Termine di emissione del decreto di confisca e sospensione del procedimento di prevenzione

La Corte afferma, con la sentenza n. 21760/19, depositata il 17 maggio, l’inesistenza di un termine massimo di durata della sospensione del procedimento che vede applicata una cautela reale.

Il caso. Il Tribunale di Milano, sezione misure di prevenzione, respingeva l’opposizione del proposto al rigetto della richiesta di revoca di un sequestro disposto, ex art. 20 d.lgs. n. 159/2011, su un immobile e su alcune somme di denaro nella sua titolarità, ritenuto che non fosse decorso il richiesto termine di un anno e sei mesi, previsto dall’art. 24, comma 2 stesso decreto , per l’emissione del decreto di confisca, attesa la sospensione del procedimento in pendenza di giudizio di ricusazione. Motivi di ricorso. Avverso la suddetta opposizione veniva proposto ricorso per cassazione. Con lo stesso si deduceva la perdita di efficacia dei decreti di sequestro perché, considerati i periodi di sospensione disposti dal Tribunale e, calcolati i termini intercorsi tra la data del sequestro e quello della istanza di revoca, non sarebbe stato depositato, comunque, il decreto di confisca entro il termine di un anno e mezzo dalla data di immissione nel possesso dei beni da parte dell’amministratore giudiziario. Oltretutto, la censura riguardava anche l’erronea operante sospensione non espressamente dichiarata dal Tribunale ma conteggiata ai fini dell’inefficacia o meno del decreto. Con motivi nuovi si deduceva altresì un’eccessiva limitazione del diritto di proprietà e mancanza di speditezza del processo, anche in materia cautelare, ove dopo 6 anni e 3 mesi dalla data di immissione in possesso non era stato emesso alcun provvedimento. Sulla sospensione dei termini ai sensi dell’art. 304 c.p.p Premessa l’infondatezza del ricorso, la Corte precisa che la questione su cui è chiamata a pronunciarsi non riguarda tanto l’applicabilità dell’art. 304, comma 6, c.p.p., al caso di specie durata massima della custodia , quanto la non operatività di una sospensione dei termini di durata non espressamente dichiarata”. Infatti, precisa che la richiesta di ricusazione non comporta un’automatica sospensione dell’attività processuale e, quindi, dei termini di durata della misura, a meno che non sia proposta prima della deliberazione della sentenza in tal caso, la sospensione processuale ha luogo come conseguenza necessaria e indiretta della richiesta dell’imputato, con la conseguenza che il giudice dispone la sospensione di tali termini Cass. S.U., n. 31421/2002 . Oltre ciò, come peraltro affermato dalla giurisprudenza della Suprema Corte, in tema di sospensione del termine di cui all’art. 24, comma 2, d.lgs. 159/2011, il rinvio alle cause di sospensione previste dall’art. 304 c.p.p. ha carattere statico e recettizio delle singole cause di sospensione e non si estende, in assenza di esplicito richiamo, all’intera disciplina prevista da tale norma., cosicché non è necessaria una pronuncia esplicita, con ordinanza appellabile, che dichiari la sussistenza della singola causa di sospensione”. In ogni caso, il termine resta sospeso per tutto il tempo necessario a decidere sull’istanza di ricusazione. Termine massimo di durata. Ai fini del computo della decorrenza complessiva di un termine, la sospensione dello stesso ha carattere neutro” e, quindi, non può, in alcun modo, essere conteggiato a tali fini. La norma di cui all’art. 304, comma 6, c.p.p., riveste, in tal senso, carattere eccezionale, atteso il bene dalla stessa tutelato, cioè la libertà personale. Ciò detto, tale disposizione non può ritenersi estesa dall’art. 24, comma 2, d.lgs. 159/2011 alla misura cautelare reale del sequestro di prevenzione. Il riferimento a detta norma, infatti, è nel senso che si deve tener conto, come detto, delle cause di sospensione dei termini di durata della custodia cautelare, previste dal codice di procedura penale, in quanto applicabili”. Appare all’evidenza come il rinvio non riguarda l’integrale istituto della sospensione dei termini di custodia cautelare, ma solo le singole cause” richiamate. Questione di legittimità costituzionale. Infine, ritiene la Corte doversi rigettare la questione di legittimità costituzionale della disciplina che non prevede limiti massimi di durata della sospensione dei termini. Infatti, la prospettazione della difesa confonde gli istituti della ragionevole durata del processo e del limite della durata di un provvedimento provvisorio, il quale, quest’ultimo, assume una dimensione intraprocedimentale” e, quindi, può essere ammessa solo in ragione del bene tutelato come ad esempio la libertà personale . La ragionevole durata del processo, invece, ove disattesa, non comporta l’inefficacia di atti o provvedimenti, ma al più il pagamento di un indennizzo a titolo di equa riparazione.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 29 gennaio – 17 maggio 2019, n. 21760 Presidente Vessicchelli – Relatore Riccardi Ritenuto in fatto 1. Con decreto emesso il 31/01/2018 il Tribunale di Milano, Sezione Misure di Prevenzione, ha rigettato l’opposizione proposta avverso il rigetto della richiesta di revoca del sequestro di prevenzione disposto, D.Lgs. n. 159 del 2011, ex art. 20, nell’ambito del procedimento di prevenzione nei confronti di L.G.G. su un immobile sito in omissis e su somme di denaro Euro 49.000,00 a lui riconducibili. In particolare, l’originaria istanza di revoca era stata proposta dalla difesa ai sensi del D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 24, comma 2, sul rilievo che fosse decorso il termine di un anno e sei mesi dall’adozione del sequestro senza che fosse stato emesso il provvedimento di confisca. Il Tribunale di Milano rigettava l’istanza con ordinanza del 23/12/2015, che veniva impugnata con ricorso per cassazione la Corte di Cassazione, Sez. 2, n. 34411 del 22/06/2016, qualificato il ricorso come opposizione ex art. 666 c.p.p., disponeva la trasmissione degli atti al Tribunale di Milano, che, con l’ordinanza oggi impugnata, rigettava l’opposizione, ritenendo non essere decorso il termine di un anno e sei mesi, in considerazione della sospensione del procedimento determinata dall’istanza di ricusazione ancora sub iudice. 2. Avverso tale decreto ha proposto ricorso per cassazione il difensore di L.G.G. , Avv. Giacomo Iaria, deducendo, con un unico motivo di ricorso, la violazione di legge in relazione al D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 24, comma 2, e art. 304 c.p.p., comma 1. 2.1. Il ricorrente deduce che i sequestri - disposti con decreti, rispettivamente, del 5.10.2012 e del 17.12.2012 - avrebbero perso efficacia poiché, considerati i periodi di sospensione regolarmente disposti, e calcolati i termini intercorsi tra la data del sequestro e quello della istanza di revoca 12.10.2015 , il Tribunale non ha depositato il decreto di confisca entro il termine di un anno e sei mesi dalla data di immissione in possesso dei beni da parte dell’amministratore giudiziario, così come previsto dal D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 24, comma 2. Invero, la sospensione della decorrenza dei termini è stata disposta all’udienza del 14.3.2014, e confermata alla successiva udienza del 28.5.2014 alle successive udienze del 13.6.2014 e del 9.7.2014, tuttavia, l’ordinanza di sospensione non è stata reiterata, sicché deve ritenersi che i termini abbiano ripreso a decorrere fino all’udienza del 1.10.2014, allorquando è stata nuovamente disposta la sospensione dei termini medio tempore, tuttavia, era decorso, in data 17.7.2014, il termine di un anno e sei mesi dalla data di immissione in possesso dell’amministratore. Tanto premesso, lamenta che il provvedimento di rigetto dell’opposizione abbia invece ritenuto la causa di sospensione operante anche in assenza di una dichiarazione espressa, in quanto dichiarata con ordinanza del 14.3.2014 decisione errata, non soltanto perché contraddetta dalla circostanza che il Tribunale ha dichiarato per ben 12 udienze la sospensione, ma anche perché la giurisprudenza di legittimità in materia di durata della custodia cautelare in carcere è costante nell’affermare che la sospensione dura dalla data in cui è disposto il rinvio fino a quella fissata per la nuova udienza. 2.2. Con atto pervenuto il 11/01/2019 il difensore del ricorrente ha depositato motivi nuovi, deducendo, con copiosissimi benché ridondanti e non sempre pertinenti richiami giurisprudenziali e diffuse argomentazioni articolate in ben 75 pagine, caratterizzate da interi periodi in grassetto e/o sottolineati e/o in maiuscolo, e da numerosissime note a piè pagina , l’erronea applicazione delle disposizioni di cui al D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 24, comma 2, e art. 304 c.p.p., comma 1, in combinato disposto con gli artt. 6 e 7 CEDU motivi qui enunciati, ai sensi dell’art. 173 disp. att. c.p.p., nei limiti strettamente necessari per la motivazione. Nel richiamare i diversi provvedimenti già pronunciati nell’ambito del procedimento di prevenzione, e nell’affermare la fondatezza delle dichiarazioni di ricusazione formulate dal L. , deduce l’erronea interpretazione delle norme in materia di sospensione dei termini, ribadendo che dopo le ordinanze di sospensione del 14.3.2014 e del 28.5.2014 non è intervenuto alcun ulteriore provvedimento di sospensione sostiene, al riguardo, che la causa di sospensione può ritenersi operativa soltanto se espressamente dichiarata. Deduce, inoltre, che la ratio dell’art. 24 risiede nella garanzia della speditezza del procedimento, che non può ritenersi salvaguardata da un procedimento in cui il decreto di confisca non risulta ancora emesso dopo 6 anni e 3 mesi dalla data di immissione in possesso dei beni da parte dell’amministratore giudiziario, con una limitazione del diritto di proprietà sganciata, sotto il profilo temporale, dai principi di proporzionalità e adeguatezza che connotano la materia cautelare, anche reale. Nel richiamare la sentenza Conti” delle Sezioni Unite che, nel 2002, hanno affermato il principio secondo cui la presentazione della dichiarazione di ricusazione non determina automaticamente la sospensione dell’attività processuale e, quindi, dei termini di durata della custodia cautelare, evidenzia che la dichiarazione di ricusazione è stata presentata non già prima della deliberazione, bensì nelle prime due udienze. Lamenta, dunque, che l’interpretazione adottata dal Tribunale abbia determinato una dilatazione complessiva del tempo dell’imposizione del vincolo reale, nonostante il codice Antimafia preveda una sola proroga per l’adozione del decreto di confisca per sei mesi, ed un sostanziale abuso del diritto da parte del giudice, evocato anche mediante richiamo dei provvedimenti asseritamente pregiudicanti” dell’imparzialità adottati dai collegi del Tribunale della prevenzione da p. 33 a p. 40 . Viene, infine, riproposto, in via subordinata, il dubbio di legittimità costituzionale della disciplina, ove interpretata nel senso della esclusione della applicabilità dell’art. 304 c.p.p., comma 6, per contrasto con le disposizioni contenute negli artt. 41, 42 e 111 Cost., e nell’art. 6 CEDU e 1 Prot. Add. CEDU. Una sospensione non contenibile nei suoi limiti risulterebbe, secondo il ricorrente, lesiva del principio della ragionevole durata del processo, inteso come garanzia oggettiva dell’ordinamento, nonché dei principi del giusto processo contenuti nella Convenzione Europea del 1950, applicabili anche al procedimento di prevenzione, in ragione del processo di progressiva giurisdizionalizzazione. A nulla rileva, sul tema, la riconducibilità della sospensione ad una iniziativa difensiva, posto che l’istanza di ricusazione si configura come esercizio di un diritto ad ottenere la verifica dei requisiti primari di imparzialità del giudice, il che esclude intenti meramente dilatori. L’assenza di un limite massimo di durata della misura cautelare consente, di fatto, di dilatare senza conseguenza alcuna i tempi di definizione dell’incidente proposto e dell’intero procedimento, con pregiudizio dei diritti costituzionalmente protetti. 2.3. Con atto pervenuto il 15/01/2019, infine, è stata depositata una memoria di replica alla requisitoria del Procuratore Generale, con cui sono state ribadite le doglianze già proposte, mediante richiami anche lessicalmente identici ai motivi nuovi già depositati. Considerato in diritto 1. Il ricorso è nel suo complesso infondato. 1.1 Giova premettere, in fatto, che nei confronti di L.G.G. è stato emesso, ai sensi del D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 20, da ora in avanti Cod.Ant. un primo provvedimento di sequestro il 5 ottobre del 2012 avente ad oggetto beni immobili ed un secondo provvedimento il 17 dicembre 2012 avente ad oggetto una somma di denaro alla data della decisione qui impugnata, il procedimento di primo grado non era definito, perché sospeso la difesa, con l’istanza originaria, ha chiesto la declaratoria di inefficacia dei sequestri in relazione a quanto disposto dall’art. 24, comma 2 Cod.Ant., per l’intervenuto decorso del termine, da tale norma previsto il procedimento di primo grado è stato sospeso in virtù della proposizione di diverse istanze di ricusazione il Tribunale con provvedimenti emessi il 14 marzo del 2014 ed il 28 maggio 2014 aveva adottato formale provvedimento di sospensione dei termini in pendenza della decisione sulla ricusazione. 1.2. Il provvedimento impugnato, dopo aver sintetizzato i contenuti della opposizione tesi ad individuare, nel richiamo contenuto nel corpo dell’art. 24, comma 2, alle cause di sospensione dei termini di durata della custodia cautelare, una incorporazione, nella disciplina richiamante, dei termini massimi di durata della misura cautelare, con dubbio di incostituzionalità della tesi contraria , ha affermato che la disciplina richiamata dall’art. 24, comma 2, Cod. Ant. è soltanto quella delle cause di sospensione dei termini di durata della misura cautelare e non anche quella dei limiti massimi, in caso di intervenuta sospensione, di cui all’art. 304 c.p.p., comma 6, dettata esclusivamente per le misure cautelari personali ha, quindi, evidenziato che, persistendo la causa di sospensione dell’efficacia del sequestro, ai sensi del D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 24, comma 2, e art. 304 c.p.p., in ragione della pendenza dei sub-procedimenti di ricusazione, il termine massimo di un anno e sei mesi dall’immissione in possesso dei beni in sequestro non era ancora decorso al momento della dichiarazione di sospensione, disposta con ordinanza del 14.3.2014. Tale assetto normativo, peraltro, è stato ritenuto indenne da dubbi di legittimità costituzionale, in virtù del diverso grado di protezione costituzionale degli interessi in gioco, non essendo esportabile alla materia delle misure cautelari reali, incidenti sulla proprietà, il sistema di tutela imposto alle limitazioni alla libertà personale. 2. Tanto premesso, le doglianze proposte nell’atto di opposizione e ribadite nel ricorso non sono fondate, in quanto il procedimento principale, nell’ambito del quale è stato disposto il sequestro, è stato sospeso in ragione di diverse dichiarazioni di ricusazione, e la domanda di rinvio correlata a tali procedimenti incidentali è idonea a dar luogo alla sospensione dei termini di durata della misura cautelare, secondo le pacifiche coordinate ermeneutiche maturate nella giurisprudenza di legittimità Sez. 2 n. 23872 del 05/03/2014, Rv 259827 Sez. 5, n. 43122 del 23/09/2004, Rv 230126 . In particolare, va precisato che la domanda introduttiva del sub-procedimento che ha dato luogo alla prima decisione reiettiva del Tribunale di Milano, cui è seguito il ricorso per cassazione convertito in opposizione e la seconda decisione reiettiva dell’inefficacia del sequestro, qui impugnata, è esclusivamente basata sulla ritenuta applicabilità al procedimento di prevenzione del limite massimo di durata computato in anni tre della misura cautelare, di cui all’art. 304, comma 6. Tesi, come più diffusamente si dirà, erronea. Con il ricorso principale e con i motivi aggiunti, peraltro, il ricorrente ha concentrato le doglianze, non tanto sull’applicabilità dell’art. 304 c.p.p., comma 6, al procedimento di prevenzione reale, quanto sulla non operatività di una sospensione dei termini di durata non espressamente dichiarata. Al riguardo, le Sezioni Unite di questa Corte, con una decisione invocata dallo stesso ricorrente, hanno affermato il principio secondo cui la presentazione della dichiarazione di ricusazione del giudice non determina automaticamente la sospensione dell’attività processuale e, conseguentemente, non comporta la sospensione dei termini di durata della custodia cautelare ai sensi dell’art. 304 c.p.p., comma 1, lett. a , e comma 4, salvo che intervenga nel momento immediatamente precedente la deliberazione della sentenza, nel qual caso la sospensione dell’attività processuale ha luogo come effetto indiretto della richiesta dell’imputato, con la conseguenza che legittimamente il giudice dispone la sospensione di detti termini Sez. U, n. 31421 del 26/06/2002, Conti, Rv. 22204 . Nel caso in esame, tuttavia, il giudice della prevenzione, rilevato che era stata presentata dichiarazione di ricusazione, ha dichiarato la sospensione, con ordinanza pronunciata il 14.3.2014, prima della scadenza del termine di un anno e sei mesi previsto dal D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 24, comma 2 sicché l’efficacia della sospensione dei termini è stata determinata dall’ordinanza dichiarativa, a nulla rilevando che la stessa non sia stata successivamente sempre reiterata, in quanto la situazione processuale era rimasta inalterata, essendo la causa di sospensione - il sub-procedimento di ricusazione - ancora operativa. Del resto, nell’ottica della autonomia del D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 24, comma 2, rispetto all’art. 304 c.p.p., va menzionato non soltanto l’orientamento di questa Corte, secondo cui, in tema di sospensione del termine di un anno e sei mesi previsto per l’adozione del decreto di confisca dal D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159, art. 24, comma 2, il rinvio alle cause di sospensione dei termini di durata della custodia cautelare previste dall’art. 304 c.p.p., ha carattere statico e recettizio delle singole cause di sospensione e non si estende, in assenza di un esplicito richiamo, all’intera disciplina prevista da tale norma, cosicché non è necessaria una pronuncia esplicita, con ordinanza appellabile, che dichiari la sussistenza della singola causa di sospensione Sez. 6, n. 37472 del 20/06/2017, La Terra, Rv, 271369 , ma altresì la novella, apportata dalla L. 17 ottobre 2017, n. 161, art. 5, che ha inserito nell’art. 24 cit., comma 2, un quarto periodo che prevede Il termine resta altresì sospeso per il tempo necessario per la decisione definitiva sull’istanza di ricusazione presentata dal difensore . In ogni caso, a prescindere dalla natura meramente ricognitiva o innovativa di quest’ultima norma, resta assorbente il rilievo che, nel caso in esame, la sospensione dei termini di durata è stata dichiarata espressamente con ordinanza del giudice della prevenzione. 3. Con riferimento alle ulteriori doglianze proposte con i motivi aggiunti e con la memoria, concernenti la mancata previsione di termini massimi di durata, va innanzitutto ribadito il principio affermato da questa Corte peraltro, proprio nei confronti del medesimo ricorrente, che ripropone doglianze parzialmente sovrapponibili secondo cui in tema di durata del sequestro di prevenzione, il rinvio contenuto nel D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159, art. 24, comma 2, all’art. 304 c.p.p., secondo cui, ai fini del computo del relativo termine, si tiene conto delle cause di sospensione dei termini di durata della custodia cautelare in quanto applicabili, riguarda esclusivamente le ipotesi tipiche di sospensione di cui all’art. 304 cit., commi 1 e 2, salva espressa riserva di compatibilità, e non anche la disciplina dei termini massimi di custodia, prevista dal comma 6 del medesimo articolo, in quanto avente carattere eccezionale a garanzia della libertà personale Sez. 1, n. 2211 del 12/09/2017, dep. 2018, L. , Rv. 272051 . La questione della incidenza - sulla decorrenza del termine previsto dalla legge per il procedimento di primo grado pari ad un anno e sei mesi, salvo proroghe motivate, in massimo di due, della durata di sei mesi ciascuna delle ipotesi di sospensione previste dall’art. 24, comma 2, Cod.Ant. va affrontata partendo dal rilievo preliminare che la locuzione sospensione , ove riferita ad un termine di durata, sta a significare che quel termine, in pendenza della vicenda sospensiva, non decorre. Sul piano logico e giuridico, la decorrenza di un termine è bloccata dall’intervenire della causa o del provvedimento dichiarativo di sospensione per riprendere nel momento in cui si verifica l’estinzione della sospensione sicché il tempo della sospensione è neutro e non può essere computato nella decorrenza complessiva. Nel caso delle misure cautelari personali il legislatore, oltre a disciplinare le singole ipotesi di sospensione dei termini di durata delle misure cautelari personali art. 304 c.p.p., commi 1 e 2 , ne regolamenta gli effetti con una norma tesa a introdurre un limite di durata massima della misura art. 304, comma 6 avente carattere eccezionale, in quanto deroga al generale principio per cui la sospensione implica neutralizzazione della decorrenza di ciò che è sospeso. Ciò avviene per una fondamentale ed avvertita esigenza di garanzia, imposta dal particolare rango del bene libertà personale”, compresso dalla misura cautelare personale, in diretta applicazione della disposizione costituzionale dell’art. 13 Cost., comma 5, secondo cui la legge stabilisce i limiti massimi della carcerazione preventiva . Questo, dunque, è il fondamento costituzionale, e la ragione stessa, della norma di sbarramento” di cui all’art. 304 c.p.p., comma 6, che determina la fissazione di un limite massimo di durata delle restrizioni di libertà di regola, il doppio dei termini di ogni singola fase pur in presenza di una sospensione dei termini peraltro ad esclusione della ipotesi particolare di cui all’art. 304 c.p.p., comma 1, lett. b . Da tale consapevolezza, pertanto, occorre prendere le mosse, al fine di meglio inquadrare la questione in esame. In particolare, va osservato che la tecnica utilizzata dal legislatore in sede di regolamentazione dei limiti massimi di durata del sequestro di prevenzione art. 24, comma 2, Cod. Ant. non è quella del rinvio integrale tra le due disposizioni in rilievo, bensì quella del consapevole ritaglio così, in motivazione, Sez. 1, n. 2211 del 12/09/2017, dep. 2018, L. , Rv. 272051 analogamente, Sez. 6, n. 37472 del 20/06/2017, La Terra, Rv. 271369 . Il riferimento contenuto nel corpo dell’art. 24, comma 2, al terzo periodo, è, infatti, così formulato ai fini del computo dei termini suddetti e di quello previsto dall’art. 22 comma 1, si tiene conto delle cause di sospensione dei termini di durata della custodia cautelare, previste dal codice di procedura penale, in quanto applicabili . Invero, non viene richiamato l’intero istituto della sospensione dei termini di custodia cautelare, né l’intera disposizione regolatrice, ma viene operato un rinvio alle sole cause di sospensione dei termini, in quanto applicabili, non anche alla limitazione degli effetti . Ne consegue che dalla disciplina processualpenalistica art. 304 c.p.p. il D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 24, comma 2, lungi dall’operare un rinvio recettizio, ritaglia la sola parte della disposizione che descrive le ipotesi tipiche le cause di sospensione, ovvero le previsioni di cui all’art. 304 del codice di rito, commi 1 e 2, e non anche la restante parte della disciplina, che resta dettata per le sole misure cautelari personali emesse nel procedimento penale. Dunque la disciplina del termine di durata” del sequestro di prevenzione, contenuta nell’art. 24, comma 2, Cod. Ant., è del tutto autonoma e peculiare, e rinvia esclusivamente alla parte descrittiva delle ipotesi di sospensione dei termini di custodia cautelare contenuta nell’art. 304 c.p.p 3.1. Va, inoltre, rigettata la domanda subordinata, con la quale, dubitandosi della legittimità costituzionale della disciplina che non prevede limiti massimi di durata della sospensione dei termini, si chiede di sollevare la relativa questione di costituzionalità, per la ritenuta violazione dei parametri costituzionali diretti artt. 41, 42 e 11 Cost. ed interposti artt. 6 e 7 CEDU, e art. 117 Cost. . La disciplina del termine di durata del sequestro di prevenzione, così come ricostruita, ha piena autonomia, ed i rilievi difensivi, tesi a sostenere l’ipotesi del contrasto con precetti costituzionali o convenzionali, sono manifestamente infondati. Sia la Costituzione che la CEDU garantiscono diversi livelli di tutela al bene della libertà personale rispetto a quello della proprietà, ed è pertanto del tutto ragionevole che le misure provvisorie incidenti su tali ultimi beni siano diversamente disciplinati a livello normativo. Nelle fonti costituzionali e convenzionali, infatti, si rinviene la previsione espressa del necessario limite massimo di durata in relazione alle sole misure provvisorie incidenti sulla libertà personale art. 13 Cost., comma 5 art. 5, comma 3, CEDU , e pur volendosi ritenere applicabili al procedimento di prevenzione patrimoniale in forza di quanto previsto all’art. 1 del Prot. add. CEDU sulla tutela della proprietà i principi del giusto processo di cui all’art. 6 CEDU, va precisato che nessuna disposizione di tale articolo prende in esame la durata di un provvedimento provvisorio, essendo piuttosto prevista la durata ragionevole” del processo in quanto tale così come, del resto, nell’art. 111 Cost., comma 2 . La prospettazione difensiva pretende, invece, di parificare durata ragionevole del procedimento e limite di durata di un provvedimento provvisorio, che restano, invece, entità giuridiche diverse il limite di durata di un provvedimento provvisorio assume infatti una dimensione intra-procedimentale e si giustifica solo in virtù del particolare livello del bene oggetto di compressione nel caso della libertà personale, come si è rilevato , mentre la violazione della ragionevole durata” del processo in quanto tale, lungi dal determinare l’inefficacia di atti o provvedimenti, fonda esclusivamente, ove riconosciuta come esistente la lesione del diritto, una forma di indennizzo equa riparazione , che peraltro la legge vigente riconosce anche in ipotesi di irragionevole durata” di un procedimento di prevenzione Sez. 6 - 2 civ., n. 3225 del 11/02/2013, Rv 625239 - 01 . 3.2. Manifestamente infondate, infine, sono le doglianze con le quali si lamenta, addirittura, un abuso del diritto da parte dell’autorità giudiziaria. Doglianze quanto meno singolari, ove si consideri che la sospensione del procedimento di prevenzione è stata disposta, in conformità alle disposizioni normative vigenti, la cui legittimità costituzionale e convenzionale” non è seriamente revocabile in dubbio, in ragione delle plurime istanze di ricusazione e dello sviluppo dei relativi procedimenti incidentali pertanto, la durata anomala del procedimento è correlata a scelte processuali che, sia pur nell’esercizio di un diritto riconosciuto dall’ordinamento, sono dello stesso soggetto proposto, non certo dell’autorità giudiziaria procedente. 4. Al rigetto del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.