Patrocinio legale per non abbienti e giudice competente a liquidare le spese del giudizio in Cassazione: rimessione alle Sezioni Unite

Rimessa alle Sezioni Unite la questione inerente alla individuazione del giudice competente a provvedere, per il giudizio in Cassazione, sulla liquidazione delle spese processuali sostenute dalla parte civile ammessa al patrocinio a spese dello Stato art. 541 c.p.p. nonché ad emettere, sempre per il giudizio di legittimità, il decreto di liquidazione degli onorari e delle spese al difensore della parte civile ammessa al patrocinio ex art. 83, comma 2, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.

È quanto ha deciso la prima sezione penale della Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 22819/19, depositata in cancelleria il 23 maggio. Il rimpallo” per la liquidazione delle spese del difensore. La vicenda controversa trae origine da una condanna penale, cristallizzata da ultimo in Cassazione, con condanna dell’imputato al pagamento delle spese sostenute dalla parte civile per la difesa in sede di legittimità, spese di cui veniva disposto il pagamento in favore dello Stato” siccome sotto patrocinio. Il difensore della parte civile ha fatto richiesta di liquidazione dell’onorario alla Corte d’appello territoriale. Nondimeno, quest’ultima ha declinato l’istanza, invitando il legale a rivolgersi, a tal fine, alla sezione della Cassazione che ebbe già a pronunciarsi, anche sulla liquazione del compenso. Richiesta in tal senso, la sezione prima della Cassazione ha - a sua volta, e per motivi di competenza interna - trasferito l’istanza di liquidazione alla sezione quarta. Quest’ultima, assumendo la ricorrenza di un errore” nella parte in cui - in sentenza - la sezione prima ha statuito sulla liquidazione del compenso ha - per l’ennesima volta - rimesso gli atti all’attenzione della sezione prima per l’emenda della decisione e la definitiva liquidazione del compenso. Patrocinio per non abbienti e liquidazione della parcella. Ebbene, la prima sezione, con l’ordinanza in epigrafe, ha colto l’occasione per rimettere alle Sezioni Unite l’annosa questione inerente alla individuazione del giudice competente a provvedere, per il giudizio di legittimità in Cassazione, sulla liquidazione delle spese processuali sostenute dalla parte civile ammessa al patrocinio a spese dello Stato art. 541 c.p.p. nonché ad emettere, sempre per il giudizio di legittimità, il decreto di liquidazione degli onorari e delle spese al difensore della parte civile ammessa al patrocinio ex art. 83, comma 2, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115. Sulla questione, come ricorda la Suprema Corte, insistono due posizioni giurisprudenziali, avverse tra loro. Secondo un primo orientamento, i rapporti 1 processuale art. 541, cit tra imputato e parti civile e 2 di mandato”, tra lo Stato e il difensore che abbia assunto una difesa sotto patrocinio andrebbero, tra loro, tenuti distinti. Tanto implicherebbe, sotto il versante della competenza a statuire sulla liquidazione delle spese, l’intervento di giudici diversi, che ben potrebbero quantificare l’emolumento del difensore in via difforme. Secondo altro orientamento, invece, i rapporti suddetti non andrebbero tenuti separati. Sicché unico sarebbe/dovrebbe essere l’emolumento da liquidare ed altrettanto unico sarebbe/dovrebbe essere il giudice che liquida, con statuizione a valere per tutti gli interessati i.e. imputato, parte civile, Stato e infine difensore . La tesi di preferenza della sezione rimettente. Le due tesi, variamente declinate in orientamenti derivati, sono approfondite - con attenzione e approccio critico - nell’ordinanza. Nondimeno, la sezione rimettente palesa alle Sezioni Unite, con accentuata chiarezza, di aderire al primo e maggioritario orientamento. Le ragioni a sostegno di siffatta presa di posizione si appuntano sul dato letterale - in particolare la seconda parte del citato art. 83, comma 2, d.P.R. n. 115/2002 ritenuta norma speciale rispetto all’art. 541, cit. laddove prevede che per il giudizio di cassazione, alla liquidazione procede il giudice di rinvio, ovvero quello che ha pronunciato la sentenza passata in giudicato - ma anche su attente riflessioni sull’organizzazione del lavoro della Suprema Corte.