Chi interviene su un’opera abusiva, prosegue l’iniziale illecito urbanistico

Qualsiasi intervento effettuato su una costruzione che sin dall’origine sia stata realizzata in modo abusivo, rappresenta un proseguimento dell’attività criminosa poiché tali attività ripetono le caratteristiche di illegittimità dell’opera principale .

Così il Supremo Collegio con la sentenza n. 12718/19, depositata il 22 marzo. La vicenda. La Corte d’Appello di Napoli rigettava l’impugnazione dell’imputato avverso la sentenza del Tribunale di Torre Annunziata, sede in cui era stato condannato per aver proseguito, senza permesso di costruire, delle opere di trasformazione di un seminterrato che era abusivo sin dall’origine. In particolare, la Corte si soffermava sul cambio di destinazione del locale operato dall’imputato il seminterrato, da vano tecnico, diventava un deposito. Dunque, rimarcava la Corte, gli interventi intrapresi dall’imputato erano da considerare la prosecuzione dell’iniziale illecito urbanistico , escludendone, di conseguenza, la prescrizione. Statuizione non condivisa dall’imputato che richiede, infine, la pronuncia della Cassazione. Il ricorrente sostiene che nel giudizio del riesame erroneamente era stata rilevata la prosecuzione della originaria trasformazione abusiva, di cui avrebbe dovuto essere rilevata l’estinzione per prescrizione . L’originaria illeceità. Sul tema, gli Ermellini ricordano che qualsiasi intervento effettuato su un’opera realizzata abusivamente, salvo che detta illeceità sia stata poi repressa, rappresenta una prosecuzione dell’attività criminosa originaria, integrante un nuovo reato edilizio . Dunque, allorché la costruzione abusiva perisca in tutto o in parte, o necessiti di attività manutentive [], di completamento o trasformazione , il proprietario sprovvisto del titolo abilitativo, non acquista il diritto di ricostruirla, completarla, trasformarla, ristrutturarla, mantenerla . La Corte ricorda, di conseguenza, che i lavori di manutenzione o di trasformazione presuppongono che l’opera, sulla quale si interviene, sia stata costruita legittimamente. Diversamente, ossia nel caso in cui si intraprendano dei lavori su opere abusive, segue la Corte, tali interventi non fanno altro che ripetere le caratteristiche di illegittimità della costruzione principale. Alla luce di ciò, la Suprema Corte, affermando il rilevo adottato in secondo grado circa l’illeceità delle opere in oggetto, rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 10 ottobre 2018 – 22 marzo 2019, n. 12718 Presidente Lapalorcia - Relatore Liberati Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 2 ottobre 2017 la Corte d’appello di Napoli ha rigettato l’impugnazione proposta dall’imputato nei confronti della sentenza del 30 ottobre 2015 del Tribunale di Torre Annunziata, con cui D.G.F. era stato dichiarato responsabile dei reati cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c , ascrittogli per avere proseguito, in area vincolata e in mancanza del permesso di costruire, le opere di trasformazione di un seminterrato abusivo, della superficie di 93 metri quadrati e del volume di 228 metri cubi, mediante la tramezzatura di parte di tale seminterrato, con la realizzazione nello stesso di due camere della superficie di 19 metri quadrati ciascuna, di cui una ultimata con finiture e impianti e l’altra ancora mancante di infissi e pavimenti accertato fino al omissis , nonché 83 et 95 D.P.R. n. 380 del 2001 per avere iniziato e proseguito i lavori suddetti in zona sismica, omettendo il deposito degli atti di progetto presso l’Ufficio del Genio Civile competente con la medesima sentenza l’imputato era anche stato condannato al risarcimento dei danni in favore del Comune di Massa Lubrense ed era stata disposta la demolizione delle opere abusive. 