«Diventerai cibo per vermi»: frase solo provocatoria

Cadono definitivamente le accuse per un uomo che ha rivolto un’espressione carica di rabbia verso un altro uomo. L’episodio si è verificato in strada, mentre entrambi i protagonisti erano nelle rispettive auto. Per i giudici è illogico parlare di parole aventi carattere minatorio, anche perché i due uomini hanno continuato ad incontrarsi dopo il fattaccio in casa di una terza persona.

Bastardo, la pagherai, diventerai cibo per i vermi frase, questa, esecrabile, ma non catalogabile, secondo i giudici, come una vera e propria minaccia. Decisivi anche il contesto e la posizione paritaria dei protagonisti per dare una corretta lettura all’episodio preso in esame dai Giudici Cassazione, sentenza n. 34133/2019, Sezione Quinta Penale, depositata il 26 luglio 2019 . Male. Lo scontro verbale avviene quando i contendenti – due uomini – si incontrano con le rispettive automobili. In quel momento Giuseppe – nome di fantasia – scarica parole rabbiose verso Nicola – altro nome di fantasia – Bastardo, la pagherai, diventerai cibo per i vermi , gli dice. L’episodio si trasferisce però dalla strada al Tribunale, dove Giuseppe finisce sotto processo per il reato di minaccia . Però, prima il Giudice di Pace e poi i Giudici del Tribunale ritengono che l’espressione rivolta alla persona offesa sia priva di valenza minatoria , anche tenendo presente la situazione paritaria dei due uomini, entrambi giovani tra i 30 e i 40 anni . Tale valutazione è ritenuta corretta dai Giudici della Cassazione, che respingono il ricorso proposto dalla persona offesa. Peri magistrati del ‘Palazzaccio’ il carattere minatorio della frase incriminata è stato escluso in considerazione della situazione delle parti entrambi uomini adulti, compresi nella stessa fascia d’età , e perché, allorché si incrociarono, erano entrambi in automobile e quindi l’attuazione della minaccia non sarebbe stata possibile, almeno sul momento . Peraltro, secondo i Giudici della Cassazione il male minacciato era indeterminato ed esprimeva più iattanza che intenzionalità lesiva . Infine, viene anche sottolineato che dopo il fattaccio i due uomini continuarono ad incontrarsi nella casa di una terza persona, e questo dato è sufficiente per ritenere che Nicola non era rimasto affatto impressionato dalla frase di era stato destinatario .

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 13 maggio – 26 luglio 2019, n. 34133 Presidente Vessichelli – Relatore Settembre Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Forlì ha confermato la sentenza di prima cura, che aveva assolto L.B. dal reato di cui all’art. 612 c.p., contestato come commesso in danno di R.M. , per insussistenza del fatto. Secondo i giudici di merito l’espressione rivolta alla persona offesa bastardo, bastardo la pagherai, diventerai cibo per i vermi era - data la situazione paritaria delle parti entrambi giovani tra i 30 e i 40 anni - priva di valenza minatoria. 2. Ha presentato ricorso per Cassazione il difensore della persona offesa lamentando, con unico motivo, l’erronea interpretazione dell’art. 612 c.p., per il fatto che è stato trascurato il contesto in cui si sono svolti i fatti ed è stato riguardato, il reato di cui all’art. 612 c.p., come reato di danno, invece che come reato di pericolo. I giudici non hanno considerato, infatti, che l’espressione proferita da L. nel 2014 era stata preceduta da altre minacce pur documentate dal difensore della parte civile e da un’aggressione fisica perpetrata in data 30/12/2013 inoltre, era stata seguita da altra aggressione del 10/2/2016 consumata nell’ambito di questo stesso procedimento, proprio dinanzi al Giudice di pace. In pratica, l’assoluzione è avvenuta pretermettendo il confronto con la dinamica concreta dei rapporti fra le parti, che vedono il L. assumere costantemente il ruolo di aggressore nei confronti dell’odierno ricorrente ed è stata operata trascurando il drammatico epilogo dei rapporti intrattenuti da L. e dalla moglie con P.E. , persona affetta da grave handicap e amico della persona offesa, su cui hanno lungamente deposto i testi di questo procedimento. Erronea è, la sentenza, pure nella parte in cui esclude la valenza minatoria dell’espressione per la sua indeterminatezza e per la condizione personale delle parti, dal momento che anche la minaccia di un male indeterminato può essere, a seconda delle circostanze, fonte di turbamento, e non è richiesta, dalla norma, uno squilibrio nella posizione delle parti contrapposte, per aversi minaccia . Da ultimo, lamenta un vero e proprio travisamento probatorio nella parte in cui si parla di frequentazione tra imputato e persona offesa anche dopo i fatti per cui è processo frequentazione cessata già a Natale del 2013, dal momento che L. e la moglie avevano lasciato il lavoro che li metteva in contatto con R. . Considerato in diritto Il ricorso non può trovare accoglimento. L’accertamento del carattere minatorio di un’espressione dipende dal contesto in cui è stata proferita, dai rapporti tra le parti, dalla determinatezza del male evocato e dall’attitudine dell’espressione a creare turbamento nel destinatario. Tale accertamento deve essere compiuto dal giudice di merito e il relativo apprezzamento non è censurabile in cassazione, ove sorretto da congrua motivazione. Nella specie, il carattere minatorio dell’espressione è stato escluso in considerazione della situazione delle parti entrambi uomini adulti, compresi nella stessa fascia di età e perché, allorché si incrociarono, erano entrambi in automobile, sicché l’attuazione della minaccia non sarebbe stata possibile, almeno sul momento. Inoltre, perché il male minacciato era indeterminato ed esprimeva più iattanza che intenzionalità lesiva. Infine, perché anche dopo il fatto i due uomini continuarono ad incontrarsi nella casa di P.E. segno, secondo i giudici, che R. non era rimasto affatto impressionato dall’espressione di cui era stato destinatario. Trattasi di motivazione discutibile, ma non illogica, sicché non è censurabile in questa sede, anche perché gli elementi di segno contrario, addotti dal ricorrente, sono versati in fatto la cessazione della frequentazione tra R. e L. dopo i fatti per cui è processo , oppure accaduti anni dopo quello discusso in questa sede. Consegue a tanto che il ricorso va rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.