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, ordinanza 28 marzo – 23 maggio 2019, n. 22819 Presidente Di Tomassi – Relatore Casa Ritenuto in fatto 1. Con sentenza n. 21091 emessa da questa Prima Sezione penale all’udienza dell’8.2.2018 sui ricorsi proposti da R.G. ed altri, i ricorrenti venivano condannati, tra l’altro, alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalle parti civili D.G. e M.L. , liquidate, per ciascuna delle suddette parti, in complessivi Euro 3.600,00 per onorari, oltre accessori IVA, CPA e spese generali , come per legge , spese di cui veniva disposto il pagamento in favore dello Stato . 2. L’avv. D.F.G. , in data 12.3.2018, presentava alla Corte di Assise di Appello di Napoli istanza di liquidazione per l’opera professionale prestata dinanzi alla Corte di Cassazione con riguardo al solo M.L. . 3. Dopo un provvedimento interlocutorio del 26.3.2018, la Corte adita, con ordinanza resa in data 11.5.2018, richiamata la giurisprudenza di legittimità secondo la quale la competenza ad emettere il decreto di liquidazione delle spese sostenute nel giudizio di Cassazione dal difensore della parte civile ammessa al patrocinio per non abbienti spetta alla medesima Sezione della Corte che ha già liquidato le spese da attribuirsi alla parte civile Sez. 6, n. 3885/2012 , rilevato che la Prima Sezione penale aveva già operato la liquidazione nel dispositivo della sentenza emessa in data 8.2.2018 e che non si ravvisavano provvedimenti di competenza della Corte di merito, dichiarava non luogo a provvedere sull’istanza, disponendo la trasmissione degli atti alla Prima Sezione penale di questa Corte, che aveva deciso e liquidato in data 8.2.2018 . 4. Con provvedimento del Magistrato addetto all’esame preliminare dei ricorsi della Prima Sezione in data 16.10.2018, ravvisandosi un caso ascrivibile alla competenza tabellare interna della Quarta Sezione patrocinio per non abbienti a spese dello Stato , si rimetteva il procedimento n. 38190/2018 R.G. alla suddetta Sezione. 5. Il Procuratore Generale presso questa Corte, nella sua requisitoria scritta, redatta in previsione dell’udienza camerale non partecipata fissata ex art. 611 c.p.p. dal Presidente della Quarta Sezione penale, concludeva chiedendo, a correzione del dispositivo della citata sentenza n. 21091/2018, che venisse disposta la liquidazione delle spese nella misura di Euro 3.600,00 per onorari, oltre accessori IVA, CPA e spese generali , come per legge, già liquidate a carico dei ricorrente in favore dello Stato, in favore dell’avv. D.F.G. , del Foro di Napoli, quale difensore della costituita parte civile M.L. . 6. All’udienza camerale del 4.12.2018, la Quarta Sezione penale adottava il seguente provvedimento Qualificata l’ordinanza della Corte di Assise di Napoli come richiesta di correzione dell’errore contenuto nel dispositivo della sentenza emessa dalla Sezione Prima penale in data 8 febbraio 2018 nei confronti di R.G. ed altri nella parte in cui determina l’ammontare delle spese liquidate a favore delle parti civili, dispone la trasmissione degli atti alla Sezione Prima penale . Nonostante la trascritta ordinanza non chiarisse, esplicitamente, in quale errore sarebbe incorsa la Prima Sezione penale nel determinare l’ammontare delle spese liquidate a favore delle parti civili , era ragionevole evincere, sulla base di un certo filone giurisprudenziale di legittimità sviluppatosi in materia, implicitamente fatto proprio dal Collegio, che detto errore fosse consistito nel non aver proceduto anche alla liquidazione del compenso per il difensore della parte civile ammessa al patrocinio per non abbienti, per la fase del giudizio di cassazione. 