1.1. La Corte territoriale, nel disattendere l’impugnazione dell’imputato, ha sottolineato l’originaria abusività della trasformazione del seminterrato oggetto degli interventi di trasformazione realizzati dall’imputato, di cui era stata mutata la destinazione da vano tecnico a deposito in assenza di permesso di costruire, cosicché gli ultimi interventi di ulteriore trasformazione erano da considerare prosecuzione dell’iniziale illecito urbanistico, escludendone la prescrizione, in considerazione del fatto che solo una delle due camere di nuova realizzazione era stata completata, mentre l’altra era priva di infissi e pavimenti e il garage e il ripostiglio retrostanti erano ancora al rustico. 2. Avverso tale sentenza l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi. 2.1. Con il primo motivo ha lamentato la violazione e l’errata applicazione del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, art .157 c.p. e art. 167 c.p., comma 2, e l’errata valutazione delle prove, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b , c et e , con riferimento alla qualificazione delle opere interne da ultimo realizzate e oggetto della contestazione come prosecuzione della trasformazione dell’originario seminterrato abusivo, trattandosi di opere che non avevano determinato aumento di volumi, nè modifica di destinazione d’uso, in quanto la destinazione del seminterrato era rimasta la medesima, cioè di deposito, con la conseguenza che erroneamente era stata rilevata la prosecuzione della originaria trasformazione abusiva, di cui avrebbe dovuto essere rilevata l’estinzione per prescrizione. 2.2. Con il secondo motivo ha lamentato ulteriore violazione dell’art. 157 c.p. e art. 167 c.p., comma 2, con riferimento all’epoca di realizzazione delle opere interne oggetto della contestazione, in quanto anche queste ultime erano risalenti nel tempo, come riferito anche dai testimoni indicati dal pubblico ministero, e, comunque, assai anteriori all’accertamento, avvenuto il omissis , giacché le finiture al rustico di garage e deposito erano definitive e non richiedevano altri interventi, in considerazione della destinazione e della funzione di tali locali. 2.3. Con il terzo motivo ha lamentato la mancanza assoluta di motivazione, con riferimento alla propria doglianza relativa alla genericità dell’ordine di demolizione. Considerato in diritto 1. Il ricorso non è fondato. 2. Il primo motivo, mediante il quale è stata eccepita l’erroneità della considerazione delle opere interne di tramezzatura come prosecuzione della, risalente, attività illecita di trasformazione del seminterrato in quanto destinato a vano tecnico e trasformato in deposito, in assenza del permesso di costruire , nel quale tali ultime opere sono state realizzate, non è fondato. Qualsiasi intervento effettuato su una costruzione realizzata abusivamente, ancorché l’abuso non sia stato represso, costituisce ripresa dell’attività criminosa originaria, integrante un nuovo reato edilizio ne consegue che, allorché l’opera abusiva perisca in tutto o in parte, o necessiti di attività manutentive, o, come nel caso in esame, di completamento o trasformazione, il proprietario non acquista il diritto di ricostruirla, completarla, trasformarla, ristrutturarla, mantenerla, senza titolo abilitativo, giacché anche gli interventi di trasformazione o manutenzione ordinaria presuppongono che l’edificio sul quale si interviene sia stato costruito legittimamente, in quanti gli interventi ulteriori su immobili abusivi ripetono le caratteristiche di illegittimità dall’opera principale, alla quale ineriscono strutturalmente cfr., ex plurimis, da ultimo, Sez. 3, n. 30168 del 24/05/2017, Pepe, Rv. 270252 - 01 nonché Sez. 3, Sentenza n. 38495 del 19/05/2016, Waly, Rv. 267582 - 01 conf. Sez. 3, n. 40843 del 11/10/2005, Daniele, Rv. 232364 - 01 . Ne consegue la piena correttezza del rilievo della illiceità delle opere oggetto della contestazione, costituenti prosecuzione delle opere di illecita trasformazione del seminterrato, che in origine aveva destinazione e funzione di vano tecnico non abitabile, prima trasformato illecitamente in deposito e, successivamente, con la realizzazione delle ultime opere ancora in corso alla data del sopralluogo eseguito il omissis , in locale composto da due vani con finestre e serramenti, garage e ripostiglio, opere che, dunque, hanno costituito prosecuzione e completamento della originaria attività illecita, ripetendone e mutuandone il carattere di illiceità, che quindi è stato correttamente rilevato dalla Corte d’appello. 