Codice rosso, Revenge porn e vittime digitali. Plauso e criticità applicative

Il Revenge porn sta per diventare reato nel nuovo art. 612-ter c.p. introdotto dall'approvando d.d.l. comma 1455 c.d. Codice rosso Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere .

Plauso per la bontà della norma. Attenzione all'effettività della tutela delle vittime scarsamente garantita senza l'obbligo di filtraggio specifico del provider secondo un meccanismo di notice and take down . Il contesto. In data 3 Aprile 2019 la Camera dei Deputati ha approvato all'unanimità l'emendamento sul Revenge porn introdotto nel disegno di legge del Governo relativo alla tutela delle vittime di violenza di genere d.d.l. comma 1455 - cosiddetto Codice rosso - Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere . Si tratta dell'odiosa pratica degli ex vendicativi di diffondere nel web foto o video compromettenti della donna che li ha lasciati. Molto spesso la vendetta si amplifica iscrivendo la malcapitata a propria insaputa presso siti di incontri a scopo sessuale. Ricordiamo il caso vagliato da Cass. pen., sez. III, n. 28680/04 in cui l'uomo abbandonato ha diffuso su un sito web di incontri le immagini tratte da una videocassetta contenente lo spogliarello della ex con tanto di numero di cellulare della ragazza. La poveretta non solo è stata soggetta al pubblico ludibrio ma addirittura ha subito episodi di stalking da terzi, trovandosi sotto casa uomini sconosciuti che la pedinavano e la massaggiavano” a scopo di incontri sessuali. Nel 2004 tutto questo è stato valutato di scarsa importanza stante il risarcimento provvisionale stabilito nella somma di 2.000,00 euro. In tutti gli arresti degli Ermellini, il fine dell’autore è sempre quello di danneggiare la reputazione altrui grazie al trattamento manipolatorio dei dati personali foto, nome, utenza cellulare, video . Ricordiamo ancora altri casi - Cass. pen., sez. III, n. 5728/05 in cui il condannato aveva aperto un dominio Internet e due indirizzi di posta elettronica a nome della ex iscrivendola poi a un sito di messaggistica erotica - Cass. pen., sez. V, n. 46674/07 in cui l'uomo, condannato ex art. 494 c.p., si è sostituito all'identità della ex fidanzata creando un account falso di posta elettronica utilizzato per danneggiare la reputazione dell’identità falsificata che è stata investita da telefonate di uomini che le chiedevano incontri a scopo sessuale - Cass. pen., sez. V, n. 18826/13 in cui una dipendente licenziata è stata condannata ex art. 494 c.p. perché a scopo di vendetta aveva costruito un account falso in una web chat erotica collegato al cellulare della ex datrice di lavoro che così è stata investita da una marea di telefonate hard. Tutto questo fino a giungere al tristissimo caso della povera Tiziana Cantone , condotta al suicidio dallo tsunami reputazionale scatenato dalla diffusione online di un suo video hard. Sotto il profilo umano avrei volentieri evitato di citare questa brutta vicenda ma sotto il profilo giuridico mi è impossibile non parlarne perché questo non è un caso ma è il Caso emblematico della risonanza incontrollata e inarrestabile periculum in mora dei contenuti lesivi nell'Internet. La ragazza aveva girato in modo consenziente un video osé con il proprio fidanzato. Tuttavia tale registrazione non resta isolata nelle mani del compagno ma viene ceduta a degli amici che a loro volta la cedono in alcune chat e da queste si diffonde nei siti porno internazionali. Lo tsunami virale vero e proprio si scatena quando gli spezzoni di questo video esplodono a pioggia su social network popolari come Facebook. A questo punto, il danno reputazionale si decuplica perché la poveretta è riconosciuta da parenti, amici, vicini di casa, da tutto il mondo che l'aveva vista crescere. Si noti che l'incidenza maggiore del pregiudizio si registra nelle piazze virtuali in cui Tiziana è