Visita specialistica in carcere a proprie spese: è un diritto del detenuto

Censurata in Cassazione la decisione con cui un GIP del Tribunale di Roma aveva respinto la richiesta di un detenuto a vedere autorizzati due suoi medici ad accedere nell’istituto penitenziario per sottoporlo a una visita specialistica. Fondamentale il richiamo al diritto alla salute.

Sacrosanto il diritto alla salute anche per le persone ristrette in carcere. Impensabile, di conseguenza, mettere in discussione la richiesta avanzata da un detenuto per ottenere l’autorizzazione per due medici di sua fiducia ad accedere presso l’istituto penitenziario per sottoporlo ad una visita specialistica a sue spese Cassazione, sentenza n. 27499/2019, Sezione Quarta Penale, depositata il 20 giugno . Diritto. Riflettori puntati sulla decisione presa dal GIP del Tribunale di Roma, che ha respinto la domanda presentata da un detenuto, sottolineando la mancata allegazione delle ragioni a supporto della richiesta e osservando che la visita medica a spese del detenuto non può rappresentare una pretesa . Tale prospettiva, fortemente contestata dal legale dell’uomo costretto in carcere, viene censurata dalla Cassazione. Per i Giudici del ‘Palazzaccio’ stella polare umana e giuridica è il riconoscimento costituzionale del diritto alla salute come diritto fondamentale dell’individuo . Logica conseguenza è che i detenuti possono chiedere di essere visitati a proprie spese da un medico di fiducia, senza che ricorrano limiti o condizioni , se non, ovviamente, la necessità di cure a fronte di un accertamento sanitario sulle condizioni di salute della persona. Impossibile, quindi, checché ne dica il GIP romano, sindacare le ragioni della effettiva necessità della visita medica esterna , e impensabile, infine, stigmatizzare come ‘pretesa’ quello che costituisce un vero e proprio diritto, costituzionalmente garantito del detenuto.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 23 maggio – 20 giugno 2019, n. 27499 Presidente Dovere – Relatore Ranaldi Fatto e diritto 1. Con provvedimento del 12.3.2019 il GIP del Tribunale di Roma ha rigettato la domanda con la quale M.S. ha chiesto di ottenere l’autorizzazione per i medici O. e C. ad accedere presso l’istituto penitenziario ove si trova ristretto al fine di sottoporlo ad una visita specialistica. Il GIP ha motivato il diniego sul rilievo della mancata allegazione delle ragioni a supporto della richiesta e sul fatto che la visita medica a spese del detenuto non può rappresentare una pretesa . 2. Avverso l’esposto diniego ricorre per cassazione l’interessato, assistito dal difensore di fiducia, il quale, nel suo interesse, ne denuncia la illegittimità per violazione degli artt. 2 e 32 Cost., e art. 27 Cost., comma 3, L. n. 354 del 1975, art. 11, D.P.R. n. 230 del 2000, art. 17, comma 7. Con un unico motivo di doglianza, il ricorrente lamenta la grave ed evidente violazione di uno dei diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione il diritto alla salute. Osserva che la richiesta del detenuto di essere sottoposto ad una visita specialistica a suo spese rappresenta un diritto e non una pretesa. Lo stesso tenore dell’art. 11 O.P. non lascia adito ad alcun dubbio in ordine alla obbligatorietà che un detenuto sia sottoposto a visita medica. 3. Il ricorso è fondato. Pronunciandosi in un caso analogo a quello in esame la Corte di cassazione cfr. Sez. 1, n. 58489 del 10/10/2018, Monterisi, n. m. ha già avuto modo, condivisibilmente, di osservare che la norma contenuta nella L. n. 354 del 1975, art. 11, comma 12, nella vigente formulazione introdotta dal D.Lgs. n. 123 del 2018, art. 1 trova il suo sostegno più importante nel riconoscimento costituzionale del diritto alla salute come diritto fondamentale dell’individuo ed in questa prospettiva giuridica deve essere letta ed interpretata. Si evince dal dettato letterale di tale disciplina che i detenuti e gli internati possono chiedere di essere visitati a proprie spese da un medico di fiducia senza che ricorrano limiti o condizioni, se non la necessità di curarsi, necessità che presuppone l’accertamento sanitario delle proprie condizioni. Soltanto ed esclusivamente per gli imputati, ovverosia per i detenuti per i quali pende il processo, la norma richiede l’autorizzazione del giudice che procede peraltro soltanto fino alla sentenza di primo grado e questo all’evidente finalità non già di sindacare in qualche modo l’iniziativa individuale di sottoporsi a visita e cura, ma all’esclusivo fine di delibare e quindi motivare se l’iniziativa dell’imputato possa in qualche modo avere incidenza negativa sugli accertamenti processuali in corso. Ne consegue che il provvedimento impugnato viola la normativa di riferimento là dove opina l’esigenza di sindacare le ragioni della effettiva necessità della visita medica esterna e là dove stigmatizza come pretesa quello che costituisce un vero e proprio diritto del richiedente, costituzionalmente garantito. 4. Da quanto sopra consegue l’annullamento del provvedimento impugnato con rinvio al GIP del Tribunale di Roma per nuovo esame. P.Q.M . Annulla il provvedimento impugnato con rinvio al GIP del Tribunale di Roma per nuovo esame.