In tema di espulsione dello straniero, quale misura alternativa alla detenzione, la condizione del convivente more uxorio con un cittadino italiano costituisce causa ostativa, in quanto si considera equiparata a quella di “coniuge”.
Così la Corte di Cassazione con la sentenza numero 16385/19, depositata il 15 aprile. Il caso. L’imputato ricorre per cassazione contro l’ordinanza con cui il Tribunale di sorveglianza di Torino aveva rigettato l’opposizione al decreto che disponeva la sua espulsione ex articolo 16, comma 5, d.lgs. numero 286/1998, lamentando il fatto che il Tribunale non aveva preso in considerazione lo stato di convivenza di fatto con la madre del figlio, entrambi cittadini italiani, condizione idonea ad escludere l’esclusione. Convivenza more uxorio. Nel ritenere il ricorso fondato, la Corte di Cassazione afferma che, in tema di espulsione dello straniero, quale misura alternativa alla detenzione, «la convivenza more uxorio con un cittadino italiano», laddove accertata come sussistente al momento dell’esecuzione del provvedimento, «è ostativa all’espulsione». Tale condizione, infatti, ai fini della verifica delle condizioni che escludono l’espulsione, rileva come quella del coniuge, così come menzionata nell’articolo 19, comma 2, lett. c d.lgs. numero 286/1998, soprattutto in considerazione delle intervenute equiparazioni sotto il profilo del regime giuridico con la l. numero 76/2016. Sulla base di tali principi, discende l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di sorveglianza per nuovo esame.
Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 15 marzo – 15 aprile 2019, numero 16385 Presidente Di Tomassi – Relatore Binenti Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di sorveglianza di Torino, con l’ordinanza indicata in epigrafe, rigettava l’opposizione proposta avverso il decreto che aveva disposto l’espulsione di C.M. D.Lgs. numero 286 del 1998, ex articolo 16, comma 5. 2. Propone ricorso per cassazione C.M. , tramite il proprio difensore, lamentando violazione dell’articolo 125 c.p.p., comma 3, L. numero 76 del 2016, articolo 1, comma 38, e D.Lgs. numero 286 del 1998, articolo 19, sul rilievo che prospettandosi in sede di opposizione la sussistenza delle condizioni di esclusione dell’espulsione, era stato rappresentato non solo il riconoscimento in corso da parte del ricorrente della paternità del figlio nato nel 2007 e cittadino italiano, ma anche lo stato di convivenza di fatto con la madre di tale minore, G.D.S.M. , parimenti cittadina italiana condizione quest’ultima anch’essa idonea a realizzare in sé i presupposti ostativi di cui al citato articolo 19 e tuttavia non presa in alcun modo in considerazione dalla decisione impugnata. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato per le ragioni di seguito illustrate. 2. Secondo l’orientamento di legittimità al quale questo Collegio intende dare continuità, in materia di espulsione dello straniero, quale misura alternativa alla detenzione, la convivenza more uxorio con un cittadino italiano, laddove accertata come sussistente al momento in cui deve porsi in esecuzione il provvedimento, è ostativa all’espulsione, avendosi ai fini in questione una condizione del tutto omogenea rispetto a quella del coniuge specificatamente menzionata dal D.Lgs. numero 286 del 1998, articolo 19 comma 2, lett. c , anche considerando le equiparazioni sotto il profilo del regime giuridico intervenute con la L. numero 76 del 2016 e già previste da altre disposizioni, come quelle dettate dall’articolo 38, comma 1, Ord. penumero Sez. 1, numero 44182 del 27/06/2017, Rv. 268038 . 3. Nel caso di specie, come emerge dalla lettura del provvedimento impugnato, la condizione di convivenza di fatto del ricorrente con la cittadina italiana con la quale lo stesso aveva procreato un figlio, anch’esso cittadino italiano, era stata specificatamente dedotta in sede di opposizione. Tuttavia, la decisione ha del tutto ignorato tale prospettazione che, se fondata, in forza di quanto sopra rilevato, avrebbe potuto in sé realizzare i presupposti ostativi dell’espulsione. Il provvedimento, dunque, in quanto privo di motivazione su un punto essenziale ai fini della decisione, non sfugge ai rilievi mossi con il ricorso. 4. Ne discende l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di sorveglianza per nuovo esame, da svolgere tenendo conto dei rilievi di cui sopra circa la necessità di considerare l’indicata condizione di convivenza. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza di Torino.