Frasi contro il marito: lui ha costretto la moglie a scrivere. Condannato per violenza privata

Riflettori puntati sul diario della donna, dove risultano vergate anche frasi con cui viene augurata la morte al coniuge. A scrivere materialmente è stata lei, ma l’autore è il marito, che l’ha costretta a prendere la penna in mano e a mettere nero su bianco le frasi incriminate.

Frasi offensive e deliranti contro il marito sul diario della moglie. A scriverle materialmente è stata lei, costretta, però, da lui, che voleva utilizzare quel materiale a proprio favore nel giudizio relativo alla loro separazione personale. Il bluff dell’uomo è stato però scoperto, grazie alle parole della consorte e alla conferma data da alcuni testimoni. Legittima, di conseguenza, la sua condanna per violenza privata Cassazione, sentenza n. 8546/19, sez. V Penale, depositata oggi . Sfogo. Scenario dell’assurda vicenda è la Sicilia. Lì divengono oggetto di un processo alcune frasi vergate sul diario di una donna, frasi con cui ella si augurava la morte del marito . Quello che sembra il dirompente sfogo di una moglie alle prese con una clamorosa crisi di coppia è invece il frutto della follia di un marito, che, accertano i giudici sia in Tribunale che in Corte d’Appello, ha costretto la donna a scrivere le frasi incriminate. Secondo i magistrati, l’uomo voleva utilizzare quel materiale contro la coniuge nel giudizio relativo alla loro separazione personale. Inevitabile perciò la sua condanna per il reato di violenza privata , condanna accompagnata anche dall’obbligo di risarcire i danni arrecati alla donna. Autore. L’uomo prova a difendersi in Cassazione, evidenziando, tramite il proprio legale, che il documento contenente le frasi incriminate non è mai stato da lui utilizzato in sede di separazione, e osservando che la grafia lineare e senza sbavature rinvenuta nel diario della donna fa a pugni con la pretesa minaccia e la conseguente costrizione . Queste obiezioni non convincono però i Giudici del Palazzaccio, i quali ritengono invece decisivo non solo il racconto fatto dalla moglie ma anche la personalità turbolenta ed ossessiva dell’uomo e i rapporti molto tesi tra i coniugi . Senza dimenticare, poi, le parole di alcuni testimoni che, osservano i magistrati, hanno confermato l’episodio in contestazione . Peraltro, a dare sostegno alla veridicità della versione data dalla donna c’è anche una considerazione è improbabile e irragionevole che ella possa aver trascritto di sua iniziativa sul proprio diario frasi non solo deliranti ma anche compromettenti, consentendo peraltro al marito di venirne a conoscenza , spiegano i Giudici. In sostanza, l’uomo è da considerare il vero autore del documento, avendo costretto la donna a redigerlo materialmente , concludono i giudici, confermandone la condanna per violenza privata . E questa decisione non può essere messa in discussione dal mero richiamo alla linearità della grafia .

