Prelievo di materiale biologico legittimo anche nei confronti di “terzi non indagati”

Il prelievo coattivo di materiale biologico di persona vivente è legittimo ogni volta in cui il soggetto interessato dall’accertamento si leghi alla commissione del fatto di reato, per avervi assistito o per qualsiasi altra causa, avendo egli contribuito attraverso una causalità diretta o indiretta che, pur esistente, non integra contributo rilevante sul piano della tipicità del fatto, ma può risultare risolutiva o utile ai fini del suo accertamento.

Lo ha stabilito la Sezione Prima Penale della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 28538, depositata in cancelleria il 1° luglio 2019. Prelievo coattivo. Nel caso di specie, in relazione ad un procedimento penale per il delitto di omicidio, la procura ha chiesto e ottenuto dal Giudice per le Indagini Preliminari di disporre un prelievo coattivo di materiale biologico di un uomo artt. 359- bis e 224- bis , c.p.p. , siccome ritenuto vicino” all’unico indagato o, comunque, di questi frequentatore nel giorno del delitto. Il fattore scatenante il prelievo è stato il rinvenimento, sull’arma utilizzata per il delitto, di materiale biologico non riconducibile all’indagato. L’ordinanza del GIP è stata tempestivamente impugnata dinanzi alla Suprema Corte. Agli Ermellini è stato chiesto di annullare il provvedimento gravato in relazione alla paventata grave carenza motivazionale segnatamente, secondo il ricorrente il GIP avrebbe arbitrariamente inciso sulla libertà personale del richiesto sulla base di un mero ed insufficiente rapporto di conoscenza tra questi e l’indagato. Accertamento tecnico, esigenza investigativa e tutela dei diritti fondamentali. La Suprema Corte, nel rigettare il ricorso, ha espresso importanti considerazioni in merito alla portata applicativa dell’istituto i.e. prelievo coattivo di campione biologico su persone viventi , ripercorrendo – in ottica diacronica – lo sviluppo normativo e giurisprudenziale alimentato nel corso degli anni. L’accertamento tecnico sulla persona di cui si discute, come ricorda il Consesso, ammette la coazione della libertà personale in caso di rifiuto da parte dell’interessato, nel solco di un talora incerto equilibrio tra esigenza investigativa e tutela dei diritti fondamentali, che dovrebbe essere rintracciato nella motivazione del Giudice, il quale dispone si pronuncia anche sulle relative modalità esecutive. Avverso il prelievo coattivo di campione o materiale biologico – si spiega – è sempre ammesso il sindacato di legittimità, giusto l’art. 111, comma 7, Cost. Terzo interessato, non iscritto nel registro degli indagati. L’istituto è legittimo a prescinde dal grado di invasività concreta dell’operazione materiale di prelievo, e può essere attivato anche nei confronti di soggetto non formalmente indagato, i.e. anche nei confronti di un terzo purché – beninteso – l’accertamento possa offrire la prova dei fatti per i quali si procede. Secondo la Cassazione, infatti, la dizione persona interessata” va intesa quale possibilità che anche un terzo estraneo alle attività di indagine e al procedimento possa subire il prelievo. Limiti all’accertamento tecnico. Non mancano i limiti. Anzitutto non sono ammessi c.d. accertamenti di massa massive screening , ossia accertamenti che coinvolgono nelle verifiche categorie intere di soggetti – più o meno ampie – tra le quali si sospetta possa esservi anche l’autore del fatto. Inoltre, l’individuazione del soggetto terzo da sottoporre ad accertamento non può avvenire ricorrendo ad elaborazioni statistiche o probabilistiche, dovendo al contrario ricorrere la motivazione in ordine all’assoluta indispensabilità di praticare, in concreto e verso quel soggetto, il prelievo i.e. è necessario un collegamento, in chiave investigativa, tra il delitto e il soggetto terzo . Motivazione analitica. In conseguenza di quanto sopra, è dunque fondamentale – così sottolinea la Corte – la motivazione del provvedimento che autorizza il prelievo a segnare la congruenza dell’intervento con gli accertamenti in esame e a delimitare l’ambito di tutela e garanzia dei diritti del terzo stesso, nel delicatissimo equilibrio tra le esigenze di investigazione e di accertamento del reato e quelle legate alla salvaguardia dei valori della persona che hanno presidio e tutela nella