Lo stile di vita come elemento sintomatico per il riconoscimento della continuazione tra reati

Il riconoscimento della continuazione in sede esecutiva presuppone l’accertamento in ordine alla sussistenza di taluni elementi, come l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le abitudini programmate affinché, dopo tale verifica, possa ritenersi che, al momento della commissione del primo reato, gli altri fossero almeno stati programmati nelle loro linee essenziali.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con sentenza n. 30962/19, depositata il 15 luglio. Il caso. Il Tribunale per i minorenni di Napoli rigettava l’istanza di applicazione della disciplina del reato continuato di cui all’art. 671 c.p.p. a nome dell’imputato in relazione alle pene inflittegli per reati giudicati con sentenze irrevocabili. Questi propone così ricorso per cassazione, sostenendo che l’istituto della continuazione va applicato adeguatamente alla personalità e alle esigenze del minorenne. La continuazione tra reati. Occorre sottolineare che il riconoscimento della continuazione in sede esecutiva presuppone l’accurato accertamento in ordine alla sussistenza di taluni elementi, come l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le modalità della condotta, le abitudini programmate cosicché, dopo tale verifica, possa ritenersi che, al momento della commissione del primo reato, gli altri fossero almeno stati programmati nelle loro linee essenziali, fermo restando però che è insufficiente a tal fine valorizzare la presenza di taluno dei suddetti indicatori se i fatti successivi risultino di per sé frutto di determinazioni estemporanee. Pertanto, lo stile di vita non è sufficiente a far supporre gli estremi della continuazione, neanche con riferimento al soggetto minorenne, perché esso non consente di distinguere tra la mera ripetizione o abitualità di certi comportamenti e la loro anticipata programmazione, appunto nel caso del minore, in considerazione dell’intensità dell’adesione a scelte di vita condizionate dal carattere, dall’immaturità, dall’ambiente. Tuttavia, le medesime scelte possono assumere un elevato significato indicativo anche in ordine alla programmazione anticipata delle singole condotte, in particolar modo in presenza di altri elementi sintomatici come la stessa tipologia di reato e la loro prossimità temporale. E proprio perché ciò è avvenuto nella fattispecie ora esaminata, il ricorso deve essere rigettato, essendo la censura destituita di fondamento, senza condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, trattandosi di minorenne.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 21 maggio – 15 luglio 2019, n. 30962 Presidente Mazzei – Relatore Binenti Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale per i minorenni di Napoli, con l’ordinanza indicata in epigrafe, rigettava la richiesta di applicazione della disciplina del reato continuato avanzata ai sensi dell’art. 671 c.p.p. da I.S. in relazione alle pene inflittegli per reati giudicati con tre indicate sentenze irrevocabili. 2. Propone ricorso per cassazione I.S. , tramite il difensore, lamentando violazione dell’art. 81 c.p. e D.P.R. n. 488 del 1988, art. 1, nonché vizio di motivazione. Rileva che l’istituto della continuazione va applicato in modo adeguato alla personalità e alle esigenze del minorenne. Sicché, nella specie, trattandosi di persona al momento dei fatti minorenne, l’unicità del disegno criminoso, con riguardo alla seconda e alla terza sentenza indicata, avrebbe dovuto riconoscersi con maggiore larghezza. Invece, si è perfino omesso di considerare la significatività ai fini in questione del particolare rapporto esistente fra il reato associativo e quelli fine di tentato omicidio e di omicidio. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato per le ragioni che di seguito si illustrano. 2. Il riconoscimento della continuazione in sede esecutiva, al pari di quanto avviene nel giudizio di cognizione, presuppone l’approfondito accertamento in ordine alla sussistenza di concreti elementi, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio - temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate, di modo che, all’esito di tale verifica complessiva, possa ritenersi che, al momento della commissione del primo reato, gli altri fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, fermo restando che non è sufficiente a tal fine valorizzare la presenza di taluno degli indicatori di cui sopra se i fatti successivi risultino di per sé frutto di determinazioni estemporanee Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, Rv. 270074 . Lo stile di vita adottato non è sufficiente a fare supporre gli estremi della continuazione, neanche con riferimento al minorenne, in quanto la disposizione del D.P.R. n. 488 del 1988, art. 1, comma 1, prevede solo l’adeguamento alla personalità e alle esigenze educative del minore degli istituti processuali. Tuttavia, possono aversi peculiari ricadute sul piano della prova dell’unicità del disegno criminoso, nel senso che mentre lo stile di vita ha di solito un valore sintomatico non elevato e di contorno, perché non consente di distinguere tra la mera ripetizione o abitualità di certi comportamenti e la loro anticipata programmazione, nel caso del minore, in considerazione della particolare intensità dell’adesione a scelte di vita condizionate dall’ambiente, dal carattere e dall’immaturità, le medesime scelte possono assumere un elevato significato indicativo anche in ordine alla programmazione anticipata delle singole condotte, specialmente in presenza di altri elementi sintomatici come la medesima tipologia dei reato e la loro prossimità temporale Sez. 1, n. 4716 del 08/11/2013, dep. 2014, Rv. 258228 Sez. 5, n. 2911 del 06/11/2013, dep. 2014, Rv. 257953 Sez. 1, n. 46166 del 05/11/2009, Rv. 245507 . 3. Nella specie la decisione ha trovato esaustive spiegazioni, avuto riguardo ai reati su cui si appuntano i rilievi dotati di specificità, ossia quelli giudicati con la seconda e la terza sentenza, in autonomi elementi che superano, sul piano valutativo, ogni ricaduta di ogni possibile riflessione in ordine allo stile di vita. È stata considerata infatti la natura estemporanea della decisione che portò seduta stante, in presenza di contingenti fattori, alla consumazione dei reati di omicidio e di tentato omicidio, senza che l’avverarsi di quest’ultimo delitto, in danno di agenti di polizia a causa di indagini da costoro svolte, potesse essere minimamente immaginato oltre sei mesi prima, quando veniva commesso da I. l’omicidio dopo un banale litigio con la vittima davanti a una discoteca. Sicché le critiche che lamentano semplicemente l’omessa considerazione della minore età non possono risultare comunque idonee a scardinare la resistenza della struttura motivazionale su cui si fonda la decisione di merito. Nè può cogliere nel segno l’obiezione secondo cui le indagini che diedero luogo al tentato omicidio avrebbero riguardato i fatti d’interesse dell’associazione per la cui partecipazione I. veniva del pari giudicato nell’altro processo. Invero, ciò non può rappresentare alcuna illogicità motivazionale, una volta che rimangono non smentite le decisive osservazioni circa la deliberazione solo in un momento successivo del tentato omicidio, ossia allorquando, secondo la stessa ricostruzione difensiva, aveva già avuto inizio la condotta associativa, in mancanza di qualsiasi plausibile previsione delle iniziative di polizia che diverso tempo dopo avrebbero portato I. a commettere detto tentato omicidio. Condizioni queste ultime che, stante la loro univoca portata indicativa, non possono in ogni caso risultare superate dal generico richiamo al riconoscimento della continuazione nell’altro processo fra il reato associativo e quello di omicidio, che viene indicato come commesso diversi mesi prima quello di tentato omicidio. 4. Pertanto, risultando tutte le censure svolte destituite di fondamento sotto ogni profilo, il ricorso deve essere rigettato, senza tuttavia la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuale trattandosi di minorenne. P.Q.M. Rigetta il ricorso. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52 in quanto imposto dalla legge.