3. Il secondo motivo, mediante il quale è stato lamentato il mancato rilievo della estinzione per prescrizione dei reati addebitati all’imputato, che sarebbero stati consumati anteriormente al momento del loro accertamento, è anch’esso infondato. Costituisce, infatti, principio non controverso nella giurisprudenza di legittimità quello secondo cui il reato urbanistico ha natura di reato permanente, la cui consumazione ha inizio con l’avvio dei lavori di costruzione e perdura fino alla cessazione dell’attività edificatoria abusiva Sez. U, n. 17178 del 27/02/2002, Cavallaro, Rv. 221399 . La cessazione dell’attività si ha con l’ultimazione dei lavori per completamento dell’opera, con la sospensione dei lavori volontaria o imposta, con la sentenza di primo grado, se i lavori continuano dopo l’accertamento del reato e sino alla data del giudizio Sez. 3, n. 38136, 24/10/2001 Sez. 3, n. 29974 del 06/05/2014, Sullo, Rv. 260498 Sez. 3, n. 49990 del 04/11/2015, Quartieri, Rv. 265626 Sez. 3, n. 14501 del 07/12/2016, dep. 24/03/2017, Rocchio, Rv. 269325 . L’ultimazione dei lavori coincide con la conclusione dei lavori di rifinitura interni ed esterni, quali gli intonaci e gli infissi Sez. 3, n. 5480 del 12/12/2013, Manzo, Rv. 258930 Sez. 3, n. 11646 del 16/10/2014, Barbuzzi, Rv. 262977 . Nel caso in esame la Corte d’appello ha evidenziato che una delle due camere realizzate nel seminterrato non era ancora stata completata, essendo priva di infissi e pavimenti, e che nell’area vi era materiale edile, traendone, in modo pienamente logico, la conclusione della non avvenuta ultimazione dei lavori e, quindi, del perdurare della permanenza, cessata solo con l’accertamento dei reati, avvenuto il omissis , con la conseguente corretta esclusione della estinzione dei reati per prescrizione. 4. Il terzo motivo, relativo alla mancanza di motivazione in ordine alla censura in ordine alla indeterminatezza dell’ordine di demolizione, è inammissibile, a causa della sua genericità, e anche manifestamente infondato. Dalla non contestata narrativa della sentenza di appello, non risulta che alla Corte territoriale fosse stata sottoposta detta censura. Essa è, comunque, manifestamente infondata, posto che il contenuto dell’ordine di demolizione si specifica, necessariamente, attraverso il contenuto della contestazione, che nel caso in esame è sufficientemente analitica, e delle opere in relazione alle quali è stata affermata la responsabilità, nel caso in esame corrispondenti a tutte quelle oggetto della contestazione, cosicché non possono esservi dubbi di sorta sull’oggetto dell’ordine di demolizione, con la conseguente manifesta infondatezza della doglianza del ricorrente circa la sua insufficiente specificità. 5. Il ricorso deve, dunque, essere rigettato, stante l’infondatezza dei primi due motivi e l’inammissibilità del terzo. Al rigetto del ricorso consegue l’onere delle spese del procedimento. In applicazione del decreto del Primo Presidente di questa Corte n. 84 del 2016 la motivazione è redatta in forma semplificata, in quanto il ricorso non richiede, ad avviso del Collegio, l’esercizio della funzione di nomofilachia e solleva questioni giuridiche la cui soluzione comporta l’applicazione di principi di diritto già affermati e che il Collegio condivide. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.