca obbligatoria, ai sensi dell’art. 240 c.p., comma 2, essendo il terreno abusivamente frazionato non intrinsecamente connotato da pericolosità, sanzionandosi piuttosto una specifica destinazione di esso la quale sarà antigiuridica se non autorizzata. La giurisprudenza dominante, sulla base del dato testuale del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, comma 2, era pervenuta alla conclusione che la condanna non fosse presupposto necessario di applicabilità della misura, conclusione confortata non solo dal silenzio del legislatore ma anche dalla asserita natura di sanzione amministrativa della confisca, applicabile dunque anche in caso di assoluzione per causa diversa dall’insussistenza del fatto, laddove fosse stata accertata in giudizio la realizzazione obiettiva del fatto tipico. È stato però osservato che la confisca in questione interessa un duplice oggetto, ossia i terreni e fabbricati oggetto di lottizzazione, apparendo diversa la funzione politico-criminale della misura a seconda che si prendano in considerazione gli uni o gli altri mentre la confisca delle opere abusivamente costruite è teleologicamente diretta al ripristino dello status quo ante, il quale sembra opportuno garantire anche in assenza di una condanna in senso formale, relativamente ai terreni abusivamente lottizzati non si rinverrebbe una funzione riparatoria/ripristinatoria, bensì, essenzialmente, ad una punitiva e general/preventiva, con indefettibilità dell’accertamento della responsabilità penale. Tale orientamento è stato ridimensionato a seguito della pronuncia della Corte EDU sul caso Sud Fondi comma Italia del 2009 i giudici di Strasburgo, rilevata la finalità non meramente compensativo/riparatoria della confisca proprio in virtù della sua applicazione, nel caso concreto, anche a terreni non ancora edificati , hanno affermato la natura sanzionatoria della misura, con conseguente applicazione delle garanzie previste dalla Cedu per la materia penale. I giudici nazionali, sebbene abbiano aderito alla tesi della natura sanzionatoria della confisca, negandone l’applicabilità nelle ipotesi di assoluzione per assenza di colpevolezza, hanno comunque continuato ad ammetterla, pur in assenza di una condanna formale, per i casi di proscioglimento motivato dalla esistenza di una causa di estinzione del reato soprattutto per prescrizione . 13. In tale quadro vengono a collocarsi la sentenza del 2013 della Corte Edu sul caso Varvara comma Italia, alla quale fece seguito la pronuncia della Corte Costituzionale n. 49/2015. Con la prima decisione, la Corte Europea dei diritti dell’uomo ha confermato la posizione precedentemente espressa circa l’incompatibilità con diverse norme Cedu l’art. 7 e dell’art. 1, prot. n. 1 dell’applicazione della confisca urbanistica in assenza di condanna, sebbene in tale fattispecie il proscioglimento era stato dovuto all’estinzione del reato per prescrizione ipotesi nella quale la giurisprudenza italiana aveva manifestato maggiori resistenze vertendosi in ipotesi in cui, sebbene il reato fosse stato accertato in tutti i suoi elementi costitutivi, la punibilità risultava tuttavia preclusa a seguito dell’intervento della prescrizione . La Corte Costituzionale, investita di due questioni di legittimità del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, comma 2, ne ha dichiarato l’inammissibilità, procedendo ad una reinterpretazione della disposizione la quale potesse essere ritenuta compatibile con i principi costituzionali e, al contempo, con la giurisprudenza della Corte di Strasburgo, rammentando che il dovere del giudice di interpretare il diritto interno in senso conforme alla Cedu è comunque subordinato al prioritario compito di adottare una lettura costituzionalmente conforme, riflettendo tale modus operandi il predominio assiologico della Costituzione sul testo convenzionale. Il giudice delle leggi ha abbracciato una posizione mediana, sostenendo la non automatica preclusione dell’applicabilità della confisca urbanistica nel caso in cui non si sia pervenuti ad una condanna, ciò in particolare qualora il reato venga dichiarato estinto per intervenuta prescrizione, purché, in sede di giudizio penale, sia stato effettuato un adeguato accertamento di responsabilità penale. Pertanto, solo in presenza di un simile accertamento sarebbe legittimo applicare la misura ablativa, ricorrendone il presupposto sostanziale della realizzazione di un fatto penalmente illecito, rimanendo invece irrilevante la pronuncia di una condanna in senso formale. 