Il principio della doppia incriminazione è inderogabile per i fatti-reato commessi prima del 2005

In caso di operatività della causa di rifiuto della consegna ai sensi dell’articolo 18, comma 1, lett. r , l. n. 69/2005, ai fini del riconoscimento della sentenza su cui si fonda il MAE esecutivo, la verifica in ordine alla sussistenza di una deroga al principio della c.d. doppia incriminazione prevista dall’articolo 11, comma 1, d.lgs. n. 161/2010 in relazione alle ipotesi di cui all’articolo 8, comma 1, l. n. 69/2005, occorre tenere conto del disposto dell’articolo 40, comma 3, l. n. 69/2005.

Da ciò consegue che non è possibile derogare al principio della doppia incriminazione allorchè si tratti di fatto-reato commesso in epoca antecedente all’entrata in vigore della legge sul mandato di arresto europeo, entrata in vigore il 14 maggio 2005. La Corte di Cassazione, con la pronuncia numero 8677/19, depositata il 27 febbraio u.s., coglie l’occasione per esprimersi in tema di mandato d’arresto europeo ed esecuzione delle sentenze straniere in Italia. Il fatto. La Corte d’Appello di Napoli rifiutava la consegna di un soggetto alle competenti autorità dello Stato della Grecia, riconoscendo, contestualmente, la sentenza di condanna definitiva resa nei confronti del consegnando dalla Corte d’Appello dell’Egeo, disponendo che la pena pari ad anni sei di reclusione decurtati i giorni di presofferto sia eseguita in Italia secondo le norme del diritto interno, con revoca della misura dell’obbligo di dimora nella regione Campania. L’imputato, infatti, era stato tratto in arresto in esecuzione di mandato d’arresto europeo emesso dalla Grecia, per l’esecuzione di una pena pari ad anni otto di reclusione irrogata per i reati di acquisto e detenzione di cannabis commessi il 5 e 7 agosto 2002 a Mykonos. La Corte d’Appello decidente, pur rigettando l’eccezione difensiva relativa alla violazione del giusto processo per la celebrazione in absentia e sul rilievo in base al quale la fattispecie contestata rientra nelle ipotesi di consegna obbligatoria pur non essendo possibile individuare il requisito della doppia incriminazione se non per via analogica , ha escluso la sussistenza dei presupposti legittimanti la consegna del soggetto interessato, in quanto cittadino italiano. Pertanto, ai sensi dell’articolo 10, comma 5, d.lgs. 7 settembre 2010, numero 161, l’Organo delibante ha proceduto al riconoscimento della sentenza straniera ai fini dell’esecuzione in Italia ed alla conversione della condanna. Avverso tale decisione propone ricorso per Cassazione il difensore del consegnando, sollevando nuovamente le questioni già dedotte in sede di prima istanza. Il ricorso è fondato, ma per ragioni diverse da quelle lamentate dalla difesa. I Giudici di Legittimità annullano il provvedimento impugnato, se pur sulla scorta di elementi differenti da quelli lumeggiati dal ricorrente. Invero, con la sentenza in commento, in virtù del tempus commissi delicti luglio 2002 , la Corte di Cassazione afferma che in caso di operatività della causa di rifiuto della consegna ai sensi dell’articolo 18, comma 1, lett. r , l. numero 69/2005, ai fini del riconoscimento della sentenza su cui si fonda il MAE esecutivo, la verifica in ordine alla sussistenza di una deroga al principio della c.d. doppia incriminazione prevista dall’articolo 11, comma 1, d.lgs. numero 161/2010 in relazione alle ipotesi di cui all’articolo 8, comma 1, l. numero 69/2005, occorre tenere conto del disposto dell’articolo 40, comma 3, l. numero 69/2005. Da ciò consegue che non è possibile derogare al principio della doppia incriminazione allorchè si tratti di fatto-reato commesso in epoca antecedente all’entrata in vigore della legge sul mandato di arresto europeo, entrata in vigore il 14 maggio 2005. Ebbene, nel caso di specie, in relazione alla data del commesso reato, è possibile derogare al principio della doppia incriminazione e al riconoscimento della sentenza greca. Per tali motivi, la Corte di Cassazione annulla senza rinvio il provvedimento impugnato.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 9 gennaio - 27 febbraio 2019, n. 8677 Presidente Fidelbo – Relatore Bassi Ritenuto in fatto 1. Con il provvedimento in epigrafe, la Corte d’appello di Napoli ha rifiutato la consegna di L.P. alle competenti autorità dello Stato della Grecia ed ha contestualmente riconosciuto la sentenza di condanna definitiva resa nei confronti del consegnando dalla Corte di Appello dell’Egeo dell’11 luglio, disponendo che la pena di sei anni di reclusione applicata nei suoi confronti - adattata in tali termini la pena irrogata con l’indicata sentenza irrevocabile -, previa detrazione dei tre giorni di custodia cautelare sofferta in Grecia e degli ulteriori tre giorni di custodia cautelare patita nella presente procedura, sia eseguita in Italia conformemente al diritto interno, con revoca della misura dell’obbligo di dimora nella regione Campania. 1.1. A sostegno della decisione, la Corte distrettuale ha preliminarmente dato conto del fatto che L. è stato tratto in arresto in esecuzione del mandato di arresto Europeo emesso il 6 agosto 2018 dall’Autorità Giudiziaria della Grecia, in relazione all’esecuzione della pena di anni otto di reclusione irrogata per i reati di acquisto e di detenzione di 100 grammi di sostanza stupefacente del tipo cannabis, commessi a omissis rispettivamente nelle date del omissis . In risposta alle deduzioni difensive, il Collegio di merito ha, in primo luogo, rilevato l’infondatezza dell’eccezione difensiva concernente la violazione del principio del giusto processo sul presupposto che il processo sia stato celebrato in absentia , avendo L. rinunciato a chiedere la celebrazione di un nuovo processo ed alla rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale in appello stante la richiesta di rifiutare la consegna L. n. 69 del 2005, ex art. 18, lett. r , e di eseguire in Italia la sentenza medesima, previo riconoscimento. 1.2. Quanto al secondo rilievo difensivo, la Corte partenopea ha evidenziato come la condotta di acquisto e detenzione di stupefacenti, indipendentemente dalla destinazione alla cessione a terzi - dunque, anche per esclusivo uso personale dell’acquirente -, sia espressamente contemplata dalla L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 8, lett. e , fra le ipotesi di consegna obbligatoria a prescindere dal presupposto della doppia incriminazione, risultando nella specie osservata la condizione che, per il reato, la legge dello Stato di emissione preveda una pena privativa della libertà personale per un periodo superiore a tre anni là dove, nell’ordinamento giuridico della Grecia, il reato è sanzionato con la pena minima di otto anni di reclusione . 1.3. La Corte ha, tuttavia, escluso la sussistenza dei presupposti di legge per l’accoglimento della richiesta di consegna del L. all’Autorità greca con riferimento alla L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 18, lett. r , trattandosi di cittadino italiano, ed ha dunque proceduto al riconoscimento della sentenza straniera ai fini dell’esecuzione in Italia ed alla conversione della condanna, in applicazione del disposto del D.Lgs. 7 settembre 2010, n. 161, art. 10, comma 5. In assenza della doppia incriminazione, il Collegio di merito ha fatto riferimento in via analogica alla fattispecie più vicina a quella oggetto della sentenza da riconoscere, cioè a quella di cui al D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73, nella formulazione vigente all’epoca di commissione del fatto per il principio del favor rei, id est la pena prevista da due a sei anni di reclusione, applicata nel massimo edittale previsto dallo Stato di esecuzione, pari a sei anni di reclusione. 2. Nel ricorso a firma del difensore di fiducia, L.P. chiede l’annullamento della sentenza per i motivi di seguito sintetizzati ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen. 2.1. violazione di legge e mancanza di motivazione in relazione alla L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 2, comma 1 lett. a e b e comma 3, art. 18, lett. g , per avere la Corte d’appello dato corso alla consegna del L. nonostante la grave e persistente violazione del diritto ad un equo processo, essendo stati celebrati in assenza del difensore sia l’interrogatorio del 7 agosto 2002 da parte della Polizia Giudiziaria a seguito dell’arresto, sia il processo d’appello 2.2. violazione della L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 7 e art. 8, comma 1, lett. e e comma 3, ed illogicità e contraddittorietà della motivazione, per avere la Corte d’appello disposto la consegna del L. pur dando atto dell’insussistenza del presupposto della doppia incriminazione in relazione alla detenzione per uso personale di sostanza stupefacente, erroneamente rilevando la sussistenza di un caso di consegna obbligatoria in relazione ad un fatto non costituente reato in Italia 2.3. violazione di legge in relazione al D.Lgs. 7 settembre 2010, n. 161, art. 10, comma 5, per avere la Corte d’appello applicato il massimo edittale previsto dal D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73, mentre la Corte d’appello greca aveva applicato il minimo della pena. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato, sia pure per ragioni diverse da quelle dedotte dalla difesa, e la sentenza impugnata deve pertanto essere annullata senza rinvio. 2. In via preliminare, mette conto di rilevare che la L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 40 - recante le Disposizioni transitorie tese a regolare le questioni di diritto intertemporale a seguito dell’entrata in vigore nel nostro ordinamento della legge sul mandato di arresto Europeo - dispone, al comma 2, che Alle richieste di esecuzione relative a reati commessi prima del omissis , salvo per quanto previsto dal comma 3, restano applicabili le disposizioni vigenti anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge in materia di estradizione ed, al comma 3, che Le disposizioni di cui all’art. 8 si applicano unicamente ai fatti commessi dopo la data di entrata in vigore della presente legge . 2.1. In ossequio a detta disposizione, la legge sul mandato di arresto Europeo non può trovare applicazione in relazione alla prima condotta di acquisto di cannabis oggetto della condanna de qua, in quanto commessa - giusta contestazione formale in data omissis , dunque in epoca precedente all’entrata in vigore della legge. 2.2. In relazione alla procedura di consegna concernente tale contestazione deve, pertanto, trovare applicazione la disciplina in materia di estradizione e, in particolare, quella della Convenzione Europea di estradizione cui hanno aderito entrambe le parti, Italia e Grecia, e che regolava i loro rapporti estradizionali prima dell’entrata della L. n. 69 del 2005. 2.3. Orbene, avendo riguardo al disposto dell’art. 2 della Convenzione Europea, l’estradizione è possibile soltanto in relazione ai fatti che le leggi della Parte richiedente e della Parte richiesta puniscono con una pena o con una misura di sicurezza privative della libertà di un massimo di almeno un anno o con una pena più severa , id est che sussista il c.d requisito della doppia incriminabilità. Requisito che, nella specie, non sussiste atteso che il nostro ordinamento non punisce penalmente né puniva all’epoca del tempus commissi delicti l’acquisto di stupefacente per uso personale, contestato al L. sub capo 1 nel procedimento celebrato dinanzi all’A.G. greca. 2.4. E ciò a tacer del fatto che, risalendo il fatto all’agosto 2002, esso risulterebbe, avendo riguardo alla disciplina del codice penale italiano, ormai prescritto. In proposito non può invero non essere ribadito che, secondo il chiaro disposto dell’art. 10 della Convenzione Europea L’estradizione non sarà consentita se la prescrizione dell’azione o della pena è acquisita secondo la legislazione della Parte richiedente o della Parte richiesta . Ne discende che, nei rapporti di estradizione regolati dalla relativa convenzione Europea, l’avvenuta prescrizione del reato, che è causa ostativa all’accoglimento della richiesta di estradizione deve essere accertata in virtù della clausola del trattamento di miglior favore nei confronti dell’imputato tra le legislazioni nazionali a confronto, contenuta nell’art. 10 della convenzione Europea di estradizione del 1957 Sez. 6, n. 20150 del 04/03/2015, Tyurina, Rv. 263396 . 3. La seconda contestazione elevata nei confronti del ricorrente id est la detenzione della medesima sostanza stupefacente del tipo cannabis ricade certamente sotto la vigenza della L. n. 69 del 2005, non essendo stata commessa - rectius accertata - prima del 7 agosto 2002 , ma propria in tale data. Ciò nondimeno, la condotta criminosa ricade sotto la previsione del comma 3 dello stesso art. 40, secondo cui Le disposizioni di cui all’articolo 8 si applicano unicamente ai fatti commessi dopo la data di entrata in vigore della presente legge . 