Il quid pluris che caratterizza la condotta punibile come autoriciclaggio

In tema di autoriciclaggio di somme oggetto di distrazione fallimentare, la condotta rilevante non può consistere nel mero trasferimento di dette somme a favore di imprese operative, ma occorre un quid pluris che denoti l’attitudine dissimulatoria della condotta rispetto alla provenienza delittuosa del bene.

Questo il principio affermato dalla Suprema Corte con la sentenza n. 8851/19, depositata il 1° marzo. La vicenda. Il Tribunale del riesame di Reggio Calabria confermava l’ordinanza applicativa degli arresti domiciliari emessa dal GIP nei confronti di un soggetto indagato per bancarotta fraudolenta e autoriciclaggio, per aver ricevuto – e impiegato per le proprie attività - somme di denaro provenienti da una s.r.l. in concordato preventivo. L’indagato ha impugnato le pronuncia con ricorso per cassazione. Sussistenza del reato. Circa la gravità indiziaria del delitto di auto riciclaggio, contestata dal ricorrente, la Corte ricorda come la norma incriminatrice punisca solo le attività di impiego, sostituzione o trasferimento di beni o altre utilità dallo stesso autore del delitto presupposto che abbiano la caratteristica di essere idonee ad ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa. Si tratta infatti di una fattispecie di pericolo concreto nella quale il giudice è chiamato a valutare l’idoneità specifica della condotta posta in essere dall’agente al fine di impedire l’identificazione della provenienza dei beni. Si pone dunque la necessità che tali beni siano connotati da un quid pluris eloquente di una particolare idoneità dissimulatoria rispetto all’origine del denaro . Sottolineando la necessità di un accertamento concreto sul punto ed analizzando il rapporto di questa fattispecie con quella della bancarotta, la Corte afferma il principio secondo cui in tema di autoriciclaggio di somme oggetto di distrazione fallimentare, la condotta sanzionata ex art. 648- ter , comma 1, c.p. non può consistere nel mero trasferimento di dette somme a favore di imprese operative, ma occorre un quid pluris che denoti l’attitudine dissimulatoria della condotta rispetto alla provenienza delittuosa del bene . Posto che la pronuncia impugnata non ha adeguatamente motivato sul punto, il ricorso viene accolto e il provvedimento annullato limitatamente all’autoriciclaggio con rinvio al Tribunale di Reggio Calabria.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 1 febbraio – 1 marzo 2019, n. 8851 Presidente Morelli – Relatore Borrelli Ritenuto in fatto 1. L’ordinanza impugnata è stata pronunziata il 26 luglio 2018 dal Tribunale del riesame di Reggio Calabria, che ha confermato l’ordinanza applicativa degli arresti domiciliari emessa dal locale Giudice per le indagini preliminari nei confronti di P.M. , indagato per bancarotta fraudolenta ed autoriciclaggio per avere ricevuto attraverso le due società Supermax s.r.l. e Supermax società cooperativa somme di denaro fuoriuscite dalla s.r.l. Villa Aurora, attualmente in concordato preventivo, e per averle impiegate nelle proprie attività commerciali. 2. L’ordinanza è stata impugnata dal difensore dell’indagato, che ha articolato tre motivi di ricorso. 2.1. Il primo motivo postula violazione di legge e vizio di motivazione in punto di elemento soggettivo della bancarotta fraudolenta, perché l’indagato non sapeva che le società a lui riferibili stessero ricevendo denaro dalla s.r.l. Villa Aurora e tale consapevolezza non poteva essere tratta dai suoi rapporti con R.G. e con F.P. . Quanto alla società cooperativa Supermax, il ricorrente contesta che, essendo un mero socio, non poteva avere coscienza del denaro ricevuto dall’impresa, a fortiori laddove si trattava di somma portata in tre assegni circolari in relazione ai quali il beneficiario non può sapere da dove proviene la provvista analoga doglianza il ricorrente formula quanto alla somma di Euro 26.793 trasferita alla s.r.l. Supermax, giacché parte di essa era stata ugualmente trasferita mediante assegni circolari. 2.2. Il secondo motivo lamenta violazione di legge nonché carenza di motivazione circa il giudizio di gravità indiziaria relativo al delitto di autoriciclaggio capo I , assumendo che le condotte integratrici di quest’ultimo sarebbero le stesse contestate quanto alla bancarotta e che non vi sarebbe stata alcuna attività dissimulatoria ulteriore, sicché andava ritenuta la causa di non punibilità di cui all’art. 648 ter1 c.p., comma 4. 