Notifica al difensore a mezzo PEC: l’invio di un’unica copia dell’atto non dà luogo ad alcuna irregolarità

Deve ritenersi legittimamente eseguita la notificazione a mezzo PEC presso il difensore domiciliatario anche senza l’invio di più copie quanti sono i destinatari dell’atto notificato, qualora questo venga consegnato al difensore sia in proprio sia in qualità di domiciliatario dell’interessato.

Così la Corte di Cassazione con sentenza n. 8887/19, depositata il 1° marzo. La vicenda. La Corte d’Appello di Trento condannava l’imputato alla pena di giustizia per il reato di truffa e ricettazione, riconosciuti in continuazione. L’imputato ricorre in cassazione deducendo la nullità assoluta della sentenza per omessa notifica al difensore della data di rinvio dell’udienza di appello a seguito della richiesta correlata per legittimo impedimento. Il motivo di ricorso. In particolare il ricorrente sostiene che il rinvio veniva comunicato tramite PEC presso il difensore domiciliatario, mentre non veniva trasmessa nessuna comunicazione per lo stesso difensore, configurandosi così un’ipotesi di nullità assoluta e insanabile. Dunque, la questione da risolvere è quella di stabilire se, in caso di comunicazione a mezzo PEC di avvisi destinati sia all’imputato che al difensore domiciliatario, sia necessario che la cancelleria provveda ad un doppio invio del medesimo avviso, allo stesso indirizzo, distinguendo quello destinato al difensore per se stesso rispetto a quello destinato al difensore quale domiciliatario dell’imputato. È necessaria la copia dell’atto da notificare? A tal proposito, come già più volte affermato dalla Suprema Corte, quando la comunicazione o notificazione sia eseguita a mezzo PEC non si può non tener conto delle caratteristiche proprie di tale mezzo di trasmissione, come ad esempio il fatto che esso mette nella definitiva disponibilità del destinatario la copia informatica dell’atto notificato, che può prenderne visione in ogni momento. È, quindi, irrilevante la necessità di procedere alla consegna al soggetto che riceve la notifica di tante copie quanti sono i destinatari dell’atto, poiché è lo stesso sistema tecnologico che consente al destinatario di riprodurre il numero necessario di copie, di cui ha bisogno. Per tali ragioni, dato che il biglietto di cancelleria inviato a mezzo PEC ha confermato la riferibilità della comunicazione dell’avviso sia al difensore in quanto tale sia in quanto domiciliatario dell’imputato, il motivo di ricorso è infondato.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 17 gennaio – 1 marzo 2019, n. 8887 Presidente Prestipino – Relatore Saraco Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza del 26 luglio 2018 oggi impugnata, la Corte di appello di Trento, sezione distaccata di Bolzano, ha confermato la sentenza del Tribunale di Bolzano che condannava S.M. alla pena di anni uno, mesi tre, giorni venti di reclusione ed Euro 800,00 di multa per il reato di truffa e ricettazione, riconosciuti in continuazione con la sentenza del 28.5.2013 del Tribunale di Brunico. 2. Secondo l’ipotesi accusatoria ritenuta fondata dai giudici di merito, S.M. riceveva cinque assegni nella consapevolezza della loro provenienza furtiva e induceva in errore i titolari degli esercizi commerciali in cui acquistava della merce con l’artificio di pagare con detti assegni di provenienza illecita. 3. S.M. , a mezzo del proprio difensore, deduce i seguenti vizi 3.1. Nullità assoluta della sentenza per omessa notifica al difensore di fiducia della data di rinvio dell’udienza di appello a seguito di correlata richiesta per legittimo impedimento. La difesa osserva che la Corte di appello rinviava l’udienza di trattazione del processo, in accoglimento della correlata istanza avanzata dalla stessa difesa per legittimo impedimento. Il ricorrente specifica che il rinvio veniva comunicato all’imputato irreperibile tramite PEC presso il difensore domiciliatario, mentre nessuna comunicazione veniva formalmente trasmessa per lo stesso difensore, ancorché tale incombente fosse stato specificamente disposto con l’ordinanza di rinvio, così configurandosi un’ipotesi di nullità assoluta e insanabile e, in quanto tale, eccepibile in qualsiasi grado del giudizio. 