fonte superprimaria”. Tra l’altro – si aggiunge – in motivazione non occorre l’esplicitazione di ogni particolare commissivo o evolutivo del fatto, ma l’estrinsecazione del canale di collegamento”, materiale o logico, tra soggetto e delitto” in uno alle ragioni per le quali si si ritiene che il prelievo va assunto necessario, tanto più se si verte in fase investigativa. In definitiva, sul crinale delle considerazioni che precedono, i giudici del Palazzaccio hanno dunque avallato l’apprezzamento svolto dal Gip, per l’effetto confermando la legittimità del disposto prelievo, con condanna del ricorrente alle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 17 gennaio – 1 luglio 2019, n. 28538 Presidente Bonito – Relatore Cairo Ritenuto in fatto 1. Con l’ordinanza in epigrafe il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Siena, su richiesta del Pubblico Ministero, disponeva il prelievo coattivo di materiale biologico su persona vivente ai sensi degli artt. 359-bis e 224 bis c.p.p. e, in particolare, su A.F. , che aveva negato il suo consenso in data 1 settembre 2018. Premetteva il giudice a quo che si procedeva per l’omicidio di N.A. consumato il omissis e che per quel delitto era indagato S.G. . Sull’arma utilizzata per l’omicidio era stato repertato materiale biologico, che tuttavia non apparteneva a costui e che era necessario, per il prosieguo investigativo, attribuire geneticamente. Si sarebbe, invero, potuta conseguire una svolta nelle attività in essere e si sarebbe potuto acquisire un elemento di prova scientifica sui fatti. Si osservava, ancora, che Ar.Fr. era persona vicina al S. e che probabilmente si trovava in compagnia di costui la sera che era stato aggredito da alcuni cittadini albanesi. D’altro canto, anche tale Sh.To. , detto P. , aveva avuto contatti il giorno del delitto con il S. stesso e si era trattenuto e mosso nella zona di omissis e nelle aree limitrofe, ove si era verificato il delitto. 2. Ricorre per cassazione A.F. , a mezzo del difensore di fiducia e lamenta il vizio di violazione di legge e dell’art. 224-bis c.p.p., per aver il Giudice a quo disatteso l’onere motivazionale. Esso onere era viepiù marcato, là dove si fosse inteso incidere, con il prelievo coattivo, sulla libertà personale di un terzo estraneo ai fatti. Nella specie, la motivazione era strutturalmente carente non indicando se si trattasse di profili genetici maschili o femminili, nè dando conto della allocazione di essi. Si trattava, pertanto, di una esplicitazione di ragioni a sostegno del provvedimento non conformi alla descrizione sommaria del fatto , imposta dalla norma. Nè si era inteso spiegare quale contributo eziologico A.F. avesse offerto alla dinamica omicidiaria. Valorizzando un rapporto di mera conoscenza l’A. era stato sottoposto a prelievo biologico, incidendo sulla sua libertà personale e ciò pur disponendo gli inquirenti di altri prelievi di campione biologico che sarebbero stati, comunque, utilizzabili nel presente procedimento. Osserva in diritto 1. Il ricorso è infondato e deve essere respinto. 1.1. L’introduzione nel sistema del prelievo coattivo di campioni biologici su persone viventi artt. 359-bis e 224-bis c.p.p. , operato con la L. n. 85 del 2009, è seguito alla sentenza della Corte costituzionale 27 giugno 1996, n. 238 che aveva dichiarato incoercibile lo svolgimento della perizia cd. ematologica in ipotesi di mancata collaborazione del soggetto che avrebbe dovuto subire l’indagine biologica. In questa logica nel 2005, con il cd. decreto legge antiterrorismo 27 luglio 2005, n. 145 convertito nella L. 31 luglio 2005, n. 155 , era stata introdotta una prima e specifica disciplina per il prelievo di materiale biologico a scopo identificativo art. 349 c.p.p., comma 2-bis e in sede di accertamenti urgenti sulle persone interpolando l’art. 354 c.p.p., comma 3 - successivamente abrogato nella parte specifica - . Con gli istituti in esame, previsti dagli artt. 349-bis e 224-bis c.p.p., si introduce nel sistema un accertamento tecnico sulla persona, che giunge ad ammettere la coazione della libertà personale, in caso di rifiuto da parte dell’interessato. Si fissa un punto di equilibrio tra esigenze investigative e tutela dei diritti fondamentali, rimesso alla motivazione del provvedimento che autorizza il prelievo, nella logica della doppia riserva