7. Con provvedimento del Magistrato addetto all’esame preliminare dei ricorsi della Prima Sezione in data 6.12.2018, veniva, quindi, disposta, secondo quanto prospettato dalla Sezione Quarta, l’assegnazione del procedimento a questa Sezione per la decisione de plano, ai sensi degli artt. 625 - bis e 130 c.p.p 8. Con successivo provvedimento in data 17.1.2019, adottato dal Presidente della Sezione titolare, si disponeva la trattazione del procedimento nelle forme previste dall’art. 611 c.p.p., a maggiore garanzia . Considerato in diritto 1. Ritiene preliminarmente il Collegio di dover rimettere la decisione del procedimento all’esame delle Sezioni Unite di questa Corte di Cassazione, in presenza di un rilevato contrasto giurisprudenziale sulla individuazione del giudice competente a provvedere, per il giudizio di cassazione, in ordine alla liquidazione delle spese processuali sostenute dalla parte civile ammessa al patrocinio a spese dello Stato, ai sensi dell’art. 541 c.p.p., nonché ad emettere, sempre per il giudizio di legittimità, il decreto di liquidazione degli onorari e delle spese al difensore della parte civile ammessa al suddetto patrocinio, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 83, comma 2. 2. Sulle questioni si sono formati, nel tempo, diversi orientamenti. 3. Tradizionalmente, in tema di liquidazione delle spese in favore di soggetti ammessi al patrocinio a spese dello Stato, si è ritenuto del tutto distinto il rapporto processuale regolato dalle norme del codice di procedura penale art. 541 c.p.p. in raccordo con il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 110 da quello intercorrente fra lo Stato e il difensore o l’ausiliario del magistrato che abbiano prestato la propria opera professionale in favore del soggetto ammesso al patrocinio gratuito, rapporto regolato dagli artt. 82, 83 e ss. T.U. cit. Questa distinzione è stata mantenuta ferma anche con riferimento al caso in cui la parte civile fosse stata ammessa al patrocinio a spese dello Stato e il giudice della cognizione, inclusa la Corte di cassazione, avesse condannato l’imputato alla rifusione delle relative spese, pur da destinarsi in favore dello Stato ai sensi dell’art. 110 T.U. cit Si è sostenuto che anche il profilo quantitativo dell’oggetto di ciascuna liquidazione non dovesse necessariamente coincidere. 3.1. Hanno espresso tale orientamento, in particolare, Sez. 4, n. 26663 del 10/4/2008, Amato, n. m. e, più diffusamente, Sez. 4, n. 42844 del 9/10/2008, Amato, Rv. 241336. Nelle menzionate decisioni si è osservato che nessuna disposizione di legge era rinvenibile nel senso di vincolare la liquidazione in favore del difensore alla misura fissata dal giudice penale in sentenza. Ed anzi, nel sistema previsto dal T.U. citato ed anche dalla precedente normativa esisteva una disposizione di segno opposto, laddove si precisava, con l’art. 82 sopra richiamato, che la liquidazione dell’onorario e delle spese in favore del difensore della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato non potesse superare i valori medi tariffari. Gli inconvenienti derivanti dalla difficoltà pratica di coordinare le due liquidazioni, secondo tale orientamento, potevano essere evitati riconoscendo l’autonomia delle liquidazioni medesime, ritenendosi che la disposizione dell’art. 541, comma 1, c.p.p. fosse intesa a disciplinare il regolamento delle spese processuali tra imputato e parte civile, e la condanna concernesse il primo in favore esclusivamente del secondo l’onorario e le spese di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 82 afferivano, invece, al rapporto tra il difensore e la parte difesa e andavano liquidati dal magistrato competente ai sensi del precitato testo normativo, con i criteri indicati dal cit. art. 82 e, quindi, con valutazione autonoma di tale giudice rispetto a quella attinente al diverso rapporto tra imputato e parte civile. D’altro canto - si è precisato in tali arresti - nella giurisprudenza civile di questa Corte è consolidato il principio che il cliente è sempre obbligato a corrispondere gli onorari e i diritti all’avvocato e al procuratore da lui nominati ed il relativo ammontare viene stabilito dal giudice nei suoi specifici confronti a seguito del procedimento monitorio art. 636 c.p.c. o del procedimento previsto dalla L. n. 794 del 1942, artt. 28 e 29, senza essere vincolato alla pronuncia sulle spese emessa dal giudice che ha definito la causa cui le stesse si riferiscono v. 19 ottobre 1992 n. 11448 15 febbraio 1999 n. 1264 principio che, in mancanza di una apposita disposizione in contrario, deve trovare applicazione anche con riferimento al patrocinio statale. 