Imprenditore sottrae le scritture contabili della società: è bancarotta fraudolenta documentale

La condotta di sottrazione o occultamento delle scritture contabili deve essere sostenuta dal dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori affinché si provi la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato di bancarotta fraudolenta.

Così la Corte di Cassazione con sentenza n. 12544/19, depositata il 20 marzo. La vicenda. L’imputato veniva assolto dalla Corte d’Appello dal reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale per non aver commesso il fatto” ed esclusa l’aggravante di cui all’art. 219, comma 2, n. 1, l. fall., la stessa Corte confermava la condanna per il reato di bancarotta fraudolenta documentale, rideterminando la pena. Avverso tale decisione l’imputato ricorre per cassazione deducendo violazione di legge in relazione all’elemento soggettivo del reato ascrittogli. L’elemento soggettivo del reato. Occorre innanzitutto sottolineare che le ipotesi di bancarotta fraudolenta documentale di cui all’art. 216, comma 1, n. 2, prima e seconda ipotesi, l. fall., sono alternative e ciascuna idonea ad integrare il delitto in questione e pertanto, la Suprema Corte ha precisato che, una volta accertata la responsabilità in ordine alla tenuta della contabilità in modo da rendere impossibile la ricostruzione del movimento degli affari e del patrimonio della società fallita, che richiede il solo dolo generico, è superfluo accertare il dolo specifico richiesto per la condotta di sottrazione o distruzione dei libri e della altre scritture contabili, anche essa contestata. Sebbene le condotte di sottrazione, distruzione o omessa tenuta dall’inizio della documentazione contabile siano tra loro equivalenti, non è necessario accertare quale di queste ipotesi si sia verificata in concreto, purché sia certa la sussistenza di una di esse, con l’obbligo di acquisizione della prova in capo all’imprenditore dello scopo di recare pregiudizio ai creditori e di rendere impossibile la ricostruzione del movimento degli affari. Però è pur vero che la condotta di sottrazione o occultamento delle scritture contabili, che si è verificata nel caso di specie, deve essere sostenuta dal dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, non essendo sufficiente il dolo generico prescritto solo per la seconda ipotesi di cui al comma 1, n. 2, dell’art. 216 l. fall E, nella specie, risulta omesso l’accertamento in ordine alla sussistenza dell’elemento soggettivo in capo all’imputato. Per tali ragioni, il ricorso deve essere accolto.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 8 novembre 2018 – 20 marzo 2019, n. 12544 Presidente Vessichelli - Relatore Miccoli Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 25 settembre 2017 la Corte di Appello di Milano, in parziale riforma della pronunzia del giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Milano, ha assolto l’imputato B.M. dal reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale con la formula per non aver commesso il fatto esclusa quindi la sussistenza dell’aggravante di cui alla L. Fall., art. 219, comma 2, n. 1, la Corte territoriale ha confermato la condanna per il reato di bancarotta fraudolenta documentale, rideterminando la pena in anni due e mesi due di reclusione. 2. I fatti di bancarotta erano stati ascritti all’imputato in qualità di amministratore unico della società omissis s.r.l., dichiarata fallita in data 20 aprile 2009. L’imputazione di bancarotta documentale era stata formulata nei seguenti termini per avere, in concorso con altre persone rimaste ignote sottratto o distrutto in parte con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto di recare pregiudizio ai creditori, i libri e le altre scritture contabili della società e, comunque, li teneva in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari della medesima . 3. La Corte territoriale, nel confermare l’affermazione di responsabilità per il reato di bancarotta documentale, ha precisato che non può essere escluso che l’imputato abbia contribuito alla soppressione delle scritture contabili, una volta consapevole dell’irreversibilità dello stato di insolvenza. E in proposito, però, ha ritenuto corretta l’affermazione del Giudice di primo grado secondo cui il reato di cui alla L. Fall., art. 216, comma 1, n. 2, richiede solo il dolo generico. 4. Avverso tale pronunzia propone ricorso per cassazione l’imputato, per il tramite del proprio difensore, articolandolo in tre motivi. 2.1. Con il primo si deduce violazione di legge in ordine all’elemento oggettivo del reato di bancarotta fraudolenta documentale. Si sostiene in particolare che il B. abbia consegnato al curatore fallimentare tutte le scritture contabili ricevute dalla precedente amministratrice della società, non essendosi avveduto della mancanza di alcune di esse del resto, egli non poteva trarre alcun vantaggio dalla mancata consegna delle scritture relative al periodo antecedente il suo ingresso nella compagine sociale. Si sottolinea inoltre che il ricorrente non può essere ritenuto penalmente responsabile neanche a titolo di dolo eventuale, non avendo percepito segnali di allarme dai quali desumere l’avvenuta realizzazione di condotte illecite da parte di altri. All’imputato non può nemmeno essere ascritta l’ipotesi - contestata in via residuale - della tenuta delle scritture in guisa tale da rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio della società i giudici di merito hanno infatti omesso di motivare in ordine alla sussistenza del dolo intenzionale richiesto dalla fattispecie. 2.2. Con il secondo motivo di ricorso si denunzia violazione di legge in ordine all’elemento psicologico del reato. Evidenzia il ricorrente che i giudici di merito hanno omesso di accertare la sussistenza dell’elemento soggettivo richiesto dalla fattispecie contestata, la quale richiede che si agisca allo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, ovvero di danneggiare i creditori. Il dolo specifico in questione risulterebbe mancante nel caso di specie, in quanto l’imputato pur avendo omesso di controllare attentamente la documentazione consegnatagli dalla precedente amministratrice - non avrebbe sottratto né distrutto le scritture contabili ricevute, poi consegnate al curatore fallimentare. 2.3. Con il terzo motivo di ricorso ci si duole dell’erronea qualificazione giuridica del fatto. Si osserva in particolare che la condotta posta in essere dal ricorrente dovrebbe essere ricondotta all’ipotesi di bancarotta documentale semplice, potendosi al più ravvisare profili di colpa derivanti dalla mera omissione degli obblighi gravanti sull’amministratore di diritto in relazione alla conservazione di libri e scritture contabili. Considerato in diritto Il ricorso va accolto nei termini di seguito indicati. 1. Fondato è il primo motivo di ricorso. 1.1. In primo luogo si rende necessario rilevare che con l’imputazione è stata alternativamente contestata all’imputato la condotta di sottrazione o distruzione delle scritture contabili e, con l’uso dell’avverbio comunque , la condotta di tenuta delle medesime in guisa tale da non consentire la ricostruzione del volume d’affari e del patrimonio della fallita. 1.2. I giudici di merito hanno evidenziato come l’imputato avesse consegnato al curatore fallimentare i libri sociali, il registro dei corrispettivi e la documentazione circa i rapporti di lavoro intrattenuti tale documentazione risultava però incompleta e la versione fornita dal B. - secondo il quale la documentazione mancante non gli era mai stata consegnata dalla precedente amministratrice della società - sarebbe stata smentita dalla circostanza della sottoscrizione di una quietanza in occasione della consegna a lui delle scritture contabili da parte della precedente amministratrice della società. Tale quietanza di consegna, pur definita dagli stessi giudici non particolareggiata , non sarebbe stata di complessità tale da poter ingenerare errore in buona fede nel B. . 1.3. A fronte di tale ricostruzione, la Corte d’Appello ha dapprima condiviso la valutazione del giudice per le indagini preliminari, secondo cui in tema di bancarotta fraudolenta documentale, il reato previsto dalla L. Fall., art. 216, comma 1, n. 2, richiede il dolo generico, costituito dalla consapevolezza nell’agente che la confusa tenuta della contabilità potrà rendere impossibile la ricostruzione delle vicende del patrimonio, non essendo, per contro, necessaria la specifica volontà di impedire quella ricostruzione , mostrando quindi di ritenere integrata l’ipotesi di irregolare tenuta delle scritture contabili poi, però, ha affermato che non può essere escluso che l’imputato abbia collaborato alla o consentito la soppressione delle scritture contabili . La Corte di Appello ha dunque omesso di indicare quale delle condotte oggetto di contestazione sia effettivamente stata posta in essere dall’imputato, mentre nella sentenza di primo grado si fa specifico riferimento a una condotta di distruzione o occultamento delle scritture contabili pag. 4 . Peraltro, il giudice di primo grado ha formulato delle ipotesi sull’epoca nella quale il B. avrebbe posto in essere la condotta sopra evidenziata, mentre la Corte territoriale, con motivazione apodittica, ha tratto dalla circostanza della sottoscrizione della quietanza di consegna la conclusione che il B. dovesse identificarsi con l’autore della distruzione delle scritture a lui consegnate. 1.4. Così chiariti i vizi motivazionali da cui è affetta la sentenza in esame, va precisato che le due ipotesi contemplate alla L. Fall., art. 216, comma 1, n. 2, sono autonome. E tale autonomia deve essere intesa come vera e propria alternatività, nel senso che, qualora venga contestata la fisica sottrazione delle scritture contabili alla disponibilità degli organi fallimentari, non può essere addebitata all’agente anche la fraudolenta tenuta delle medesime, ipotesi che presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dagli stessi organi fallimentari si veda in motivazione Sez. 5, n. 18634 del 01/02/2017, Autunno e altro, Rv. 269904 . D’altronde, proprio perché le ipotesi di bancarotta fraudolenta documentale di cui all’art. 216, comma 1, n. 2, prima e seconda ipotesi, L. Fall. sono alternative e, quindi, ciascuna idonea ad integrare il delitto in questione, questa Corte ha precisato che, accertata la responsabilità in ordine alla tenuta della contabilità in modo da rendere impossibile la ricostruzione del movimento degli affari e del patrimonio della fallita - che richiede il solo dolo generico - diviene superfluo accertare il dolo specifico richiesto per la condotta di sottrazione o distruzione dei libri e delle altre scritture contabili, anch’essa contestata Sez. 5, n. 43977 del 14/07/2017, Pastechi e altro, Rv. 27175301 1.5. Sotto altro profilo, va sottolineato come sebbene, ai fini della configurabilità del delitto di bancarotta fraudolenta documentale previsto dalla prima parte dell’art. 216, comma 1, n. 2, le condotte di sottrazione, di distruzione o di omessa tenuta dall’inizio della documentazione contabile siano tra loro equivalenti, con la conseguenza che non è necessario accertare quale di queste ipotesi si sia in concreto verificata, comunque deve essere certa la sussistenza di una di esse e deve essere acquisita la prova in capo all’imprenditore dello scopo di recare pregiudizio ai creditori e di rendere impossibile la ricostruzione del movimento degli affari Sez. 5, n. 42754 del 26/05/2017, Ziliani, Rv. 27184701 Sez. 5, n. 47923 del 23/09/2014, De Santis, Rv. 261040 Sez. 5, Sentenza n. 9435 del 12/06/1984, Kranaver, Rv. 166406 Sez. 5, Sentenza n. 6967 del 11/05/1981, Rv. 149775 . 2. Alla stregua di quanto appena precisato, deve ritenersi fondata pure la seconda censura formulata dal ricorrente, relativa all’omesso accertamento della sussistenza dell’elemento soggettivo richiesto dalla fattispecie in esame. 2.1. Come si è evidenziato, la Corte territoriale, dopo aver affermato che per l’ipotesi di irregolare tenuta delle scritture contabili è richiesto il dolo generico, ha tuttavia ritenuto che l’imputato avesse collaborato alla soppressione delle scritture contabili. Va allora ribadito che la bancarotta fraudolenta documentale di cui all’art. 216, comma 1, n. 2 prevede due fattispecie alternative, quella di sottrazione o distruzione dei libri e delle altre scritture contabili, che richiede il dolo specifico, e quella di tenuta della contabilità in modo da rendere impossibile la ricostruzione del movimento degli affari e del patrimonio della fallita che richiede il dolo generico Sez. 5, n. 43966 del 28/06/2017, Rossi, Rv. 271611 Sez. 5, Sentenza n. 17084 del 09/12/2014, Caprara e altri, Rv. 263242 Sez. 5, Sentenza n. 24328 del 18/05/2005, Di Giovanni, Rv. 232209 . La condotta di sottrazione o occultamento delle scritture contabili, che sembra essere quella realizzata nella specie, deve quindi essere sostenuta dal dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, non essendo sufficiente il dolo generico prescritto solo per la seconda ipotesi della L. Fall., art. 216, comma 1, n. 2. Nella specie risulta dunque effettivamente omesso l’accertamento in ordine alla sussistenza dell’elemento soggettivo in capo all’imputato. 3. Le considerazioni sopra articolate sui vizi da cui è affetta la sentenza in esame rendono superflua l’analisi del terzo motivo di ricorso, con il quale - sempre argomentando sull’elemento soggettivo del reato - il B. ha chiesto la riqualificazione del fatto nel meno grave delitto di bancarotta semplice. Va solo qui evidenziato come pure a tal fine sia indubbiamente rilevante comprendere in quale delle fattispecie di bancarotta documentale i giudici di merito hanno inteso ricondurre la condotta dell’imputato. Infatti, se da una parte l’esistenza dell’elemento soggettivo non può essere desunto dal solo fatto, costituente l’elemento materiale del reato, che lo stato delle scritture sia tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, tanto più quando l’omissione sia contenuta in limiti temporali piuttosto ristretti, poiché in detta ipotesi è necessario chiarire la ragione e gli elementi sulla base dei quali l’imputato abbia avuto coscienza e volontà di realizzare detta oggettiva impossibilità e non, invece, di trascurare semplicemente la regolare tenuta delle scritture, senza valutare le conseguenze di tale condotta, atteso che, in quest’ultimo caso, si integra l’atteggiamento psicologico del diverso e meno grave reato di bancarotta semplice di cui alla L. Fall., art. 217, comma 2 Sez. 5, n. 23251 del 29/04/2014, Pavone, Rv. 26238401 . D’altra parte, va ribadito pure che, poiché la condotta di sottrazione o occultamento delle scritture contabili deve essere sostenuta dal dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, allo stesso modo si colora l’elemento soggettivo del reato qualora la condotta di omessa tenuta dei libri contabili venga contestata a titolo di bancarotta fraudolenta, anziché di bancarotta semplice. Quindi, la sentenza in esame è errata sul punto e la sua motivazione viziata laddove non affronta proprio il tema della prova del dolo specifico e le ragioni del diniego di una eventuale riqualificazione della condotta ascritta - allorquando effettivamente addebitale al B. esclusivamente a titolo di dolo generico - come bancarotta semplice documentale. 4. Per le suesposte ragioni si impone l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio ad altra Sezione della Corte d’Appello di Milano per nuovo esame. P.Q.M. annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Milano per nuovo esame.