La pena patteggiata deve superare il vaglio di legalità anche in ordine al bilanciamento delle circostanze del reato

In ipotesi di patteggiamento, con riguardo alle circostanze del reato l’accordo sulla pena deve superare il vaglio di legalità operato dall’Organo decidente tanto in punto di configurabilità, quanto in punto di computo.

La Corte di Cassazione, con la pronuncia numero 12691/19, depositata il 21 marzo u.s., si pronuncia in tema di patteggiamento, con riguardo alle valutazione che il Giudicante è tenuto ad operare rispetto all’accordo sulla pena proposto dalle parti. Il fatto. Il GIP presso il Tribunale di Milano applicava, ex articolo 444 c.p.p., la pena di anni due di reclusione ed euro 90.000,00 di multa ad un soggetto accusato del reato di cui agli artt. 291- bis e 291- ter d.P.R. numero 43/1973, per aver introdotto all’interno dello Stato ingenti quantità di tabacco. Il difensore propone ricorso per Cassazione avverso siffatto provvedimento, lamentando la violazione dell’articolo 606, comma 1, lett. b , c.p.p. con riguardo all’articolo 64, comma 1, c.p., per l’eccessività dell’aumento di pena disposto per la circostanza aggravante contestata – per la quale sarebbe stato possibile un aumento massimo sino ad un terzo - sebbene previsto dall’accordo proposto dalle parti processuali. Il Procuratore Generale chiede il rigetto della doglianza difensiva, opinando che l’accordo sulla pena imporrebbe al Decidente un mero controllo sulla parte finale della pena, dovendo prescindere da qualunque controllo di legalità del procedimento dosimetrico dei limiti edittali del reato e delle eventuali circostanze. Il ricorso merita accoglimento. I Giudici di legittimità condividono le censure sollevate dalla parte ricorrente. Osserva il Collegio che, oltre al giudizio di congruità della pena da effettuare sul risultato finale dell’accordo ex articolo 444 c.p.p., è necessario verificare anche la legalità del procedimento di computo della pena anche con riguardo al bilanciamento delle circostanze. Nel caso in esame, il Giudice per le Indagini Preliminari ha recepito l’accordo delle parti, applicando un aumento di pena per la circostanza aggravante di cui all’articolo 291- ter , comma 1, d.P.R. 43/1973 pari ad un anno di reclusione, in violazione del disposto di cui all’articolo 64, comma 1, c.p., a tenore del quale l’aumento di pena non può superare la misura di un terzo. Dunque, in ipotesi di patteggiamento, con riguardo alle circostanze del reato l’accordo sulla pena deve superare il vaglio di legalità tanto in punto di configurabilità quanto in punto di computo. Alla stregua di tale ricostruzione, la Corte di Cassazione annulla la sentenza impugnata e rimette gli atti ad altra Sezione della Corte d’Appello di Milano per la nuova valutazione.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 10 ottobre 2018 – 21 marzo 2019, n. 12691 Presidente Lapalorcia – Relatore Liberati Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 26 aprile 2018 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano ha applicato a L.I.D. , su sua richiesta ai sensi dell’art. 444 c.p.p., la pena di anni due di reclusione ed Euro 90.000,00 di multa, in relazione al reato di cui al D.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, art. 291 bis e art. 291 ter, comma 1, ascrittogli per avere introdotto nel territorio dello Stato, utilizzando una automobile di proprietà di un terzo estraneo al reato, 20,020 chilogrammi di tabacco lavorato estero di contrabbando . Nell’accogliere la richiesta di applicazione pena avanzata dall’imputato, con il consenso del pubblico ministero, il Giudice per le indagini preliminari ha rilevato la congruità della pena finale indicata nel concordato proposto dalle parti, pari a due anni di reclusione ed Euro 90.000,00 di multa, essendo stata considerata quale base di computo la pena di due anni di reclusione ed Euro 100.000,00 di multa, aumentata per effetto della circostanza aggravante contestata ad anni tre di reclusione ed Euro 120.000,00 di multa, ridotta di un terzo per la diminuente del rito ad anni due di reclusione ed Euro 90.000,00 di multa, riconoscendo il beneficio della sospensione condizionale della pena limitatamente alla pena detentiva. 2. Avverso tale sentenza l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi. 2.1. Con il primo motivo ha denunciato la violazione e l’errata applicazione dell’art. 444 c.p.p., ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b , con riferimento alla mancata sospensione della pena pecuniaria, benché la richiesta di applicazione della pena avanzata dall’imputato con il consenso del pubblico ministero contenesse la richiesta di sospensione condizionale di entrambe le pene da applicare. 2.2. Con il secondo motivo ha lamentato la violazione e l’errata applicazione dell’art. 64 c.p., ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b , per l’eccessività dell’aumento di pena disposto per la circostanza aggravante contestata, in quanto, sia pur riprendendo il computo della pena indicato nella richiesta di applicazione della stessa, era stato applicato un aumento di pena superiore a un terzo della pena base, in violazione dell’art. 64 c.p. e art. 291 ter c.p., comma 1, che consentivano di aumentare la pena base fino a un terzo, sicché la pena base di due anni di reclusione avrebbe potuto essere aumentata di otto mesi e non di un anno, come erroneamente stabilito nella sentenza impugnata. 