14. Recentemente 28 giugno 2018 sulla questione è tornata per una terza volta la Corte Edu, Grand Chambre, nel caso GIEM ed altri comma Italia in linea con quanto affermato nel giudizio precedente del 2013, è stato ribadito che l’art. 7 Cedu esclude la possibilità di irrogare una sanzione penale nei confronti di una persona senza un previo accertamento e declaratoria della sua responsabilità, dovendosi la confisca ritenere sostanzialmente una sanzione, in applicazione degli Engel’s criteria. Tuttavia, cogliendo la voce della Corte Costituzionale, i giudici di Strasburgo hanno precisato che nel caso in cui tutti gli elementi del reato di lottizzazione abusiva siano sostanzialmente evincibili dagli atti, ed il processo si sia concluso con sentenza dichiarativa dell’intervenuta prescrizione del reato, le risultanze processuali possono essere considerate come una condanna in senso sostanziale, sicché l’art. 7 Cedu non risulterebbe violato. Ad avviso della Corte, infatti, è necessario guardare oltre le apparenze e il linguaggio adoperato, concentrandosi, oltre che sul dispositivo del provvedimento anche sulla motivazione, costituente una parte integrante della sentenza. Si rammenta inoltre che il giudice nazionale è tenuto al rispetto del principio di proporzionalità nell’individuazione dei beni oggetto della misura ablativa, onde evitare un pregiudizio sproporzionato del diritto di proprietà, tutelato ex art. 1, Prot. 1 Cedu. 15. Coerentemente con tale orientamento, la Corte di Cassazione ha precisato che il sequestro preventivo finalizzato alla confisca dei terreni, oggetto di ipotizzata lottizzazione abusiva, non può essere legittimamente adottato quando l’esercizio dell’azione penale risulti precluso, essendo già maturata la prescrizione del reato, poiché in tal caso è impedito al giudice di compiere, nell’ambito di un giudizio che assicuri il contraddittorio e la piena partecipazione degli interessati, l’accertamento del fatto illecito, sotto il profilo oggettivo e soggettivo richiedendosi almeno la colpa . Ne consegue che il principio generale dell’obbligo di immediata declaratoria di una causa estintiva del reato risulta recessivo rispetto alle disposizioni speciali che prevedono l’applicazione di misure le quali, per essere disposte, richiedono inevitabilmente la prosecuzione del processo e la conseguente acquisizione delle prove in funzione di quell’accertamento strumentale all’emanazione del provvedimento finale. Nella sentenza Martino, la Corte di Cassazione Sez. 3, n. 53692 del 13/07/2017 - dep. 29/11/2017, Martino, Rv. 272791 ha affermato che, in presenza di un sequestro preventivo finalizzato alla confisca urbanistica, il giudice del dibattimento, qualora maturi una causa di estinzione del reato non ha l’obbligo di immediata declaratoria della causa di non punibilità ex art. 129 c.p.p., potendo disporre la confisca urbanistica, anche in assenza di una sentenza di condanna, purché il fatto-reato sia stato previamente accertato nelle sue componenti oggettive e soggettive, assicurando alla difesa il più ampio diritto alla prova e al contraddittorio. A tal fine, quindi, il giudice, pur in presenza di una sopravvenuta causa di estinzione del reato avrebbe dovuto proseguire nell’istruttoria dibattimentale, differendo la declaratoria di estinzione del reato all’esito del giudizio e disponendo la confisca urbanistica qualora fosse risultata provata l’avvenuta lottizzazione abusiva e la stessa possa essere ascritta all’imputato almeno a titolo di colpa. In linea con tale orientamento è intervenuto il legislatore italiano il quale, con il D.Lgs. n. 21 del 2018, ha introdotto l’art. 578-bis c.p.p., in forza del quale quando è stata ordinata la confisca in casi particolari prevista dall’art. 240-bis c.p., comma 1 e da altre disposizioni di legge, il giudice di appello o la corte di cassazione, nel dichiarare il reato estinto per prescrizione o per amnistia, decidono sull’impugnazione ai soli effetti della confisca, previo accertamento della responsabilità dell’imputato . Il riferimento ad altre disposizioni di legge , come osservato in dottrina, rende applicabile la disposizione processuale anche alla confisca disposta ai sensi del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44. 16. Tanto premesso il motivo, come anticipato, è fondato. La decisione del Tribunale di Latina invero aderisce all’orientamento giurisprudenziale, nazionale e sovranazionale, in base al quale la confisca urbanistica, in quanto connotata anche da una funzione afflittiva-sanzionatoria, presuppone l’accertamento della responsabilità penale del destinatario della misura, potendosi prescindere da una sentenza di condanna in senso formale qualora, nel corso del processo, sia stata provata la sussistenza del reato, nelle sue componenti oggettive e soggettive. Sebbene il ricorrente non sia stato raggiunto da una sentenza di condanna essendo stato prosciolto per intervenuta prescrizione del reato , secondo il Tribunale non vi sarebbe dubbio in merito alla positiva corrispondenza tra la fattispecie concreta e quella astratta descrittiva dell’illecito contravvenzionale, nonché all’ascrivibilità del fatto-reato al ricorrente. Tuttavia a tale approdo la decisione perviene con motivazione apparente in sede di proscioglimento ex art. 425 c.p.p., non solo e non tanto laddove fonda il giudizio sulla sussistenza dell’illecito lottizzatorio sulla relazione di c.t. del PM, quanto, soprattutto, laddove non argomenta minimamente sulla sussistenza dell’elemento psicologico del reato. Come, infatti, affermato dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo nelle sentenze pronunziate rispettivamente il 30.8.2007 ed il 20.1.2009 ricorso n. 75909/01 proposto contro l’Italia dalla s.r.l. Sud Fondi ed altri - a fronte di una sentenza nazionale che aveva disposto la confisca pur ritenendo insussistente l’elemento soggettivo del reato di lottizzazione abusiva - la confisca già prevista dalla L. n. 47 del 1985, art. 19 ed attualmente collocata tra le sanzioni penali dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, comma 2, T.U. sull’edilizia a non tende alla riparazione pecuniaria di un danno, ma mira nella sua essenza a punire per impedire la reiterazione di trasgressioni a prescrizioni stabilite dalla legge b è, quindi, una pena ai sensi dell’art. 7 della Convenzione e la irrogazione di tale pena senza che sia stata stabilita l’esistenza di dolo o colpa dei destinatari di essa, costituisce infrazione dello stesso art. 7, una corretta interpretazione del quale esige, per punire, un legame di natura intellettuale coscienza e volontà che permetta di rilevare un elemento responsabilità nella condotta dell’autore materiale del reato . Trattasi di principio richiamato e ribadito dalla sentenza della Grande Camera del caso GIEM ed altri comma Italia del 28.03.2018, in cui la Corte EDU osserva come la regola generale in materia di sussistenza di un legame di tipo psicologico debba senz’altro trovare applicazione in relazione all’istituto della confisca urbanistica italiana, avuto riguardo all’applicazione giurisprudenziale della stessa successiva al caso Sud Fondi. Le Corti italiane stesse, infatti, reagendo positivamente all’input proveniente da Strasburgo, sono giunte ad affermare la necessità di un legame di tipo psicologico fra l’offesa e il suo autore. La stessa giurisprudenza di questa Corte, intervenuta successivamente alla sentenza della Grande Camera, ha del resto ribadito che in tema di reati urbanistici, l’accertamento della responsabilità penale dell’indagato, in presenza del quale è consentita la confisca urbanistica per il reato di lottizzazione abusiva D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, ex art. 44 anche nelle ipotesi di estinzione del reato per intervenuta prescrizione, deve essere fondato su elementi evincibili dagli atti attraverso un’analisi giurisdizionale idonea ad accertare l’effettiva sussistenza del reato in tutti i suoi elementi, oggettivi e soggettivi, nel rispetto delle garanzie processuali che consentono all’imputato di interloquire sul materiale di causa al fine di esercitare pienamente il proprio diritto di difesa Sez. 3, n. 14005 del 04/12/2018 - dep. 01/04/2019, PMT C/Bogni, Rv. 275356 . 17. Nella specie, il silenzio del giudice di merito circa la sussistenza dell’elemento psicologico del reato, esclude che detto accertamento sia stato correttamente svolto, ciò che impone l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata al giudice dell’udienza preliminare, limitatamente alla statuizione sulla confisca urbanistica, il quale - in applicazione del principio per cui in tema di lottizzazione abusiva, il giudice del dibattimento non è tenuto all’immediata declaratoria della causa di estinzione del reato per intervenuta prescrizione nel corso del giudizio ai sensi dell’art. 129 c.p.p., dovendo proseguire l’istruttoria per accertare il reato nei suoi elementi oggettivi e soggettivi al fine di disporre la confisca urbanistica del bene sottoposto a sequestro da ultimo Sez. 3, n. 43630 del 25/06/2018 - dep. 03/10/2018, Tammaro, Rv. 274196-02 - dovrà quindi supplire a tale deficit argomentativo, e, in caso affermativo, valutare anche la conformità della misura ablatoria con l’art. 1 del protocollo n. 1 protezione della proprietà nei confronti del ricorrente, dovendosi, nel caso concreto, valutare se possa ritenersi sproporzionata la misura della confisca disposta nei suoi confronti, non potendo ritenersi sufficiente il mero richiamo ad una formula indefinita confisca di quanto in sequestro , in astratto corrispondente peraltro a quella impiegata dal legislatore, con mancanza di ogni motivazione volta a dar conto della valutazione dei principi di proporzionalità, ciò che avrebbe comunque imposto, stante la necessità di un accertamento in fatto sul punto, estraneo ai compiti di questa Corte, l’annullamento con rinvio della sentenza alla Corte d’appello. In definitiva, sarà onere del giudice del rinvio, con ogni ampiezza di potere delibativo, valutare anche i termini di conformità al principio di proporzionalità dell’area applicativa della misura in oggetto in termini, v. Sez. 3, n. 8350 del 23/01/2019 - dep. 26/02/2019, Alessandrini, in corso di massimazione Sez. 3, n. 14743 del 20/02/2019 - dep. 04/04/2019, Amodio, Rv. 275392 . P.Q.M. La Corte annulla la sentenza impugnata, limitatamente alla disposta confisca, e rinvia per nuovo giudizio sul punto al tribunale di Latina, ufficio GUP. Dichiara inammissibile nel resto, il ricorso.