Impronte sul barattolo di Nutella: provato il reato di furto in abitazione

In tema di furto in abitazione, le impronte papillari dell’imputato trovate su un barattolo di Nutella che si trovava nell’abitazione della persona offesa non solo costituiscono piena prova del fatto che egli l’abbia mangiata, ma anche dell’avvenuta sottrazione di beni dall’appartamento.

Così si esprime la Suprema Corte con la sentenza n. 35551/19, depositata il 2 agosto. Il fatto. La Corte d’Appello di Napoli confermava la decisione del Tribunale mediante la quale l’imputato veniva condannato per il reato di cui all’art. 624- bis c.p., essendosi egli introdotto in un’abitazione altrui impossessandosi di vari beni. Avverso tale pronuncia, l’imputato propone ricorso per cassazione, lamentando l’erronea applicazione dell’art. 192 c.p.p. poiché la Corte avrebbe dedotto la sua penale responsabilità unicamente dalla presenza delle sue impronte papillari su un barattolo di Nutella che si trovava all’interno dell’abitazione in questione. Rilievo di impronte papillari e prova di colpevolezza. La Suprema Corte dichiara inammissibile il ricorso, rilevando come la decisione emessa dalla Corte d’Appello risulti immune da censure, considerando il principio giurisprudenziale in base al quale in materia di prova penale, il rilievo di impronte papillari presso un appartamento in cui sia stato commesso un furto costituisce prova sufficiente di colpevolezza nei confronti di colui a cui le impronte si riferiscono, in assenza di contrarie allegazioni difensive. Alla luce di quanto affermato, la Corte osserva come nel caso concreto, la deduzione della difesa secondo cui risulterebbe dimostrato che l’imputato avrebbe solamente mangiato la Nutella non potendo ciò costituire allo stesso tempo prova circa la sottrazione dei beni dall’appartamento della persona offesa , risulta infondata, dato che non sussistono altri indizi dimostrativi a sostegno di tale argomentazione. Per questo motivo, la Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna l’imputato al pagamento delle spese di giudizio nonché al versamento di euro 2000 a favore della Cassa delle Ammende.

Corte di Cassazione, sez. Feriale, sentenza 1 – 2 agosto 2019, n. 35551 Presidente Ramacci – Relatore Gai Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 18 marzo 2019, la Corte d’appello di Napoli ha confermato la sentenza del Tribunale di Napoli con la quale I.S. era stato condannato, alla pena di anni due di reclusione e Euro 600,00 di multa, in relazione al reato di cui all’art. 624 bis c.p. perché si introduceva nell’appartamento di D.G.T. e si impossessava di diversi beni ivi contenuti. In omissis Recidiva specifica reiterata infraquinquennale. 2. Avverso la sentenza ha presentato ricorso l’imputato, tramite il difensore di fiducia, e ne ha chiesto l’annullamento deducendo, con un unico motivo di ricorso, la violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c in relazione all’erronea applicazione dell’art. 192 c.p.p., con riferimento all’affermazione della responsabilità penale dell’imputato. Secondo il ricorrente la responsabilità penale dell’imputato deriverebbe dalla valutazione di un unico indizio consistito nella presenza dell’impronta dattiloscopica sul barattolo di Nutella, da cui la corte territoriale avrebbe fatto discendere la prova non solo della circostanza che l’imputato avesse mangiato la Nutella, ma altresì la prova della sottrazione dei beni della persona offesa. L’affermazione della responsabilità sarebbe stata pronunciata in violazione dell’art. 192 c.p.p 3. In udienza, il Procuratore generale ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile. Considerato in diritto 4. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza del motivo. La sentenza impugnata, in continuità con quella di primo grado, ha dato atto che, sulla scorta dell’accertamento di fatto, incensurabile in questa sede, della presenza delle impronte papillari dell’imputato su un barattolo di Nutella, rinvenuto nell’abitazione della persona offesa, circostanza neppure contestata, ha logicamente tratto la conclusione che l’imputato si era introdotto nell’abitazione della persona offesa ed aveva asportato i beni della stessa. La decisione è immune da censure dal momento che come affermato da risalenti pronunce di legittimità che il Collegio condivide, in tema di prova penale, il rilievo, in un appartamento ove sia stato commesso un furto, di impronte papillari, costituisce sufficiente prova di colpevolezza nei riguardi di colui cui le impronte si riferiscono, in quanto solo da costui, pertanto, può provenire una eventuale contraria dimostrazione Sez. 4, n. 792 del 09/11/1988, Bernaus, Rv. 180247 - 01 . Quanto al caso in esame, incontestata l’appartenenza delle impronte papillari all’imputato, la deduzione difensiva secondo cui sarebbe dimostrato solo che questi aveva mangiato la Nutella, ma non costituirebbe prova della sottrazione dei beni dall’appartamento della persona offesa, in assenza di ulteriori indizi dimostrativi, è, oltre che implausibile, manifestamente infondata costituendo, il rilievo delle impronte papillari al medesimo riconducibili, piena prova del fatto in assenza di contrarie allegazioni difensive. 5. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali ai sensi dell’art. 616 c.p.p Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità , si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.