Possibile la sostituzione della pena con l’espulsione dello straniero quando ciò esuli dal patteggiamento?

Qualora la pena irrogata sia stata oggetto di accordo tra le parti, il giudice non può sostituirla con la misura dell’espulsione dello straniero quando questa non sia stata contemplata nell’accordo.

Così si esprime la Corte di Cassazione con la sentenza n. 29396/19, depositata il 4 luglio. Il caso. Il Tribunale di Verona applicava all’imputato la pena su richiesta delle parti per il reato di cui all’art. 495 c.p., disponendo la sostituzione della stessa con la misura dell’espulsione dal territorio dello Stato ai sensi dell’art. 16 del T.U. sull’immigrazione. Avverso tale decisione, il difensore dell’imputato propone ricorso per cassazione, lamentando il fatto che la pena irrogata non sia conforme all’accordo tra le parti, il quale non prevede la sostituzione della reclusione con l’espulsione dell’imputato. L’espulsione dello straniero. La Suprema Corte dichiara fondata la doglianza della difesa, evidenziando la differenza tra il comma 1 ed il comma 5 dell’art. 16, T.U. sull’immigrazione. In base al comma 1, infatti, il giudice, qualora applichi una pena su richiesta delle parti allo straniero che si trovi in una delle situazioni descritte dall’art. 13, comma 2, del T.U. citato, se ritiene di dover applicare una pena detentiva nel limite di due anni e non ricorrono le condizioni per ordinare la sospensione condizionale della pena, può sostituire la stessa con l’espulsione, costituendo quest’ultima una sanzione sostitutiva della detenzione e appartenendo alla discrezionalità del giudice la possibilità di disporla. L’ipotesi delineata dal comma 5, invece, regola l’espulsione come misura alternativa alla detenzione verso l’imputato detenuto che debba scontare una pena non superiore agli anni 2 e si trovi in una delle condizioni di cui all’art. 13, comma 2 del testo citato, non essendoci in tal caso alcuna discrezionalità bensì un dovere del giudice di disporla, anche nel caso in cui essa non sia stata presa in considerazione nell’accordo delle parti ex art. 444 c.p.p L’accordo delle parti. Chiarito quanto sopra, la Corte rileva che il caso concreto rientra nella fattispecie di cui al comma 1 dell’art. 16, in quanto l’imputato non era detenuto al momento della pronuncia della sentenza impugnata e non ricorrevano le condizioni per la sospensione condizionale della pena. Tuttavia, sulla possibilità per il giudice di disporre l’espulsione dello straniero in sostituzione della detenzione, quando ciò non sia stato contemplato nell’accordo di patteggiamento, sussiste un contrasto giurisprudenziale. Un primo orientamento, infatti, sostiene che il giudice possa direttamente disporre tale misura all’esito di una valutazione discrezionale dei parametri normativi, mentre un secondo filone giurisprudenziale ritiene, al contrario, che la sostituzione non possa avvenire quando sia estranea all’accordo fra le parti. Nel caso concreto, la Corte aderisce al secondo orientamento, affermando che la sostituzione della pena detentiva oggetto di richiesta tra le parti con l’espulsione non può essere disposta in assenza di accordo tra le stesse, in quanto quest’ultimo funge da limite alla discrezionalità del giudice, in considerazione della struttura dell’istituto di cui all’art. 444 c.p.p., che valorizza l’interesse dell’imputato a non vedersi applicare una sanzione diversa da quella oggetto dell’accordo. Dunque, gli Ermellini annullano senza rinvio la sentenza impugnata.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 11 giugno – 4 luglio 2019, n. 29396 Presidente Palla – Relatore Morelli Ritenuto in fatto 1. Viene proposto ricorso avverso la sentenza del Tribunale di Verona che, su concorde richiesta delle parti, ha applicato ad A.O. la pena di anni uno di reclusione per violazione dell’art. 495 c.p. ed ha disposto la sostituzione della pena con la misura dell’espulsione dal territorio dello Stato ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 16. 2. Il ricorrente, difensore dell’imputato, deduce la violazione dell’art. 448 c.p.p., comma 2 bis, in quanto la pena irrogata non è conforme all’accordo fra le parti, che non prevedeva la sostituzione della reclusione con espulsione dal territorio nazionale. 3. Il Procuratore generale, Dott.ssa Cardia Delia, ha depositato conclusioni scritte in cui chiede sia dichiarata l’inammissibilità del ricorso. Considerato in diritto 1. Il D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 16, comma 1, prevede che il giudice, nel pronunciare sentenza di condanna per un reato non colposo o nell’applicare la pena su richiesta ai sensi dell’art. 444 c.p.p. nei confronti dello straniero che si trovi in taluna delle situazioni indicate dal D.Lgs. cit., art. 13, comma 2, che disciplina i presupposti per l’espulsione amministrativa , quando ritiene di dovere irrogare la pena detentiva nel limite dei due anni e non ricorrono le condizioni per ordinare la sospensione condizionale della pena, possa sostituire la pena con la misura dell’espulsione. L’espulsione, in questo caso, è una sanzione sostitutiva della detenzione e, nell’ipotesi disciplinata dall’art. 16 comma 1, il disporla appartiene alla discrezionalità del giudice, dal momento che nella norma è indicato il verbo può . 1.1. Ben diversa è l’ipotesi disciplinata dall’art. 16, comma 5, che regola l’espulsione, come misura alternativa alla detenzione, nei confronti dell’imputato detenuto che, trovandosi nelle condizioni di cui all’art. 13, comma 2, debba scontare una pena detentiva, anche residua, non superiore ai due anni. In questo caso il giudice deve disporre l’espulsione, come si evince chiaramente dall’impiego della locuzione è disposta l’espulsione . Tenendo presente l’assenza di discrezionalità nel disporre l’espulsione ove ricorra l’ipotesi disciplinata dall’art. 16, comma 5, si giustifica il principio affermato da Sez. 6, n. 33884 del 15/04/2015 Rv. 264457 - 01, sentenza richiamata nel parere del Procuratore generale, per cui Lo straniero che versa nelle condizioni di legge per fruire della sanzione sostitutiva dell’espulsione prevista dal D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 16, comma 5, testo unico sull’immigrazione , è titolare - anche ove intenda definire la propria posizione con sentenza di patteggiamento - di un vero e proprio diritto ad essere espulso dal territorio dello Stato, anziché rimanervi ad espiare la pena detentiva alla quale sia stato condannato, atteso il chiaro disposto del primo periodo del medesimo art. 16, comma 5 con la conseguenza che il giudice, ricorrendone le condizioni, può applicare con la sentenza di patteggiamento l’espulsione, anche se quest’ultima non è stata presa in considerazione nell’accordo raggiunto dalle parti ai sensi dell’art. 444 c.p.p. . Se ricorrono le condizioni previste dall’art. 16, comma 5, il giudice non ha un potere discrezionale ma è tenuto a sostituire la pena detentiva con l’espulsione, sicché la materia è anche sottratta all’accordo fra le parti in caso, eventuale, di patteggiamento. 1.2. Diverso è il caso di cui al comma 1, che è quello che ci occupa, in quanto risulta dagli atti che A.O. non era detenuto al momento della pronuncia della sentenza impugnata e pacificamente non ricorrevano le condizioni per la sospensione condizionale della pena, pur inferiore ai due anni, sospensione che, peraltro, non era stata neppure oggetto dell’accordo fra le parti. Il giudice nell’esercizio di un potere discrezionale - tale essendo quello previsto dall’art. 16, comma 1 - ha, autonomamente e prescindendo dall’accordo delle parti in tal senso, disposto la sostituzione della pena detentiva con l’espulsione. Secondo un indirizzo giurisprudenziale di cui è espressione Sez. 1, n. 33799 del 09/05/2014 Rv. 261467 - 01 L’espulsione dello straniero dal territorio dello Stato prevista dal D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 16, essendo una misura sostitutiva della detenzione in carcere e non una misura di sicurezza, esula dall’accordo delle parti sull’applicazione della pena ai sensi dell’art. 444 c.p.p. e può essere disposta direttamente dal giudice, all’esito di una valutazione discrezionale dei parametri normativi, con una statuizione che l’interessato, in assenza della domanda di applicazione del beneficio della sospensione condizionale della pena, non ha un interesse concreto ed attuale ad impugnare . Si tratta di un orientamento a cui se ne contrappone un altro che, al contrario, ritiene che la sostituzione della pena detentiva con l’espulsione non possa essere estranea all’accordo fra le parti. Lo afferma in maniera esplicita Sez. 6, Sentenza n. 7906 del 03/02/2006 Rv. 233491 - 01 Con la sentenza di patteggiamento prevista dall’art. 444 c.p.p. non può essere disposta la sostituzione della pena quando la stessa non sia stata espressamente richiesta , ma si tratta di un principio ricavabile anche da una recente sentenza di questa Sezione, la n. 40198 del 29/05/2018 Rv. 273798 - 01, secondo cui In materia di applicazione della pena ex art. 444 c.p.p., allorché le parti hanno concordato anche l’espulsione dello straniero dal territorio dello Stato come sanzione sostitutiva della pena detentiva a norma del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 16, l’omessa applicazione dell’espulsione da parte del giudice comporta la nullità della sentenza di patteggiamento, con trasmissione degli atti al giudice di merito per un nuovo giudizio , con ciò facendo rientrare a pieno titolo nell’accordo fra le parti l’espulsione come sanzione sostitutiva della pena detentiva. Analogo principio si ricava da un’ altra sentenza di questa Sezione, la n. 30392 del 23/05/2012 Rv. 253304 - 01 che afferma l’impossibilità di disporre l’applicazione di pena su richiesta delle parti quando il PM non abbia prestato il consenso alla sostituzione della pena ex L. n. 689 del 1981. 1.3. Il ritenere che l’espulsione dell’imputato ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 16 ,comma 1, in caso di applicazione della pena su richiesta, non possa essere disposta dal giudice in assenza di accordo fra le parti si fonda sulla constatazione che si tratta di un potere discrezionale del giudice, rispetto al quale è ragionevole che operi il limite dell’accordo delle parti, vista la struttura dell’istituto di cui all’art. 444 c.p.p., e valorizza l’interesse dell’imputato a non vedersi comminata una sanzione che può anche essere sentita come maggiormente afflittiva rispetto alla detenzione estranea all’accordo concluso con il Pubblico Ministero. 1.4. Per tali motivi, è fondata la doglianza espressa dalla difesa che ha censurato la mancata correlazione fra l’accordo raggiunto dalle parti e la sentenza, in termini tuttora consentiti ai sensi dell’art. 448 c.p.p., comma 2 bis, e va disposto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, con trasmissione degli atti al Tribunale di Verona per nuovo giudizio. P.Q.M. annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone la trasmissione degli atti al Tribunale di Verona per nuovo giudizio.