Tentato furto malriuscito: escluse sia la causa di non punibilità, sia l’attenuante della lieve entità del danno

L’attenuante relativa alla lieve entità del danno è applicabile anche al delitto tentato solo laddove sia possibile desumere con certezza, dalle modalità del fatto e in base ad un preciso giudizio ipotetico che, se il reato fosse stato portato al compimento, il danno patrimoniale per la persona offesa sarebbe stato di rilevanza minima.

Lo ribadisce la Cassazione con sentenza n. 13801/19 depositata il 29 marzo. Furto pluriaggravato. Gli imputati ricorrono per cassazione avverso la sentenza con cui la Corte d’Appello di Catanzaro confermava la condanna per il reato di furto pluriaggravato, lamentando il denegato riconoscimento della causa di non punibilità di cui all’art. 131- bis c.p. e dell’attenuante relativa alla lievità del danno, consistito nella semplice forzatura della portiera del veicolo oggetto del tentato furto. Esclusione della causa di non punibilità. Quanto alla doglianza relativa alla non operatività della causa di non punibilità prevista all’art. 131- bis c.p., secondo la Cassazione, i Giudici della Corte territoriale hanno correttamente ritenuto ostativa la pena edittale massima prevista per il reato contestato. Infatti, se pur ritenuto furto tentato e non consumato, il reato è stato contestato nella forma pluriaggravata ex art. 625, comma 2, c.p., per la quale è prevista la pena massima di 10 anni di reclusione e, nel caso di tentativo, di 6 anni e 8 mesi, già correttamente ritenuta incompatibile con le condizioni previste per l’operatività della causa di non punibilità invocata. Non operatività dell’attenuante della lieve entità del danno. Circa l’attenuante della lievità del danno, gli Ermellini affermano che i Giudici d’Appello hanno correttamente applicato il principio secondo cui tale attenuante è applicabile anche al delitto tentato quando è possibile desumere con certezza, dalle modalità del fatto e in base ad un preciso giudizio ipotetico che, se il reato fosse stato portato al compimento, il danno patrimoniale per la persona offesa sarebbe stato di rilevanza minima . Pertanto, sia in ragione del danno effettivamente provocato, sia in ragione del valore del bene che gli imputati hanno cercato di sottrarre, secondo la Cassazione, la Corte d’Appello ha correttamente escluso l’operatività della circostanza in questione. Sulla base di tali considerazione, i Giudici di legittimità hanno dichiarato i ricorsi inammissibili.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 11 febbraio – 29 marzo 2019, n. 13801 Presidente De Gregorio – Relatore Pistorelli Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Catanzaro ha confermato la condanna di V.D. e P.D. per il reato di furto tentato pluriaggravato, mentre in parziale riforma della pronunzia di primo grado, ritenuta la prevalenza delle già riconosciute attenuanti generiche sulle contestate aggravanti, ha rimodulato il trattamento sanzionatorio in senso favorevole agli imputati. 2. Avverso la sentenza ricorrono entrambi gli imputati a mezzo dei rispettivi difensori. 2.1 Con il ricorso proposto nell’interesse del V. vengono dedotti vizi di motivazione in merito al denegato riconoscimento della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis c.p., di cui erroneamente sarebbe stata esclusa l’operatività senza tenere conto che il reato di furto è stato contestato nella forma del tentativo, nonché al mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 4, ed all’omessa revisione del giudizio di bilanciamento ex art. 69 c.p 2.2 Nell’interesse del P. sono stati proposti nei termini due ricorsi, entrambi a firma, dell’avv. Sergio Lucisano. Con il primo invece vengono dedotti violazione di legge e vizi della motivazione in merito all’affermazione di responsabilità dell’imputato, al denegato riconoscimento della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis c.p., e soprattutto dell’attenuante della lievità del danno, posto che questo sarebbe consistito semplicemente nella forzatura della portiera del veicolo oggetto del tentato furto. Il secondo in ordine cronologico è invece in tutto identico a quello presentato nell’interesse del V. e pertanto si richiama l’illustrazione dei relativi motivi effettuata in precedenza. Considerato in diritto 1. I ricorsi sono inammissibili. 2. Manifestamente infondate e generiche sono le doglianze proposte con il primo ricorso del P. in merito all’affermazione della sua responsabilità. Contrariamente a quanto eccepito, la Corte territoriale non si è limitata a riportarsi alla motivazione della sentenza di primo grado, ma ha autonomamente valutato le risultanze processuali logicamente poste a sostegno della decisione e rappresentate, oltre che dal verbale relativo all’arresto in flagranza dell’imputato, dalla sua confessione resa all’udienza di convalida. Apparato giustificativo con il quale il ricorrente non si è in alcun modo confrontato. 3. Quanto alle censure comuni ad entrambi i ricorrenti, deve rilevarsi innanzi tutto come siano manifestamente infondate quelle relative alla mancata applicazione dell’art. 131 bis c.p Correttamente, infatti, la Corte territoriale ha ritenuto ostativa in tal senso la pena edittale massima prevista per il reato in contestazione. È sì vero che quello per cui è intervenuta condanna è un furto tentato e non consumato, ma lo stesso è stato contestato nella forma pluriaggravata di cui all’art. 625 c.p., comma 2, per la quale è prevista la pena massima di dieci anni di reclusione e, nel caso di tentativo, di anni sei e mesi otto, giustamente ritenuta incompatibile con le condizioni normativamente previste per l’operatività dell’invocata causa di non punibilità. Circa l’attenuante della speciale tenuità idei danno, altrettanto correttamente i giudici dell’appello si sono richiamati all’insegnamento di questa Corte per cui la suddetta attenuante è applicabile anche al delitto tentato quando sia possibile desumere con certezza, dalle modalità del fatto e in base ad un preciso giudizio ipotetico che, se il reato fosse stato riportato al compimento, il danno patrimoniale per la persona offesa sarebbe stato di rilevanza minima Sez. U, n. 28243 del 28/03/2013, Zonni Sanfilippo, Rv. 255528 . Conseguentemente la sussistenza della circostanza in questione è stata esclusa in ragione non solo del danno effettivamente provocato il danneggiamento della serratura del veicolo , ma anche del valore del bene che i due imputati hanno cercato di sottrarre e cioè la vettura, logicamente ritenuto incompatibile con l’attenuante. Quanto infine all’invocata revisione del giudizio di bilanciamento è appena il caso di rilevare come già la Corte territoriale abbia ritenuto le concesse attenuanti generiche prevalenti sulle contestate aggravanti, provvedendo ad operare l’ulteriore riduzione di pena pretermessa dal giudice di primo grado, talché la doglianza si rivela del tutto priva di fondamento. 4. Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi consegue ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna di ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma, ritenuta congrua, di Euro tremila alla Cassa delle Ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000 in favore della Cassa delle Ammende.