4. Successivamente si è affermata la diversa tesi secondo cui, nel caso specifico regolato dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 110, questa disciplina inciderebbe direttamente sul tessuto normativo codicistico che regola le spese fra imputato e parte civile ciò sulla premessa della necessaria corrispondenza fra importo riconosciuto dal giudice alla parte civile, a carico dell’imputato, importo destinato in favore dello Stato, e importo che occorre liquidare in favore del difensore che ha patrocinato la posizione della parte civile. Nella decisione che, per prima, ha sostenuto tale tesi Sez. 6, n. 46537 dell’8/11/2011, F., Rv. 251383 , a supporto della necessaria coincidenza dei due importi si è richiamato, sul piano dei principi, l’operare sinergico sia del generale principio di divieto dell’ingiustificato arricchimento lo Stato non potrebbe ricevere, per la prestazione del difensore di parte civile, più di quanto poi è tenuto a corrispondere al medesimo professionista proprio per quella specifica prestazione , sia di quello altrettanto generale dell’evitare ingiustificati danni erariali che si verificherebbero ove lo stato - si noti per la medesima causale - ricevesse dall’imputato, in ragione della sua soccombenza civile, somma inferiore a quella che poi corrisponde al difensore della parte civile . Si è riconosciuto, secondo tale orientamento, che l’art. 541 c.p.p. e gli artt. 82 e 110 T.U.S.G. mantengono la propria autonomia esclusivamente nei casi di compensazione delle spese e di assoluzione, nei quali nulla sarebbe dovuto dall’imputato allo Stato, mentre il difensore della parte civile ammessa al patrocinio a spese pubbliche manterrebbe sempre il diritto, nei confronti dell’Erario, alla liquidazione dei propri compensi, secondo i consueti criteri ex art. 82 cit. con il solo limite, comune a tutti i casi di ammissione al patrocinio a spese pubbliche nel processo penale, dell’impugnazione dichiarata inammissibile, ex art. 106, comma 1 T.U. per tutte, Sez. 4, n. 42508/2009 . Nel caso in cui, invece, la sentenza penale contenga il riconoscimento della responsabilità dell’imputato anche ai fini civili e la sua condanna alla rifusione delle spese legali, tale autonomia - secondo la decisione n. 46537/2011 cit. - verrebbe meno, trovando applicazione esclusivamente la disciplina di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 110, normativa successiva, speciale e specifica rispetto a quella prevista dall’art. 541 c.p.p., versandosi in un caso non di sovrapposizione di norme non coordinate, ma di applicazione del generale principio di specialità tra diverse discipline che riguardino la medesima fattispecie specialità che opera, peraltro, sul punto della sola quantificazione, rimanendo l’an debeatur disciplinato integralmente e solo dall’art. 541. 4.1. La menzionata decisione della Sesta sezione non ha condiviso la precedente giurisprudenza elaborata in materia dalla Quarta sezione di questa Corte - di cui prima si è dato atto -, secondo la quale i provvedimenti ex art. 541 ed ex art. 82 sarebbero sempre distinti ed entrambi necessari , rispondendo a finalità e ratio legis assolutamente differenti tra loro , ritenendo assorbente l’osservazione che non si comprende quale spazio avrebbe, nella fattispecie esaminata ed alla luce delle considerazioni sistematiche prima svolte, la statuizione relativa all’art. 541 c.p.p. intesa come condanna diretta dell’imputato in favore della parte civile , risultando così in realtà solo inutiliter data. Perché, giova ripeterlo, quando la parte civile è ammessa al patrocinio a spese dello Stato, in ordine alla disciplina della rifusione delle spese legale non residua alcun rapporto diretto tra l’imputato soccombente e la parte civile, perché l’unico rapporto di quest’ultima - e del suo difensore - è solo con lo Stato. Sicché porre a carico dell’imputato la liquidazione delle spese in favore della parte civile ammessa al patrocinio a spese dello Stato costituisce solo un errore di diritto e realizza un vizio di violazione di legge . 4.1.1. Il duplice principio di diritto affermato nella sentenza n. 46537/2011, può, dunque, così, sintetizzarsi 1 quando il giudice del processo penale condanna l’imputato alla rifusione integrale delle spese legali sostenute dalla parte civile ammessa al beneficio del patrocinio a spese pubbliche, nel dispositivo deve contestualmente sia disporre che il pagamento avvenga in favore dello Stato che procedere alla liquidazione in favore del difensore 2 la somma che l’imputato deve rifondere in favore dello Stato deve coincidere con quella che lo Stato liquida al difensore. In conseguenza di tali principi, il difensore di parte civile dovrà presentare al momento delle proprie conclusioni, all’esito della discussione, la propria nota spese già conforme alle regole dell’art. 82. 4.1.2. Conseguenza sistematica ulteriore, secondo la richiamata decisione, è che le impugnazioni relative all’an debeatur sono disciplinate dal codice di rito, come tutte quelle relative ai singoli punti della decisione, mentre quelle relative al quantum debeatur sono disciplinate dal D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 84 e 170, che prevedono la partecipazione di tutte le parti processuali interessate , posto che il difensore ha diritto alla liquidazione al termine di ciascuna fase o grado del processo, sicché risulta sistematicamente illegittimo l’eventuale differimento dell’efficacia delle singole liquidazioni al momento unico dell’eventuale passaggio in giudicato della decisione. 4.2. Va precisato che la richiamata decisione non ha affrontato ex professo il tema della liquidazione delle spese al difensore della parte civile ammessa al patrocinio per non abbienti con esplicito riferimento al giudizio di cassazione. 5. Il tema, viceversa, è stato affrontato dalla successiva sentenza Sez. 6, n. 3885 del 18/1/2012, Iovine, Rv. 252135, che, collocandosi nel solco tracciato dalla pronuncia precedente, ha esteso i principi ivi affermati proprio con riferimento al giudizio di cassazione. Vale la pena riportare per intero i passaggi d’interesse. È vero che il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 83, comma 2 prevede che la liquidazione del compenso al difensore per il giudizio di cassazione è compito del giudice di rinvio ovvero di quello che ha pronunciato la sentenza passata in giudicato. E certamente sussiste e permane tale competenza nel caso di sentenza della Corte di cassazione che o accolga il ricorso dell’imputato o comunque compensi, del tutto o parzialmente, le spese tra le parti private anche in tali casi, infatti, il difensore della parte civile ammessa al patrocinio a spese pubbliche ha diritto alla liquidazione da parte dello Stato del proprio compenso. Quando però nel giudizio di impugnazione l’imputato ricorrente viene condannato a rifondere le spese sostenute dalla parte civile ammessa al patrocinio a spese dello Stato, trova applicazione il generale obbligo di liquidazione - ex artt. 541 e 592 c.p.p. - quale però disciplinato con norma speciale dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 110, con la previsione della ricordata necessità della coincidenza tra le due somme imputato-Stato Stato-difensore della parte civile ammessa . Pertanto, anche la Corte di cassazione potrebbe in questo peculiare caso procedere alla liquidazione . La stessa decisione subito dopo precisa Presupposto indispensabile per la immediata liquidazione da parte della Corte di cassazione è tuttavia l’avvenuta presentazione di una nota spese che risponda puntualmente, nell’indicazione delle voci e nei limiti quantitativi, ai principi imposti dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 82. Poiché è evidente che l’attribuzione della generale competenza al giudice del merito anche per le prestazioni avanti la Corte di cassazione, operata dal legislatore, risponde consapevolmente alle caratteristiche di contenuto ed organizzazione del lavoro della Corte di cassazione, tale forma peculiare di liquidazione è quindi possibile trovando il ricostruito sostegno normativo solo quando interviene contestualmente alla deliberazione del dispositivo del processo . In caso contrario, ovvero quando la richiesta di liquidazione presentata dal difensore sia del tutto generica, ad esempio mediante indicazione della sola somma finale richiesta come nel caso esaminato , .la doverosa osservanza del principio di coincidenza delle somme .impone di limitare la statuizione nel dispositivo .alla sola condanna nell’an con l’affermazione dell’obbligo di rifusione delle spese di lite in favore dello Stato , riservando contestualmente a successivo decreto di liquidazione del giudice del merito, D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 83, comma 2, la determinazione del quantum, in esito all’integrale applicazione della procedura di cui all’art. 82, comma 3 richiesta e comunicazione anche all’imputato e alle altre parti , artt. 84 e 170 opposizione nei venti giorni al presidente dell’ufficio giudiziario competente, con il rito camerale L. n. 794 del 1942, ex art. 29 . 