Offese a un pubblico ufficiale: all’episodio assiste solo un suo collega. Cade l’accusa di oltraggio

Accertato che l’uomo sotto processo abbia rivolto parole ingiuriose nei confronti di un agente di pubblica sicurezza. Il fatto si è verificato però alla presenza solo dell’altro pubblico ufficiale. Impossibile, quindi, parlare di oltraggio”.

Sfogo verbale contro un agente di pubblica sicurezza. Nonostante l’offensività delle parole utilizzate, però, non si può parlare di oltraggio”. Decisiva la constatazione che all’episodio abbiano assistito solo il destinatario delle frasi ingiuriose e un suo collega Cassazione, sentenza n. 35428/2019, Sezione Sesta Penale, depositata il 1° agosto . Frasi. A dare il ‘la’ alla vicenda è la segnalazione di alcuni cittadini per la presenza di un soggetto che si aggira con fare sospetto nei pressi di alcuni garage . Consequenziale è l’intervento di due agenti di pubblica sicurezza, che fermano un uomo, gli chiedono prima le generalità e poi di esibire i documenti . Lui ribatte di non avere con sé i documenti e gli agenti decidono di accompagnarlo alla sua abitazione, poco distante. Questa prospettiva provoca però la reazione dell’uomo, che pronuncia alcune espressioni offensive nei confronti di uno dei due agenti. Lo sfogo verbale non può passare inosservato e difatti gli vale un processo per oltraggio a pubblico ufficiale , processo che si conclude con una condanna prima in Tribunale e poi in Corte d’Appello. Presenza. A salvare l’uomo però è la Cassazione, che ritiene impossibile ritenere colpevole l’uomo sotto processo. Decisiva la constatazione che egli pronunciò espressioni ingiuriose ma le due persone presenti erano i pubblici ufficiali , cioè quello destinatario delle offese e il suo collega. Va applicato, osservano i giudici, il principio secondo cui per la configurabilità del reato di oltraggio , previsto dall’art. 341- bis c.p., è necessaria la presenza di almeno due persone diverse rispetto ai pubblici ufficiali destinatari delle espressioni oltraggiose .

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 6 marzo – 1 agosto 2019, numero 35428 Presidente Petitti – Relatore Costanzo Ritenuto in fatto 1. Con sentenza numero 3470/2018, la Corte di appello di Palermo ha confermato la condanna inflitta dal Tribunale d Trapani a Se. Am. per il reato ex artt. 81, comma 2 e 651 cod. penumero capo A e 341 bis cod. penumero capo B descritti nelle imputazioni. 2. Nel ricorso presentato dal difensore di Am. si chiede l'annullamento della sentenza deducendo a violazione e falsa applicazione dell'art. 341 bis cod. penumero e vizio della motivazione, perché è mancata la necessaria presenza di più persone per integrare il reato di oltraggio a pubblico ufficiale, essendo stati presenti ai fatti solo i due agenti di pubblica sicurezza operanti, i quali, per altro verso, compirono, nel richiedere i documenti all'imputato per identificarlo, un atto non di ufficio ma arbitrario perché essi già lo conoscevano b violazione di legge e vizio della motivazione nel disconoscere le circostanze attenuanti generiche per l'assenza di elementi di valutazione favorevoli e per la mancanza di resipiscenza da parte del ricorrente Considerato in diritto 1. Il primo motivo di ricorso è fondato. a. Correttamente la Corte di appello ha escluso che l'azione dei pubblici ufficiali sia stata arbitraria evidenziando che essi erano doverosamente intervenuti perché era stata segnalata la presenza di un soggetto che si aggirava con fare sospetto nei pressi di alcuni garage e, individuandolo nell'imputato, gli chiesero le generalità non avendole questi fornite, gli chiesero di esibire i documenti e, poiché egli dichiarava di non averli, lo accompagnarono presso la sua abitazione a casa poco distante fino a che Am. pronunciò le espressioni offensive riportate nell'imputazione. L'assunto difensivo peraltro indimostrato secondo cui i pubblici ufficiali già conoscevano l'imputato non è, comunque rilevante perché per l'applicazione dell'art. 393 bis cod. penumero , si richiede un'attività ingiustamente persecutoria del pubblico ufficiale, il cui comportamento fuoriesca del tutto dalle ordinarie modalità di esplicazione dell'azione di controllo e prevenzione demandatagli nei confronti del privato destinatario Sez. 2, numero 8890 del 31/01/2017, Rv. 269368 Sez. 5, numero 35686 del 30/05/2014, Rv. 260309 . Tuttavia, ai fini della configurabilità del reato di oltraggio previsto dall'art. 341 bis cod. penumero è necessaria la presenza di almeno due persone Sez. 6, numero 16527 del 30/01/2017, Rv. 270581 diverse rispetto ai pubblici ufficiali destinatari delle espressioni oltraggiose Sez, 6, numero 16106 del 18/03/2016 Sez. 6, numero 11443 del 25/02/2016 Sez. 6 numero 20936 del 12/02/2015, non massimate . Invece, nel caso in esame, dalla sentenza impugnata si desume che quando l'imputato pronunciò le espressioni ingiuriose riportate nell'imputazione le due persone presenti erano, appunto, i pubblici ufficiali procedenti, fra i quali, quello destinatario delle offese p. 3, non numerata . Ne deriva l'annullamento della sentenza impugnata relativamente al reato ex art. 341 bis cod. penumero oggetto del ricorso, perché il fatto non sussiste. 1. 2. Quanto al secondo motivo di ricorso, deve ribadirsi - che il riconoscimento delle attenuanti generiche è un giudizio di fatto lasciato alla discrezionalità del giudice, che deve motivare quanto basta a chiarire la sua valutazione sull'adeguamento della pena alla gravità effettiva del reato e alla personalità del reo Sez.6, numero 41365 del 28/10/2010, Rv.248737 Sez.I, 46954 del 04/11/2004, Rv.230591 e la Corte d'appello ha evidenziato che nessuna circostanza le è risultata valorizzabile per applicare l'art. 62-bis cod. penumero , mancando - peraltro ogni sua resipiscenza - e emergendo una negativa personalità proclive a delinquere come ricavabile dai precedenti penali, anche specifici p. 4 . P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.