L’eccessiva velocità da parte dell’altro utente della strada è sempre prevedibile

Conseguentemente, non risulta, per ciò solo, configurabile l’interruzione del nesso di causalità tra condotta ed evento.

Lo ha stabilito la Quarta Sezione Penale della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 25143, depositata in cancelleria il 6 giugno 2019. Il caso. L’imputato veniva tratto a giudizio per il reato di omicidio stradale di cui all’art. 589- bis, commi 1 e 7, c.p., per aver, per colpa generica e colpa specifica, in violazione dell’art. 154, comma 1, c.d.s., cagionato la morte di un centauro che veniva travolto in occasione di una manovra di inversione del senso di marcia, effettuata senza essersi assicurato di non creare pericolo e senza aver segnalato con anticipo la sua intenzione. In sede di gravame, la Corte confermava la sentenza di condanna di primo grado. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per Cassazione l’imputato, deducendo 1 la mancata applicazione del principio dell’affidamento in favore dell’imputato, il quale, confidando, appunto, sulla conformità dell’altrui comportamento alle regole di diligenza, prudenza e perizia, non avrebbe potuto prevedere l’evento, visto che il motociclo viaggiava a una velocità superiore al doppio di quella consentita 2 l’interruzione del nesso di causalità fra la condotta e l’evento, dovuta sia al comportamento gravemente imprudente tenuto dalla persona offesa - a causa della velocità eccessiva e del mancato uso corretto del casco - sia alla negligenza con la quale sarebbero stati prestati i soccorsi, per essere giunti sul luogo del sinistro con grave ritardo. Con memoria depositata in cancelleria prima della celebrazione dell’udienza, il ricorrente ha richiamato la parziale illegittimità dell’art. 222 c.d.s., nella parte in cui prevede la revoca automatica della patente di guida, dichiarata dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 88/2019. Causa sopravvenuta. La Suprema Corte ha ritenuto i motivi di gravame manifestamente infondati. Secondo la Sezione, che richiama altri propri precedenti, può ritenersi sopravvenuta solo quella causa che, nel connotarsi per assoluta anomalia ed eccezionalità, risulti imprevedibile anche in astratto, tanto da sottrarsi al governo da parte dell’agente. Poiché la velocità inadeguata ma anche il mancato uso corretto del casco costituisce un comportamento tipico, sebbene adottato in violazione delle norme del codice della strada, essa risulta sempre prevedibile da colui che debba effettuare una manovra di inversione di marcia, al fine di evitare che si vengano a creare situazioni pericolose. Il principio di affidamento, in tema di circolazione stradale, trova un temperamento nell’opposto principio secondo il quale l’utente è responsabile anche del prevedibile comportamento scorretto altrui. Il ricorso è stato, quindi, dichiarato inammissibile. La sentenza impugnata, peraltro, ha disposto la sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida, ai sensi dell’art. 222, comma 2, c.d.s. come modificato dalla L. 41/2016. Tale novella, tuttavia, è stata dichiarata costituzionalmente illegittima dalla Consulta, con la recente sentenza n. 88/2019, nella parte in cui, quando non ricorrano le circostanze aggravanti della guida in stato di ebbrezza o di alterazione da sostanze stupefacenti art. 589- bis , commi 2 e 3, c.p. , non prevede che il giudice possa disporre, in alternativa alla revoca, la sospensione della patente. Conseguentemente, non essendo più previsto alcun automatismo, la sentenza è stata annullata in parte qua, con rinvio alla Corte territoriale per un nuovo esame, al fine di valutare la sanzione accessoria da applicare nel caso di specie.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 20 marzo 6 giugno 2019, n. 25143 Presidente Menichetti – Relatore Nardin Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 29 marzo 2018 la Corte d’Appello di Genova ha confermato la sentenza del Tribunale di Savona con la quale C.A.D. è stato ritenuto colpevole del reato di cui all’art. 589 bis c.p., comma 1 7 e condannato alla pena ritenuta di giustizia per avere per imprudenza, negligenza ed imperizia, in violazione delle norme sulla circolazione stradale ed in particolare dell’art. 154 C.d.S., comma 1 e 8, cagionato la morte di P.D. , che alla guida del suo motociclo percorreva regolarmente la strada nella stessa corsia di marcia impegnata dall’autovettura condotta dall’imputato, travolgendolo nel corso di una manovra di inversione, intrapresa dopo aver sostato per qualche istante al bordo della carreggiata, senza previamente assicurarsi di potere eseguire la manovra senza creare intralcio o pericolo e senza segnalare, con sufficiente anticipo la propria intenzione agli altri utenti della strada. 2. Avverso la sentenza propone ricorso C.A.D. , a mezzo del suo difensore, formulano tre motivi. 3. Con il primo fa valere la violazione di legge in relazione agli artt. 3, 27 e 54 Cost., per non avere la Corte territoriale tenuto in considerazione il principio dell’affidamento che regola le attività pericolose svolte da una pluralità di persone e che consente a ciascuno di confidare nella conformità dell’altrui comportamento alle regole di diligenza, di prudenza e perizia. Sostiene che il principio espresso all’art. 27 Cost., comma 1, sulla personalità della responsabilità penale, implica il riconoscimento concreto del principio di affidamento, con la conseguenza che l’assenza di effettive indagini in merito alla prevedibilità dell’altrui negligenza, non consente di muovere alcun rimprovero al soggetto agente. Mentre, da un lato, l’art. 54 Cost., comma 1, legittima l’aspettativa del rispetto delle regole cautelar’ da parte di tutti coloro che svolgano attività rischiose, dall’altro, l’art. 3 Cost., garantisce l’aspettativa di ciascun cittadino rispetto all’osservanza delle prescrizioni di legge da parte degli altri consociati. Rileva che i giudici di merito di primo e secondo grado non hanno approfondito la concreta prevedibilità dell’evento da parte dell’imputato, nonostante le consulenze tecniche della difesa e del pubblico ministero abbiano accertato che il motociclo condotto dalla persona offesa viaggiava ad una velocità superiore al doppio di quella consentita su strada urbana. 4. Con il secondo motivo si duole dell’erronea applicazione della norma extrapenale di cui all’art. 154 C.d.S., e dell’illogicità della motivazione in merito alla ricostruzione dei fatti. Sotto il primo profilo osserva che la correttezza della manovra posta in essere dall’imputato è stata esclusa dalla Corte territoriale non sulla base della ricostruzione dei fatti, che l’avrebbe invece accertata, ma in base ad una supposizione del Collegio, secondo la quale sarebbe impossibile ritenere la veridicità dell’affermazione dell’imputato sulla posizione di partenza dell’autovettura, con la parte posteriore quasi a contatto del cancello carraio, e quindi già quasi perpendicolarmente alla via principale, perché una simile posizione poteva essere raggiunta solo con una manovra di retromarcia, il che era impossibile secondo la comune esperienza. Assume che escludere che la posizione dell’auto prima della manovra fosse quella riferita dal ricorrente, sulla base del mero riferimento alla comune esperienza, così giungendo ad affermare la violazione dell’art. 154 C.d.S., senza idonea motivazione, costituisce grave vizio di motivazione. 5. Con il terzo motivo censura la sentenza impugnata per avere omesso di motivare sull’accertamento del nesso di causalità fra la condotta dell’imputato e l’evento morte, anche avuto riguardo alla tesi difensiva in ordine all’interruzione del collegamento causale determinato dall’eccessiva velocità tenuta dal motociclista, dal mancato corretto utilizzo del casco, slacciatosi a causa dell’urto, dal grave ritardo nell’arrivo dei soccorsi. La Corte territoriale, invece, si è limitata ad affermare che se l’imputato avesse controllato la carreggiata, prima di procedere alla manovra, il sinistro non sarebbe avvenuto, in assenza di ogni vaglio sulla concretizzazione del rischio che la disposizione violata art. 154 C.d.S. mirava a prevenire. Sostiene il difetto dell’elemento soggettivo, difettando l’evitabilità dell’evento. Ed infine, afferma che il rispetto delle norme di diligenza da parte della persona offesa allacciarsi il caso e da parte dei soccorritori non giunti tempestivamente, avrebbe evitato comunque il grave esito del sinistro. Conclude per l’annullamento. 6. Con memoria depositata in Cancelleria il ricorrente richiama la notizia di decisione della sentenza della Corte Costituzionale n. 88/2019 con cui è stata dichiarata la parziale illegittimità dell’art. 222 C.d.S., nella parte in cui prevede la revoca automatica della patente di guida nei casi di condanna per omicidio o lesioni non aggravati dallo stato di ebbrezza o da alterazione da stupefacenti, ricadendo sul giudice del merito l’onere di valutare caso per caso quale sanziona amministrativa accessoria applicare. Considerato in diritto 1. Le doglianze si concentrano su due diversi aspetti, l’uno riguarda l’asserita mancata applicazione del principio dell’affidamento, in favore dell’imputato, l’altro, l’interruzione del nesso di causalità che si assume intervenuta per il comportamento gravemente imprudente tenuto dalla persona offesa e per la negligenza con la quale sono stati prestati i soccorsi, giunti intempestivamente sul luogo del sinistro. 