Rigettata l’istanza di rinvio per legittimo impedimento del difensore se documentata da un “limitato” certificato medico

È legittimo il provvedimento con cui il giudice di merito rigetti l’istanza di rinvio dell’udienza documentata da un certificato medico che si limiti ad attestare un’infermità con limitazione funzionale deambulatoria e ad indicare una prognosi di 7 giorni, senza precisare il grado di intensità di tale stato e la sua capacità a determinare l’impossibilità a lasciare l’abitazione da parte del difensore.

Il caso. La Corte di Cassazione, con sentenza n. 20513/19, depositata il 13 maggio, torna ad esprimersi all’interno di un procedimento che vede gli imputati condannati per il reato di concorso in furto aggravato di 10 pali in ferro di un’azienda, siti su un’area demaniale. Il difensore degli imputati però ha fatto pervenire richiesta di rinvio per suo legittimo impedimento, poiché impossibilitato a viaggiare a causa di un infortunio, a seguito di un incidente sciistico, cui era conseguita una frattura al polso, con prognosi di 30 giorni. Legittimo impedimento del difensore per motivi di salute. Tale istanza di rinvio, per la Suprema Corte, deve essere rigettata, poiché l’impedimento di salute manifestato dal difensore non è idoneo ad avere ricadute in termini di impossibilità assoluta ad essere presente in udienza. Infatti, occorre ribadire che, in tema di impedimento del difensore per motivi di salute, è legittimo il provvedimento con cui il giudice di merito rigetti l’istanza di rinvio dell’udienza documentata da un certificato medico che si limiti ad attestare un’infermità con limitazione funzionale deambulatoria e ad indicare una prognosi di 7 giorni, senza precisare il grado di intensità di tale stato e la sua capacità a determinare l’impossibilità a lasciare l’abitazione, poiché questi sono elementi essenziali per la valutazione della fondatezza, serietà e gravità dell’impedimento. Da ciò deriva la declaratoria di inammissibilità del ricorso.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 22 gennaio – 13 maggio 2019, n. 20513 Presidente Zaza – Relatore Brancaccio Ritenuto in fatto 1. Con il provvedimento impugnato, datato 19.4.2017, depositato il 24.5.2017, la Corte d’Appello di Messina ha confermato la sentenza emessa dal Tribunale di Patti il 5.3.2015, all’esito di rito abbreviato, con la quale C.Z.R. , G.M.A. e G.M.C. sono stati condannati rispettivamente, il primo, alla pena di anni due di reclusione e 600 Euro di multa il secondo alla pena di anni due e mesi otto di reclusione, oltre a 1000 Euro di multa il terzo alla pena di anni due e mesi quattro di reclusione, nonché alla multa di 800 Euro. La contestazione ha riguardo al reato di concorso in furto aggravato di dieci pali in ferro della Azienda Foreste Demaniali di Messina, siti su area demaniale. 2. Avverso il citato provvedimento propongono ricorso gli imputati, tramite il proprio difensore avv. Pruiti Ciarello, deducendo due motivi di ricorso. 2.1. Con il primo motivo si lamenta vizio di violazione di legge in relazione all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b, poiché la Corte d’Appello ha errato nel non riconoscere che i pali costituissero cose abbandonate poiché destinate allo smaltimento la finalità di mero smaltimento dei pali, già rimossi dalla stessa Azienda proprietaria, è chiarita dallo stesso verbale d’arresto in flagranza degli imputati, nonché da altri atti del procedimento. In ogni caso, mancherebbe il necessario requisito della effettiva offensività in concreto della condotta, dettato dai parametri di interpretazione costituzionalmente orientata delle fattispecie penali, in mancanza del quale si realizzerebbe un reato impossibile. Ebbene, nel caso di specie ci si trova dinanzi ad una simile ipotesi poiché la condotta contestata agli imputati è priva di offensività, per le condizioni fattuali dell’oggetto del reato. 2.2. Il secondo motivo di ricorso argomenta violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e in relazione alla invocata esimente di cui all’art. 47 c.p. e dell’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 4. A fronte di puntuali rilievi mossi con l’atto d’appello, la Corte di merito ha risposto in maniera apodittica, non dando alcuna reale spiegazione sulla sussistenza o meno dell’errore sul fatto che costituisce reato. Anche l’attenuante citata è stata esclusa con motivazione illogica, riferita al numero ed alle dimensioni dei tubi, che elude la questione della mancanza di valore reale della refurtiva poiché destinata a smaltimento rifiuti. 3. Deve evidenziarsi che, in relazione alla udienza del 22 gennaio 2019 dinanzi a questo Collegio di legittimità, il difensore di fiducia degli imputati - Avv. Alessandro Pruiti Ciarello - ha fatto pervenire in data 14 gennaio 2019 richiesta da intendersi di rinvio per legittimo impedimento in realtà è una comunicazione del proprio impedimento a comparire , in quanto impossibilitato a viaggiare a causa di un infortunio subito in data 3 gennaio 2019, a seguito di incidente sciistico, cui è conseguita una frattura al polso sinistro, con prognosi di 30 giorni. Considerato in diritto 1. Preliminarmente deve essere trattata l’istanza di rinvio dell’udienza per legittimo impedimento di salute comunicato al Collegio dal difensore degli imputati in data 14 gennaio 2019. L’istanza deve essere disattesa, come richiesto anche dal Sostituto Procuratore Generale in udienza. L’impedimento di salute dedotto non è idoneo ad avere ricadute in termini di assoluta impossibilità a presenziare all’udienza. È stato, infatti, recentemente affermato, con principio da ribadirsi anche nella presente fattispecie, che, in tema di impedimento del difensore per motivi di salute, è legittimo il provvedimento con