La rilevanza del contesto socio-ambientale per il riconoscimento della continuazione tra reati commessi da un minore

Spetta al giudice, con adeguata motivazione, considerare l’incidenza delle condizioni sociali e ambientali in cui il minore è cresciuto sulla programmazione delle condotte illecite tenute, in considerazione della particolare sensibilità del soggetto e della sua condizionabilità dal contesto che lo circonda.

Così la Corte di Cassazione con sentenza n. 16128/19, depositata il 12 aprile. La vicenda. L’imputato ricorre per la cassazione dell’ordinanza del Tribunale per i minorenni con cui è stata rigettata l’istanza di riconoscimento del vincolo della continuazione tra i fatti giudicati con tre sentenze e definiti come reati di cui agli artt. 495, 337 c.p. e per il reato di cui all’art. 116 d.lgs. n. 285/1992. In particolare il difensore dell’imputato deduce l’erronea applicazione di legge penale, con riferimento all’art. 81 c.p La continuazione tra reati commessi da un minore. Sul punto la giurisprudenza di legittimità ha più volte sostenuto che, in tema di riconoscimento della continuazione tra reati commessi da un soggetto minorenne, spetta al giudice, con adeguata motivazione, considerare l’incidenza delle condizioni sociali e ambientali in cui il minore è cresciuto sulla programmazione dei comportamenti illeciti tenuti, se connotati da notevole contiguità temporale e uniformità di modalità esecutive, in considerazione della particolare sensibilità del soggetto. Ebbene, nel caso in esame, la motivazione svolta dal Tribunale per i minorenni nell’ordinanza impugnata presenta profili di insufficiente specificità sulla relazione tra i singoli fatti delittuosi, commessi dal minore in un contesto socio-familiare sfavorevole. Di conseguenza, il provvedimento impugnato deve essere annullato con rinvio al Tribunale per i minorenni che terrà conto dei rilievi indicati dalla Suprema Corte per giungere così a nuovo esame.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 29 gennaio – 12 aprile 2019, n. 16128 Presidente Mazzei – Relatore Fiordalisi Ritenuto in fatto 1. N.R. ricorre avverso l’ordinanza del 15 giugno 2018 del Tribunale per i minorenni di Milano, con la quale è stata rigettata l’istanza di riconoscimento del vincolo della continuazione tra i fatti giudicati a con la sentenza del Tribunale per i minorenni di Milano del 7 luglio 2016, confermata dalla Corte di appello, Sezione minorenni, di Milano, con sentenza del 6 dicembre 2016 irrevocabile il 10 gennaio 2018 , di condanna alla pena di mesi 5 e giorni 12 di reclusione, per il reato di cui all’art. 495 c.p., commesso il omissis b con la sentenza del Tribunale per i minorenni di Milano del 20 dicembre 2012, riformata dalla sentenza dell’8 settembre 2015 della Corte di appello, Sezione minorenni, di Milano irrevocabile il 25.1.2017 , di condanna alla pena di mesi 8 di reclusione e Euro 1.000,00 di ammenda per il reato di cui art. 495 c.p., commesso il omissis , per il reato di cui all’art. 337 c.p., commesso il omissis , per il reato di cui al D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 116, commesso il omissis c con la sentenza del Tribunale per i minorenni di Milano del 22 marzo 2013, confermata con sentenza del 9 dicembre 2013 dalla Corte di appello di Milano, Sezione per i minorenni, irrevocabile il 10 aprile 2015, di condanna alla pena di anni 9 e mesi 8 di reclusione ed Euro 4000 di ammenda, in ordine ai reati di cui all’art. 61 c.p., n. 2, art. 575 c.p., art. 576 c.p., n. 1, e art. 5 bis c.p., all’art. 337 c.p., all’art. 116 C.d.S., e art. 189 C.d.S., comma 6, commessi a omissis . 2. Deduce il ricorrente l’erronea applicazione della legge penale, in relazione all’art. 81 c.p., e vizio di motivazione, atteso che il giudice dell’esecuzione non avrebbe svolto un’adeguata analisi dei presupposti previsti dalla legge per il riconoscimento della continuazione, ritenendo che le condotte delittuose, di cui alle citate sentenze, non presentassero indici sintomatici di attuazione di un progetto criminoso unitario. In particolare il minore N. , che viveva in un ambiente familiare e sociale in grado di condizionarlo negativamente, voleva perseguire uno scopo ben preciso quello di guidare autoveicoli in modo indisturbato, anche senza aver conseguito la patente motivo per il quale egli, nato in omissis , era stato indotto ad occultare la sua identità anagrafica, facendo ricorso anche ad atti violenti di resistenza nei confronti di un pubblico ufficiale, per sfuggire al controllo, oppure dichiarando, quando lo ha ritenuto necessario, false generalità. Considerato in diritto 1. Ritiene la Corte che il ricorso sia fondato e come tale vada accolto. 