Evade dagli arresti domiciliari: non può applicarsi la misura della custodia cautelare in carcere

Non è consentita l’applicazione della misura della custodia cautelare in carcere in caso di evasione non aggravata dagli arresti domiciliari, poiché tale reato è punito con una pena inferiore al limite fissato dall’art. 275, comma 2-bis, c.p.p. tre anni .

Così si pronuncia la Corte di Cassazione con la sentenza n. 26266/19, depositata il 13 giugno. Il fatto. Il Tribunale di Palermo accoglieva l’istanza dell’imputato proposta contro l’ordinanza emessa dal Tribunale di Trapani, la quale gli applicava la misura della custodia cautelare in carcere poiché egli, mentre si trovava agli arresti domiciliari, evadeva, rendendosi, così, irreperibile. L’accoglimento dell’istanza da parte del Tribunale si fondava sul fatto che la misura della custodia cautelare in carcere non può essere disposta in relazione al reato di cui all’art. 385, comma 1, c.p., non aggravato, reato per il quale è prevista una pena edittale massima pari a 3 anni. Avverso la suddetta ordinanza, il Procuratore della Repubblica propone ricorso per cassazione, sostenendo che la mancata applicazione della misura citata confligge con la giurisprudenza della Corte di Cassazione, che afferma l’indipendenza tra le misure cautelari. La custodia cautelare in carcere e il limite indicato dal comma 2-bis dell’art. 275 c.p.p La Suprema Corte dichiara il ricorso infondato, richiamando le stesse argomentazioni oggetto della pronuncia del Tribunale di Palermo, secondo la quale non è consentita l’applicazione della custodia cautelare in carcere per il reato di evasione dagli arresti domiciliari che non sia aggravato , perchè questo è punito con una pena inferiore al limite di tre anni, ex art. 275, comma 2- bis , c.p.p Nell’affermare ciò, gli Ermellini richiamano i principi già affermati dalla giurisprudenza di legittimità, in base ai quali l’evasione dagli arresti domiciliari rileva sotto due profili, relativi a distinti procedimenti la violazione della originaria misura coercitiva e la commissione del delitto di evasione, per il quale è consentito l’arresto anche fuori dai casi di flagranza ma non l’applicazione della custodia in carcere, poiché in questi casi è ammessa l’applicazione di una misura coercitiva in deroga ai limiti di pena previsti dagli artt. 274, comma 1, lett. c e 280 c.p.p., ma non alla norma generale di cui all’art. 275, comma 2- bis , c.p.p Nonostante quest’ultima non costituisca una norma di diritto penale sostanziale, infatti, l’applicazione della misura anzidetta comporterebbe una deroga in malam partem alle limitazioni tassative che possono porsi alla libertà personale ex art. 13, comma 2, Cost. e 272 c.p.p. . Per questo motivo, la Corte di Cassazione respinge il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 28 marzo – 13 giugno 2019, n. 26266 Presidente Petruzzellis – Relatore Costanzo Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza n. 48/29 del 27/01/2019 il Tribunale di Palermo - sezione per il riesame, ha accolto l’istanza presentata dal difensore di S.N. contro l’ordinanza con cui il 10/01/2019 il Tribunale di Trapani gli aveva applicato la custodia cautelare in carcere per il reato ex art. 385 c.p., perché, mentre era sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari presso la omissis con l’autorizzazione a recarsi senza scorta il 9/01/2019 a presenziare a un udienza penale, era evaso rendendosi irreperibile. Il Tribunale ha considerato che, ex art. 275 c.p.p., comma 2 bis, la misura della custodia cautelare in carcere non può disporsi in relazione al reato di evasione ex art. 385 c.p., comma 1, non aggravato, per il quale è prevista una pena edittale massima di tre anni per altro verso, ha disposto la trasmissione degli atti al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Trapani competente per l’aggravamento della misura cautelare. 2. Nel ricorso del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Palermo si chiede l’annullamento dell’ordinanza deducendo errore e illogicità manifesti assumendo che non applicare la misura cautelare nei confronti dell’imputato per il delitto di evasione non aggravato, sostenendo che le esigenze cautelari connesse al delitto di evasione debbono essere fronteggiate nell’alveo del procedimento originario, confliggerebbe con giurisprudenza della Corte di cassazione che afferma l’indipendenza tra le misure cautelari. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato perché in sede di convalida dell’arresto per il reato di evasione dagli arresti domiciliari - che non sia aggravato ex art. 385 c.p., comma 2, - non è consentita l’applicazione della custodia cautelare in carcere perché tale reato è punito con pena inferiore al limite di cui all’art. 275 c.p.p., comma 2 bis, Sez. 6, n. 18856 del 15/03/2018, Rv. 273248 Sez. 6, n. 16857 del 06/02/2018, Rv. 272917 Sez. 6, n. 32498 del 05/07/2016, Rv. 267985 Sez. 6, n. 31583 del 23/06/2016, Rv. 267681 . Pertanto, correttamente il Tribunale ha considerato il limite all’applicazione della misura coercitiva della custodia cautelare in carcere previsto dall’art. 275 c.p.p., comma 2 bis, secondo periodo, disponendo, tuttavia, la trasmissione degli atti al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Trapani competente per l’aggravamento della misura cautelare, che può essere disposto d’ufficio Sez. 5, n. 489 del 02/07/2014, dep. 2015, Rv. 262209 e per il quale non è necessario un previo interrogatorio di garanzia Sez. 1, n. 47931 del 05/10/2016, Rv. 269188 . Infatti, sebbene per il delitto di evasione la pena non possa superare tre anni, operano - ma al di fuori dell’udienza di convalida dell’arresto e solo relativamente alla misura disposta in aggravamento di quella originaria e non alla originaria misura per il delitto di evasione - la deroga automatica ex art. 276 c.p.p., comma 1 ter, se ricorre un fatto di minimale rilievo, e quella facoltativa ex art. 280 c.p.p., comma 3, Sez. 2, n. 46874 del 14/07/2016, Rv. 268143 . In altri termini l’evasione dagli arresti domiciliari rileva sotto due distinti profili, pertinenti a separati procedimenti Sez. 6, n. 40994 dell’1/1/2015, Rv. 265609 a la violazione della originaria misura coercitiva, che impone ai rivalutare la sua adeguatezza rispetto alle esigenze cautelari che ne hanno imposto l’applicazione b la commissione del delitto di evasione, per il quale, anche fuori dai casi di flagranza L. 12 luglio 1991, n. 203, ex art. 3, è consentito l’arresto, ma non l’applicazione della custodia in carcere l’art. 391 c.p.p., comma 5, non consente di superare i limiti di applicabilità della custodia cautelare in carcere posti dall’art. 275 c.p.p., comma 2 bis, perché in relazione ai delitti come l’evasione per i quali l’arresto è consentito anche fuori dai casi di flagranza ammette l’applicazione di una misura coercitiva in deroga ai limiti di pena previsti dall’art. 274 c.p.p., comma 1, lett. c , e art. 280 c.p.p., ma non alla norma generale di cui all’art. 275 c.p.p., comma 2 bis né può interpretarsi in via analogica o estensiva, perché, pur non essendo norma di diritto penale sostanziale, deroga in malam partem alle limitazioni tassative che possono porsi alla libertà personale ex art. 13 Cost., comma 2, e art. 272 c.p.p. Sez. 6, n. 32498 del 5/07/2016, Rv. 267985 Sez. 6, n. 31583 del 23/06/2016, Rv. 267681 . 2. Dal rigetto del ricorso deriva ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso.