Commutazione dell’ergastolo? Solo dopo la determinazione della pena complessiva

In tema di estradizione dall’estero, la condizione di commutazione della pena dell’ergastolo in pena temporanea, posta nell’ambito della procedura estradizionale, va applicata all’esito della determinazione della pena complessiva risultante dall’unificazione dei titoli per condanne relative a fatti anteriori alla consegna, e non già prima della formazione del cumulo.

Lo ha stabilito la prima sezione penale della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 12655, depositata il 21 marzo 2019. La disciplina italiana dell’estradizione Come è noto, in tema di estradizione, quando non esiste convenzione o questa non dispone diversamente, la Corte di Appello pronuncia sentenza favorevole a tale decisione, se sussistono gravi indizi di colpevolezza, ovvero se esiste una sentenza irrevocabile di condanna e se, per lo stesso fatto, nei confronti della persona della quale è domandata l'estradizione, non è in corso procedimento penale, né è stata pronunciata sentenza irrevocabile nello Stato. Per converso, la decisione della Corte di Appello deve negare l'estradizione se, per il reato per il quale essa è stata domandata, la persona è stata o sarà sottoposta a un procedimento che non assicura il rispetto dei diritti fondamentali, nonché quando la sentenza per la cui esecuzione è stata domandata l'estradizione contiene disposizioni contrarie ai principi fondamentali dell'ordinamento giuridico dello Stato, e quando vi è motivo di ritenere che l'imputato o il condannato verrà sottoposto ad atti persecutori o discriminatori per motivi di razza, di religione, di sesso, di nazionalità, di lingua, di opinioni politiche o di condizioni personali o sociali, ovvero a pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti, o comunque ad atti che configurano violazione di uno dei diritti fondamentali della persona. Inoltre, la Corte di Appello, qualora pervenga ad una decisione favorevole all'accoglimento della relativa domanda, deve disporre la custodia in carcere dell'estradando sul solo presupposto della richiesta in tal senso formulata dal Ministro della giustizia, non assumendo più alcun rilievo le esigenze cautelari cui la misura è subordinata, a norma dell'art. 714, comma 2, c.p.p., quando la richiesta è valutata prima della sentenza favorevole all'estradizione. Sul piano procedimentale, la richiesta di applicazione di misura cautelare della custodia in carcere a carico dell'estradando, disposta ai sensi dell'art. 704, comma 3, c.p.p., può essere sottoscritta da un direttore generale del Ministero della Giustizia, anche in virtù di una delega di carattere generale conferita dal Ministro. la valutazione delle condizioni di estradizione Ciò premesso sul piano generale, occorre rammentare che il sistema processuale penale prevede precise modalità di esame dei presupposti di estradizione del soggetto verso il Paese che la richiede. In particolare, non è necessario un accertamento che corrisponda alla prova certa ed insuperabile delle condizioni in questione, atteso che la disciplina vigente consente di utilizzare delle informazioni mediate non necessariamente aventi il rango di prova , quali sono le relazioni e le denunce delle organizzazioni non governative o degli organismi sovranazionali, ma anche quelle notizie che possono rientrare nel concetto di fatto notorio”, o le informazioni provenienti dai singoli, e così via. Peraltro, secondo la sentenza in commento, deve essere data preferenza alle notizie provenienti da organi sovranazionali, come nel caso in cui sussistano dubbi sull’estradizione relativi allo stato ucraino, più volte espressi in risoluzioni del Parlamento Europeo. Ciò in quanto non sempre è garantita l’attendibilità di informazioni provenienti da organizzazioni non governative. e l’attendibilità delle informazioni di Amnesty International. In particolare, già in passate pronunce della Suprema Corte, si è ritenuto che la decisione ostativa all'estradizione, di cui all'art. 705, comma 2, lett. c , c.p.p., non possa essere basata sulla documentazione tratta dal sito internet di Amnesty International, dal quale si evincano episodi occasionali di persecuzione o discriminazione denunciati in modo tale da non essere ritenuti come peculiari di un sistema.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 24 gennaio – 21 marzo 2019, n. 12655 Presidente Iasillo – Relatore Santalucia Ritenuto in fatto 1. La Corte di assise di Santa Maria Capua Vetere ha rigettato la richiesta, proposta nell’interesse di E.M. , di sostituzione della pena dell’ergastolo inflitta con tre diverse sentenze di condanna, del 9 febbraio 2000 del 19 ottobre 2009 e del 6 luglio 2009, con la pena di anni trenta di reclusione. Con la richiesta sì evidenziava che la Corte di cassazione, con sentenza n. 2380 del 2014 aveva annullato senza rinvio l’ordinanza del 23 dicembre 2013 della stessa Corte di assise limitatamente alla misura della pena eseguibile in conseguenza della condanna del 25 gennaio 2006, pronunciata dalla stessa Corte, determinando la