2. La giurisprudenza di legittimità Sez. 1 n. 18318 del 26/03/2018 ha precisato che, in tema di riconoscimento della continuazione tra reati commessi da un soggetto minorenne, incombe sul giudice di considerare, con puntuale motivazione, l’incidenza delle condizioni sociali ed ambientali in cui il minore è cresciuto sulla programmazione delle condotte illecite commesse, specialmente se connotate da notevole contiguità temporale e uniformità di modalità esecutive, in considerazione della particolare sensibilità del medesimo e della conseguente sua condizionabilità dal contesto circostante. 3. Nel caso di specie, la motivazione svolta dal Tribunale per i minorenni di Milano nell’ordinanza impugnata presenta profili di insufficiente specificità sulla relazione tra i singoli fatti delittuosi, commessi dal minore in un contesto socio-familiare sfavorevole, che legittimano la censura di mancanza di motivazione dedotta dal ricorrente. Il giudice dell’esecuzione, dopo aver ricordato i principi giurisprudenziali che devono essere osservati in materia di applicazione della disciplina del reato continuato, si è limitato ad effettuare un generico riferimento al ritenuto lungo arco temporale in cui i reati sono stati posti in essere, senza compiere una specifica valutazione delle situazioni fattuali che ne costituiscono il contenuto, allo scopo di verificare nell’iniziale violazione del 29 maggio 2010 di cui alla sentenza sub a nell’elenco che precede la presenza di eventuali indici sintomatici della preventiva rappresentazione, sia pure a grandi linee, dei reati successivi, come esposto dall’istante nell’incidente di esecuzione. In particolare, con riferimento alle modalità dei fatti commessi, la Corte d’appello, Sezione per i minorenni, di Milano nella sentenza dell’8 settembre 2015 indicata sub b di cui è riportato uno stralcio nelle pagine 4 e 5 del ricorso , giudicando nei procedimenti riuniti in quella fase n. 42/2013, per i reati di cui al D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 116, e all’art. 495 c.p., commessi a OMISSIS e n. 48/2013, per i reati di cui al D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 116, e all’art. 337 c.p., commessi a OMISSIS ha condannato l’imputato, evidenziando che tutti i reati dei proc. nn. 42 e 48 del 2013 erano avvinti dal medesimo disegno criminoso agli effetti dell’art. 81 c.p Tale giudizio della Corte territoriale in sede di cognizione costituisce un precedente non trascurabile che impone al giudice dell’esecuzione una motivazione specifica in ordine alla nuova richiesta di unificazione dei reati giudicati con le suddette sentenze sub a , b e c , per più reati di guida senza patente art. 116 C.d.S. , ai quali si accompagna, in un caso, la dichiarazione di false generalità con l’attribuzione della maggiore età, art. 495 c.p. e, nell’altro, la violenza a pubblico ufficiale art. 337 c.p. , l’omicidio stradale art. 575 c.p., art. 576 c.p., nn. 1 e 5 bis e l’omissione di soccorso della vittima dell’investimento con la fuga in auto per non farsi identificare art. 189 C.d.S., comma 6 v. rispettivamente, la sentenza b e c , Pertanto, è necessario verificare con un’attenta analisi degli specifici indici sintomatici rappresentati dall’istante se vi siano analoghi motivi per ritenere l’unicità del disegno criminoso, al fine di applicare tra i reati suindicati la disciplina della continuazione, ai sensi dell’art. 671 c.p.p., anche solo parzialmente tra i fatti di cui alle sentenze sub b ed a quest’ultima recante condanna solo per il reato di cui all’art. 495 c.p. . Tali episodi, infatti, sono connotati da omogeneità tipologica ed esecutiva già o apprezzata dalla stessa Corte d’appello in sede di cognizione, con la citata sentenza indicata sub b , nella quale è stato sottolineato che l’imputato è inserito in un sistema famiglia non rispettoso delle regole e tollerante, se non autorizzante, del fatto che N. fin da piccolo adolescente guidasse veicoli . In definitiva va adeguatamente vagliata, con piena autonomia di giudizio in sede di esecuzione, l’incidenza delle condizioni sociali ed ambientali, in cui il minore è cresciuto, sulla prospettata programmazione unitaria di tutte le condotte illecite commesse, specialmente se connotate da contiguità temporale e uniformità di modalità esecutive, in considerazione della particolare vulnerabilità del medesimo e della conseguente sua condizionabilità dal contesto circostante. 4. Il provvedimento impugnato, di conseguenza, deve essere annullato, con rinvio al Tribunale per i minorenni di Milano, che terrà conto dei rilievi che precedono e giudicherà in diversa composizione Corte Cost. n. 183 del 2013 . 5. Ricorrono i presupposti di cui al D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52, per ommettere le generalità e gli altri dati identificativi dell’imputato. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale per i minorenni di Milano. In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto imposto dalla legge.