Le dichiarazioni predibattimentali della persona offesa sono utilizzabili solo se…

L’art. 512 c.p.p. consente l’utilizzo delle dichiarazioni testimoniali predibattimentali a condizione che il giudice disponga rigorosamente e accuratamente tutti gli accertamenti utili ai fini della reperibilità del testimone in relazione alla peculiare situazione personale dello stesso.

La vicenda. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9694/19 depositata il 5 marzo, ha annullato la sentenza della Corte d’Appello di Milano che ha confermato la condanna di un imputato violenza sessuale ai danni della convivente, dichiarando invece non doversi procedere per il reato di maltrattamenti perché estinto per prescrizione. Con il ricorso presentato dalla difesa viene dedotta violazione di norme processuali avendo il giudice di merito riconosciuto la responsabilità dell’imputato per il reato di violenza sessuale sulla base delle sole dichiarazioni della persona offesa rese nel corso delle indagini preliminari e acquisite al dibattimento ex art. 512 c.p.p. in difetto dei presupposti della imprevedibilità e impossibilità della ripetizione. Utilizzo delle dichiarazioni predibattimentali. L’art. 512 c.p.p., derogando al principio cardine del diritto dell’imputato al contraddittorio nella formazione della prova, si pone come norma a carattere eccezionale e di applicazione restrittiva. Ciò posto, perché si possano utilizzare le dichiarazioni testimoniali predibattimentali, l’irreperibilità sopravvenuta del soggetto che le abbia rese integra un’ipotesi di oggettiva impossibilità di formazione della prova in contraddittorio e di conseguente irripetibilità dell’atto dovuta a fatti o circostanze imprevedibili. Si aggiunga però che, ai fini dell’utilizzabilità delle dichiarazioni mediante lettura, non è sufficiente l’infruttuoso espletamento delle ricerche previste dall’art. 159 c.p.p., ma occorre che il giudice disponga rigorosamente e accuratamente tutti gli accertamenti utili ai fini della reperibilità del testimone, compiendo tutti gli accertamenti congrui alla peculiare situazione personale dello stesso . Nel caso di specie, le ricerche della persona offesa non sono state condotte con la dovuta diligenza, circostanza che porta la Corte ad annullare la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello per un nuovo giudizio.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 15 novembre 2018 – 5 marzo 2019, n. 9694 Presidente Aceto – Relatore Di Stasi Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 28/02/2018, la Corte di appello di Milano, in parziale della sentenza del Tribunale di Milano del 15.4.2014 - con la quale G.A. era stato dichiarato responsabile dei reati di cui all’art. 572 c.p. capo a e art. 61 c.p., n. 11, art. 609 bis c.p. capo b commessi in danno della convivente L.N. e condannato alla pena di anni sei di reclusione - dichiarava non doversi procedere in ordine al reato di cui al capo a perché estinto per prescrizione e riduceva la pena per la residua imputazione ad anni cinque e mesi sei di reclusione. 2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione G.A. a mezzo del difensore di fiducia, articolando due motivi di seguito enunciati. Con il primo motivo deduce violazione di norme processuali e correlato vizio di motivazione in relazione agli artt. 192, 512, 512 bis c.p.p., art. 111 Cost., commi 4 e 5, art. 6, comma 3, lett. d CEDU, lamentando che l’affermazione di responsabilità per il reato di violenza sessuale era stata basata unicamente sulle dichiarazioni rese dalla persona offesa nel corso delle indagini preliminari, acquisite al dibattimento ai sensi dell’art. 512 c.p.p., in difetto dei presupposti della imprevedibilità - non essendo stato tenuto nel debito conto la circostanza che la donna al momento della prima dichiarazione era straniera presente in Italia da poco più di due anni ed irregolare sul territorio - ed oggettività della impossibilità della ripetizione - non essendo state effettuate esaustive ricerche. Con il secondo motivo violazione di norme processuali e correlato vizio di motivazione in relazione all’art. 191 c.p.p., art. 526 c.p.p., comma 1 bis, art. 111 Cost., commi 4 e 5, art. 6, comma 3, lett. d CEDU, lamentando che l’affermazione di responsabilità era stata basata esclusivamente o in gran parte parte sulle dichiarazioni accusatorie rese dalla persona offesa. Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata. Considerato in diritto 1. Il primo motivo di ricorso è fondato ed assorbente dell’ulteriore doglianza proposta. Va ricordato che perché si possano utilizzare le dichiarazioni testimoniali predibattimentali, a norma dell’art. 512 c.p.p. - che è norma che derogando al principio costituzionale del diritto dell’imputato al contraddittorio nella formazione della prova ha natura eccezionale e di applicazione restrittiva cfr. in tal senso Sez. U, n. 27918 del 25/11/2010, dep. 14/07/2011, De Francesco, Rv. 250197, con specifico riferimento all’analoga disciplina contenuta nell’art. 512 bis c.p.p. - l’irreperibilità sopravvenuta del soggetto che abbia reso dichiarazioni predibattimentali - alla quale non può attribuirsi presuntivamente il significato della volontaria scelta di sottrarsi all’esame da parte dell’imputato o del suo difensore - integra, se accertata con rigore e non con una verifica meramente burocratica e routinaria , un’ipotesi di oggettiva impossibilità di formazione della prova in contraddittorio e di conseguente irripetibilità dell’atto dovuta a fatti o circostanze imprevedibili Sez. U, n. 36747 del 28/05/2003, Torcasio e altro, Rv. 22547 . Ed è stato chiarito che, ai fini dell’utilizzabilità, mediante lettura, delle dichiarazioni rese in sede predibattimentale dal testimone divenuto irreperibile, non è sufficiente l’infruttuoso espletamento delle ricerche previste dall’art. 159 c.p.p., ma occorre che il giudice disponga rigorosamente e accuratamente tutti gli accertamenti utili ai fini della reperibilità del testimone, compiendo tutti gli accertamenti congrui alla peculiare situazione personale dello stesso, quale risultante dagli atti, dalle deduzioni specifiche eventualmente effettuate dalle parti nonché dall’esito dell’istruttoria svolta nel corso del giudizio cfr Sez. 1, n. 14243 del 26/11/2015, dep. 08/04/2016, Rv.266601 Sez.6, n. 16445 del 06/02/2014, Rv. 260155 Sez. 6, n. 24039 del 24/05/2011, Rv. 250109 Sez. 2, n. 22358 del 27/05/2010, Rv. 247434 Sez. 2, n. 43331 del 18/10/2007, Rv. 238198 . Nella specie, appare per tabulas che non si sia proceduto con la dovuta diligenza a reperire la persona offesa, considerato che le ricerche, limitate al solo territorio nazionale, non sono state complete quanto al disposto dell’art. 159 c.p.p. hanno riguardato il domicilio dichiarato, i luoghi abitualmente frequentati e la consultazione degli archivi comunali ma non l’amministrazione carceraria centrale e non hanno comportato l’attivazione di alcun adeguato meccanismo di ricerca ulteriore tenendo conto delle indicazioni fornite dai CC della Stazione di omissis che indicano specificamente un luogo di residenza della teste in Ucraina esteso anche oltre il territorio nazionale. 3. La sentenza va, pertanto, annullata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Catanzaro, che procederà a nuovo giudizio previo esperimento di ogni utile indagine intesa alla ricerca della persona offesa onde assicurarne la presenza in dibattimento, alla luce del principio di diritto suesposto. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Milano. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto imposto dalla legge.