5.1. Va segnalato che l’orientamento seguito dalle due decisioni sopra richiamate nonché da Sez. 6, n. 15435/2014 ha, in seguito, persuaso anche la Quarta Sezione di questa Corte, quella dotata di più diretta competenza in materia cfr. Sez. 4, n. 52538 del 9/11/2017, Filareto, n. m., che richiama anche la conforme Sez. 4, n. 20044 del 17/3/2015, S. e altri, Rv. 263866-01 . 6. Nel più recente periodo, tuttavia, la Sesta Sezione penale ha mostrato, in alcune decisioni, di abbandonare l’interpretazione di cui si è detto, affermando, seppure senza base argomentativa, essere competente, per il giudizio di cassazione, il giudice di merito sia in ordine alla liquidazione delle spese processuali sostenute dalla parte civile ammessa al patrocinio a spese dello Stato, ai sensi dell’art. 541 c.p.p., sia ad emettere il decreto di liquidazione degli onorari e delle spese al difensore della parte civile ammessa al suddetto patrocinio, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 83, comma 2, Sez. 6, n. 51387 del 3.11.2016, n. m. Sez. 6, n. 6509 dell’8.1.2019, n. m. . 7. Peraltro, con la più recente decisione n. 20552 del 6.3.2019, la suddetta Sezione Sesta è tornata sui suoi passi, ribadendo la tesi sostenuta nelle summenzionate sentenze n. 46537/2011 e n. 3885/2012 e, conseguentemente, riaffermando il principio della necessaria coincidenza tra la somma che l’imputato deve corrispondere allo Stato e quella che quest’ultimo liquida al difensore della parte civile, ai sensi dell’art. 82 del T.U. n. 115/2002. 8. Occorre, in ogni caso, evidenziare che tale orientamento appare tuttora nettamente minoritario in seno alla giurisprudenza di questa Corte, che è prevalentemente orientata nel senso dell’autonomia delle due liquidazioni, rispettivamente previste dall’art. 541 c.p.p. e dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 82. Attestano, ad esempio, tale prevalenza, valorizzando, esplicitamente, il tenore letterale dell’art. 83 D.P.R. cit., che esclude la Corte di Cassazione dal novero dei giudici competenti a provvedere alla liquidazione degli onorari spettanti al difensore della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato Sez. 2, n. 43356/2015 Sez. 2, n. 18317/2016 Sez. 5, n. 4143/2017 Sez. 3, n. 6025/2017 Sez. 5, n. 8218/2018. Nello stesso solco, ma con motivazione implicita , si collocano Sez. 5, n. 2186/2017 Sez. 1, n. 7308/2017 Sez. 2, n. 12856/2017 Sez. 1, n. 7784/2018 Sez. 5, n. 11960/2018 Sez. 2, n. 16054/2018 Sez. 4, n. 29314/2018 Sez. 1, n. 41124/2018 Sez. 5, n. 44915/2018 Sez. 1, n. 46118/2018 Sez. 2, n. 54405/2018 Sez. 1, n. 10551/2019 Sez. 2, n. 11647/2019. 9. Tutto ciò premesso, ad avviso del Collegio, l’orientamento minoritario, che si fonda sul postulato della necessaria coincidenza tra la somma che l’imputato deve corrispondere allo Stato e quella che lo Stato deve poi corrispondere al difensore di parte civile, non può essere condiviso. 9.1. In primo luogo, e soprattutto, per un dato normativo espresso, che pare insuperabile. Come già accennato, infatti, il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 83, comma 2, che è la norma-cardine in materia, dispone che La liquidazione è effettuata al termine di ciascuna fase o grado del processo e, comunque, all’atto della cessazione dell’incarico, dall’autorità giudiziaria che ha proceduto per il giudizio di cassazione, alla liquidazione procede il giudice di rinvio, ovvero quello che ha pronunciato la sentenza passata in giudicato . . Il tenore della disposizione è inequivoco e non sembra prestare il fianco a dubbi interpretativi di sorta. Del resto, le stesse decisioni che hanno affermato la competenza della Corte di cassazione a liquidare le spese in favore del difensore della parte civile ammessa al pubblico patrocinio per il giudizio di legittimità non hanno potuto fare a meno di riconoscere sia la pregnanza del dato letterale esplicito della norma, parlando di