2.3. Il terzo motivo si duole della mancanza, manifesta illogicità o contraddittorietà della motivazione e di violazione di legge quanto alle esigenze cautelari ed alla scelta della misura. Il ricorrente rimarca, in primo luogo, la carenza di attualità del pericolo di recidiva, data l’epoca dei fatti e la mancanza di un coinvolgimento effettivo nella gestione di Villa Aurora s.r.l. il pericolo peraltro sarebbe stato inibito dal sequestro delle quote avvenuto pochi giorni dopo l’ingresso dell’indagato nella società, dal sequestro dei conti correnti, dal concordato preventivo e dalla messa in liquidazione della società. Una seconda articolazione dell’impugnazione attiene al pericolo di inquinamento probatorio, postulando che gli interventi giudiziari sulla s.r.l. Villa Aurora abbiano cristallizzato il dato documentale, che giammai il ricorrente potrebbe alterare, peraltro segnalando che il sequestro sui conti riferibili a P.M. ed alla s.r.l. Supermax era andato a buon fine. Il ricorrente, infine, contesta l’ordinanza circa il diniego di sostituzione della misura, tenuto anche conto, oltre che di quanto già segnalato, della distanza tra dove egli vive e lavora e omissis . Considerato in diritto 1. Il ricorso è parzialmente fondato. 2. Il primo motivo di ricorso - circa l’assenza di consapevolezza della provenienza delle somme oggetto della bancarotta fraudolenta di cui al capo C dalla società Villa Aurora - è inammissibile perché non si confronta con l’effettiva ratio decidendi dell’ordinanza impugnata, preferendo concentrarsi su circostanze di contorno, del tutto prive di efficacia scardinante rispetto al giudizio di gravità indiziaria. A questo proposito, va ricordato che l’ordinanza impugnata, con motivazione esente dal vizio di cui all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e , ha evidenziato la stretta contiguità affaristica del P. con il R. - ritenuto il dominus delle vicende di Villa Aurora s.r.l. - e con la compagna di quest’ultimo - che è colei che aveva realizzato i trasferimenti incriminati . Tale cointeressenza affaristica si rinviene riguardando sia la compagine societaria delle imprese che gestiscono i supermercati riconducibili al P. sia, soprattutto, la disponibilità che quest’ultimo aveva dimostrato nel rendersi cessionario delle quote della s.r.l. Villa Aurora, con un trasferimento che, secondo quanto argomentato nell’ordinanza impugnata, era senz’altro fittizio e compiacente rispetto ai desiderata di R. , come dimostrato dai plurimi elementi logicamente valorizzati dal Tribunale del riesame. Quest’ultimo, infatti, ha ragionato sul fatto che non vi era alcun nesso tra le imprese riferibili al P. e l’attività sanitaria della società calabrese sulla circostanza che l’indagato non si era mai neanche recato a omissis , né aveva preso contatti con i soci di minoranza della Villa Aurora sulla concomitanza dell’operazione di cessione con una procedura esecutiva che stava riguardando proprio le quote della società sull’anomalia che aveva caratterizzato il pagamento del prezzo sulle informazioni fornite da C. , che lo aveva indicato come amico e socio del R. sul successivo utilizzo di un’autovettura di proprietà della società Villa Aurora da parte del R. , segno che egli ne manteneva il sostanziale controllo. D’altra parte, è stato lo stesso indagato che, come rievocato dal Tribunale del riesame, in sede di interrogatorio di garanzia ha affermato che tutta l’operazione era stata eseguita affidandosi a R. , segnale, quest’ultimo, di un’inequivocabile contiguità che ben giustifica l’addebito cautelare in punto di consapevolezza della provenienza delle somme oggetto di distrazione fallimentare. La vicinanza con R. , infine, è testimoniata anche dalle manovre successive al sequestro della clinica, in cui pure il P. si è rapportato al R. , come documentato dalle intercettazioni. Di fronte a questo tessuto argomentativo, che evidenzia il ruolo di P. come soggetto a disposizione di R. e, comunque, a quest’ultimo fortemente legato da rapporti di affari, il ricorso è privo di confronto con l’ordinanza impugnata, in quanto non formula doglianze specifiche che minimo l’ordito argomentativo del Tribunale del riesame e disarticolino il ragionamento indiziario circa la consapevolezza e volontà del P. di contribuire ad un’operazione distrattiva. D’altra parte, il Collegio calabrese, nel vagliare la posizione del ricorrente, ha fatto buon governo della giurisprudenza di legittimità secondo cui in tema di concorso in bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione, il dolo dell’extraneus è configurabile ogniqualvolta egli apporta un contributo causale volontario al depauperamento del patrimonio sociale, non essendo richiesta la consapevolezza dello stato di dissesto della società ex multis, Sez. 5, n. 54291 del 17/05/2017, Bratomi, Rv. 271837 - 01 Sez. 5, n. 38731 del 17/05/2017, Bolzoni, Rv. 271123 - 01 . 3. Il secondo motivo di ricorso - circa il giudizio di gravità indiziaria relativo al delitto di autoriciclaggio capo I - è invece fondato. Come evincibile dal dato letterale e come sostenuto da Sez. 2, n. 33074 del 14/07/2016, Babuleac e altro, Rv. 267459 - 01 in motivazione , la norma sull’autoriciclaggio punisce soltanto quelle attività di impiego, sostituzione o trasferimento di beni od altre utilità commesse dallo stesso autore del delitto presupposto che abbiano però la caratteristica precipua di essere idonee ad ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa . Il dettato normativo, dunque, induce a ritenere che si tratti di fattispecie di pericolo concreto, dal momento che esso non lascia dubbi circa la necessità che il Giudice penale debba valutare l’idoneità specifica della condotta posta in essere dall’agente ad impedire l’identificazione della provenienza delittuosa dei beni. Rispetto alla vicenda sub iudice, ci si deve domandare, pertanto, se sia sufficiente, a ritenere tale connotazione della condotta, che il denaro proveniente dalla s.r.l. Villa Aurora sia confluito in realtà imprenditoriali caratterizzate da normale operatività e che, quindi il denaro potesse essere fisiologicamente riutilizzato ovvero se, invece, sarebbe stato necessario che la condotta specifica fosse connotata da un quid pluris eloquente di una particolare idoneità dissimulatoria rispetto all’origine del denaro. Ebbene, il Collegio ritiene che debba propendersi per la seconda soluzione. Sostengono detta scelta ermeneutica, da una parte, il dato letterale, laddove il legislatore ha inteso rimarcare non solo l’impiego in attività imprenditoriali - che è l’ipotesi che potrebbe ricorrere nella specie - e l’idoneità dissimulatoria della condotta, ma ha anche preteso, come sopra osservato, che tale idoneità dissimulatoria sia concreta , il che costituisce un indicatore che la volontà legislativa richieda un contegno che vada oltre la mera ricezione della somma proveniente da reato. L’altra riflessione che avvalora la tesi della necessità di un quid pluris è costituita dai rapporti della fattispecie con il reato di bancarotta, laddove ritenere punibile come autoriciclaggio il mero trasferimento delle somme distratte verso imprese sul solo presupposto della fisiologica destinazione delle medesime all’operatività aziendale di queste ultime , finirebbe per sanzionare penalmente due volte la stessa condotta quando le somme sottratte alla garanzia patrimoniale dei creditori sociali siano dirette verso imprenditori, generando, rispetto a tale situazione specifica, un’ingiustificata sovrapposizione punitiva tra la norma sulla bancarotta e quella ex art. 648ter.1 c.p Conforta detta interpretazione anche un recente precedente di questa Corte che, sia pure allo scopo di tracciare la differenza tra profitto del reato presupposto e profitto dell’autoriciclaggio ai fini della confisca, ha sancito un principio coerente con un’esegesi che esalta la necessità che la condotta ex art. 648ter.1 c.p., sia fondata su un segmento ulteriore rispetto alla condotta del reato presupposto. Ci si riferisce a Sez. 2, n. 30401 del 07/06/2018, Ceoldo, Rv. 272970 - 01, secondo cui il prodotto, il profitto o il prezzo dell’autoriciclaggio non coincide con il denaro, i beni o le altre utilità provenienti dal reato presupposto, consistendo invece nei proventi conseguiti dall’impiego di questi ultimi in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative. L’impostazione esegetica fatta propria dal Collegio naturalmente porta con sé un significativo corollario in punto di accertamento probatorio, in quanto il Giudice di merito dovrà verificare la sussistenza di questo quid pluris nel caso concreto e darne conto nel percorso argomentativo. Occorre, pertanto, affermare il seguente principio di diritto In tema di autoriciclaggio di somme oggetto di distrazione fallimentare, la condotta sanzionata ex art. 648-ter 1 c.p., non può consistere nel mero trasferimento di dette somme a favore di imprese operative, ma occorre un quid pluris che denoti l’attitudine dissimulatoria della condotta rispetto alla provenienza delittuosa del bene . Considerato che il Tribunale del riesame, invece, ha ricollegato tale attitudine dissimulatoria al solo fatto che le somme fuoriuscite dalla s.r.l. Villa Aurora siano confluite in ulteriori e diversificate attività di impresa , si rende necessario l’annullamento, in parte qua, dell’ordinanza impugnata affinché il Giudice di rinvio fornisca una specifica motivazione che tenga conto del principio di diritto enunciato. 4. Quanto al terzo motivo di ricorso - quello sulle esigenze cautelari - il Tribunale del riesame dovrà vagliarlo nuovamente alla luce delle nuove valutazioni che si andranno a fare sulla gravità indiziaria circa l’autoriciclaggio. P.Q.M. Annulla il provvedimento impugnato limitatamente all’autoriciclaggio ed alle esigenze cautelari, con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Reggio Calabria.