stessa in anni trenta di reclusione in quanto l’autorità giudiziaria spagnola aveva subordinato la estensione della estradizione, la cd. terza estensione, originariamente concessa, alla non applicazione di una pena perpetua. La Corte di assise ha quindi premesso che l’irrogazione della pena dell’ergastolo nei confronti di un soggetto estradato sotto la condizione, recepita ai sensi dell’art. 720 c.p.p., comma 4, che sia applicata una pena detentiva solo temporanea configura di certo un’ipotesi di pena illegale, che il giudice dell’esecuzione ha il potere di sostituire ai sensi dell’art. 670 c.p.p Ha però rilevato che tale circostanza non si è verificata nel caso in esame in riferimento ai fatti per i quali è stata concessa l’estensione dell’estradizione dalla Spagna, con provvedimento del 18 febbraio 1997 riferibile alla prima sentenza di condanna, quella del 9 febbraio 2000, cd. seconda estensione . Nessuna condizione è stata poi posta nel successivo provvedimento del 23 febbraio 2007, a cui si riferisce la condanna del 19 ottobre 2009 quarta estensione l’autorità spagnola ha dato esecuzione al mandato di arresto Europeo con estensione dell’estradizione a tale nuovo procedimento e non ha condizionato in alcun modo l’estradizione alla previsione e/o attivazione di forme di revisione della pena perpetua. Invece, con ulteriore provvedimento del 12 aprile 2007 quinta estensione , l’autorità giudiziaria spagnola ha accolto la richiesta di estensione dell’estradizione per i fatti per i quali è poi intervenuta condanna il 6 luglio 2009 e ha posto la condizione dell’adozione delle misure di clemenza alle quali la persona può ricorrere ai sensi della legge italiana ai fini della non esecuzione della suddetta pena nella durata indicata . Ciò dimostra che l’autorità spagnola, ove ha inteso condizionare l’estradizione alla presenza, nell’ordinamento dello Stato richiedente, di particolari misure volte a mitigare l’esecuzione della pena, lo ha fatto con provvedimento specifico e inequivocabile. Del resto, il richiamo all’adozione di misure di clemenza pone in evidenza un’esigenza che ben può dirsi soddisfatta dato che E.M. ha beneficiato in varie occasioni della liberazione anticipata e potrà in futuro beneficiare, alle condizioni di legge, della liberazione condizionale, che sono i due istituti in forza dei quali il condannato all’ergastolo può accedere a concrete prospettive di liberazione entro un arco temporale precisamente delimitato, e che attenuano, anche e non neutralizzano completamente, il carattere perpetuo della pena. Non può dunque ritenersi che debba valere in riguardo ai procedimenti definiti con le condanne all’ergastolo sopra richiamate la condizione posta dall’autorità giudiziaria spagnola con provvedimento del 13 novembre 2003 riguardante altro e diverso procedimento, poi definito con sentenza di condanna alla pena dell’ergastolo del 25 gennaio 2006, divenuta irrevocabile il 27 marzo 2008. In riguardo a tale ultima condanna era intervenuta ordinanza del giudice dell’esecuzione di rigetto della richiesta di sostituzione della pena dell’ergastolo con quella temporanea di anni trenta di reclusione, poi annullata senza rinvio dalla Corte di cassazione limitatamente alla misura della pena. La condizione posta in tale occasione non può infatti retroagire e invadere il campo del provvedimento di estensione precedente, quello del 18 febbraio 1997, e operare anche in riferimento ai provvedimenti di estensione successivamente adottati. 2. Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso il difensore di E.M. che ha dedotto difetto di motivazione. Il fatto che soltanto in uno dei plurimi provvedimenti di estensione dell’estradizione si parli della condizione non venga applicata la pena perpetua non è di rilievo perché il procedimento di estradizione va considerato, nel caso in esame, unitariamente, Si consideri che, anche terminologicamente, si parla di estensione di estradizione rispetto alla prima concessa. Sarebbe dunque illogico, illegittimo e ingiusto che un principio sancito in uno dei provvedimenti di estensione non valga anche per le altre, dovendosi queste ultime considerarsi come parti di un’unica fattispecie a formazione progressiva. 3. Il Procuratore generale, intervenuto con requisitoria scritta, ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata. Considerato in diritto 1. Il ricorso merita accoglimento per le ragioni di seguito esposte. 1.1. La Corte di assise ha ricordato in premessa il principio che questa Corte ha più volte espresso, statuendo, in una prima occasione, che la concessione dell’estradizione, sul presupposto dell’irrogabilità di una pena detentiva temporanea, per reati astrattamente punibili con l’ergastolo da uno Stato nella specie la Spagna che non ammette la detenzione perpetua, comporta che la pena detentiva eseguibile non può superare la durata indicata nella richiesta di estradizione - Sez. 1, n. 24066 del 10/03/2009, Noschese, Rv. 244009 - successivamente, che la concessione dell’estradizione sul presupposto dell’irrogabilità di una pena.detentiva temporanea per reati astrattamente punibili con l’ergastolo da uno Stato che non ammette la detenzione perpetua, comporta che la pena detentiva eseguibile non può superare la durata indicata nella richiesta di estradizione ne consegue che la successiva irrogazione dell’ergastolo da parte del giudice della cognizione costituisce applicazione di pena illegale la quale deve essere corretta attraverso il rimedio dell’incidente di esecuzione ai sensi dell’art. 670 c.p.p. - Sez. 1, n. 6278 del 16/07/2014, dep. 2015, E. , Rv. 262646 -. E poi, ancora, che la concessione dell’estradizione sul presupposto dell’irrogabilità di una pena detentiva temporanea per reati astrattamente punibili con l’ergastolo da uno Stato che non ammette la detenzione perpetua nella specie, la Spagna comporta che la pena detentiva eseguibile non può superare la durata indicata nella richiesta di estradizione ne consegue che la successiva irrogazione dell’ergastolo da parte del giudice della cognizione costituisce applicazione di pena illegale, la quale deve essere corretta attraverso il rimedio dell’incidente di esecuzione ai sensi dell’art. 670 c.p.p. - Sez. 1, n. 1776 del 30/11/2017, dep. 2018, Burzotta, Rv. 272053 -. 1.2. Ha però negato la ricorrenza, nel caso in esame, delle condizioni per la sua applicazione, osservando che soltanto in uno dei plurimi provvedimenti di concessione dell’estensione della originaria estradizione l’Autorità giudiziaria spagnola ebbe a porre la condizione della commutazione della pena perpetua con quella temporanea. 2. L’assunto non può essere condiviso. 2.1. La premessa da cui occorre muovere è che la condizione posta nello svolgimento dei rapporti di cooperazione tra Stati deve essere rispettata avendo riguardo al contenuto sostanziale che essa esprime. Questo è il senso anche della disposizione codicistica di cui all’art. 720, comma 4, che obbliga espressamente l’autorità giudiziaria italiana al rispetto delle condizioni accettate nella procedura di estradizione. Si ha quindi che, nel caso in esame, le plurime condanne all’ergastolo hanno avuto ad oggetto fatti anteriori alla consegna disposta con il provvedimento originario di estradizione e i rispettivi titoli, siccome tutti afferenti a reati commessi prima dell’inizio della detenzione, iniziata con la consegna, sono confluiti in un unico provvedimento di cumulo. 2.2. In questa situazione - fuori dunque dalle ipotesi di sopravvenienze di condanne per fatti successivi alla consegna che, non interessate dall’operatività del principio di specialità, non pongono un problema di corretta interpretazione degli atti e delle volontà formatisi nella procedura articolata in una pluralità di estensioni dell’estradizione e non concorrono a formare un titolo esecutivo unitario - l’esclusione della pena perpetua non può essere relegata nell’ambito della sola condanna alla pena dell’ergastolo a cui formalmente ed espressamente accede. Il significato di garanzia di tale condizione sarebbe vanificato se, in applicazione della regola sull’unitarietà del rapporto esecutivo e sulla necessaria unificazione dei plurimi titoli, si dovesse ritenere che la commutazione della pena sia adempimento i cui effetti si disperdano non appena si proceda al cumulo con le altre pene perpetue, tutte irrogate per fatti anteriori alla consegna e per le quali si è pertanto resa necessaria, allo stesso modo, l’estensione. A meno di non ipotizzare l’irragionevolezza nel comportamento dell’Autorità estera che, imposta una condizione la contraddica implicitamente e la renda immotivatamente nulla non reiterandola negli altri provvedimenti di estensione, occorre prendere atto che l’unico modo per rispettare quella volontà consiste appunto nell’impedire che, in applicazione di un altro principio di garanzia quale è quello dell’unitarietà del rapporto esecutivo e quindi della necessaria unificazione dei plurimi titoli, la condizione produca i suoi effetti soltanto virtualmente. 2.3. È allora da ritenersi che, come - una volta formato il cumulo - non è dato riferire ad una soltanto delle pene irrogate gli eventuali periodi di detenzione in precedenza sofferti, che conseguentemente vanno riferiti alla pena complessiva e da essa indistintamente detratti, parimenti, formato il cumulo delle pene per la cui esecuzione è stata richiesta, a più riprese, l’estradizione, la condizione posta per l’esecuzione di una di esse deve riferirsi alla pena complessiva. Il principio di diritto da applicarsi è pertanto che la condizione di commutazione della pena dell’ergastolo in pena temporanea, posta nell’ambito della procedura estradizionale, va applicata all’esito della determinazione della pena complessiva risultante dall’unificazione dei titoli per condanne relative fatti anteriori alla consegna e non già prima della formazione del cumulo. 3. L’ordinanza impugnata deve pertanto essere annullata, con rinvio alla Corte di assise di S. Maria Capua Vetere perché proceda in conformità al principio di diritto appena indicato. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame alla Corte di assise di Santa Maria Capua Vetere.