attribuzione della generale competenza al giudice del merito anche per le prestazioni avanti la Corte di cassazione, operata dal legislatore , sia la ratio ispiratrice della disposizione medesima, che, si è detto, risponde consapevolmente alle caratteristiche di contenuto ed organizzazione del lavoro della Corte di cassazione Sez. 6, n. 3885/2012 cit. . Tanto è vero che, alla fine, hanno inteso circoscrivere detta competenza della Cassazione al solo caso, che la stessa sentenza n. 3885/12 definisce peculiare , di liquidazione che interviene contestualmente alla deliberazione del dispositivo del processo e che, necessariamente, deve avvenire mediante la presentazione di una nota spese che risponda puntualmente, nell’indicazione delle voci e nei limiti quantitativi, ai principi imposti dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 82 . Nel caso, in cui, viceversa, la nota spese fosse generica , la competenza sulla liquidazione tornerebbe al Giudice di merito, ossia rivivrebbe l’art. 83, comma 2, D.P.R. cit Norma, quest’ultima, che, nell’altro caso prospettato liquidazione di una nota spese puntuale , soffrirebbe, invece, di una sostanziale abrogazione implicita, che non pare, però, ragionevole - in quanto si verificherebbe in un unico caso - nè pare sufficientemente chiarita negli arresti richiamati. Ed invero, nel brano già sopra trascritto della sentenza n. 3885/12, l’unica che si pone il problema dell’ ostacolo del tenore letterale dell’art. 83, comma 2, cit., si legge .Quando però nel giudizio di impugnazione l’imputato ricorrente viene condannato a rifondere le spese sostenute dalla parte civile ammessa al patrocinio a spese dello Stato, trova applicazione il generale obbligo di liquidazione - ex artt. 541 e 592 c.p.p. - quale però disciplinato con norma speciale dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 110, con la previsione della ricordata necessità della coincidenza tra le due somme imputato-Stato Stato-difensore della parte civile ammessa . Pertanto, anche la Corte di cassazione potrebbe in questo peculiare caso procedere alla liquidazione . Il principio di specialità invocato, tuttavia, dovrebbe limitarsi a governare il rapporto tra l’art. 541 c.p.p. e il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 110, nel senso che quest’ultima norma, e non la prima, troverà applicazione tutte le volte in cui l’imputato non ammesso al beneficio venga condannato al pagamento delle spese in favore della parte civile ammessa al patrocinio, caso nel quale, pertanto, il magistrato dovrà disporne il pagamento in favore dello Stato . Non sembra, comunque, che possa dubitarsi della natura di norma speciale , rispetto a quelle codicistiche, anche dell’art. 83, comma 2, cit., che, anzi, ha la funzione di integrare , per ciò che attiene alla liquidazione dei compensi al difensore della parte civile ammessa al pubblico patrocinio rapporto Stato-difensore , la norma di cui all’art. 110 che attiene al rapporto imputato-Stato . Dunque, è proprio in forza del principio di specialità che l’art. 83, comma 2, non potrebbe essere sacrificato, oltretutto parzialmente , nell’unico caso contemplato dalle sentenze citate, decisioni che, tra l’altro, anche nel singolare utilizzo lessicale del condizionale potrebbe Pertanto, anche la Corte di cassazione potrebbe in questo peculiare caso procedere alla liquidazione , paiono tradire una qualche incertezza sul punto. 9.1.1. Nè l’introduzione del comma 3-bis dell’art. 83 cit. per mezzo della L. 28 dicembre 2015, n. 208, art. 1, comma 783, ha determinato il mutamento dell’assetto generale delle competenze in esso articolo previste. Tale disposizione, nel prevedere che Il decreto di pagamento è emesso dal giudice contestualmente alla pronuncia del provvedimento che chiude la fase cui si riferisce la relativa richiesta ha inteso normativizzare l’esigenza della contestualità della pronuncia che definisce la fase e del decreto di liquidazione, ma nulla ha innovato in ordine alla chiara configurazione delle competenze stabilita dal comma 2 della norma stessa. 