3.2. Erronea applicazione della legge penale e illogicità manifesta della motivazione, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b , e lett. e , in relazione al reato di ricettazione e alla negazione dell’attenuante della particolare tenuità del fatto. La difesa osserva che la Corte di appello negava la configurabilità dell’attenuante della particolare tenuità del fatto per ragioni diverse da quelle esposte dal Tribunale, visto che questo poneva l’accento sulla impossibilità di riconoscerla in relazione alla ricettazione di un assegno in bianco, in ragione della possibilità di apporvi qualsiasi cifra, con potenziale pericolo di infliggere un grave danno alla vittima del reato, mentre la Corte di appello evidenziava che gli importi portati dagli assegni erano elevati. Secondo il ricorrente le due sentenze si pongono in contrasto, atteso che il Tribunale aveva espressamente ritenuto la possibilità astratta di riconoscere l’attenuante ove si fosse guardato agli importi, ma l’aveva esclusa solo avendo riguardo al fatto che gli assegni ricettati erano in bianco. La difesa aggiunge che in altra ipotesi, il Tribunale di Ravenna, con sentenza del 19.11.2015 aveva riconosciuto la particolare tenuità del fatto, in occasione della ricettazione di un assegno dell’importo di Euro 7.800,00. La difesa, infine, segnala che il danno, oltre che essere modesto, era stato perpetrato nei confronti della vittima della truffa e non del titolare dell’assegno ricettato. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato nel senso di seguito specificato. 1.1. Il primo motivo di ricorso è infondato. Il difensore assume di avere ricevuto la comunicazione del rinvio tramite PEC per il suo assistito ma non anche per sé stesso quale difensore. A dimostrazione dell’assunto ha prodotto copia dell’ordinanza di rinvio con la quale si dispone la comunicazione al PG, al difensore e all’imputato , il cd. biglietto di cancelleria nel quale il PG, il difensore e l’imputato sono indicati quali destinatari dell’avviso e con riguardo all’imputato è specificato che la comunicazione doveva essere effettuata presso il difensore, ai sensi dell’art. 161 c.p.p., comma 4 e, infine, la comunicazione di avvenuta ricezione del provvedimento via PEC. La difesa deduce che quest’ultimo e unico avviso di ricevimento tramite PEC si riferisce all’imputato irreperibile, mentre nei suoi confronti la comunicazione sarebbe stata omessa. La questione da risolvere è, dunque, quella di stabilire se, in caso di comunicazione a mezzo PEC di avvisi destinati sia al difensore che all’imputato presso di lui domiciliato, sia necessario che la Cancelleria disponga un doppio invio del medesimo avviso, al medesimo indirizzo, distinguendo quello destinato al difensore per sé, rispetto a quello destinato al difensore quale domiciliatario dell’imputato, ai sensi dell’art. 161 c.p.p., comma 4. Il tema è già stato affrontato dalla Corte di cassazione con un precedente che questo Collegio condivide e al quale intende dare continuità, nel quale si osserva che per risolvere la questione è opportuno esaminare alcuni aspetti concernenti la posta elettronica certificata pec e, infine, la questione della conoscibilità della causale della notificazione. Deve essere, innanzitutto, evidenziato che nel caso in cui la comunicazione o notificazione sia eseguita per mezzo della posta elettronica certificata pec , non può non tenersi conto delle caratteristiche proprie del mezzo di trasmissione utilizzato, caratteristiche che risultano del tutto peculiari rispetto alla tradizionale notificazione tramite ufficiale giudiziario e finanche a quella eseguita tramite fax. Infatti, a differenza di altri mezzi di notificazione, la posta elettronica certificata mette nella definitiva disponibilità del destinatario la copia informatica dell’atto notificato, potendo il destinatario prendere in ogni tempo visione dell’atto mediante la consultazione del proprio sistema informatico di posta elettronica, stamparlo quante volta voglia, inviarlo a terzi un numero indefinito di volte, senza alcun aggravio di attività o costi. In sostanza, la necessità di procedere alla consegna al soggetto che riceve la notificazione di tante copie quanti sono i destinatari dell’atto appare logicamente incompatibile quando si proceda alla notificazione o alla comunicazione tramite pec , poiché è lo stesso sistema tecnologico che consente al destinatario di riprodurre il numero necessario di copie dell’atto ricevuto. D’altra parte, per quanto concerne la tradizionale notificazione degli atti cartacei, la giurisprudenza di legittimità ha costantemente affermato che la notificazione ai sensi dell’art. 161 c.p.p., comma 4, mediante consegna al difensore di un’unica copia dell’atto da notificare dà luogo ad una mera irregolarità, non produttiva di nullità, qualora risulti esplicitato, o sia comunque desumibile dall’atto, che la notificazione stessa è stata eseguita al medesimo sia in proprio che nella veste di consegnatario Sez. 2, n. 19277 del 13/04/2017, La Marra, Rv. 269916 in precedenza Sez. 2, n. 50976 del 17/09/2015, Petrarca, Rv. 265759 Sez. 1, n. 14012 del 07/03/2008, P.M. in proc. Petrisor, Rv. 240138 . Tale principio è stato costantemente affermato con la precisazione che, allorquando sia esplicitato od aliunde chiaramente desumibile che l’atto viene notificato al difensore sia nella sua veste tecnica sia nella veste di destinatario dell’atto in sostituzione dell’imputato, la notifica è pienamente valida pur se effettuata in unica copia, essendosi, attraverso tali modalità, raggiunte le finalità della notifica e informato il difensore Sez. 1, Sentenza n. 12309 del 29/01/2018, Viggiani . Si è altresì precisato che tale orientamento di legittimità risulta viepiù condivisibile nel caso in cui la comunicazione o notificazione sia eseguita mediante la posta elettronica certificata. Infatti, salvo il caso in cui l’elezione di domicilio non sia conosciuta dal destinatario, questi, allorquando riceve l’atto in formato elettronico tramite pec , risulta a conoscenza della ridetta qualità in ragione del rapporto che intrattiene con il patrocinato sia esso di fiducia o d’ufficio , sicché deve ritenersi legittimamente eseguita la notificazione anche senza l’invio di più copie quanti sono i destinatari. In effetti, a differenza delle tradizionali modalità di comunicazione, la posta elettronica certificata assicura che il messaggio è stato recapitato direttamente al destinatario non è ipotizzabile, per le caratteristiche proprie dell’indirizzo elettronico, la consegna a famigliari, addetti alla ricezione, al portiere o a terzi , che viene individuato in maniera univoca mediante l’indirizzo elettronico esistente nei pubblici registri in associazione al suo codice fiscale, così eliminandosi in radice i rischi di smarrimento dell’atto, omonimia, temporanea assenza o trasferimento dello studio professionale Sez. 1, Sentenza n. 12309 del 29/01/2018, Viggiani . Si è così affermato il principio di diritto in forza del quale in tema di notificazione al difensore mediante invio dell’atto tramite posta elettronica certificata c.d. pec , l’invio di un’unica copia dell’atto da notificare non dà luogo ad alcuna irregolarità, qualora risulti che l’atto viene consegnato al difensore sia in proprio, sia nella qualità di domiciliatario dell’interessato Sez. 1, Sentenza n. 12309 del 29/01/2018, Viggiani, Rv. 272313 Sez. 3, sentenza n. 43626 del 21/06/2018, Ajouly e altro Sez. 3, sentenza n. 43626 del 5 aprile 2018 . Nel caso in esame la riferibilità della comunicazione dell’avviso sia al difensore in quanto tale, sia in quanto domiciliatario dell’imputato è fatto palese dal biglietto di cancelleria inviato, nel quale è specificato che destinatari della comunicazione sono sia il difensore che l’imputato domiciliato presso di lui, ai sensi dell’art. 161 c.p.p., comma 4, per come già visto. Il motivo è, dunque, infondato. 1.2. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile perché difetta del requisito della specificità. Secondo consolidato e condivisibile orientamento di questa Corte per tutte, Sez. 4, sentenza n. 15497 del 22/02/2002, Palma, Rv. 221693 Sez. 6, sentenza n. 34521 del 27/06/2013, Ninivaggi, Rv. 256133 , è inammissibile per difetto di specificità il ricorso che riproponga pedissequamente le censure dedotte come motivi di appello al più con l’aggiunta di frasi incidentali contenenti contestazioni, meramente assertive ed apodittiche, della correttezza della sentenza impugnata senza prendere in considerazione, per confutarle, le argomentazioni in virtù delle quali i motivi di appello non siano stati accolti. Nel caso in esame le argomentazioni esposte nel ricorso riproducono quelle contenute nell’atto di appello alle quali la Corte territoriale ha dato risposta, affermando di condividere le motivazioni esposte dal primo giudice con riguardo alla negazione dell’ipotesi della particolare tenuità del fatto. La Corte di appello ha poi spiegato che gli importi degli assegni erano notevoli e, perciò, anche per tale ragione non era possibile riconoscere la pretesa attenuante. Tale inciso veniva aggiunto dalla Corte di appello proprio per rispondere alla correlata doglianza difensiva, con la quale si assumeva che è vero che S. ha ricettato assegni in bianco, ma li ha poi utilizzati per acquistare prodotti di non elevato valore economico, a dimostrazione del fatto che non era sua intenzione sfruttare tali titoli di credito per ottenere ingenti guadagni con grave pregiudizio per le persone offese egli si è limitato a ottenere prodotti di largo consumo e di valore modesto . Diversamente da quanto dedotto dalla difesa, dunque, la Corte di appello non ha contraddetto la motivazione del tribunale, avendola fatta propria e al contempo integrandola per dare risposta alla doglianza difensiva. La difesa, peraltro, non si confronta con tali argomentazioni e si limita a proporre la questione identica a quella contenuta nell’atto di appello, con il quale si assume che gli importi erano modesti, richiamando anche altri precedenti a carico dello stesso imputato. L’esposizione del motivo, quindi, si pone al di fuori del perimetro del giudizio consentito in sede di legittimità, sostanziandosi in una mera rilettura delle emergenze procedimentali alternativa a quella dei giudici di merito, senza mai evidenziare alcuno dei vizi di legittimità genericamente denunciati, in ragione dell’assenza di rilievi critici alla sentenza impugnata. Segue l’inammissibilità del motivo e il rigetto del ricorso. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.