Proscioglimento dell’imputato minorenne per irrilevanza del fatto anche nel dibattimento

Ritenendo irrilevante la questione di legittimità costituzionale dell’art. 27 d.P.R. n. 448/1988 in relazione all’istituto di cui all’art. 131-bis c.p., gli Ermellini ricordano che la Consulta ha già avuto modo di pronunciarsi sull’istituto del proscioglimento dell’imputato minorenne per irrilevanza del fatto.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 13094/19, depositata il 26 marzo. La vicenda. La Corte d’Appello di Bologna confermava la condanna del Tribunale per i minorenni a carico di un ragazzo per i reati continuati di furto ex art. 624- bis c.p. e falsa dichiarazione ad un pubblico ufficiale sulla proprie generalità art. 495 c.p. . La difesa ha proposto ricorso per la cassazione della pronuncia invocando il travisamento della prova e l’applicabilità dell’art. 27 d.P.R. n. 448/1988. Irrilevanza del fatto. Escludendo un fondamento della prima censura che propone una mera diversa ricostruzione della vicenda, il Collegio ritiene fondato il ricorso limitatamente all’applicazione dell’art. 27 d.P.R. n. 448/1988. Ricostruendo l’iter della disposizione citata, la Corte individua la ratio alla base dell’istituto del proscioglimento dell’imputato minorenne per irrilevanza del fatto nell’esigenza di educazione del minore e della sua rapida fuoriuscita dal processo, non oltre il primo contatto con il giudice successivo all’esercizio dell’azione penale. La norma prevede che Durante le indagini preliminari, se risulta la tenuità del fatto e l'occasionalità del comportamento, il pubblico ministero chiede al giudice sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto quando l'ulteriore corso del procedimento pregiudica le esigenze educative del minorenne , precludendo l’applicazione dell’istituto nella fase del dibattimento, salvo il caso del giudizio direttissimo e del giudizio immediato comma 4 . La Corte Costituzionale è però intervenuta sul tema con la sentenza n. 149/2003, rilevando il contrasto della disposizione con l’esigenza di assicurare che sia comunque adottata la decisione più favorevole per il minore laddove, ad esempio, gli elementi di fatto e le circostanza a prova della tenuità del fatto e dell’occasionalità della condotta siano emersi solo in dibattimento. In tal caso l’unica alternativa alla sentenza di condanna era il proscioglimento dibattimentale per concessione del perdono giudiziale, che presupponeva dunque un’affermazione di colpevolezza. Su tale premessa, dichiarava dunque l’illegittimità costituzionale dell’art. 27, comma 4, d.P.R. n. 448/1988 nella parte in cui prevedeva che la sentenza di proscioglimento per irrilevanza del fatto potesse essere pronunciata solo nell’udienza preliminare, nel giudizio immediato e nel giudizio direttissimo. In conclusione, il Collegio, ritenendo irrilevante la questione di legittimità costituzionale prospettata dal ricorrente e relativa all’art. 27 d.P.R. n. 448/1988 in relazione all’istituto di cui all’art. 131- bis c.p., annulla la sentenza impugnata limitatamente all’applicazione dell’art. 27 d.P.R. 448/1988 e rinvia alla Corte d’Appello per un nuovo esame.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 5 dicembre 2018 – 26 marzo 2019, n. 13094 Presidente Izzo – Relatore Dawan Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 09/05/2018, la Corte di appello di Bologna, Sezione minorenni, ha confermato la pronuncia del Tribunale per i minorenni di Bologna che giudicava colpevole S.A. in ordine ai reati di cui all’art. 624-bis c.p. capo a e art. 495 c.p. capo b , e, unificati gli stessi sotto il vincolo della continuazione, lo condannava alla pena di mesi 8, giorni 10 di reclusione ed Euro 350,00 di multa con sospensione condizionale della pena. In omissis . 2.La vicenda veniva così ricostruita in data 02/08/2011, la persona offesa, D.F. , mentre percorreva a piedi via omissis in direzione , veniva affiancata da un giovane a bordo di una bicicletta che le strappava la borsa che portava appesa al braccio. Il soggetto proseguiva la sua corsa inseguito da un uomo alla guida della sua auto che riusciva a recuperare la borsa della donna. La polizia successivamente intervenuta fermava l’autore del fatto - identificato poi nell’odierno imputato - il quale forniva generalità false dichiarando inizialmente di chiamarsi M.H. . 3. Avverso la prefata sentenza di appello, l’imputato ricorre per cassazione a mezzo del difensore formulando due motivi. Con il primo, deduce vizio di motivazione in relazione all’art. 111 Cost. e art. 192 c.p.p., comma 1, sotto il profilo del travisamento della prova non avendo la Corte di merito valutato criticamente la ricostruzione alternativa dei fatti proposta dall’imputato. Con il secondo, lamenta violazione di legge con riferimento all’art. 131-bis c.p. e al D.P.R. n. 448 del 1988, art. 27, per disparità di trattamento riguardo al quale la difesa del ricorrente solleva questione di legittimità costituzionale del predetto art. 27 nella parte in cui non prevede la rilevabilità di ufficio, in ogni stato e grado del giudizio, dell’irrilevanza del fatto diversamente da quanto previsto dall’art. 131-bis c.p. per l’imputato maggiorenne. È illogico e contrastante con la sua stessa ratio, si sostiene, che l’istituto della irrilevanza del fatto, il quale costituisce una delle formule decisorie tipiche del processo penale minorile, non possa essere fatto valere in ogni fase del giudizio. 4. In data 13/11/2018, il difensore dell’imputato ha depositato in cancelleria nuovi motivi di ricorso in cui, a supporto della questione di legittimità costituzionale sollevata con il secondo motivo di ricorso, richiama, in particolare, la sentenza della Corte costituzionale n. 149 del 2003. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato limitatamente al punto relativo all’applicazione del D.P.R. n. 448 del 1988, art. 27, dovendo essere rigettato nel resto. 2. Il primo motivo prospetta una ricostruzione alternativa della vicenda il cui vaglio, tuttavia, è assolutamente precluso alla Corte di cassazione. Il ricorrente sviluppa considerazioni di merito che dovrebbero indurre questa Corte a sovrapporre le proprie valutazioni a quelle della Corte territoriale. Una siffatta incursione nel fatto non è, tuttavia, consentita in questa sede, tanto più che la sentenza impugnata spiega, con argomentazioni adeguate ed immuni da vizi logici, le ragioni sulla base delle quali doveva ritenersi, contrariamente da quanto affermato dal ricorrente, accertata in modo incontrovertibile la sua penale responsabilità. Si riferisce, in particolare, all’annotazione di servizio e alle s.i.t. rese dalla persona offesa, D.F. entrambe acquisite sull’accordo delle parti , e alla palese inverosimiglianza e fantasiosità delle giustificazioni addotte dal S. . La D. , si legge in sentenza, riportava, senza contraddizioni e incongruenze, la dinamica del fatto. La polizia, intervenuta su chiamata di un passante solerte, effettuava una serie di manovre repentine per raggiungere e fermare il giovane che dichiarava false generalità. Si tratta, continua l’impugnata sentenza, con ragionamento del tutto logico e coerente, di risultanze comprovanti, al di là di ogni ragionevole dubbio, la responsabilità dell’imputato. Il motivo è, dunque, infondato. 3. Merita invece accoglimento il secondo motivo di ricorso, proprio alla luce della sentenza, citata dalla difesa dell’imputato, della Corte costituzionale n. 149/2003. È opportuno ripercorrere, sia pur in sintesi, l’iter, travagliato, della disposizione del D.P.R. n. 448 del 1988, art. 27 così come lo ha ricostruito la Corte costituzionale nella menzionata pronuncia. 3.1. Nella sua originaria formulazione, il proscioglimento dell’imputato minorenne per irrilevanza del fatto era previsto unicamente nel corso delle indagini preliminari. L’art. 32 del medesimo testo di legge prevedeva poi che la sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto potesse essere pronunciata anche nell’udienza preliminare. Dichiarate illegittime entrambe le norme per eccesso di delega con la sentenza n. 250 del 1991, l’irrilevanza del fatto venne reintrodotta dalla L. 5 febbraio 1992, n. 123, che, nel riformulare l’art. 27, inserì nel comma 4 la previsione che la sentenza con tale formula può essere pronunciata anche nell’udienza preliminare, nonché nel giudizio direttissimo e nel giudizio immediato. La medesima legge provvedeva inoltre a ripristinare, con alcune modifiche formali, il testo originario del D.P.R. n. 448 del 1988, art. 32, comma 1. Sia la normativa transitoria del D.P.R. n. 448 del 1988, sia quella prevista in occasione dell’entrata in vigore della L. n. 123 del 1992, estendevano la possibilità di pronunciare sentenza di proscioglimento per irrilevanza del fatto in ogni stato e grado nell’ambito dei procedimenti pendenti all’entrata in vigore dei rispettivi testi di legge. L’iter legislativo della disciplina del proscioglimento per irrilevanza del fatto risulta dunque caratterizzato dall’originaria volontà del legislatore di circoscrivere l’operatività dell’istituto alle fasi delle indagini preliminari e dell’udienza preliminare, poi estesa dalla L. n. 123 del 1992, mediante la previsione del D.P.R. n. 448 del 1988, art. 27, comma 4, alle ipotesi del giudizio direttissimo e del giudizio immediato, cioè alle situazioni in cui nel procedimento minorile l’imputato, dopo che nei suoi confronti è stata esercitata l’azione penale, ha il primo contatto con il giudice. Tale volontà trova conferma nella disciplina transitoria, cui sopra si è fatto cenno, che ha eccezionalmente previsto la possibilità di pronunciare sentenza di proscioglimento per irrilevanza del fatto in ogni stato e grado del procedimento. Da ultimo, la L. 1 marzo 2001, n. 63, art. 22 a sua volta anticipato dal D.L. 7 gennaio 2000, n. 2, art. 1, comma 5, convertito con modificazioni nella L. 25 febbraio 2000, n. 35 , sostituendo integralmente il D.P.R. n. 448 del 1988, art. 32, comma 1, ha subordinato, per quanto rileva ai fini del presente giudizio, la pronuncia nell’udienza preliminare della sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto nonché nei casi previsti dall’art. 425 c.p.p. e per concessione del perdono giudiziale al consenso dell’imputato a che il processo sia definito in quella fase. Il nuovo testo dell’art. 32, comma 1, è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo con sentenza n. 195 del 2002, nella parte in cui, in mancanza del consenso dell’imputato, preclude al giudice di pronunciare una sentenza di non luogo a procedere che non presuppone un accertamento di responsabilità. Come emerge anche dai cenni al proscioglimento per irrilevanza del fatto contenuti nella relazione al progetto preliminare delle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni, il legislatore delegato, in attuazione del criterio generale enunciato nell’alinea della legge-delega 16 febbraio 1987, n. 81, art. 3, ha ritenuto corrispondente alle esigenze dell’educazione del minore una disciplina che privilegiasse la sua rapida fuoruscita dal processo, non oltre il primo contatto con il giudice successivo all’esercizio dell’azione penale. Questa impostazione è stata sostanzialmente confermata dal legislatore del 1992, che, nel reintrodurre la disposizione che preclude in via generale di fare applicazione dell’istituto in dibattimento, ha previsto quali uniche eccezioni il giudizio direttissimo e il giudizio immediato, ipotesi caratterizzate entrambe dalla mancanza dell’udienza preliminare. La scelta così operata sembra peraltro porsi in contraddizione con la peculiare natura del proscioglimento per irrilevanza del fatto e con la funzione di favore svolta da tale pronuncia rispetto ad altre formule di proscioglimento tipiche del procedimento minorile. In primo luogo, i presupposti sostanziali dell’istituto tenuità del fatto e occasionalità del comportamento , variamente definito come causa oggettiva di esclusione della pena o causa di esclusione della punibilità si veda, in particolare, la sentenza Corte Cost. n. 250 del 1991, ove l’irrilevanza del fatto, di cui è affermata la pertinenza al diritto sostanziale, è qualificata come causa di non punibilità , e l’esigenza di assicurarne le più ampie possibilità di accertamento rendono priva di ragionevole giustificazione una disciplina che ne limita l’operatività alle fasi iniziali del procedimento. D’altro canto, alla luce dell’art. 31 Cost., comma 2, e dei principi enunciati nelle Convenzioni, nelle Regole e nelle Raccomandazioni internazionali in materia, a cui la Corte costituzionale si è ripetutamente richiamata ex multis, sentenze n. 195 del 2002, n. 433 del 1997, n. 250 del 1991 , la tutela del preminente interesse del minore non può essere fatta meccanicisticamente coincidere con la sua immediata fuoruscita dal procedimento, ma richiede che l’estromissione, la più possibile sollecita sentenza n. 250 del 1991 , dal circuito processuale non sacrifichi l’esigenza di garantire al minore le più complete opportunità difensive connesse alla formazione della prova in dibattimento sentenza n. 195 del 2002, che a sua volta richiama la sentenza n. 77 del 1993 . L’obiettivo di una rapida fuoruscita del minorenne dal circuito processuale non esclude cioè che debba comunque essere adottata la decisione a lui più favorevole, ponendolo nelle condizioni di ottenere, ove ne sussistano i presupposti, la formula di proscioglimento più adeguata alla natura del fatto contestato e ai profili soggettivi del suo comportamento. Ciò premesso, la Corte costituzionale, nella sentenza 149/2003, rilevava come la disciplina censurata non contemperasse tali esigenze, posto che, se gli elementi di fatto e le circostanze idonei a dimostrare la tenuità del fatto e l’occasionalità del comportamento emergono solo in dibattimento, o se l’imputato non ha potuto beneficiare del proscioglimento per irrilevanza del fatto nell’udienza preliminare, l’unica alternativa alla pronuncia di una sentenza di condanna è, come dimostrava la vicenda oggetto del giudizio di rimessione alla Corte, il proscioglimento dibattimentale per concessione del perdono giudiziale. Il giudice delle leggi correttamente rilevava come tale esito - presupponente un’affermazione di colpevolezza - realizza un livello di tutela dell’imputato minorenne certamente inferiore rispetto a quello assicurato dal proscioglimento per irrilevanza del fatto, i cui effetti processuali e sostanziali sono di gran lunga più favorevoli. Sulla scorta delle anzidette premesse, dichiarava, per contrasto con l’art. 3 Cost. e art. 31 Cost., comma 2, l’illegittimità costituzionale del D.P.R. n. 448 del 1988, art. 27, comma 4, nella parte in cui prevedeva che la sentenza di proscioglimento per irrilevanza del fatto potesse essere pronunciata solo nell’udienza preliminare, nel giudizio immediato e nel giudizio direttissimo. 3.2 La questione di legittimità costituzionale sollevata dal ricorrente è irrilevante, diversi essendo gli istituti del D.P.R. n. 448 del 1988, art. 27 e dell’art. 131-bis c.p., venendo invece in rilievo, nel caso di specie, proprio quei principi correttamente valorizzati dalla sentenza n. 149/2003 della Corte costituzionale che, interpretati in un’ottica costituzionalmente orientata, inducono alla conclusione che anche il giudice di appello può stabilire l’irrilevanza del fatto compiuto dal minore, conseguendone una pronuncia di non luogo a procedere. 4. In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio limitatamente al punto concernente l’applicazione del D.P.R. n. 448 del 1988, art. 27, dovendo il ricorso essere rigettato nel resto. 5. In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52 in quanto imposto dalla legge. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente al punto concernente l’applicazione del D.P.R. n. 448 del 1988, art. 27 e rinvia per nuovo esame alla Corte di appello di Bologna Sezione Minorenni, in diversa composizione. Rigetta nel resto.