È ai domiciliari e viene “beccato” in un’abitazione a pochi passi dalla sua: condannato

Inutile il ricorso in Cassazione. Confermata la decisione presa dai Giudici d’appello. Nessun dubbio sull’episodio e sulla consapevolezza dell’uomo di violare la misura.

Controllo fatale l’uomo viene rinvenuto in casa, ma non in quella da lui indicata come sede degli arresti domiciliari. Consequenziali il processo e la condanna per il reato di evasione”. Irrilevante la ridotta distanza tra i due appartamenti Cassazione, sentenza n. 23125/19, sez. VI Penale, depositata il 24 maggio . Violazione. Sconfitta in Tribunale, sconfitta in appello, rimane un’ultima carta da giocare il ricorso in Cassazione. Ma anche questa strada si rivela infruttuosa per l’uomo finito sotto processo per evasione dagli arresti domiciliari . Definitiva, di conseguenza, la condanna, poiché il ricorso presentato dal suo legale non è sufficiente a mettere in discussione le valutazioni compiute dai giudici di merito sulla vicenda. Nessun dubbio sui dettagli dell’episodio. L’uomo ha subito ammesso l’addebito , essendo stato trovato in un’abitazione differente da quella da lui indicata come sede dei domiciliari. Evidente, quindi, la consapevolezza della violazione della misura . E in questo quadro è privo di senso, secondo i giudici, il richiamo difensivo alla ridotta distanza – ‘pochi passi’ – tra l’abitazione al cui interno era stato trovato l’uomo rispetto alla diversa abitazione presso la quale erano stati applicati gli arresti domiciliari . Impossibile, in sostanza, concludono i giudici, ipotizzare che vi sia stata mancanza della volontà di violare gli obblighi della misura .

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 17 aprile – 24 maggio 2019, n. 23125 Presidente Paoloni – Relatore Amoroso Ritenuto in fatto 1. Con il provvedimento in epigrafe, la Corte di appello di Messina ha dichiarato l'inammissibilità dell'appello proposto dal ricorrente avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto che lo ha condannato alla pena di giustizia per il reato di evasione dagli arresti domiciliari, riconoscendogli le circostanze attenuanti generiche equivalenti alla recidiva evidenziando che l'atto di appello risultava carente dell'indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto a sostegno delle richieste e quindi privo dei requisiti richiesti a pena di inammissibilità dall'art. 581 cod. pen 2. Tramite il proprio difensore di fiducia, Fo. An. Ti. ha proposto ricorso, articolando due motivi che si seguito si riportano. 2.1. Con il primo motivo si deduce il vizio di motivazione ex art. 606, comma 1, lett. e , cod. proc. pen., sul rilievo che nell'atto di appello era stata articolata una esaustiva illustrazione del fatto avvenuto, sia sotto il profilo della condotta materiale, attraverso il riferimento alla ridotta distanza tra l'abitazione al cui interno era stato trovato l'imputato rispetto alla diversa abitazione presso la quale era stata applicata la misura degli arresti domiciliari, e sia sotto il profilo del dolo, essendosi fatto riferimento alla mancanza della volontà di violare gli obblighi della misura, e sia sotto il profilo della determinazione della pena, per il riferimento alla eccessività della pena rispetto al comportamento collaborativo dell'imputato che ha subito ammesso l'addebito. 2.2. Con il secondo motivo si deduce la violazione di legge ex art. 606, comma 1, lett. b cod. proc. pen., ra in relazione agli artt. 581 e 591 cod. proc. pen. rilevandosi che l'appello proposto non era carente del presupposto di specificità, essendo al contrario sia pure in modo sintetico completo e specifico nell'indicazione delle ragioni poste a suo fondamento. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile. Nel ricorso non si spiegano le ragioni delle censure, se non attraverso il richiamo al contenuto dell'appello, che appare intrinsecamente generico. Lo stesso ricorso per cassazione è generico e non si confronta con le argomentazioni puntuali della ordinanza impugnata che ha evidenziato la genericità dei motivi di appello, sotto il profilo dell'assenza di specificazione degli elementi a supporto dell'invocata esclusione dell'elemento materiale e di quello piscologico del reato, a fronte di una ricostruzione pacifica del fatto che non è stata censurata, trattandosi di una evasione dagli arresti domiciliari riscontrata dal fatto che l'imputato è stato trovato in una abitazione diversa da quella in cui doveva eseguire la misura. 2. Nell'ordinanza impugnata si rappresenta che la sentenza di primo grado, di cui si invoca la riforma, conteneva una motivazione accurata sia sull'accertamento del reato e sia sulla commisurazione della pena, mentre è stata rilevata la genericità delle censure proposte dall'appellante che, per la violazione del combinato disposto degli articoli 581 e 591 cod.proc.pen., ne comporta l'inammissibilità per genericità dei motivi. Secondo la giurisprudenza di legittimità deve essere affermata l'inammissibilità dell'appello qualora non contenga doglianze specifiche in ordine al contenuto del provvedimento impugnato e che si limiti alla mera riproposizione dei temi già valutati insufficienti o inidonei dal giudice di primo grado senza specifica confutazione del fondamento logico e fattuale degli argomenti svolti in sentenza, trattandosi di impugnazione inidonea ad orientare il giudice di secondo grado verso la decisione di riforma Sez.6, n. 25711 del 17/05/2016, Rv. 267011 . Effettivamente, anche il ricorso proposto in questa sede di legittimità si connota per lo stesso vizio di genericità, perché con esso il ricorrente si limita a riproporre i motivi di appello di cui si asserisce in modo apodittico la specificità, senza fornirne alcuna dimostrazione, ed anzi riportando tra virgolette il relativo contenuto che palesemente denota invece l'obiettiva intrinseca carenza di specificità delle doglianze, in assenza di una coerente argomentata critica alla motivazione della sentenza impugnata. Il riferimento alla distanza di pochi passi della diversa abitazione in cui l'imputato è stato trovato, nonché l'ulteriore riferimento apodittico al carattere colposo della violazione della misura degli arresti domiciliari, viene ribadito in modo del tutto irragionevole come fondamento della dedotta specificità della richiesta di una rivalutazione degli elementi integrativi del reato, che si risolve in una nuova richiesta ingiustificata di rivalutazione del merito del fondamento della responsabiltà. 3. Con riguardo, poi, al profilo sanzionatorio, dove l'onere di specificità potrebbe essere inteso in modo meno rigoroso, essendo la finalità dell'appello quale giudice di secondo grado anche quella di rivalutare nel merito la ragionevolezza della determinazione della pena alla stregua dei criteri soggettivi ed oggettivi di cui all'art. 133 cod. pen., non si specifica, tuttavia, nel ricorso se la motivazione del giudice di primo grado avesse omesso di valutare o valutato in modo errato il comportamento collaborativo tenuto dall'imputato che ha ammesso l'addebito , così che non si può che rilevarne la genericità anche sotto il profilo della stessa articolazione del motivo del ricorso per cassazione. Seppure si deve tenere conto, per accertare l'ammissibilità dell'impugnazione, della concreta conformazione del provvedimento impugnato, in particolare occorre calibrare la valutazione di specificità sulla consistenza degli argomenti del provvedimento stesso Sez.6, 14 gennaio 2013 n. 9093 , ciò non esime dalla verifica dell'ammissibilità del ricorso per cassazione sotto il profilo della specifica indicazione del raffronto tra l'atto d'appello e la sentenza impugnata, operata dal ricorrente per escludere la sussistenza della inammissibilità dell'appello, essendosi addotta una erronea valutazione della genericità del motivo senza neppure specificare in rapporto a quale carenza motivazionale della sentenza appellata possa essere giustificata una nuova e diversa valutazione delle stesse circostanze. Si è realizzata in tal modo una doppia inammissibilità, a quella originaria dell'appello, giustamente già sanzionata in quella sede, si aggiunge anche la genericità del ricorso per cassazione. 3. Dalla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, ed al versamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende, che si ritiene congruo determinare in duemila Euro. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della cassa delle ammende.