Si allontana dal veicolo per recarsi al bar: può definirsi conducente?

Il rifiuto di sottoporsi agli accertamenti tossicologici ex art. 187 c.d.s. si configura anche in relazione a chi si allontana temporaneamente dal proprio veicolo, per esigenze personali, per poi tornare nuovamente alla guida, poiché anche in tal caso può parlarsi di conducente.

Questa la decisione della Corte di Cassazione n. 24914/19, depositata il 5 giugno. I fatti. La Corte d’Appello di Firenze confermava la decisione emessa dal Giudice di primo grado che condannava l’imputato per il reato di cui all’art. 187, comma 8, c.d.s., per essersi egli rifiutato di sottoporsi agli accertamenti utili a determinare il suo stato di alterazione psico-fisica derivante dall’assunzione di sostanze stupefacenti. Avverso tale decisione, propone ricorso per cassazione l’imputato, deducendo l’abnormità della pronuncia adottata in vista dell’assenza del carattere univoco dei sintomi manifestati, dato che la richiesta di sottoporsi agli accertamenti del caso arrivava dopo il rinvenimento di sostanze stupefacenti nella sua disponibilità. Inoltre, il ricorrente contesta la decisione del Giudice poiché, al momento della citata richiesta, egli non si trovava alla guida di un veicolo, bensì all’interno di un bar. La nozione giuridica di conducente. La Suprema Corte dichiara il ricorso inammissibile. Quanto alla richiesta di espletamento degli accertamenti tossicologici, gli Ermellini osservano che per gli accertamenti non invasivi non vi è la necessità che il soggetto presenti una serie di sintomi univoci da cui evincere il suo stato di alterazione psico-fisica, poiché tale sintomatologia è richiesta solo per procedere al prelievo di un campione biologico presso una struttura sanitaria. Per quanto riguarda, invece, l’affermazione del ricorrente secondo cui il richiesto debba trovarsi alla guida di un veicolo, la Corte chiarisce che il termine conducente sta sì ad indicare un’attività di guida in atto ma l’attualità della conduzione va ritenuta non tanto con riferimento allo svolgimento delle operazioni di guida quanto alla perdurante immissione nella circolazione stradale . Da ciò deriva che risulta conducente anche chi, arrivato presso un’area di sosta alla guida di un veicolo, se ne allontani in via temporanea per esigenze personali e successivamente si rimetta nuovamente alla guida. Nel caso concreto, l’imputato veniva trovato in un bar in cui era giunto da poco alla guida di un veicolo, poneva in atto un comportamento non ordinario, al punto da spingere l’esercente a richiedere l’intervento dei carabinieri, e in seguito veniva trovato in possesso di sostanze stupefacenti. Questi, secondo la Corte di Cassazione, costituiscono indici idonei a far desumere lo stato di alterazione psico-fisica del ricorrente, concludendo, dunque, con il rigetto del ricorso.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 19 febbraio – 5 giugno 2019, n. 24914 Presidente Izzo – Relatore Dovere Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Firenze ha confermato la pronuncia emessa dal Tribunale di Lucca, con la quale R.T. era stato giudicato responsabile del reato di cui all’art. 187 C.d.S., comma 8, per essersi rifiutato di sottoporsi ad accertamenti utili a determinare la presenza nel suo organismo di sostanze stupefacenti, e condannato alla pena ritenuta equa. 2. Avverso tale decisione ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza il R. , a mezzo del difensore avv. Guido Bernieri. Con un primo motivo deduce la violazione dell’art. 187 C.d.S., comma 8, art. 25 Cost., comma 2, art. 7 Cedu, art. 14 preleggi ed art. 1 c.p., e l’abnormità della decisione. Ad avviso dell’esponente i sintomi manifestati dal R. non avevano carattere univoco gli elementi sintomatici non possono essere derivati dal rinvenimento di sostanza stupefacente nella disponibilità del R. il R. aveva quindi la libertà di opporsi alla richiesta immotivata. Con un secondo motivo lamenta che il R. sia stato condannato ancorché non sia stato trovato alla guida di un veicolo i giudici di merito hanno ritenuto diversamente ma in modo immotivato. Infine deduce la mancata assunzione di una prova decisiva, ovvero l’escussione del teste M. . Inoltre la Corte distrettuale avrebbe dovuto ravvisare l’assenza di specifica indicazione per l’alterazione da sostanze stupefacenti. Considerato in diritto 3. Il ricorso è inammissibile. I motivi devono essere trattati congiuntamente. 2.1. I primi due motivi sono manifestamente infondati. Il dato fattuale, secondo quanto accertato dai giudici di merito, è così sintetizzabile intorno alle ore 9,00 del 12.10.2014 il R. venne controllato dai Carabinieri mentre si trovava all’interno di un bar, il cui titolare aveva richiesto l’intervento delle forze dell’ordine per il disturbo recato dal R. e da altri ragazzi, giunti poco prima a bordo di autoveicoli. In considerazione dell’evidente stato di alterazione e perché era stato appreso che i giovani provenivano da una festa conclusasi nelle prime ore del mattino, gli operanti eseguirono delle perquisizioni, accertando che il R. era in possesso di alcune bustine contenenti cocaina. Essi rivolsero quindi al R. la richiesta di sottoporsi ad accertamenti tossicologici ed egli si rifiutò. 