2. Non è discusso, in questa sede, che l’inversione di marcia abbia causato il sinistro, essendo pacifico in causa che l’urto sia avvenuto fra il motociclista e l’auto condotta dall’imputato, mentre questi effettuava la manovra, ciò che si discute, invece, è che il comportamento della persona offesa, in quanto gravemente imprudente, abbia integrato una causa di per sé sola idonea a causare l’evento. Secondo la lettura, assolutamente uniforme, della giurisprudenza di questa sezione È configurabile l’interruzione del nesso causale tra condotta ed evento quando la causa sopravvenuta innesca un rischio nuovo e incommensurabile, del tutto incongruo rispetto al rischio originario attivato dalla prima condotta Sez. 4, Sentenza n. 3312 del 02/12/2016 Ud. dep. 23/01/2017 Rv. 269001 cfr. ex multis Sez. 2, Sentenza n. 17804 del 18/03/2015 Ud. dep. 29/04/2015 Rv. 263581 Sez. 4, Sentenza n. 25689 del 03/05/2016 Ud. dep. 21/06/2016 Rv. 267374 Sez. 4, Sentenza n. 53541 del 26/10/2017 Ud. dep. 27/11/2017 Rv. 271846 . Sicché deve ritenersi causa sopravvenuta solo quella che si connota per assoluta anomalia ed eccezionalità, tanto da risultare imprevedibile anche in astratto per l’agente, rispetto al cui governo, conseguentemente, si sottrae. Ora, una velocità inadeguata ai luoghi o il mancato corretto utilizzo del casco non costituiscono certamente fattori imprevedibili, trattandosi non di comportamenti atipici, ma di comportamenti tipici, seppure adottati in violazione delle norme sulla circolazione stradale. La tipicità della violazione dell’altro utente della strada, rende sempre prevedibile il suo comportamento. Ed anzi, alcuni degli obblighi previsti dalla normativa destinata a regolare l’attività di per sé rischiosa della circolazione stradale, hanno quale scopo non solo quello di assicurare un ordinato traffico dei veicoli e dei pedoni, ma anche quello di evitare che la violazione da parte di alcuni soggetti di disposizioni che dovrebbero regolare la loro marcia, crei situazioni pericolose, evitabili con la prudente osservanza delle regole da parte degli altri utenti. L’eccessiva velocità di un veicolo, per di più su una strada rettilinea, come quella ove si è verificato il sinistro, rientra proprio fra quel tipo di violazioni che possono essere previste da colui che deve effettuare un’inversione di marcia. Manovra questa che di per sé comporta un rischio maggiore della prosecuzione della marcia nella direzione, perché implica sempre l’attraversamento perpendicolare della carreggiata impegnata, e quindi la necessità della strada sgombra da due parti per un tempo che non può essere istantaneo e neppure brevissimo. Ecco che, allora, l’adempimento ai doveri previsti dall’art. 154 C.d.S., per intraprendere la manovra consistenti nell’assicurarsi di poterla effettuare senza creare pericolo o intralcio agli altri utenti della strada, tenendo conto della posizione, distanza, direzione di essi e nel segnalare con anticipo sufficiente la propria intenzione dovrà essere per cosi dire calibrato” sul tempo necessario a portarla a compimento, tenendo conto anche delle possibili violazioni delle norme precauzionali da parte di terzi. 3. Contrariamente a quanto assunto dal ricorrente, dunque, la sentenza affronta la questione della prevedibilità dell’evento in modo coerente con il contenuto del c.d. principio di affidamento come maturato in ambito di circolazione stradale, ove, l’esclusione o la limitazione di responsabilità in ordine alle conseguenze delle altrui condotte prevedibili o, in altri termini, il poter contare sulla correttezza del comportamento di altri, riduce i suoi margini in ragione della diffusività del pericolo, che impone un corrispondente ampliamento della responsabilità in relazione alla prevedibilità del comportamento scorretto od irresponsabile di altri agenti. Ed invero, In tema di circolazione stradale, il principio dell’affidamento trova un temperamento nell’opposto principio secondo il quale l’utente della strada è responsabile anche del comportamento imprudente altrui purché questo rientri nel limite della prevedibilità. anche qui ex multis Sez. 4, n. 5691 del 02/02/2016, Tettamanti, Rv. 265981 Sez. 4, n. 27513 del 10/05/2017, Mulas, Rv. 269997 . 4. I motivi di gravame formulati con il ricorso sono, dunque, manifestamente infondati. 5. Nondimeno, con la sentenza impugnata si dispone la revoca della patente di guida, in forza dell’art. 222 C.d.S., comma 2, nella formulazione dichiarata costituzionalmente illegittima con sentenza n. 88/2019 della Corte Costituzionale nella parte in cui, al quarto periodo, non prevede che in caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti ex art. 444 c.p.p. per i reati di cu agli artt. 589 bis e 590 bis c.p., che il giudice possa disporre, in alternativa alla revoca della patente di guida, la sospensione della medesima ai sensi del secondo e terzo periodo dello stesso art. 222, comma 2, quando non ricorrano le circostanze previste dall’artt. 589 bis e 590 bis c.p., commi 2 e 3. Nel caso in esame, dunque, non vertendosi in una di queste ultime ipotesi, e non essendo più previsto alcun automatismo, la sentenza deve essere annullata sul punto, con rinvio alla Corte di appello di Genova al fine di consentire l’opportuna valutazione sulla sanzione amministrativa da applicare. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla sanzione amministrativa della revoca della patente di guida e rinvia per nuovo esame sul punto alla Corte di appello di Genova. Dichiara inammissibile il ricorso nel resto.