L’efficacia del decreto di irreperibilità per la fase introduttiva del giudizio

Gli Ermellini confermano il principio secondo cui nei procedimenti in cui il rinvio a giudizio è disposto in seguito ad udienza preliminare, il decreto di irreperibilità emesso dal pubblico ministero ai fini della notifica dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari è inefficace ai fini della notifica del decreto che dispone il giudizio .

Così la sentenza n. 11504/19, depositata il 15 marzo. La vicenda. La Corte d’Appello milanese confermava la sentenza di primo grado che condannava l’imputato, nonostante la sua contumacia, per il delitto di violenza sessuale di gruppo. Il condannato ricorre in Cassazione lamentando la nullità della sentenza di primo grado con riferimento la mancata rinnovazione delle ricerche nei luoghi di cui all’art. 159 c.p.p nonché del decreto di irreperibilità per l’insussistenza del decreto di latitanza. In particolare, secondo il ricorrente il decreto di irreperibilità emesso dal PM ai fini della notifica dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari è inefficacie ai fini della notifica del decreto che dispone il giudizio . La nullità. Gli Ermellini ricordano che è riconosciuta l’efficacia del decreto di irreperibilità emesso a conclusione delle indagini preliminari, per la fase introduttiva del giudizio, a condizione che la continuità, normalmente intercorrente fra l’avviso di conclusione delle indagini preliminari e il decreto di citazione diretta a giudizio emesso dallo stesso PM, renda superflua la rinnovazione delle ricerche . Tale continuità, continua la Corte, si interrompe allorquando fra i due atti suddetti si interponga un ulteriore passaggio procedimentale, quale, appunto, l’esecuzione di ulteriori indagini a seguito della notifica dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari ex art. 415 -bis , c.p.p., ricerche che, nel caso di specie non sono state completate. Di conseguenza, rimarca la Corte, il vizio della notificazione del decreto di citazione a giudizio eseguita attraverso il rito previsto per l’irreperibilità, poiché attiene alla vocatio in judicium , genera una nullità assoluta, insanabile e deducibile in ogni stato e grado del procedimento . Alla luce di ciò, la Corte, accogliendo il ricorso, dichiara la nullità della notifica del decreto di citazione a giudizio e dispone la trasmissione degli atti al GUP del Tribunale milanese, il quale, dovrà quindi, disporre le ricerche di cui all’art. 159 c.p.p. ai fini della notifica all’imputato del decreto di citazione a giudizio.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 6 dicembre 2018 – 15 marzo 2019, n. 11504 Presidente Lapalorcia - Relatore Corbetta Ritenuto in fatto 1. Con l’impugnata sentenza, la Corte d’appello di Milano confermava la pronuncia resa dal Tribunale di Milano e appellata dall’imputato, che aveva condannato K.Y. alla pena di giustizia perché ritenuto responsabile del delitto di violenza sessuale di gruppo commesso in danno di B.L.R. , come descritto nel capo d’imputazione. 2. Avverso l’indicata sentenza, l’imputato, per il tramite del difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi. 2.1. Con il primo motivo si deduce violazione di legge in relazione agli artt. 159, 160, 429 e 177 c.p.p., art. 178 c.p.p., comma 1, lett. c , art. 179 c.p.p., comma 1, art. 185 c.p.p. con riferimento alla mancata rinnovazione delle ricerche nei luoghi indicati dall’art. 159 c.p.p. nonché del decreto di irreperibilità, ovvero degli artt. 296, 419, 420 quater, 429 e 177 c.p.p., art. 178 c.p.p., comma 1, lett. c , art. 179 c.p.p., comma 1, art. 185 c.p.p. per insussistenza del decreto di latitanza. Assume il ricorrente la nullità della sentenza di primo grado per non essere state rinnovate le ricerche nei luoghi dell’art. 159 c.p.p., nè il decreto di irreperibilità di K. , già dichiarato tale durante le indagini preliminari con decreto emesso dal p.m. in il 3 settembre 2012, dopo la fase dell’udienza preliminare. Nel richiamare un arresto espresso da Sez. 5, n. 50080 del 14/09/2017 la cui motivazione è riportata integralmente nel ricorso , il ricorrente assume che il decreto di irreperibilità emesso dal pubblico ministero ai fini della notifica dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari è inefficace ai fini della notifica del decreto che dispone il giudizio. Si aggiunge che il medesimo vizio sarebbe riscontrabile in relazione alla notifica dell’estratto contumaciale della sentenza di primo grado, non preceduta dalle ricerche ex art. 159 c.p.p 2.2. Con il secondo motivo si lamenta violazione dell’art. 125 c.p.p., comma 5, art. 192 c.p.p., commi 1 e 2, art. 546 c.p.p., comma 1, lett. 2 e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta responsabilità dell’imputato. Secondo la prospettazione difensiva, la Corte territoriale avrebbe acriticamente confermato la sentenza di primo grado senza valutare gli elementi addotti dalla difesa circa la mancanza di prova della partecipazione del ricorrente al fatto a lui addebitato e fondandosi unicamente sulle dichiarazioni rese dalla persona offesa, le quali sarebbero contraddittorie e illogiche perché a la B. non avrebbe chiarito se, all’inizio della vicenda, avesse interpellato un ragazzo per una sigaretta o viceversa b la circostanza che la ragazza fosse stata prelevata con forza da quattro soggetti e poi condotta nella baracca dove vi erano due individui non trova riscontro nel capo A dell’imputazione c i testi L. e P. avevano visto la persona offesa non intenta a fuggire ma nuda, che reclamava i propri vestiti. Si tratta di circostanze ch sarebbero indicative di come la facoltà di identificazione della donna fosse scemata, sicché non sarebbe probante il riconoscimento fotografico effettuato dalla persona offesa, tenuto conto sia del contesto in cui avvenne il fatto, sia del ridotto tempo di osservazione dell’aggressore, e considerando che nessun altro testimone avrebbe fornito un apporto probatorio a dimostrazione che l’imputato sia l’autore del reato. 2.3. Con il terzo motivo si eccepisce violazione di legge in relazione all’art. 125 c.p.p., comma 5, art. 192 c.p.p., commi 1 e 2, art. 546 c.p.p., comma 1, lett. 2 e artt. 609 bis e 609 octies c.p Ad avviso del ricorrente, la Corte territoriale avrebbe erroneamente rigettato la richiesta subordinata di derubricazione del delitto di violenza sessuale di gruppo nella meno grave ipotesi di violenza sessuale, avendo trascurato che l’imputato non sarebbe stato presente sul luogo e nel momento della violenza sessuale commessa in danno della persona offesa da parte del coimputato H. , così come costui non sarebbe stato presente all’abuso consumato dal K. , e nemmeno sarebbe stata accertata la condotta tenuta dall’imputato prima e dopo la violenza usata da H. . Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato in relazione al primo motivo, con assorbimento dei motivi ulteriori. 2. È pacifico che il g.u.p. non abbia rinnovato le ricerche dell’imputato ai sensi dell’art. 160 c.p.p. prima di procedere alla notifica del decreto che dispone il giudizio. Nel rigettare il motivo di appello sul punto, la Corte territoriale ha invocato il principio espresso da questa Corte a Sezioni Unite, secondo cui il decreto di irreperibilità emesso dal P.M. ai fini della notifica dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari è efficace anche ai fini della notifica del decreto di citazione a giudizio, salvo che il P.M. effettui ulteriori indagini dopo la notifica di detto avviso Sez. U, n. 24527 del 24/05/2012 - dep. 20/06/2012, Napolitano, Rv. 252692 . Si tratta di un principio non pertinente per l’evidente ragione che, nella vicenda in esame, l’imputato non è stato citato a giudizio direttamente dal p.m. - come nel caso affrontato dalle Sezioni Unite - ma nei suoi confronti è stata celebrata l’udienza preliminare, all’esito della quale il g.u.p. ha emesso il decreto che dispone il giudizio. Invero, l’art. 160 c.p.p., comma 1, prevede espressamente l’inefficacia, per la fase procedimentale successiva alla pronuncia del provvedimento che definisce l’udienza preliminare - ovvero alla chiusura delle indagini preliminari ove l’udienza preliminare manchi, situazione che non ricorre però nel caso in esame - del decreto di irreperibilità emesso nel corso delle indagini preliminari. Alla luce di questa precisazione, il principio stabilito dalle Sezioni Unite di questa Corte deve essere definito in termini diversi e ben più articolati di quelli di una mera previsione di generale efficacia del decreto di irreperibilità, emesso a conclusione delle indagini preliminari, anche per la fase introduttiva del giudizio. Tale efficacia è invero attribuita al decreto in esame a condizione che la continuità, normalmente intercorrente fra l’avviso di conclusione delle indagini preliminari e il decreto di citazione diretta a giudizio emesso dallo stesso pubblico ministero, renda superflua la rinnovazione delle ricerche condizione che viene meno ove fra i due atti si interponga un passaggio procedimentale ulteriore, quale l’esecuzione di nuove indagini a seguito della notifica dell’avviso di cui all’art. 415-bis c.p.p Orbene, l’indicata condizione di continuità è all’evidenza insussistente nell’ipotesi, ricorrente nel caso qui esaminato, in cui l’avviso di conclusione delle indagini preliminari, notificato con la procedura dell’irreperibilità, sia stato emesso in un procedimento nel quale è prevista la celebrazione dell’udienza preliminare. In questa situazione, infatti, fra l’emissione dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari e quella del provvedimento dispositivo del giudizio si inserisce un’intera fase procedimentale, ossia quella della fissazione e della celebrazione dell’udienza preliminare, che costituisce un’interposizione avente consistenza ben maggiore di quella del compimento di ulteriori indagini da parte del pubblico ministero, ritenuto nella citata decisione delle Sezioni Unite un’evenienza che impone la rinnovazione delle ricerche dell’imputato, e caratterizzata, rispetto alla situazione esaminata in quella decisione, dalla diversità del soggetto processuale che emette il provvedimento. Di conseguenza, il vizio della notificazione eseguita con il rito previsto per l’irreperibilità, in quanto attenga come nel caso di specie alla vocatio in judicium, genera una nullità assoluta, insanabile e deducibile in ogni stato e grado del procedimento Sez. 5, n. 30072 del 24/03/2009, Pesce, Rv. 24448101 Sez. 1, n. 29226 del 13/07/2005, Serigne, Rv. 232100 Sez. 1, n. 3488 del 21/09/1993, De Simone, Rv. 195304 . Va perciò ribadito il principio, già affermato da questa Corte e che il Collegio condivide, secondo cui nei procedimenti in cui il rinvio a giudizio è disposto in seguito ad udienza preliminare, il decreto di irreperibilità emesso dal pubblico ministero ai fini della notifica dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari è inefficace ai fini della notifica del decreto che dispone il giudizio Sez. 5, n. 50080 del 14/09/2017 - dep. 02/11/2017, Massa e altri, Rv. 271540 . Infine, va osservato, che non può essere evocato, nel caso in esame, il principio, affermato da alcune pronunce di questa Corte, per il quale l’obbligo di effettuare nuove ricerche nei luoghi indicati dall’art. 159 c.p.p., comma 1, al fine di emettere il decreto di irreperibilità è condizionato all’oggettiva praticabilità degli accertamenti ossia alla conoscenza del luogo di nascita, di ultima residenza e di abituale esercizio dell’attività lavorativa dell’imputato , che rappresenta il limite logico di ogni garanzia processuale Sez. 2, n. 39329 del 31/05/2016 - dep. 22/09/2016, Ciobataru, Rv. 268304 Sez. 3, n. 17458 del 19/04/2012 - dep. 10/05/2012, Domollaku, Rv. 252626 . Nei casi esaminati nelle decisioni ora ricordate, infatti, ci si doleva della mancata completezza delle ricerche, e non della totale omissione delle medesime, come nella vicenda sottoposta a scrutinio. La dichiarazione di nullità della notifica del decreto di citazione a giudizio, pertanto, travolge entrambe le sentenze di merito, con trasmissione degli atti al giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Milano, il quale dovrà disporre ricerche ai sensi dell’art. 159 c.p.p. ai fini della notifica all’imputato del decreto dispositivo del giudizio. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e quella di primo grado e dispone trasmettersi gli atti al giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Milano per quanto di competenza.