3.1. Ne discende che la previsione della consegna obbligatoria a prescindere dalla doppia incriminazione contemplata dall’indicato art. 8 può trovare applicazione soltanto in relazione ai fatti commessi dopo l’entrata in vigore della legge sul MAE, cioè dopo il 14 maggio 2005. Con la conseguenza che per i fatti commessi anteriormente l’autorità giudiziaria italiana deve procedere alla verifica della sussistenza del requisito della previsione bilaterale degli stessi v. da ultimo, Sez. 6, n. 13545 del 05/04/2012, Cieslik, Rv. 252573 . 3.2. Tanto premesso, non può non essere ribadito quanto già sopra rilevato nel paragrafo 3.2 quanto alla condotta di acquisto di stupefacenti a fini di consumo personale, atteso che, come essa, anche la detenzione per farne un uso personale non è prevista come reato nel nostro ordinamento, di tal che non ricorrono i presupposti per la procedura di esecuzione del mandato di arresto Europeo ai sensi della L. n. 69 del 2005, art. 7. 4. L’inapplicabilità del disposto del citato art. 8 nella presente procedura instaurata sulla base di una richiesta di consegna in forza di un MAE c.d. esecutivo non può non riverberare anche sul disposto riconoscimento della sentenza di condanna straniera ai sensi della L. n. 69 del 2005, art. 18, comma 1, lett. r , e delle disposizioni del D.Lgs. 7 settembre 2010, n. 161. 4.1. È pacifico che, in tema di mandato di arresto Europeo, la Corte d’appello che intende rifiutare la consegna ai sensi della L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 18, comma 1, lett. r , disponendo l’esecuzione nello Stato della pena inflitta al cittadino italiano o al cittadino di altro Paese dell’Unione legittimamente residente o dimorante in Italia è tenuta al formale riconoscimento della sentenza su cui si fonda il mandato di arresto Europeo secondo quanto previsto dal D.Lgs. 7 settembre 2010, n. 161 contenente disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2008/909/GAI del 27 aprile 2008, sul principio del reciproco riconoscimento delle sentenze penali che irrogano pene detentive, ai fini della loro esecuzione nell’Unione Europea , anche per verificare la compatibilità della pena irrogata con la legislazione italiana, qualora pure il Paese richiedente abbia dato attuazione alla predetta decisione quadro Sez. 6, n. 53 del 30/12/2014 - dep. 2015, Petrescu, Rv. 261803 Sez. 6, n. 38557 del 17/09/2014, Turlea, Rv. 261908 . Ed invero, la manifestazione del consenso dell’interessato all’esecuzione della sentenza straniera, ai sensi dell’art. 10, comma 1, lett. d , del citato D.Lgs., è implicita nella deduzione della causa di rifiuto della consegna di cui alla L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 18, comma 1, lett. r , ma in tale caso, la Corte di appello deve, comunque, verificare che ricorrano le condizioni previste dagli artt. 10 e 11 del citato D.Lgs. e che non sussistano le condizioni ostative al riconoscimento di cui al successivo art. 13 Sez. 6, n. 8439 del 16/02/2018, Ciociu, Rv. 272379 . 4.2. Orbene, secondo quanto dispone l’art. 13, comma 1, del citato decreto n. 161, la Corte d’appello è tenuta a rifiutare il riconoscimento della condanna emessa in un altro Stato membro dell’Unione Europea se non sussiste una o più delle condizioni previste dall’art. 10, commi 1 e 2, e art. 11 stesso decreto. In particolare, quest’ultima disposizione prevede al comma 1 che si può procedere al riconoscimento, indipendentemente dalla doppia incriminazione, se il reato per il quale è chiesta la trasmissione è punito nello Stato di emissione con una pena detentiva o una misura privativa della libertà personale della durata massima non inferiore a tre anni, sola o congiunta alla pena pecuniaria, e si riferisce a una delle fattispecie di cui alla L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 8, comma 1. In tale caso, la Corte di appello accerta la corrispondenza tra la definizione dei reati per i quali è richiesta la trasmissione, secondo la legge dello Stato di emissione, e le fattispecie medesime . In altri termini, è possibile dare corso al riconoscimento a prescindere dalla doppia incriminazione allorquando, oltre al superamento del citato limite di pena, si tratti di reati per i quali l’art. 8 della legge sul M.A.E. consente la consegna obbligatoria . 4.3. Ciò a condizione che detta disposizione dell’art. 8 sia applicabile al caso di specie in ossequio al disposto della L. n. 69 del 2005, art. 40, comma 3, e cioè che si tratti di un fatto commesso dopo l’entrata in vigore della stessa legge, cioè dopo il 14 maggio 2005. 5. Ritiene difatti il Collegio che lo sbarramento temporale previsto dall’art. 8, comma 1, non possa non trovare applicazione anche in tutti i casi regolati da disposizioni che al medesimo art. 8, comma 1, facciano espresso richiamo, come appunto il D.Lgs n. 161 del 2010, art. 11, comma 1. 5.1. Conduce a tale conclusione, in primo luogo, il rilievo che il riconoscimento della sentenza ai fini dell’esecuzione della pena in Italia disposto ai sensi della L. n. 69 del 2005, art. 18, comma 1, lett. r , - in quanto causa di rifiuto della consegna richiesta nell’ambito di una procedura instaurata sulla base di un mandato arresto Europeo c.d. esecutivo - non può non postulare che detto mandato salva detta causa di rifiuto sia stato validamente emesso. E tale non può ritenersi l’euro-mandato che riguardi un fatto per il quale non sia integrata la condizione della c.d. doppia incriminazione, né ricorra un’ipotesi di consegna obbligatoria L. n. 69 del 2005, ex art. 8, comma 1, per essere appunto detta norma inapplicabile in forza del disposto dell’art. 40, comma 3, stessa legge come appunto nel caso di specie . Il vizio genetico dell’atto che ha dato scaturigine al procedimento di consegna cioè il MAE non può invero non travolgere tutti gli atti della procedura da esso discendenti segnatamente il riconoscimento della sentenza posta a base dello stesso MAE . 5.2. Una diversa ermeneusi che interpretasse il rinvio contenuto nel D.Lgs. n. 161 del 2010, art. 11, comma 1, alla L. n. 69 del 2005, art. 8, comma 1, come avente carattere formale, e non materiale o recettizio dunque a prescindere dall’applicabilità di quest’ultima norma alla procedura sub iudice, come appunto nel caso di fatti commessi antecedentemente alla data di entrata in vigore della legge sul MAE - in altri termini, che ritenesse applicabile, quanto al segmento della procedura concernente il riconoscimento della sentenza straniera, le sole disposizioni transitorie previste dal D.Lgs. n. 161 del 2010, art. 25 che consente di dare corso al riconoscimento delle richieste di trasmissione dall’estero pervenute a decorrere dal 5 dicembre 2011 - darebbe inoltre luogo ad un’evidente incongruenza sistematica, quanto alle ipotesi di derogabilità del criterio della c.d. doppia incriminazione, fra la disciplina del MAE e quella sul reciproco riconoscimento delle sentenze, sebbene insistenti sul medesimo fascio di rapporti di cooperazione fra gli Stati membri della UE. Evidente sarebbe invero l’irrazionalità di una disciplina che impedisse di dare corso all’euro-mandato c.d. esecutivo in relazione ad una sentenza di condanna per il difetto della doppia incriminazione e che, nel contempo, consentisse il riconoscimento ai fini dell’esecuzione in Italia della pena irrogata con quella stessa decisione. 6. Conclusivamente, si deve affermare il principio di diritto secondo il quale, in caso di operatività della causa di rifiuto della consegna ai sensi della L. n. 69 del 2005, art. 18, comma 1, lett. r , ai fini del riconoscimento della sentenza su cui si fonda il MAE esecutivo, la verifica in ordine alla sussistenza di una deroga al principio della c.d. doppia incriminazione prevista dal D.Lgs. n. 161 del 2010, art. 11, comma 1, in relazione alle ipotesi di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 8, comma 1, occorre tenere conto del disposto dell’art. 40, comma 3, stessa L. n. 69. Ne discende che non è possibile derogare al principio della doppia incriminazione allorché si tratti di fatto-reato commesso in epoca antecedente all’entrata in vigore della legge sul mandato di arresto Europeo 14 maggio 2005 . 6.1. In ossequio al principio di diritto testè enunciato, nel caso di specie, giusta la già rilevata inapplicabilità della L. n. 69 del 2005, art. 8, comma 1, in forza dell’art. 40, comma 3, della stessa legge sul MAE, in relazione alla condotta di detenzione ascritta al L. , in quanto accertata il 7 agosto 2002 pacificamente dopo il 14 maggio 2005 , non è possibile derogare al principio della doppia incriminazione ed il riconoscimento della sentenza irrevocabile greca in ordine a detto capo si appalesa precluso. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata. Manda alla Cancelleria per le comunicazioni di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 22.