conosciuta in quanto persona e non nei siti porno in cui poteva essere conosciuta come una bella donna. Il caso Cantone è emblematico perché evidenzia la potenza reputazionale non controllabile della rete che nell'ipotesi di fama negativa arreca un pregiudizio irrimediabile al punto che la riaffermazione del Se richiede un atto estremo . Il revenge porn diventa reato nell'approvando art. 612-ter c.p Il nuovo articolo 612- ter c.p. si distingue in due commi. Il primo comma punisce i soggetti che dopo aver realizzato o sottratto, senza la necessaria autorizzazione dell'interessata, immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, le inviano, le consegnano, le cedono, le pubblicano o comunque le diffondono. Il secondo comma punisce le stesse condotte, attivate dai destinatari di tali contenuti o comunque da terzi che ne siano entrati in possesso e li utilizzino con il dolo specifico di arrecare nocumento alla vittima. Quest'ultima previsione riduce molto le possibilità di arrestare la diffusione dei contenuti lesivi perché non contempla tutti coloro che fruendone per curiosità personale ne aumentano comunque la condivisione e l'irradiazione nel web. Sono previste sanzioni più dure per l'agente che precedentemente al fatto di reato abbia intrattenuto una relazione affettiva con la vittima come ad esempio il coniuge, l'ex compagno, il marito separato o divorziato. Ulteriore aggravante si registra quando il tutto si consuma online tramite gli strumenti informatici e telematici. Il ddl è stato definito anche Codice Rosso perché deve avere priorità su tutti gli altri casi come nei soccorsi ospedalieri di urgenza. La velocizzazione del percorso giudiziario si ottiene imponendo l'audizione della vittima davanti al PM entro tre giorni dall'iscrizione della notizia di reato. Anche le indagini disposte dalla Procura devono avere massima celerità. Inoltre gli operatori di Polizia Giudiziaria sono obbligati a frequentare specifici corsi di formazione in materia di violenza di genere. Le somme per le spese sostenute per attuare la riforma sul revenge porn e sulla violenza di genere vengono attinte dal Fondo per le Pari Opportunità. Revenge porn, cyberstalking e delirio di onnipotenza digitale. Molto spesso il reato di revenge porn si accompagna con quello di stalking in quanto il persecutore di solito non si arresta alla prima attività lesiva ma continua in modo abituale fino a ingenerare nella vittima uno stato di ansia e paura che obbliga la parte offesa a cambiare abitudini di vita. Pensiamo al caso Cass. pen., n. 12203/15 dell'ex marito geloso che per vendetta aveva diffuso le foto intime della ex moglie su Facebook a mezzo di vari profili e minacciato di indirizzarle direttamente ai figli della vittima dopo averlo già fatto nei confronti del cognato, del nipote minorenne e della datrice di lavoro i comportamenti dell’indagato, susseguitisi per mesi e mesi, determinavano nella vittima un grave stato d’ansia e una incontrollabile paura come d’altronde è naturale immaginare , che l’avevano costretta a modificare le proprie abitudini ed a rivolgersi ad uno psicologo presso il centro di sostegno [] Cass. pen., n. 12203/15 . La brama di vendetta a volte assume contorni talmente eccessivi da diventare un vero e proprio delirio di onnipotenza digitale. L'ex vendicativo o comunque l'autore della persecuzione cyberstalking a mezzo revenge porn arriva a sentirsi un dio grazie alla buona conoscenza dell’Internet e così smonta e rimonta i pezzi del soggetto informativo a proprio piacimento esattamente come avviene nel gioco del Lego. In definitiva si costruisce un film del tutto travisato sulla vita della preda. Un chiaro esempio di questo delirio di onnipotenza digitale si riscontra in Cass. 22933/2015. Una donna aveva preso in odio una ragazzina di 17 anni e così decide di costruire dei fotomontaggi osé ritraenti pose sessualmente audaci falsamente ricondotte alla poveretta tramite l'assemblaggio del volto della ragazzina con avvenenti corpi femminili. Una volta confezionato, il fake viene caricato su piattaforme di file sharing in questo caso eDonkey e condiviso con tutti gli utenti della Rete. Il dolo dell'autrice emerge da una conversazione via sms con un'amica in cui il 4 gennaio 2007 - parlando della vittima - scrive dobbiamo scrivere la sua storia e la mettiamo su internet tipo melissa p. . Nessuna difesa preventiva contro il Revenge porn. Le criticità applicative del Codice rosso. Nell'Internet non esistono strumenti di difesa preventivi atti a evitare le condotte lesive. Questo rende molto basso il livello di protezione dell’identità del soggetto in Rete che può essere facilmente preda di manipolazione. Una buona norma come quella sul Revenge porn rischia di vanificarsi in assenza di adeguate misure attuative. L'apprezzabile pratica del Codice rosso per attivare celermente l'azione penale perde efficacia ove non si impongano ai providers meccanismi di notice and take down . Il contenuto lesivo, una volta sparato in rete, esplode in migliaia di schegge impazzite che atterrano in disparati e incalcolabili spazi digitali. I flussi informativi così originati possono essere arrestati solo con l'intervento immediato dei providers obbligati dalla legge ad attivarsi subito quando giunge segnalazione del revenge porn, secondo il meccanismo del notice and take down . Perché il legislatore non ha stabilito per il revenge porn la stessa procedura d'urgenza prevista per il cyberbullismo? La disciplina anti-cyberbullismo, in presenza di segnalazione per rimozione di contenuti lesivi postati in rete ai danni di un minore, obbliga i responsabili o i titolari a comunicare la presa in carico dell’istanza entro le 24 ore dalla sua ricezione e a provvedere alla richiesta entro le 48 ore. In caso contrario il richiedente potrà rivolgersi al Garante per la protezione dei dati personali che dovrà provvedere entro i successivi due giorni. La corsia preferenziale del Codice rosso non serve a nulla se non vi sia un blocco preventivo immediato dei contenuti lesivi. Blocco che all'esito delle indagini potrà essere confermato o revocato secondo la stessa ratio cautelare degli arresti domiciliari. L'importanza dei diritti della persona violati e la gravità del pregiudizio arrecato prevalgono sulla libertà di iniziativa imprenditoriale del provider in qualsiasi pratica di bilanciamento. Inoltre, trattandosi di una misura di blocco specifico non si contravviene neppure al divieto dell'obbligo generale di sorveglianza disposto dall'art. 17 d.lgs. n. 70/2003 come ormai stabilito da consolidata giurisprudenza interna e della CGUE in materia di responsabilità del provider in particolare ci si riferisce a CGUE Sez. IV, 27 marzo 2014, C-314/12, UPC Telekabel/Costantin e Wega ripresa recentemente ai fini dell'inibitoria pro futuro da Cass. sez. I civ. sentenza n. 7708/19, 19 marzo 2019 - Mediaset/Yahoo!. Questo orientamento giurisprudenziale ammette addirittura l'inibitoria pro futuro purché consista in un filtraggio preventivo specifico solo per determinati contenuti. Secondo le Corti il provider ha l'obbligo di far cessare o rimuovere gli illeciti tutela ex post ma ha anche l'obbligo di impedire altre violazioni dello stesso tipo tutela ex ante . A supporto di questa tesi la Cassazione 7708/2019 richiama la CGUE Sez. IV, 27 marzo 2014, C-314/12, UPC Telekabel/Costantin e Wega secondo cui 37 la direttiva 2001/29 dispone che le misure che gli Stati membri sono tenuti ad adottare per conformarsi alla medesima abbiano l’obiettivo non solo di far cessare le violazioni inferte al diritto d’autore o ai diritti connessi, ma altresì di prevenirle v., in tal senso, sentenze del 24 novembre 2011, Scarlet Extended, -70/10, Racc. pag. I‑11959, punto 31, e del 16 febbraio 2012, SABAM, -360/10, punto 29 .