La mancata identificazione del querelante non determina l’invalidità dell’atto di querela

È valida la querela presentata personalmente dal querelante alla competente autorità anche in assenza della specificazione delle modalità di accertamento dell’identità del presentatore nell’attestazione di ricezione dell’atto di querela, laddove detta attestazione dia atto dell’identità del proponente.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con sentenza n. 12789/19, depositata il 22 marzo. Il caso. Il Giudice di Pace dichiarava l’improcedibilità dell’azione penale promossa nei confronti dell’imputato con riferimento al delitto di minaccia per difetto di querela, poiché risultava incertezza sull’identificazione della querelante. Avverso tale sentenza il Procuratore generale presso la Corte d’Appello territorialmente competente propone ricorso per cassazione denunciando come dal verbale di ratifica di querela oggetto di vaglio risultasse che la persona fosse stata compiutamente generalizzata ed inoltre che l’eventuale mancata identificazione del querelante non generi in ogni caso l’invalidità della querela ove ne risulti accertata la provenienza. L’atto di querela. Innanzitutto va ribadito come la mancata identificazione del soggetto che presenta querela non determina l’invalidità dell’atto qualora, appunto, ne risulti accertata la sicura provenienza. A ciò va aggiunto che, ai fini della ritualità della presentazione della querela, l’art. 337, comma 4, c.p.p. laddove prevede che l’autorità che riceve la querela deve provvedere all’identificazione della persona che la propone, deve essere interpretato non in maniera troppo formale, ossia che il querelante può essere identificato in un qualsiasi modo previsto dalla legge al riguardo. Ciò significa che non solo non bisogna riportare nell’atto di querela i dati identificativi della persona ricavati da un documento di riconoscimento, ma anche che, quando l’atto sia formato dall’autorità legittimata a riceverlo, l’identificazione del querelante può considerarsi avvenuta con la semplice trascrizione delle generalità nell’atto stesso. Da tale principio deriva l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio al Giudice di Pace per nuovo esame e giudizio.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 20 febbraio – 22 marzo 2019, n. 12789 Presidente Zaza – Relatore Scordamaglia Ritenuto in fatto e considerato in diritto 1. Il Giudice di pace di Jesi, con la sentenza in data 16 aprile 2018, ha dichiarato l’improcedibilità dell’azione penale promossa nei confronti di S.S. in relazione al delitto di cui all’art. 612 c.p. per difetto di querela, rilevando come, in base alla ratifica della querela formulata per iscritto e presentata al pubblico ufficiale incaricato della ricezione, residuasse incertezza sull’identificazione della querelante, non essendo dato comprendere attraverso quali modalità il ricevente fosse pervenuto alla suddetta identificazione, e derivando da ciò l’invalidità originaria dell’atto fungente da condizione di procedibilità. 2. Avverso la menzionata sentenza ha proposto ricorso immediato per cassazione il Procuratore generale presso la Corte di appello di Ancona, denunciando il vizio di violazione di legge - in relazione all’art. 337 c.p.p. - ed all’uopo deducendo, per un verso, come dal verbale di ratifica di querela oggetto di vaglio, emergesse che la persona che si era presentata per manifestare la propria istanza punitiva fosse stata compiutamente generalizzata, riportandosi nell’atto in oggetto i dati identificativi della stessa e tutti gli altri elementi necessari per la sua esatta individuazione per altro verso, come, secondo la prevalente giurisprudenza di legittimità, la mancata identificazione del querelante non generi in ogni caso l’invalidità della querela, ove ne risulti accertata la sicura provenienza, in tal senso deponendo tra l’altro la norma di cui all’art. 337 c.p.p., comma 4, che prescrive soltanto che nell’atto di ratifica di querela sia identificato il soggetto querelante senza l’indicazione di ulteriori adempimenti formalistici in capo al pubblico ufficiale che riceve l’atto d’impulso processuale. 3. Il ricorso è fondato. L’assunto del giudice censurato secondo il quale la querela non sarebbe valida in quanto non accompagnata dalla indicazione delle modalità con le quali sarebbe avvenuta l’identificazione della parte offesa, nel momento in cui questa l’aveva presentata al pubblico ufficiale incaricato della ricezione, è in contrasto con la linea ermeneutica costantemente seguita da questa Corte. Va, in primo luogo, riaffermato quanto autorevolmente enunciato dalle Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 26268 del 28/03/2013, Cavalli, Rv. 255584, secondo cui la mancata identificazione del soggetto che presenta la querela non determina l’invalidità dell’atto allorché ne risulti accertata la sicura provenienza. A ciò va aggiunto che è pacifico l’orientamento interpretativo secondo il quale, ai fini della ritualità della presentazione della querela, l’art. 337 c.p.p., comma 4, laddove prevede che l’autorità che riceve la querela deve provvedere - tra l’altro - alla identificazione della persona che la propone, deve essere interpretato non formalisticamente, onde il querelante può essere identificato in uno qualsiasi dei modi previsti dalla legge anche per conoscenza personale o per precedente identificazione di modo che, non solo non occorre riportare nell’atto di querela i dati identificativi ricavati da un documento di riconoscimento, ma anche che, quando l’atto sia formato dall’autorità legittimata a riceverlo, l’identificazione del querelante può ritenersi avvenuta con la semplice trascrizione delle generalità nell’atto medesimo Sez. 4, n. 30044 del 22/02/2006, P.G. in proc. Scarpin, Rv. 235170 in termini Sez. 5, n. 7408 del 02/10/2013 - dep. 2014, P.M. in proc. Polillo, Rv. 259519 Sez. 2, n. 44409 del 04/11/2008, P.G. in proc. Caruso, Rv. 243029 Sez. 4, n. 24836 del 21/03/2007, Orofino, Rv. 236849 . È, quindi, valida la querela presentata personalmente dal querelante alla competente autorità, pur in assenza della specificazione delle modalità di accertamento della identità del presentatore nella attestazione di ricezione di un atto preformato di querela, allorché detta attestazione dia atto della identità del proponente e nessun dubbio sia sorto o sia prospettato sulla verità di detta indicazione, in quanto l’art. 337 c.p.p. si limita ad imporre al pubblico ufficiale che riceve la querela di accertare l’identità di colui che la propone e, in tal caso, l’identificazione del querelante deve darsi per avvenuta Sez. 5, n. 31980 del 10/07/2008, P.G. in proc. Mancino, Rv. 241163 . 4. Alla stregua delle considerazioni che precedono, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio al Giudice di Pace di Jesi per il giudizio. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Giudice di Pace di Jesi per il giudizio.