di legge e di giurisdizione . Ciò vale sia in materia di perizia in senso stretto, che in caso di accertamenti disposti in fase di indagini, in cui l’accertamento e il relativo controllo si spostano dall’ufficio del Pubblico Ministero alla figura del Giudice. In realtà non può disconoscersi che l’attenzione del legislatore, sul punto, sia stata massima, versandosi al cospetto di un atto che travalica l’ambito della libertà personale e che invade la sfera corporale del soggetto Corte Cost. 27 giugno 1996, n. 238 , sfera la cui dignità risulta, di regola, incoercibile e su cui si può intervenire con il solo ordine di un giudice che detta le stesse modalità esecutive. Il legislatore non ha inteso distinguere, nella disciplina della tipologia di accertamenti, tra atti invasivi e atti non invasivi, con livelli differenziati di garanzia il riferimento a distinzione siffatta era piuttosto nel disegno di L. n. 3009 presentato in Senato il 20 gennaio 1998 la categoria dell’invasività era delimitata, in via residuale rispetto agli atti non invasivi , essendosi prevista un’elencazione specifica e tipica degli accertamenti aventi le dette caratteristiche . Il legislatore della riforma ha, tuttavia, prediletto, nel tracciare l’ambito oggettivo di applicazione dell’istituto, la categoria della integrità fisica , con la conseguenza che la sfera corporale si sarebbe dovuta ritenere invasa dal compimento di qualunque atto che si risolveva nell’asportazione di materiale biologico dal corpo della persona. Si prescinde, dunque, dal grado di invasività concreta dell’operazione materiale di prelievo. Quanto ai destinatari degli accertamenti l’art. 359-bis c.p.p. individua la categoria di riferimento con un richiamo alla persona interessata . Non occorre che si tratti formalmente di soggetto indagato, già iscritto nel registro di cui all’art. 335 c.p.p È, contrariamente, possibile eseguire il prelievo anche su individuo che risulti terzo, ma rispetto al quale il relativo accertamento può offrire la prova dei fatti. I lavori parlamentari attestavano che proprio in funzione di evitare i cdd. massive screening si tentò di introdurre un emendamento che potesse limitare l’accertamento ai soli soggetti iscritti nel registro degli indagati. L’opzione fu però respinta emendamento n. 24.2. al progetto di legge A.comma 2042 . 2. Ciò posto si deve osservare che il ricorso non si confronta compiutamente con la motivazione dell’ordinanza impugnata e non si correla alle specifiche e precise motivazioni offerte sul punto dal Giudice che ha autorizzato il prelievo del materiale biologico. 2.1. In primo luogo avendo il ricorrente, incidentalmente, nella premessa all’impugnazione, affrontato la questione, si deve dire che l’ordinanza in esame risulta autonomamente impugnabile con il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7, trattandosi di un provvedimento sulla libertà personale. L’ambito obiettivo del ricorso, in ragione della disposizione anzidetta, è. limitato alla violazione di legge. Ciò vale, altresì, in materia di ordinanze emesse nel corso del dibattimento ai sensi del disposto di cui all’art. 586 c.p.p., comma 3, norma che fissa il principio generale della separata e immediata impugnabilità delle ordinanze in materia di libertà personale. Nella specie, pertanto, incidendo sulla libertà anzidetta anche l’ordinanza con cui si dispone il prelievo coattivo di campione o materiale biologico deve ritenersi assoggettata al sindacato di legittimità, ai sensi della disposizione costituzionale richiamata. 2.1.2. Sugli aspetti ulteriori sviluppati nel ricorso si deve osservare quanto segue. In ordine alla possibilità di eseguire il prelievo coattivo anche su soggetti formalmente non iscritti nel registro degli indagati si è già anticipato che la norma ammetta come possibili destinatari del prelievo biologico i soggetti che risultino interessati. Il lessico impiegato persona interessata ammette la possibilità che anche un terzo estraneo alle attività di indagine e al procedimento possa subire il prelievo, affermazione valida, sia pur con una serie di precisazioni. Ciò, infatti, non determina la conclusione secondo cui l’accertamento può giungere a realizzare massive screening o cdd. accertamenti di massa, coinvolgendo nelle verifiche di specie categorie intere di soggetti, più o meno ampie, tra le quali si sospetta possa esservi l’autore del fatto. Deve contrariamente escludersi che il criterio selettivo sui possibili terzi estranei destinatari delle indagini biologiche debba o possa essere definito ricorrendo ad elaborazioni statistiche o probabilistiche. In questa logica il legislatore ha imposto l’esplicitazione delle ragioni per le quali il prelievo stesso si renderebbe assolutamente necessario indispensabile per la prova dei fatti. Si deve, in altri termini, istituire un collegamento tra delitto e soggetto anche in chiave di ipotesi investigativa, sia pur seriamente supportata, che renda necessario l’intervento con il prelievo in questione. Non basta il mero sospetto o una pura e astratta congettura ovvero iniziative di carattere meramente esplorativo a fondare un intervento come quello in esame. Detto collegamento non va limitato al solo rapporto autore-reato, ma è tale da comprendere ogni ipotesi in cui il soggetto si leghi alla commissione del fatto, per avervi assistito o per qualsiasi altra causa avendo egli contributo attraverso una causalità diretta o indiretta che, pur esistente, non integra contributo rilevante sul piano della tipicità del fatto, ma può risultare risolutiva o utile ai fini del suo accertamento. Sarà, pertanto la motivazione del provvedimento che autorizza il prelievo a segnare la congruenza dell’intervento con gli accertamenti in esame e a delimitare l’ambito di tutela e garanzia dei diritti del terzo stesso, nel delicatissimo equilibrio tra le esigenze di investigazione e di accertamento del reato e quelle legate alla salvaguardia dei valori della persona che hanno presidio e tutela nella fonte superprimaria. L’obbligo della motivazione, ancora, sarà essenzialmente legato alla fase in cui si interviene con la verifica tecnica. Non occorre l’esplicitazione di ogni particolare commissivo o evolutivo del fatto, ma l’estrinsecazione del canale di collegamento , materiale o logico, tra soggetto e delitto e l’esplicitazione della ragione per la quale il prelievo stesso risulta necessario. Ciò vale viepiù nella fase investigativa. In essa, invero, l’imputazione è ancora caratterizzata dalla naturale fluidità e risulta, appunto, condizionata dalle possibili acquisizioni informative che derivano dalle indagini in corso. 3. Nella specie il Giudice a quo ha spiegato come le indagini in corso nei confronti di S.G. per l’omicidio di N.A. si erano arricchite di un particolare importante, offerto dalla circostanza che sul luogo dell’omicidio erano stati rinvenuti tratti genetici che non appartenevano all’indagato iscritto e che il materiale anzidetto era sull’arma utilizzata per il fatto. Detto aspetto è stato ritenuto indispensabile per acquisire elementi di prova in funzione del collegamento dell’A.F. con il delitto stesso attraverso il legame di costui con il S. . Infatti, si è spiegato che la sera dell’aggressione del S. stesso da parte di soggetti albanesi tra cui Sh. e P. il S. era in compagnia dell’A. e che costui si trovava proprio il giorno dell’omicidio nelle zone di omissis ove era avvenuto il delitto. Si tratta di una motivazione adeguata e conforme allo stato delle investigazioni che ha, pertanto, esplicitato in che termini sia pur possibilistici vi potesse essere un collegamento tra delitto e terzo e che ha enucleato le ragioni in virtù delle quali si dovesse addivenire al prelievo disposto. Il ricorso non si confronta con questi dati e, attraverso una critica del provvedimento, per più versi generica e aspecifica si limita a confutare la ricostruzione operata, senza considerare che si versa al cospetto di un’ipotesi ricostruttiva ancora in corso di verifica. Per altro verso generico e privo di specificità, oltre che d’autosufficienza, risulta anche il rilievo relativo all’omessa utilizzazione per il confronto di altri campioni di cui l’ufficio di Procura disporrebbe e che sarebbero appartenenti all’A. stesso. Basta qui osservare che, a prescindere dalla utilizzabilità di campioni siffatti nel presente procedimento, il ricorrente non indica neppure di quali reperti si tratterebbe, affidando così la doglianza ad un rilievo di pura congettura e di tale aspecificità che candida la doglianza all’inammissibilità. Alla luce di quanto premesso il ricorso deve essere respinto. Segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.