cui il giudice di merito rigetti l’istanza di rinvio dell’udienza documentata da un certificato medico che si limiti ad attestare un’infermità con limitazione funzionale deambulatoria nella specie si trattava di artropatia reumatica e ad indicare una prognosi di sette giorni, senza precisare il grado di intensità di tale stato e la sua attitudine a determinare l’impossibilità a lasciare l’abitazione, trattandosi di elementi essenziali per la valutazione della fondatezza, serietà e gravità dell’impedimento, non riscontrabili nel caso in cui si tratti di una diagnosi e di una prognosi che, secondo nozioni di comune esperienza, denotino l’insussistenza di una condizione tale da comportare l’impossibilità di comparire in giudizio, se non a prezzo di un grave e non altrimenti evitabile rischio per la propria salute Sez. 3, n. 48270 del 7/6/2018, P., Rv. 274699 . La certificazione medica e la tipologia di infortunio subita - un trauma con frattura al polso sinistro, con prognosi di guarigione in 30 giorni - non attesta in alcun modo l’assoluta necessità di non lasciare il proprio domicilio da parte del difensore, nè l’impossibilità di deambulare e di viaggiare a causa della malattia, essendo, anzi, esso compatibile, in assenza di contrarie, specifiche indicazioni mediche, con le normali attività quotidiane e lavorative nè sono addotte, appunto, complicanze di sorta che potrebbero incidere su tale ordinario decorso della malattia. Peraltro, il rigetto dell’istanza di rinvio nel caso concreto si impone anche sotto il profilo della mancata nomina di un sostituto processuale, in linea con l’indirizzo delle Sezioni Unite, recentemente espresso dalla sentenza Sez. U, n. 41432 del 21/7/2016, Nifo Sarrapocchiello, Rv. 267747, secondo cui solo l’impedimento del difensore a comparire in udienza dovuto a serie, imprevedibili e attuali ragioni di salute, debitamente documentate e tempestivamente comunicate, non comporta l’obbligo di nominare un sostituto processuale o di indicare le ragioni della mancata nomina viceversa, quando l’impedimento per motivi di salute addotto dal difensore non abbia tali caratteristiche, sussiste anche l’obbligo di nominare un sostituto processuale, cosa che - nel caso di specie - non è stata fatta dall’istante, nonostante la malattia gli fosse stata diagnosticata il 3 gennaio 2019, quasi venti giorni prima dell’udienza fissata in sede di legittimità. 2. Nel merito, il ricorso è manifestamente infondato e deve essere dichiarato inammissibile. Quanto alla dedotta insussistenza del reato di furto per inidoneità della res sottratta a costituire oggetto della condotta, difettandole il presupposto della altruità, la giurisprudenza di legittimità ha riferito tale requisito indispensabile ad integrare il reato anche a materiali raccolti e destinati allo smaltimento, non potendo tale destinazione perciò solo escluderlo Sez. 5, n. 7301 del 17/12/2014, dep. 2015, Berlingieri, Rv. 262660 . Nella stessa linea interpretativa, si è ritenuto che addirittura anche i materiali già in piazzola di smaltimento integrano il delitto di furto Sez. 5, n. 42822 del 27/6/2014, Sonzogni, Rv. 260101 . D’altra parte, in tema di reati contro il patrimonio, affinché una cosa possa considerarsi abbandonata dal proprietario, è necessario che, per le condizioni o per il luogo in cui essa si trovi, risulti chiaramente la volontà dell’avente diritto di disfarsene definitivamente Sez. 5, n. 11107 del 26/2/2015, Di Benedetto, Rv. 263105 Sez. 5, n. 35352 del 20/6/2013, Pollina, Rv. 256955 e tale certa intenzione non può essere dedotta, come detto, dalla sola destinazione dei beni allo smaltimento. Nella fattispecie sottoposta al Collegio risulta che i pali non erano tenuti in condizioni tali da far ritenere sussistente la volontà dell’Azienda Foreste Demaniali di Messina di disfarsene, poiché accantonati in area forestale recintata e con ingresso delimitato da un cancello, sicché il provvedimento impugnato ha logicamente escluso, per tali ragioni di fatto, anche la sussistenza dell’invocata esimente dell’errore sul fatto ex art. 47 c.p., non essendo plausibile che gli imputati non si siano resi conto che le cose delle quali si stavano impossessando fossero ancora sottoposte al dominio ed alla custodia del proprietario. Eguale sorte di inammissibilità emerge anche per l’eccezione riferita al vizio di motivazione del provvedimento impugnato nell’escludere l’attenuante della esiguità del danno prevista dall’art. 62 c.p., n. 4. La Corte d’Appello in maniera logica ha sottolineato come, per il numero e le dimensioni dei pali di ferro sottratti, non si può ritenere che essi integrino un danno di speciale tenuità, pur volendo considerare la destinazione allo smaltimento di essi. La concessione della circostanza attenuante del danno di speciale tenuità presuppone necessariamente che il pregiudizio cagionato sia lievissimo ovvero di valore economico pressoché irrilevante - Sez. 4, n. 8530 del 13/2/2015, Chiefari, Rv. 262450 circostanza che mal si concilia con la natura ed il numero delle cose sottratte nella fattispecie sottoposta al Collegio. In ogni caso, il ricorrente deduce solo genericamente il motivo di ricorso, collegando la tenuità del danno, di per sé, alla destinazione allo smaltimento dei pali di proprietà della Azienda Forestale. 3. Alla declaratoria d’inammissibilità segue, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente che lo ha proposto al pagamento delle spese processuali nonché, ravvisandosi profili di colpa relativi alla causa di inammissibilità cfr. sul punto Corte Cost. n. 186 del 2000 , al versamento, a favore della Cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 2.000. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 2.000,00 a favore della Cassa delle ammende.