9.1.2. Anzi, va opportunamente sottolineato, sul piano della prassi amministrativa, che questa innovazione normativa è stata inquadrata dalla circolare del Ministero della Giustizia emessa in data 10 gennaio 2018 D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 83, comma 3-bis - Indicazioni operative , come destinata a chiarire in via definitiva che il decreto di pagamento deve essere un atto separato dal provvedimento che definisce il giudizio, in modo da contrastare la prassi invalsa presso alcuni uffici di inserire il provvedimento di liquidazione nella sentenza, con conseguente difficoltà per il personale di cancelleria a procedere al pagamento delle spettanze . 9.2. Ulteriore elemento ostativo alla ipotizzabilità di una competenza della Corte di cassazione, per il giudizio di legittimità, in materia di liquidazione delle spese in favore del difensore della parte civile ammessa al pubblico patrocinio si rinviene nell’impraticabile coordinamento dell’assetto organizzativo della Corte Suprema con le norme stabilite in tema d’impugnazione della liquidazione. Si pensi al caso del difensore della parte civile che, vistosi liquidare il proprio compenso dalla stessa sentenza di cassazione che pone le spese a carico dell’imputato, ritenga di doversi dolere per la relativa quantificazione. Dovrebbe coerentemente applicarsi, quale conseguenza sistematica dell’assunto principale - come, tra l’altro, evidenziato da Sez. 6, n. 46537 dell’8/11/2011, F., Rv. 251383 la disciplina prevista dal D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 84 e 170, che richiama l’opposizione disciplinata dal D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, art. 15 Dell’opposizione a decreto di pagamento di spese di giustizia . Ma siffatta disciplina si atteggia quale giudizio di merito , nell’ambito del quale non è, ovviamente, previsto alcun riferimento a competenze e interventi di Giudici della Cassazione. 9.2.1. E, d’altro canto, la particolare fisionomia istituzionale di questa Corte, di cui il legislatore, non a caso, si è fatto carico disegnando il riparto di competenze di cui all’art. 83, comma 2, cit., si riverbera, giocoforza, sul suo assetto organizzativo, che, diversamente dagli Uffici di merito del Tribunale e della Corte di Appello, non contempla l’esistenza di un proprio Ufficio recupero crediti settore penale ex Campione Penale , ciò ad ulteriore riprova della impraticabilità, anche sul piano meramente esecutivo, della soluzione propugnata dall’indirizzo che qui si critica. 10. Ad avviso del Collegio, sembrerebbe, pertanto, preferibile la costruzione ermeneutica fatta propria dall’orientamento tuttora prevalente, alla stregua delle argomentazioni articolate nelle sentenze Sez. 4 n. 26663/2008 e Sez. 4, n. 42844/2008 e più sopra richiamate, che paiono in linea con la cornice normativa e sistematica illustrata e non possono essere sovvertite per la difficoltà pratica di coordinare le due liquidazioni previste dall’art. 541 c.p.p. e D.P.R. n. 115 del 2002, art. 82. Tuttavia, a fronte di un obiettivo contrasto giurisprudenziale, si ritiene di dover rimettere, ai sensi dell’art. 618 c.p.p., la decisione del procedimento attivato dall’avv. D.F.G. ed insieme la risoluzione del rilevato contrasto alle Sezioni Unite. Evidenzia, peraltro, il Collegio, con riferimento al caso concreto, che la sentenza emessa da Sez. 1, n. 21091 dell’8/2/2018, R. , ha liquidato le spese in favore della parte civile, ai sensi dell’art. 541 c.p.p., nel rapporto fra gli imputati, condannati, e quella parte, anzi quelle parti D.G. e M.L. , sicché, essendo le stesse ammesse al patrocinio a spese dello Stato, ha disposto, ex art. 110 c.p.p., il pagamento in favore dello Stato. Non ha ritenuto - giacché non ve n’è traccia - di adottare il meccanismo unificante in ordine alla liquidazione in favore del difensore della parte civile o delle parti civili, difensore nemmeno citato, a carico dell’Erario, ex art. 83 T.U. cit Di conseguenza, il provvedimento della Corte di appello di Napoli in data 11 maggio 2018 pare dare per presupposto ciò che non è vale a dire, che la liquidazione con effetti per il difensore della parte civile sia già contenuta nella sentenza suindicata, laddove, in assenza di esplicito riferimento sul punto nella sentenza di legittimità, la Corte di merito avrebbe dovuto emettere il decreto D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 83. P.Q.M. Visto l’art. 618 c.p.p., rimette la decisione alle Sezioni Unite.