3. Il Procuratore Generale presso questa Corte ha concluso per il rigetto del ricorso, evidenziando che la richiesta di applicazione della pena non era stata espressamente subordinata alla sospensione condizionale della stessa, cosicché la relativa richiesta doveva ritenersi non vincolante per il giudice, e che l’accordo sul negoziato di pena si forma sulla pena finale, con la conseguente irrilevanza degli eventuali errori di calcolo compiuti nel determinare la sanzione concordata e applicata dal giudice. Tale opzione interpretativa sarebbe avvalorata dalla introduzione del comma 2 bis all’art. 448 c.p.p., da parte della L. n. 103 del 2017, che ha limitato i casi di ricorso per cassazione avverso le sentenze di applicazione della pena su richiesta ad alcune ipotesi specifiche, tra cui l’illegalità della pena, da intendersi nel senso restrittivo della sola pena finale, e non anche del criterio di computo della stessa. Considerato in diritto 1. Il secondo motivo di ricorso è fondato e assorbente. 2. Benché la valutazione di congruità della pena concordata dalle parti debba essere compiuta dal giudice in relazione alla pena finale, cioè con riferimento al risultato finale dell’accordo cfr. Sez. 4, n. 4382 del 28/09/2000, Del Noce, Rv. 217696 - 01 conf. Sez. 4, n. 8151 del 10/01/2001, Poidomani, Rv. 218995 01 v. anche Sez. 2, Ordinanza n. 52261 del 28/10/2016, Ben Mohamed Salh, Rv. 268642 - 01 , indipendentemente dai singoli passaggi interni di computo, in quanto è unicamente il risultato finale che assume valenza quale espressione ultima e definitiva dell’incontro delle volontà delle parti Sez. 3, n. 28641 del 28/05/2009 Fontana, Rv. 244582 - 01 , tanto che è stata affermata l’irrilevanza degli eventuali errori di calcolo commessi nel determinare la sanzione concordata ed applicata dal giudice, purché il risultato finale non si traduca in una pena illegale Sez. 4, n. 1853 del 17/11/2005, dep. 18/01/2006, Federico, Rv. 233185 - 01 conf. Sez. 6, n. 44907 del 30/10/2013, Marchisella, Rv. 257151 - 01 Sez. 1, n. 29668 del 17/06/2014, Cannizzo, Rv. 263217 - 01 Sez. 5, n. 51736 del 12/10/2016, Lopis, Rv. 268850 - 01 , ritiene, tuttavia, il Collegio che, oltre al giudizio di congruità della pena, da compiere sul risultato finale dell’accordo, di quest’ultimo debba essere anche verificata la legalità, anche nella parte relativa al procedimento di computo, nel senso che la necessità della verifica della correttezza della applicazione e comparazione delle circostanze imposta dall’art. 444 c.p.p., comma 2 , determina anche l’obbligo di verificare che i corrispondenti aumenti e diminuzioni di pena siano conformi ai criteri legali. L’obbligo di verifica della correttezza della applicazione e della comparazione delle circostanze, di cui all’art. 444 c.p.p., comma 2, non attiene, infatti, solamente alla loro configurabilità, ma, proprio alla luce del riferimento testuale al giudizio di comparazione, implica anche la necessità della verifica della legalità degli eventuali aumenti o diminuzioni di pena disposti per effetto del loro riconoscimento e all’esito dell’eventuale giudizio di bilanciamento il riferimento al giudizio di comparazione in termini di correttezza e non di congruità, come per la pena, determina la necessità di verificare la legalità in tal senso dovendo intendersi il riferimento alla correttezza della applicazione della applicazione delle circostanze e della loro comparazione, dunque non solo la loro configurabilità, ma anche la correttezza, cioè la conformità ai criteri legali, degli aumenti disposti per effetto della loro applicazione, anche se concordati dalle parti. 3. Nel caso in esame il Giudice per le indagini preliminari, recependo l’accordo delle parti, ha applicato un aumento di pena per la circostanza aggravante di cui al D.P.R. n. 43 del 1973, art. 291 ter, comma 1, di un anno, superiore a un terzo della pena base di due anni di reclusione, in violazione del disposto dell’art. 64 c.p., comma 1, che consente l’aumento di pena per le aggravanti fino a un terzo quando, come nel caso in esame, la relativa misura non è determinata dalla legge. Ne consegue, alla stregua di quanto osservato, a proposito della necessità di verificare anche la legalità degli aumenti di pena disposti per effetto del riconoscimento di circostanze aggravanti, indipendentemente dal fatto che essi siano stati oggetto del concordato di pena, la sussistenza della violazione di legge penale denunciata dal ricorrente con il secondo motivo di ricorso, essendo stata applicata la pena richiesta dall’imputato ma all’esito di un procedimento di computo non corretto. Ciò comporta la necessità di annullare senza rinvio la sentenza impugnata, con ciò rimanendo assorbito il primo motivo, con la restituzione degli atti al Tribunale di Milano, affinché le parti possano, nella loro piena libertà, perfezionare un nuovo concordato di pena, rispettoso dei criteri stabiliti dalla legge anche per la applicazione delle circostanze. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Milano Ufficio G.I.P. per l’ulteriore corso.