2.2. Il reato di rifiuto di sottoporsi agli accertamenti tossicologici, previsto dall’art. 187 C.d.S., comma 7, è configurabile quando si rifiuti uno tra gli accertamenti previsti dai commi 2, 2 bis, 3 o 4, del medesimo articolo. Giova rimarcare che secondo le menzionate previsioni è possibile procedere ad accertamenti qualitativi non invasivi o a prove, anche attraverso apparecchi portatili, al fine di legittimare l’accompagnamento del conducente presso strutture sanitarie fisse o mobili afferenti ai suddetti organi di polizia stradale ovvero presso le strutture sanitarie pubbliche o presso quelle accreditate o comunque a tali fini equiparate, per il prelievo di campioni di liquidi biologici ai fini dell’effettuazione degli esami necessari ad accertare la presenza di sostanze stupefacenti. Accompagnamento che è legittimo anche quando, avendo avuto esito positivo gli accertamenti non invasivi, ovvero avendo altro ragionevole motivo di ritenere che il conducente del veicolo si trovi sotto l’effetto conseguente all’uso di sostanze stupefacenti o psicotrope, gli accertamenti clinico-tossicologici e strumentali ovvero analitici su campioni di mucosa del cavo orale non possono essere prelevati a cura di personale sanitario ausiliario delle forze di polizia. Pertanto, per gli accertamenti non invasivi non vi è alcuna necessità che il soggetto cui viene indirizzata la richiesta presenti una sintomatologia che lasci sospettare lo stato di alterazione psico-fisica da sostanze stupefacenti. La generica affermazione del ricorrente secondo la quale in ogni caso la fattispecie del rifiuto presupporrebbe la presenza di una sintomatologia univoca dell’avvenuta assunzione di sostanze stupefacenti è quindi del tutto destituita di fondamento. Tale sintomatologia è richiesta - e soltanto in alternativa all’assenza del diverso presupposto della positività dell’accertamento non invasivo - unicamente per procedere al prelievo di campione biologico presso struttura sanitaria. Allo stesso modo è destituita di ogni fondamento l’affermazione secondo la quale sarebbe necessario presupposto legittimante l’accertamento l’efficacia psicotropa della sostanza assunta. La erroneità è palese, perché l’accertamento è previsto proprio per rendere noto un dato ignoto, ovvero l’eventuale assunzione di sostanze. Quanto alla asserita necessità che il richiesto sia alla guida di un veicolo, il termine conducente utilizzato dalle previsioni di interesse sta sì ad indicare un’attività di guida in atto ma l’attualità della conduzione va ritenuta non tanto con riferimento allo svolgimento delle operazioni di guida quanto alla perdurante immissione nella circolazione stradale. Ciò è imposto dalla ratio della disciplina, che tende ad evitare che dalla circolazione stradale possano derivare pericoli e danni alle cose e alle persone. Sicché risulta conducente anche chi, giunto in un’area di sosta alla guida di un veicolo, se ne allontani temporaneamente per rifocillarsi, se successivamente deve nuovamente porsi alla guida. Senza che possa escludersi la condizione di conducente di chi sia stato individuato come tale mentre è alla guida ma venga controllato subito dopo aver cessato la conduzione. 3.2. Nel caso che occupa il R. venne individuato presso un esercizio commerciale, nel quale era da poco tempo giunto alla guida di un veicolo unitamente ad altri egli tenne un comportamento non ordinario, tanto da determinare l’esercente a richiedere l’intervento delle forze dell’ordine venne trovato in possesso di sostanze stupefacenti era proveniente da una festa notturna che si era prolungata sino alle prime ore del mattino. Va quindi esclusa ogni ipotesi di violazione dell’art. 187 C.d.S., risultando sussistenti elementi idonei a rendere plausibile che il R. fosse in stato di alterazione da assunzione di sostanze stupefacenti. 3.3. Il terzo motivo non è consentito. In merito alla mancata assunzione di una prova decisiva, va in primo luogo rilevato che nella specie si versa in ipotesi nella quale alla Corte di Appello era stata sollecitata l’attivazione dei poteri di ufficio ricorre quindi l’evenienza disciplinata dall’art. 603 c.p.p., comma 3. La giurisprudenza di legittimità è salda nello statuire che la mancata assunzione di una prova decisiva - quale motivo di impugnazione per cassazione - può essere dedotta solo in relazione ai mezzi di prova di cui sia stata chiesta l’ammissione a norma dell’art. 495 c.p.p., comma 2, sicché il motivo non potrà essere validamente invocato nel caso in cui il mezzo di prova sia stato sollecitato dalla parte attraverso l’invito al giudice di merito ad avvalersi dei poteri discrezionali di integrazione probatoria di cui all’art. 507 c.p.p. ovvero, in appello, ai sensi dell’art. 603 c.p.p. e da questi sia stato ritenuto non necessario ai fini della decisione testualmente, in motivazione, Sez. 2, n. 9763 del 06/02/2013 - dep. 01/03/2013, Pg in proc. Muraca e altri, Rv. 254974 ma già Cass. Sez. 6, Sentenza n. 33105 in data 8.7.2003 dep. 5.8.2003, rv. 226534 e più di recente Sez. 5, n. 4672 del 24/11/2016 - dep. 31/01/2017, Fiaschetti e altro, Rv. 269270 . Nel caso di specie la Corte di Appello ha comunque replicato alla richiesta, esplicando di non reputare necessario procedere ad un approfondimento istruttorio, svolgendo una prognosi negativa, per ragioni di merito, sulla idoneità della prova richiesta di completare il compendio probatorio. 4. Segue all’inammissibilità del ricorso la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2000,00 a favore della Cassa delle Ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende.