Continuazione tra reati e tossicodipendenza dell’imputato

Ai fini del giudizio sulla sussistenza della continuazione tra reati, il giudice non può tralasciare la condizione di tossicodipendente dell’imputato, debitamente documentata in giudizio.

Così si esprime la Corte di Cassazione con la sentenza n. 25205/19, depositata il 6 giugno. La vicenda. Il GIP presso il Tribunale di Messina, nelle vesti di giudice dell’esecuzione, respingeva la richiesta di riconoscimento della continuazione tra reati avanzata dall’imputato, ritenuto colpevole per i reati di cui all’art. 73, T.U. sugli stupefacenti. Avverso tale decisione, l’imputato propone ricorso per cassazione, denunciando il difetto di motivazione della pronuncia nella parte in cui il Giudice ha omesso di considerare la sua condizione di tossicodipendenza documentata ai fini del giudizio sulla sussistenza del vincolo di continuazione. La condizione di tossicodipendenza ai fini del giudizio sulla continuazione fra reati. La Suprema Corte dichiara fondato il ricorso, confermando la carenza di motivazione lamentata dal ricorrente. Il provvedimento impugnato, infatti, non aveva considerato la condizione di tossicodipendenza dell’imputato ai fini della decisione, nonostante la stessa costituisca uno tra gli indici da tenere in considerazione ai fini della sussistenza di un unico disegno criminoso, ex art. 671, comma 1, c.p.p La Corte rileva, inoltre, che la condizione di tossicodipendenza era stata debitamente documentata dall’imputato in sede di giudizio. Dunque, comportando il giudizio sulla sussistenza della continuazione tra reati una valutazione complessiva dei dati oggettivi e soggettivi desumibili dalle sentenze di merito, avendo il GIP tralasciato uno degli elementi normativamente indicati, la Corte di Cassazione non può fare altro che annullare l’ordinanza impugnata e rinviare gli atti al GIP per un nuovo esame.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 26 marzo – 6 giugno 2019, n. 25205 Presidente Mazzei – Relatore Bianchi Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza depositata in data 1.8.2018 il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Messina, quale giudice dell’esecuzione, ha respinto la richiesta presentata da C.M. , ed avente ad oggetto il riconoscimento della continuazione fra i reati di cui alle sentenze pronunciate, in data 10.6.2011, dalla Corte di appello di Catania e, in data 10.2.2011, dal giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Messina. L’ordinanza ha osservato che le sentenze di condanna erano relative a reati di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 commessi, rispettivamente, in omissis e in omissis non era ravvisabile un comune disegno criminoso in ragione della distanza spazio-temporale, della diversa tipologia di sostanza stupefacente, del concorso con diversi soggetti, del diverso dato ponderale nei due reati. 2. Il difensore di C.M. ha presentato ricorso per cassazione, denunciando difetto di motivazione, sul rilievo della omessa considerazione della condizione di tossicodipendenza, documentata. 3. Il Procuratore generale ha chiesto la dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Considerato in diritto Il ricorso è fondato e va pronunciato annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame al giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Messina. 1. Sussiste la carenza motivazionale denunciata dal ricorrente. L’ordinanza impugnata, a fronte della istanza del condannato che aveva evidenziato la condizione di tossicodipendenza all’epoca di commissione dei reati, ha pretermesso la considerazione del menzionato dato, che, a norma dell’art. 671 c.p.p., costituisce un indice da considerare nel giudizio circa la sussistenza di un unico disegno criminoso comune ai reati commessi da persona tossicodipendente. Si deve precisare che il ricorrente ha documentato l’allegata tossicodipendenza e la certificazione attestante i suoi contatti con strutture pubbliche e private dedite alla cura e al recupero di persone tossicodipendenti. Il giudice dell’esecuzione ha fondato il giudizio negativo sull’esame di elementi attinenti ai fatti tempo, luogo, oggetto, concorrenti , senza confrontarsi con l’ulteriore dato della condizione di tossicodipendenza, allegato dalla parte, e, per disposto normativo, elemento da considerare ai fini della continuazione. L’ordinanza di rigetto che ometta di considerare la prospettata condizione di tossicodipendenza risulta, dunque, carente di motivazione rispetto ad un indice normativamente previsto dall’art. 671 c.p.p., comma 1, ultimo periodo. Invero, la disposizione normativa in rilievo Fra gli elementi che incidono sull’applicazione della disciplina del reato continuato vi è la consumazione di più reati in relazione allo stato di tossicodipendenza vincola il giudice a prendere in esame lo stato di tossicodipendenza all’epoca dei reati, che sia stato allegato dall’istante e risulti provato Sez. 1, 28.6.2016, n. 31243 Sez. 1, 4.4.2014, Flammini, Rv. 259192 . Fermo restando che il giudizio sulla sussistenza della continuazione fra i reati postula una valutazione complessiva dei dati oggettivi e soggettivi desumibili dalle sentenze di merito, sicché anche lo stato di tossicodipendenza va considerato in una lettura globale dei dati disponibili nella prospettiva di verifica della ricorrenza o meno di una deliberazione criminosa unica di plurime violazioni. 2. Va dunque pronunciato l’annullamento dell’ordinanza impugnata, con rinvio al giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Messina perché, in diversa composizione Corte costituzionale, 9.7.2013, n. 183 , provveda a nuovo esame. Il giudice del rinvio è tenuto a prendere in considerazione l’allegazione della difesa circa lo stato di tossicodipendenza dell’istante all’epoca dei reati, verificarne la sussistenza e, in caso di verifica positiva, considerarne la eventuale rilevanza nella complessiva considerazione dei dati oggettivi e soggettivi desumibili dalle sentenze di merito in funzione del giudizio sulla sussistenza, o meno, della richiesta continuazione. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Messina - giudice per le indagini preliminari.