Fogli e caffè nella bacheca sindacale: escluso il reato di danneggiamento

L’art. 635 c.p. punisce il danneggiamento solo se attuato con violenza alla persona, con minaccia o in presenza delle altre condizioni di cui al comma 1, oppure se riguarda le cose elencate dal comma 2.

Sul tema la sentenze dalla Corte di Cassazione n. 14108/19, depositata il 1° aprile. Il fatto. Il Giudice di Pace di Busto Arsizio dichiarava non doversi procedere nei confronti di un imputato accusato di aver imbrattato una bacheca in uso alla segreteria sindacale. Il difensore della parte civile costituita chiede l’annullamento della sentenza dolendosi per aver il GdP ritenuto insussistente il fatto, escludendo una modifica strutturale o funzionale della bacheca e trascurando la sua collocazione in luogo pubblico. Deduceva inoltre il ricorrente vizio di motivazione per aver disatteso la testimonianza relativa agli screzi con l’imputato per motivi sindacali. Configurabilità del reato. A seguito della modifica di cui al d.lgs. n. 7/2016, l’art. 635 c.p. punisce il danneggiamento solo se attuato con violenza alla persona, con minaccia o in presenza delle altre condizioni di cui al comma 1, oppure se riguarda le cose elencate dal comma 2. Come precisa la Suprema Corte per configurarsi un danneggiamento è necessario che la capacità della cosa di soddisfare i bisogni umani o l’idoneità della stessa di rispettare la sua naturale destinazione risulti ridotta, con compromissione della relativa funzionalità, nel senso che la cosa che ne costituisce oggetto sia ridotta in uno stato tale da rendere necessaria, per il ripristino, una attività non agevole . Applicando tali principi al caso di specie, correttamente il Giudice di Pace ha escluso la sussistenza della fattispecie in parola posto che dalla ricostruzione del fatto deve essere escluso il danneggiamento della bacheca non avendo essa subito alcuna modifica di rilievo sostanziale o funzionale le carte e i fogli, financo i liquidi di caffè, introdotti all’interno della stessa non possono comportare quella modifica richiesta per la commissione del reato potendo essere asportati e la bacheca pulita senza difficoltà ripristinando la funzionalità della stessa senza interventi di particolare complessità manutentiva . Per questi motivi, il ricorso viene dichiarato inammissibile e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 28 novembre 2018 – 1 aprile 2019, n. 14108 Presidente Petruzzellis – Relatore Costanzo Ritenuto in fatto 1. Con sentenza n. 58/2017 dell’1/6/2017, il Giudice di Pace di Busto Arsizio ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di M.P. - accusato, ex art. 635 c.p., comma 1, e art. 639 c.p., comma 1, e art. 81 c.p. di avere imbrattato una bacheca in uso alla segretaria sindacale SILP-CGIL in omissis - perché il fatto non sussiste. 2. Nel ricorso presentato dal difensore della parte civile costituita S.G. si chiede l’annullamento della sentenza deducendo a inosservanza o erronea applicazione della legge e vizio della motivazione per avere erroneamente escluso una modificazione strutturale funzionale o un consistente deterioramento della bacheca che si assume danneggiata, nonché la sua collocazione in un luogo pubblico b vizio della motivazione nel disattendere la testimonianza di C.F. in considerazione dei suoi screzi con l’imputato per motivi sindacali e per avere trascurato di valutare uno dei filmati che riprendono le condotte dell’imputato c mancata assunzione di una prova decisiva e travisamento della testimonianza del teste C.F. . 3. Il difensore dell’imputato ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso. Considerato in diritto 1. Il ricorso è manifestamente infondato. 1.1. Nella sua formulazione attuale, dopo la modifica introdotta con D.Lgs. 15 gennaio 2016, n. 7, l’art. 635 c.p., punisce un danneggiamento solo se attuato con violenza alla persona o con minaccia o se ricorrono le altre condizioni indicate nell’art. 635 c.p., comma 1 oppure se riguarda le cose indicate nel comma 2 dello stesso articolo. Il capo di imputazione ha qualificato ex art. 635 c.p., comma 1, la condotta ascritta all’imputato, ma tale condotta, in assenza di violenza alla persona o minaccia non è riconducibile alla prima delle due fattispecie incriminatrici prevista dall’art. 635 c.p., e la diversa ricostruzione dei fatti caldeggiata dal ricorrente sulla base di quanto dedotto nei primi due motivi di ricorso non varrebbe a mutare tale conclusione. Per configurarsi un danneggiamento è necessario che la capacità della cosa di soddisfare i bisogni umani o l’idoneità della stessa di rispettare la sua naturale destinazione risulti ridotta, con compromissione della relativa funzionalità, nel senso che la cosa che ne costituisce oggetto sia ridotta in uno stato tale da rendere necessaria, per il ripristino, una attività non agevole Sez. 3, n. 15460 del 10/02/2016, Rv. 267823 Sez. 2, n. 20930 del 22/02/2012, Rv. 252823 Sez. 2, n. 41284 del 23/09/2009, Rv. 245245 . La ricostruzione dei fatti sviluppata dal Giudice di Pace sulla base di pertinenti massime di esperienza e senza incorrere in manifeste illogicità esclude che l’imbrattamento abbia danneggiato la bacheca del sindacato non avendo comportato alcuna modifica di rilievo sostanziale o funzionale le carte e fogli, financo i liquidi di caffè, introdotti all’interno della stessa non possono comportare quella modifica richiesta per la commissione del reato potendo essere asportati e la bacheca pulita senza difficoltà ripristinando la funzionalità della stessa senza interventi di particolare complessità manutentiva . Sulla base di questa conclusione viene meno in radice anche una ipotetica configurabilità del reato ex art. 635 c.p., comma 2, n. 1 che nella sentenza viene esclusa, per altro verso, non riconoscendo natura di edificio pubblico alla sottosezione della Polizia stradale perché non vi è ammesso un accesso non autorizzato . Pertanto, il motivo di ricorso concernente la configurabilità del reato di danneggiamento è manifestamente infondato. 1.2. Lo è anche il secondo motivo di ricorso, concernente la prova del reato ex art. 639 c.p La sentenza ha escluso che il reato sia provato argomentando specificamente che il filmato visionato in aula non mostra un versamento di liquidi caffè all’interno della bacheca da parte dell’imputato e ha valutato non credibile il testimone C. evidenziando l’esistenza di suoi screzi con l’imputato e che le sue dichiarazioni contengono discordanze rispetto alla ricostruzione dei fatti proveniente dalla stessa parte offesa penultima pagina, non numerata, della sentenza impugnata . Va ribadito che il giudizio sulla rilevanza e attendibilità delle fonti di prova o circa contrasti fra le dichiarazioni testimoniali e la scelta tra divergenti versioni e interpretazioni dei fatti competono al Giudice di merito e quando - come nel caso in esame - risultano esenti da interne incompatibilità e non irragionevoli, non sono sindacabili nel giudizio di legittimità Sez. 5, n. 51604 del 19/09/2017, Rv. 271623 Sez. 2, n. 20806 del 05/05/2011, Rv. 250362 . 1.3. Manifestamente infondato, infine, è pure il terzo motivo di ricorso, sostanzialmente reiterante le precedenti deduzioni nella parte in cui fa riferimento a un secondo filmato che però non risulta menzionato nella sentenza e in relazione al quale il ricorrente non deduce espressamente un travisamento della prova né contesta il rigetto di una richiesta di acquisirlo. 3. Dalla inammissibilità del ricorso deriva ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al pagamento a favore della Cassa delle Ammende della somma che risulta congruo determinare in Euro 2000. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende.