Condizioni psico-fisiche e dinamica dell’incidente inchiodano l’automobilista: condannato

Confermata la responsabilità per avere guidato sotto l’influenza dell’alcool. Decisivo non solo il risultato del test alcolemico, ma anche le precarie condizioni del conducente, che presentava alito fortemente vinoso, voce impastata, occhi lucidi, tremore, difficoltà di espressione verbale, stato confusionale. Significativo, infine, il fatto che egli abbia sterzato a sinistra, anziché a destra, in presenza di una rotatoria.

Nebbia e manto stradale bagnato dalla pioggia, da un lato, e alcuni psicofarmaci e un caffè ‘corretto’ non possono ‘depotenziare’ l’esito inequivocabile dell’etilometro. Definitiva, perciò, la condanna dell’automobilista, protagonista di un incidente e colto a guidare in evidente stato di ebbrezza Cassazione, sentenza n. 26572/19, sez. IV Penale, depositata il 17 giugno . Incidente. Valutazioni e decisioni comuni per i Giudici di primo e di secondo grado legittima la condanna per l’automobilista, che ha guidato sotto l’influenza dell’alcool – come certificato dall’etilometro – e si è reso ‘protagonista’ anche di un incidente stradale. In terzo grado, però, il legale fornisce una lettura diversa dell’episodio, provando a ridimensionare la condotta tenuta dal suo cliente. A questo proposito, egli sostiene che l’incidente è stato cagionato dalla nebbia e dal manto stradale bagnato dalla pioggia , non rilevando, a suo dire, le condizioni psico-fisiche dell’automobilista, e aggiunge che, comunque, l’esito del test alcolemico è stato falsato dagli effetti di alcuni psicofarmaci, assunti dall’uomo poco prima dell’accertamento, unitamente a un caffè ‘corretto’ . In sostanza, secondo il legale il suo cliente è vittima di un falso positivo . E in questa ottica spiega ai giudici che il tremore, le difficoltà di espressione verbale e lo stato confusionale registrati dagli agenti in occasione del controllo sono ascrivibili solamente all’agitazione cagionata dal sinistro . Condizioni. L’intero castello difensivo viene però demolito dalla decisione della Cassazione. Per i giudici del ‘Palazzaccio’, difatti, sono assolutamente corrette le valutazioni compiute in primo e in secondo grado, alla luce delle condizioni psico-fisiche dell’automobilista in occasione del controllo stradale e tenendo conto della dinamica dell’incidente. Da un lato, viene evidenziato che lo stato di alterazione dovuto ad abuso di sostanze alcoliche era desumibile non solo dalle risultanze del test alcolimetrico ma anche da elementi sintomatici quali alito fortemente vinoso, voce impastata, occhi lucidi, tremore, difficoltà di espressione verbale, stato confusionale . Dall’altro lato, per i giudici la dinamica del sinistro consente di affermare che le percezioni sensoriali dell’automobilista erano alterate a causa dello stato di ebbrezza in cui egli versava a questo proposito, viene evidenziato che egli aveva sterzato a sinistra, anziché a destra, in presenza di una rotatoria . Per chiudere il cerchio, infine, viene anche chiarito che il tasso alcolemico era troppo elevato per poter concludere che l’automobilista avesse bevuto soltanto un caffè ‘corretto’ , mentre l’assunzione degli psicofarmaci, dedotti dalla difesa, non è emersa in alcun modo , concludono i giudici della Cassazione.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 15 marzo – 17 giugno 2019, n. 26572 Presidente Piccialli – Relatore Di Salvo Ritenuto in fatto e considerato in diritto 1.G.P. ricorre per cassazione avverso la sentenza in epigrafe indicata, con la quale è stata confermata la pronuncia di condanna emessa in primo grado, in ordine al reato di cui all’art. 186 C.d.S 2. il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione, poiché erroneamente è stata ravvisata la responsabilità dell’imputato in ordine al sinistro nonostante l’incidente sia stato cagionato dalla nebbia e dal manto stradale bagnato dalla pioggia, senza alcuna incidenza delle condizioni psicofisiche dell’imputato. L’esito del test alcolemico è stato falsato dagli effetti di alcuni farmaci Rivotril e Tavor assunti, come comprovato dai certificati medici, poco prima dell’accertamento, unitamente a un caffè corretto, dall’imputato, che è stato anche ricoverato per seri problemi di agitazione psicomotoria e depressione. Non sussiste dunque lo stato di ebbrezza, trattandosi di un falso positivo. Il tremore, le difficoltà di espressione verbale e lo stato confusionale sono ascrivibili solamente all’agitazione cagionata dal sinistro. Dunque non sussiste neanche l’aggravante di cui all’art. 186 C.d.S., comma 2-bis. 2.1. Ingiustificatamente non sono state concesse le circostanze attenuanti generiche, essendo irrilevanti i precedenti penali dell’imputato in ordine all’accaduto e non essendovi alcuna reiterazione dei medesimi reati già commessi in precedenza. 3. Le doglianze formulate con il primo motivo di ricorso esulano dal novero delle censure deducibili in sede di legittimità, investendo profili di valutazione della prova e di ricostruzione del fatto riservati alla cognizione del giudice di merito, le cui determinazioni, al riguardo, sono insindacabili in cassazione ove siano sorrette da motivazione congrua, esauriente ed idonea a dar conto dell’iter logico-giuridico seguito dal giudicante e delle ragioni del decisum. Nel caso di specie, il giudice a quo ha evidenziato che lo stato di alterazione dovuto ad abuso di sostanze alcoliche era desumibile, oltre che dalle risultanze del test alcolimetrico, da elementi sintomatici alito fortemente vinoso, voce impastata, occhi lucidi, tremore, difficoltà di espressione verbale, stato confusionale . Anche la dinamica del sinistro - aggiunge il giudice a quo - consente di affermare che le percezione sensoriali del G. erano alterate a causa dello stato di ebbrezza in cui egli versava, avendo l’imputato, in presenza di una rotatoria, sterzato a sinistra anziché a destra. D’altronde il tasso alcolemico rilevato era troppo elevato per poter concludere che il G. avesse bevuto soltanto un caffè corretto, mentre l’assunzione degli psicofarmaci dedotti dalla difesa non era emersa in alcun modo. Dalle cadenze motivazionali della sentenza d’appello è dunque enucleabile una ricostruzione dei fatti precisa e circostanziata, avendo i giudici di secondo grado preso in esame tutte le deduzioni difensive ed essendo pervenuti alle loro conclusioni attraverso una disamina completa ed approfondita delle risultanze processuali, in nessun modo censurabile, sotto il profilo della razionalità, e sulla base di apprezzamenti di fatto non qualificabili in termini di contraddittorietà o di manifesta illogicità e perciò insindacabili in questa sede, Esula d’altronde dai poteri della Corte di cassazione quello di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa - e, per il ricorrente, più adeguata - valutazione delle risultanze processuali Sez. U., 30-4-1997, Dessimone, Rv. 207941 Sez. U., 27-9-1995, Mannino, Rv. 202903 . 3.1. Analoghe considerazioni ineriscono al secondo motivo di ricorso. Invero, le determinazioni del giudice di merito in ordine al trattamento sanzionatorio sono insindacabili in cassazione ove siano sorrette da motivazione esente da vizi logico-giuridici. Nel caso di specie, la motivazione della sentenza impugnata è senz’altro da ritenersi adeguata, avendo la Corte territoriale fatto riferimento ai precedenti penali, di cui uno specifico, da cui è gravato l’imputato. 4. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila, determinata secondo equità, in favore della Cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle ammende.