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 16 novembre 2018– 27 febbraio 2019, n. 8546 Presidente Bruno - Relatore De Gregorio Ritenuto in fatto Con la sentenza impugnata la Corte d'Appello di Palermo ha parzialmente riformato la sentenza di condanna in primo grado nei confronti dell'imputato Cr., assolvendolo dal delitto di cui all'art 572 cp ai danni della moglie e rideterminando la pena ed il risarcimento del danno per il reato di violenza privata, consistita nel costringere la moglie stessa a scrivere espressioni in cui si augurava la morte del marito, prevedendo di averne benefici fatto di Settembre 2010. 1. Avverso la decisione ha proposto ricorso la difesa dell'imputato, che con unico articolato motivo ha dedotto la violazione di legge in relazione all'art 610 cp ed il vizio di motivazione illogica. La Corte territoriale aveva ritenuto che la costrizione alla scrittura delle frasi fosse finalizzata ad un uso del documento contro la donna nel giudizio di separazione personale, evento che non si era verificato, essendo stata la separazione consensuale d'altra parte non era stato esaminato il corpo del reato, la cui osservazione avrebbe convinto della falsità dell'accusa a causa della grafia lineare su di esso vergata, in nulla condizionata dall'ipotizzata costrizione 1.1 La motivazione sarebbe stata, inoltre, viziata dalla mancata risposta ai motivi di appello - riportati per esteso nel corpo dell'atto di ricorso - in cui era stato evidenziato che la parte civile nel corso del giudizio aveva testimoniato di aver scritto sotto dettatura del marito ma di non essere spaventata che la grafia era lineare e priva di sbavature, caratteristiche incompatibili con la pretesa violenza o minaccia e che la persona offesa aveva riconosciuto che quello era il foglio da lei scritto che il primo Giudice aveva attribuito valore al fatto che l'imputato avesse prodotto il documento nel giudizio penale, a conferma della ritenuta strumentalità della formazione dello stesso, ignorando che il ricorrente l'aveva prodotta al solo scopo di difendersi dall'accusa mossagli dalla parte civile mentre se avesse avuto qualcosa da nascondere non avrebbe fornito una prova contro se stesso. In data 9 Novembre ha depositato memoria la difesa di Ca. con la quale ha ulteriormente illustrato i motivi di doglianza. 1.2 All'odierna udienza il PG, dr Fimiani ha concluso per l'inammissibilità ed il difensore di parte civile, avvocato Sa., si è riportata alle conclusioni, depositando nota spese. Considerato in diritto Il ricorso è inammissibile. Il ricorrente, sotto l'apparente veste dei vizi di motivazione e violazione di legge, ha proposto un'inammissibile valutazione alternativa dei fatti e dell'apprezzamento decisorio reso nel merito. 1. Il giudizio di responsabilità dell'imputato per il reato di cui all'art. 610 cp. è stato fondato sulle dichiarazioni della persona offesa, considerate riscontrate da plurime e convergenti emergenze processuali. In proposito, la motivazione ha dato congruamente atto della ritenuta attendibilità della persona offesa, della personalità turbolenta ed ossessiva del giudicabile, dei rapporti molto tesi tra i coniugi, elementi riguardo ai quali il fatto reato per cui è processo si è inserito in modo coerente, nonché della testimonianza, se pure de relato, di più testi che hanno confermato l'episodio in contestazione mentre il teste della difesa aveva affermato di non sapere nulla, solo accennando al fatto che l'imputato gli aveva riferito di aver trovato un documento in un cassetto. 1.1 In punto di diritto occorre osservare che le dichiarazioni della parte offesa possono essere legittimamente poste da sole a base dell'affermazione di penale responsabilità dell'imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della loro credibilità soggettiva e dell'attendibilità intrinseca del racconto. Ex mutis Sezione V, sentenza 19 settembre 2017 n. 42749. 1.2 Nel caso di specie i giudici del merito, con una motivazione immune da censure sul piano logico ed aderente agli atti, hanno considerato veritiera la rappresentazione dei fatti fornita dalla persona offesa, risultando, del resto, improbabile e irragionevole che la stessa possa aver trascritto di sua iniziativa sul proprio diario frasi non solo deliranti ma anche compromettenti, consentendo, per di più, al ricorrente di venirne a conoscenza. 1.3 E' stato, inoltre, razionalmente osservato che la circostanza che sia stato proprio l'imputato ad esibire in udienza il corpo del reato ha contribuito ad avvalorare la tesi secondo cui lo stesso avrebbe potuto essere il vero autore del documento, anche se mediato, avendo costretto la donna a redigerlo materialmente. 2. L'argomento della linearità della grafia, finalizzato a sostenere l'assenza di coazione fisica o morale, essendo incompatibile col contesto minatorio^ stato solo genericamente suscitato e non è idoneo a porre in crisi il tessuto argomentativo sviluppato dai Giudici del merito. Alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di Euro 2000 in favore della cassa delle ammende. Deve provvedersi, altresì, alla refusione delle spese in favore della costituita parte civile che sono liquidate in Euro 2000, oltre accessori di legge. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di Euro 2000 a favore della cassa delle ammende, nonché alla refusione delle spese in favore della parte civile che liquida in Euro 2000, oltre accessori di legge.